Nei giorni scorsi in questo blog c’è stata tempesta sulla figura del papa: se parli a nome di Dio, se sia scelto dallo Spirito Santo e così via. Più di un visitatore aveva auspicato che qualche teologo ci venisse in aiuto. Uno infine ci ha scritto, da me sollecitato: si tratta di don Vito Impellizzeri, che insegna teologia fondamentale alla Facolta teologica di Sicilia, giovane e simpatico amico. Metto qui il suo messaggio. Buona lettura.
Caro Luigi, carissimi nuovi amici, doppia e piacevole sorpresa mi costringe ad entrare in questo nuovo spazio di scambio e di arricchimento vicendevole:
– la telefonata di Luigi Accattoli, che seguo fedelmente nelle sue pubblicazioni,
– la lettura nel blog di un grande interesse intorno alla questione del Papa, del primato petrino. Accanto a questo la speranza di condividere la fatica dello studio teologico e di aiutare qualcuno (e lasciarmi aiutare) per una maggiore consapevolezza credente, resa solida dalla teologia e dal magistero.
Intorno alla delicata questione petrina, alcuni criteri determinanti, non proprio a caldo ma riflessi, e una proposta di lettura per l’approfondimento:
L’unità della Chiesa è la ragion d’essere del ministero petrino ed il contesto in cui situare la sua interpretazione.
Un primo binomio inseparabile è la relazione fra Chiesa e Papa. È riduttivo un approccio “personalista” al ruolo e alla figura del Papa, occorre averne un approccio ecclesiologico; cioè: è dentro la riflessione teologica sul mistero della Chiesa che trova luogo teologico la riflessione sul compito e il servizio del Papa.
È importante allora considerare che il problema nella sua ampiezza teologica va letto come espressione del rapporto fra Chiesa Universale e Chiesa Locale, fra la Chiesa di Roma, che presiede nella carità, e le altre chiese locali. Oggi questo orizzonte teologico viene ampliato dalla delicata questione ecumenica, di dialogo cioè con la Chiesa Sorella di Oriente e la comunità ecclesiale luterana.
Questo duplice orizzonte ecclesiologico pone finalmente nella sua giusta dimensione il rapporto fra Dio e la parola: la comunicazione, la possibilità di giungere a conoscere il mistero della sua volontà. Il rapporto fra Dio e la Parola ha ancora diversi orizzonti teologici che determinano il suo luogo:
– la Rivelazione, dove è il Figlio la Parola piena rivelatrice del Padre, il Verbo fatto carne, con la pienezza della sua vita pasquale, profeticamente annunciato e atteso dall’Antica Alleanza.
– la Scrittura, la Parola di Dio, dove la vita del Figlio viene donata per opera dello Spirito (Dei Verbum parla della Parola Viva del Vangelo), dove Dio interviene ispirando gli autori sacri con il dono del suo Spirito, dove la vita del popolo eletto di Israele, la vita della Chiesa nelle sue origini si intrecciano in un meraviglioso connubio con la volontà di Dio, con la rivelazione del volto misericordioso di Dio, con le esigenze di una vita autenticamente di sequela dietro a Gesù.
– La trasmissione della fede, il passaggio della memoria di Gesù, origina allora la Tradizione, cioè questa trasmissione viva della fede, questa continua testimonianza, sostenuta dalla presenza dello Spirito, che trova suo luogo privilegiato nella successione apostolica. Con essa gli apostoli passano ad altri e nuovi apostoli, i vescovi, il deposito della fede, l’annuncio della risurrezione, la bella notizia del vangelo, è garantiscono alla Chiesa l’unità della fede, capace di attraversare la storia con il dono della comunione, per la presenza dello Spirito.
– Dentro questa vitalità della Chiesa trova allora il suo luogo specifico il Magistero, per la successione apostolica responsabile della difesa del deposito della fede, chiamato a interpretare secondo le esigenze e le attualità della storia il messaggio e la vita di Cristo.
In questo pieno orizzonte teologico articolato fra Scrittura – Tradizione – Magistero trova significato la questione del ministero petrino.
Nel Proemio della Costituzione Pastor aeternus il Concilio Vaticano I descrive il significato del primato petrino. Esso affermava che, secondo il volere di Dio, nella Chiesa tutti i fedeli devono essere mantenuti insieme dal legame della fede e dell’amore. Lo stesso concetto riprende un recente articolo della Congregazione per la dottrina della fede del 2002 (P. Rodriguez et al., Natura e fini del primato del Papa: il Vaticano I alla luce del Vaticano II, in Il primato del successore di Pietro nel ministero della Chiesa, Città del vaticano 2002, 81-111). Inoltre il Vaticano II ha ribadito l’importanza della Chiesa locale, della comprensione sacramentale del ministero episcopale e soprattutto della comprensione della Chiesa come communio.
