“I figli di contadini da questa parte”

Penso ai ragazzi campagnoli della Cina da quando ho letto sui giornali che nelle scuole di Wuhan sta prendendo piede l’idea di formare classi separate di “figli di contadini” e “figli di cittadini”, per facilitare l’inserimento dei secondi che “quando arrivano in città presentano molte lacune nella loro preparazione”. Mi sento in causa, essendo stato, a 11 anni, in una classe “preparatoria” alla “prima media”, composta di campagnoli come me che non avevano dato l’esame di ammissione – non conoscendone neanche l’esistenza – e di cittadini che non l’avevano superato. In Italia non abbiamo più contadini, ma ora abbiamo gli stranieri. Per essi e per ogni svantaggiato, a partire dai “diversamente dotati”, credo si faccia bene a non cedere alla tentazione della separazione e vedo nel loro inserimento – pur faticoso – uno dei pregi maggiori delle nostre scuole. Dico così la mia veduta: le classi separate intrecciano più nodi – umiliazione degli uni e pregiudizio di superiorità negli altri – di quanti non ne sciolgano, e cioè il più efficace adeguamento degli uni al livello degli altri. Ma anche questo nodo ha la sua rilevanza e spesso nelle nostre indiscutibili classi uniche non solo non viene sciolto, ma neanche allentato.

2 Comments

  1. Non ricordo chi l’abbia scritto, ma: “Dio è sull’uscio delle grandi mense, accanto al povero che muore di fame”.
    Senza scadere nel pauperismo, c’è da riflettere. Le nostre indiscutibili classi uniche spesso alimentano la distruzione delle coscienze. Non hai il telefonino come gli altri? Peggio per te, sarai un emarginato.
    Mi raccontava un’amica quest’episodio, tempo fa. Suo fratello, seconda media ad Avellino, veniva sbeffeggiato perché non dotato di cellulare. Tanto fece e tanto disse che l’ottenne, si presentò a scuola, lo espose alla visione pubblica dei suoi ‘ricchi’ compagni, poi se ne tornò a casa. Dopo due giorni quel telefono era buttato in un angolo, il fratello era tornato ad avere voce in capitolo.
    Questo, caro Accattoli, è un bel fatto di Vangelo. Al contrario però, dunque credo non capace di entrare nella sua sezione del blog.
    Io stesso ricordo nella mia adolescenza stupidi che ridevano delle mie scarpe di suola mentre loro portavano le Adidas o le Puma. Eppure mai e poi mai mi sono sentito a disagio. Forse perché sapevo che prima o poi non mi avrebbero valutato per le mie scarpe, ma le mie idee. Cari saluti a tutti, qui stiamo avvampando d’afa.

    22 Luglio, 2006 - 18:19
  2. Francesco73

    E’ vero, anche le classi uniche non sciolgono alcuni nodi, anzi.
    Ma nulla è peggio delle classi separate, delle sezioni ghetto, anche quelle non dichiarate ma organizzate in concreto. Nella mia scuola media a Roma c’era la sezione F, con cui la mia classe faceva ginnastica. Avevano radunato lì tutti i ragazzi difficili del quartiere, i figli delle famiglie delle case popolari, alcuni con fratelli maggiori pregiudicati. Usciti da lì, quelli che erano ragazzini difficili allora sono diventati spesso uomini ai margini, non hanno fatto un passo verso una condizione diversa. Forse, se li avessero mescolati un pò a noi “fortunati”, con famiglie normali alle spalle, tutti avremmo potuto contaminarci per il meglio, anche correndo qualche rischio. Ma si preferiva non turbare la quiete di quelli che avevano di più, che erano più agiati, che promettevano bene senza troppe noie. Se queste insgiustizie sono espressione concreta del dolore del mondo, come possiamo noi non sentirlo?

    23 Luglio, 2006 - 15:48

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