“Paradosso” dei Vangeli: il papa oggi all’udienza ha usato questa parola forte per commentare il fatto che “Gesù non esclude nessuno dalla propria amicizia” e “accoglie tra i suoi intimi un uomo che era considerato un pubblico peccatore”, come Matteo l’esattore. “Nella figura di Matteo – ha detto – i Vangeli ci propongono un vero e proprio paradosso: chi è apparentemente più lontano dalla santità può diventare persino un modello di accoglienza della misericordia di Dio e lasciarne intravedere i meravigliosi effetti nella propria esistenza”. – Mi piace che il papa parli di “paradosso” dei Vangeli (mercoledì 23 aveva ricordato il “tipico paradosso cristiano” della sofferenza guardata come “punto di passaggio verso la felicità”), che troppo spesso vengono letti come le tavole del perbenismo. Tra quelli che oggi appaiono più lontani eppure vivono storie di conversione che li propongono come modelli di “accoglienza della misericordia” metterei i morenti di Aids che gridano a Gesù come il ladrone dalla croce.
Benedetto sul “paradosso” dei Vangeli
2 Comments
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Condivido alla lettera. E contro la fede (o la religione) come perbenismo ho scoperto Thomas Merton. Che per me non è un’icona pacifista, ma un grande provocatore della coscienza.
Il “paradosso” è ciò che riesce a raccogliere, a mettere insieme, ad unire, senza ridurre il “più piccolo al più grande”, l’unica “parola” capace di dire fino in fondo la gratuita e bella misericordia di Dio. La “parola paradosso” è il “Verbo-carne”, la “Parola-Testimonianza”, l’Uomo-Dio, Gesù. In Gesù la storia, la vita di ogni persona riceve l’appello e il dono del paradosso: il bambino “diventa misura” del regno di Dio, il pubblicano “diventa misura” della misericordia, la peccatrice “diventa misura” dell’amore, il centurione “diventa misura” della fede, è il paradosso della libertà-obbedienza di Gesù che “diventa misura” di ogni vita autenticamente umana e autenticamente cristiana. Il paradosso di un umanesimo cristiano ci apre come prospettiva l’insegnamento di Benedetto XVI.