Questa è la scelta bella del Vaticano II di superare una concezione piramidale e unilaterale della Chiesa, sostituendola con una concezione condivisa nella quale le diverse istituzioni ed istanze hanno la loro rispettiva e insostituibile funzione e interagiscono reciprocamente. Una tale visione condivisa, che lascia spazio alla libertà dello Spirito, potrebbe essere il risultato di una più ampia ricezione del Vaticano II. (cf. O. Clément, Rome autrement. Un orthodoxe face à la papaute, Paris 1997, 59-64).
È importante leggere il ministero del Papa nell’orizzonte conciliare della Chiesa come mistero di comunione e dentro il grande sforzo ecumenico, voluto chiaramente sia da Paolo VI che da Giovanni Paolo II (basta richiamare l’Ut unum sint) e continuato oggi da Benedetto XVI, soprattutto nel dialogo fra cattolici e ortodossi.
Gesù chiamando Pietro come pietra ha spiegato la sua funzione nella Chiesa, nel senso pieno e bello di servizio. La Chiesa dei primi secoli visse la sua esperienza della fedeltà della comunità di Roma nella persecuzione e nella disputa con la gnosi, il suo ruolo nella fondazione del canone biblico, il ruolo dei vescovi, che molto presto assunsero la responsabilità dell’unità della Chiesa.
Giovanni Paolo II richiamandosi al vescovo martire Ignazio di Antiochia parla del “primato di Roma come il primato dell’amore”. È una bellissima interpretazione spirituale sulla base dell’idea di servizio, servizio all’unità, servizio e segno di misericordia e di amore. Occorre parlare di “servizio petrino” e non più di “papato”. Esso è un servizio pastorale sull’esempio di Gesù Buon Pastore, che dà la vita per le pecore. (1 Pt. 5, 2-4).
Per l’approfondimento propongo: W. Kasper (ed.), Il ministero petrino, Città Nuova, Roma 2004.
Questo mio non è esattamente un intervento immediato e spontaneo … pazienza! Don Vito.
Buongiorno! Ringrazio Luigi Accattoli per avere domandato a Don Vito di schiarirci un poco le idee e ringrazio Don Vito di avere accettato.
Ho letto e riletto con attenzione il testo di Don Vito così denso,ricco e ben costruito. Aderisco totalmente alla visione del Primato Petrino come un Primato dell`amore, ma a ogni rielettura” mi impigliavo” nella:”più ampia ricezione del VaticanoII”…diffido di certe più ampie ricezioni che hanno portato a delle interpretazioni abusive come in materia liturgica. Mi sono dunque detta che doveva pur esserci un testo della Congregazione per la dottrina della fede e l`ho trovato. Consiglio agli interessati di andare sul sito: http://www.ratzinger.it , nella colonna di destra cliccare sull`anno 1998 e troveranno le considerazioni della Congregazione sul Primato Petrino scritte dall`allora cardinale Ratzinger con Tarcisio Bertone.
Consiglio anche di cliccare sull`anno 2004 e troveranno l`omelia del Cardinale Ratzinger: Cappella Papale per i defunti sommi pontefici.
Questi testi uniti a quello di Don Dino ,rispondono,mi sembra in maniera chiara alle nostre domande.
Il successore di Pietro, il Romano Pontefice,Il Santo Padre,il Papa é oggi Benedetto XVI ed a lui vanno la mia obbedienza ,il mio rispetto,la mia totale fiducia e sopratutto il mio amore filiale e non penso così personalizzare la sua missione.
Don Vito ,mi permetto di porle una domanda alla quale non é certo obbligato di
rispondere: se avesse scritto a caldo,in maniera immediata e spontanea..che cosa ci avrebbe detto? Ancora con la mia riconoscenza per il suo contributo,porgo a lei e a tutti i miei cari saluti,Luisa
Don Vito ,rileggendomi mi rendo conto di avere scritto Don Dino riferendomi a lei.Non so perchè! Mille scuse ,saluti,Luisa
Ho letto con interesse l’intervento di don Vito e l’ho apprezzato (a parte l’uso del ‘teologhese’), ma vorrei fare, non da teologo ma da modesto cultore di storia del cristianesimo antico, due rilievi:
1) mi lascia perplesso la sequenza Rivelazione – Scrittura-Tradizione-Magistero. La continuazione della rivelazione di Cristo è nella comunità dei suoi discepoli, cioè nella chiesa che tramanda la sua presenza vivente e approfondisce continuamente la ‘comprensione’ del suo mistero. La Scrittura è dentro la chiesa e per la chiesa. Gesù non ha scritto e non ha ordinato di scrivere; ci sono stati alcuni decenni in cui una Scrittura cristiana non c’era ancora, ma c’era sicuramente la chiesa. Anche quando alcuni testi sono stati riconosciuti come autorevoli più di altri ci sono volute molte generazioni di cristiani prima che si arrivasse a definire un canone di scritti ‘ispirati’. Quindi direi: Rivelazione-Tradizione-Magistero-Scrittura.
