Ieri e oggi Francesco, accompagnato in un singolare “pellegrinaggio ecumenico” dall’Arcivescovo di Canterbury e dal Moderatore dell’Assemblea generale della Chiesa di Scozia, ha condotto una serrata predicazione di pace nel Sud Sudan straziato da lotte intestine che hanno provocato lo sfollamento di quasi la metà dell’intera popolazione. Nei commenti alcuni dei passaggi più vivi dei suoi appelli alle autorità, agli sfollati, all’incontro ecumenico.
Francesco e il “pellegrinaggio ecumenico di pace” in Sud Sudan
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Discorso alle autorità del Sud Sudan nel palazzo presidenziale della capitale Giuba. Venerdì 3 febbraio. Vengo come pellegrino di riconciliazione, con il sogno di accompagnarvi nel vostro cammino di pace, un cammino tortuoso ma non più rimandabile. Non sono giunto qui da solo, perché nella pace, come nella vita, si cammina insieme. Eccomi dunque a voi con due fratelli, l’Arcivescovo di Canterbury e il Moderatore dell’Assemblea generale della Chiesa di Scozia, che ringrazio per quanto ci diranno. Insieme, tendendovi la mano, ci presentiamo a voi e a questo popolo nel nome di Gesù Cristo, Principe della pace.
Abbiamo infatti intrapreso questo pellegrinaggio ecumenico di pace dopo aver ascoltato il grido di un intero popolo che, con grande dignità, piange per la violenza che soffre, per la perenne mancanza di sicurezza, per la povertà che lo colpisce e per i disastri naturali che infieriscono. Anni di guerre e conflitti non sembrano conoscere fine e pure recentemente, persino ieri, si sono verificati aspri scontri, mentre i processi di riconciliazione sembrano paralizzati e le promesse di pace restano incompiute. Questa estenuante sofferenza non sia vana; la pazienza e i sacrifici del popolo sud sudanese, di questa gente giovane, umile e coraggiosa, interpellino tutti e, come semi che nella terra danno vita alla pianta, vedano sbocciare germogli di pace che portino frutto. Fratelli e sorelle, è l’ora della pace!
In nome di Dio: basta sangue. Discorso alle autorità 2. Affinché questa terra non si riduca a un cimitero, ma torni a essere un giardino fiorente, vi prego, con tutto il cuore, di accogliere una parola semplice: non mia, ma di Cristo. Egli la pronunciò proprio in un giardino, nel Getsemani, quando, di fronte a un suo discepolo che aveva sfoderato la spada, disse: «Basta!» (Lc 22,51). Signor Presidente, Signori Vice-Presidenti, in nome di Dio, del Dio che insieme abbiamo pregato a Roma, del Dio mite e umile di cuore (cfr Mt 11,29) nel quale tanta gente di questo caro Paese crede, è l’ora di dire basta, senza “se” e senza “ma”: basta sangue versato, basta conflitti, basta violenze e accuse reciproche su chi le commette, basta lasciare il popolo assetato di pace. Basta distruzione, è l’ora della costruzione! Si getti alle spalle il tempo della guerra e sorga un tempo di pace! […] Ciascun cittadino possa comprendere che non è più tempo di lasciarsi trasportare dalle acque malsane dell’odio, del tribalismo, del regionalismo e delle differenze etniche […]. So che alcune mie espressioni possono essere state franche e dirette, ma vi prego di credere che ciò nasce dall’affetto e dalla preoccupazione con cui seguo le vostre vicende, insieme ai fratelli con i quali sono venuto qui, pellegrino di pace. Desideriamo offrire di cuore la nostra preghiera e il nostro sostegno affinché il Sud Sudan si riconcili e cambi rotta, perché il suo corso vitale non sia più impedito dall’alluvione della violenza, ostacolato dalle paludi della corruzione e vanificato dallo straripamento della povertà. Il Signore del cielo, che ama questa terra, le doni un tempo nuovo di pace e di prosperità: Dio benedica la Repubblica del Sudan del Sud!
https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2023/02/03/0103/00200.html
La più grande crisi di rifugiati di tutta l’Africa. Incontro a Giuba con gli sfollati interni, sabato 4 febbraio. Qui perdura la più grande crisi di rifugiati del Continente, con almeno quattro milioni di figli di questa terra sfollati [su un totale di dieci milioni di abitanti], con l’insicurezza alimentare e la malnutrizione che colpiscono i due terzi della popolazione e con le previsioni che parlano di una tragedia umanitaria che può peggiorare ulteriormente nel corso dell’anno […]. Le donne sono la chiave per trasformare il Paese: se riceveranno le giuste opportunità, attraverso la loro laboriosità e la loro attitudine a custodire la vita, avranno la capacità di cambiare il volto del Sud Sudan, di dargli uno sviluppo sereno e coeso! Ma, vi prego, prego tutti gli abitanti di queste terre: la donna sia protetta, rispettata, valorizzata e onorata. Per favore: proteggere, rispettare, valorizzare e onorare ogni donna, bambina, ragazza, giovane, adulta, madre, nonna. Senza questo non ci sarà futuro […]. Noi tre come fratelli daremo la benedizione: con mio fratello Justin e mio fratello Iain, insieme vi daremo la benedizione. Con essa, vi raggiunga la benedizione di tanti fratelli e sorelle cristiani nel mondo, che vi abbracciano e vi incoraggiano, sapendo che in voi, nella vostra fede, nella vostra forza interiore, nei vostri sogni di pace risplende tutta la bellezza dell’essere umano.
https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2023/02/04/0106/00170.html
Chi segue Cristo sceglie la pace. Incontro ecumenico a Giuba, sabato 4 febbraio. Affinché il Signore della pace intervenga laddove gli uomini non riescono a costruirla, occorre la preghiera: una tenace, costante preghiera di intercessione. Fratelli, sorelle, sosteniamoci in questo: nelle nostre diverse Confessioni sentiamoci uniti tra noi, come un’unica famiglia; e sentiamoci incaricati di pregare per tutti […]. Carissimi, chi si dice cristiano deve scegliere da che parte stare. Chi segue Cristo sceglie la pace, sempre; chi scatena guerra e violenza tradisce il Signore e rinnega il suo Vangelo. Lo stile che Gesù ci insegna è chiaro: amare tutti, in quanto tutti sono amati come figli dal Padre comune che è nei cieli. L’amore del cristiano non è solo per i vicini, ma per ognuno, perché ciascuno in Gesù è nostro prossimo, fratello e sorella, persino il nemico (cfr Mt 5,38-48); a maggior ragione quanti appartengono al nostro stesso popolo, anche se di etnia diversa. […]. Il tribalismo e la faziosità che alimentano le violenze nel Paese non intacchino i rapporti interconfessionali; al contrario, la testimonianza di unità dei credenti si riversi sul popolo.
https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2023/02/04/0108/00171.html
https://gpcentofanti.altervista.org/poesie-della-pace/