2) Sul magistero e sul primato petrino le cose mi sembrano meno semplici di come don Vito le presenta: «La Chiesa dei primi secoli visse la sua esperienza della fedeltà della comunità di Roma nella persecuzione e nella disputa con la gnosi, il suo ruolo nella fondazione del canone biblico, il ruolo dei vescovi, che molto presto assunsero la responsabilità dell’unità della Chiesa». I modelli organizzativi delle chiese e i loro rapporti reciproci sono stati per molto tempo assai più variegati ed incerti. Parlare di un primato petrino, così come oggi lo vediamo all’opera, nella chiesa antica, almeno fino alla seconda metà del IV secolo, mi pare difficile. Ciò non toglie evidentemente che un criterio di autorevolezza vi sia stato anche prima e che, da quando il primato petrino si è costituito, provvidenzialmente, nelle forme attuali, esso vada riconosciuto come un’evoluzione che è secondo il progetto divino.
Un’ultima osservazione: quello che veramente ci dà sicurezza è il fatto della indefettibilità della chiesa in quanto tale (penso che a questo il card.Ratzinger si riferisse quando diceva che lo Spirito garantisce solo che non si facciano disastri nell’elezione di un papa): neppure quando Costanzo II ridusse la maggioranza dei vescovi a sottoscrivere una formula di fede semiariana (e fu probabilmente il peggior momento di tutta la storia della chiesa) questa indefettibilità, custodita dalla coscienza dei fedeli e da pochi vescovi resistenti (come Atanasio) venne meno.
Grazie a Don Vito per il suo intervento. E grazie anche a Luisa per la sua “dritta”. Collegandomi al sito http://www.ratzinger.it, nell’elenco delle pubblicazioni relative al 1998, ho infatti trovato un documento importante sul primato petrino redatto dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. Ad un certo punto, l’allora Card. Ratzinger, scrive: “Il Romano Pontefice è -come tutti i fedeli- sottomesso alla Parola di Dio, alla fede cattolica ed è garante dell’obbedienza della Chiesa e, in questo senso, servus servorum. Egli non decide secondo il proprio arbitrio, ma dà voce alla volontà del Signore”. E’ quello che penso e sostengo ormai da diverso tempo in questo blog.
Buona giornata
Grazie a Don Vito per l’ampia analisi teologica.Ho letto anche le pubblicazioni contenute nel sito dedicato a Papa Ratzinger:grazie per la segnalazione perchè ne ignoravo l’esistenza.
Devo ammettere che Ratzinger si distingue sempre per chiarezza e sintesi veramente ammirevoli.
Sono in assoluta sintonia con l’amica Luisa quanto al Concilio Vaticano II.
Lo stesso Papa ha detto,nel discorso alla curia di dicembre,che il concilio non è stata una rottura ma,semmai,una riforma.Io aggiungo,se permettete,che questa riforma è stata da un lato fondamentale,soprattutto per l’ecumenismo,e dall’altra “esplosiva”,in particolare per la liturgia che certo non ha tratto giovamento dal Vaticano II.
Tornando al primato di Pietro,io trovo fondamentale questa riflessione del Papa durante l’udienza generale del 7 giugno scorso:
“Il fatto, poi, che diversi dei testi chiave riferiti a Pietro possano essere ricondotti al contesto dell’Ultima Cena, in cui Cristo conferisce a Pietro il ministero di confermare i fratelli (cfr Lc 22,31 s.), mostra come la Chiesa che nasce dal memoriale pasquale celebrato nell’Eucaristia abbia nel ministero affidato a Pietro uno dei suoi elementi costitutivi.
Questa contestualizzazione del Primato di Pietro nell’Ultima Cena, nel momento istitutivo dell’Eucaristia, Pasqua del Signore, indica anche il senso ultimo di questo Primato: Pietro, per tutti i tempi, dev’essere il custode della comunione con Cristo; deve guidare alla comunione con Cristo; deve preoccuparsi che la rete non si rompa e possa così perdurare la comunione universale. Solo insieme possiamo essere con Cristo, che è il Signore di tutti. Responsabilità di Pietro è di garantire così la comunione con Cristo con la carità di Cristo, guidando alla realizzazione di questa carità nella vita di ogni giorno. Preghiamo che il Primato di Pietro, affidato a povere persone umane, possa sempre essere esercitato in questo senso originario voluto dal Signore e possa così essere sempre più riconosciuto nel suo vero significato dai fratelli ancora non in piena comunione con noi”.
Il Papa visto nel suo ruolo originario che è quello di garante,di custode della comunione,è una grande novità del pontificato di Papa Ratzinger.
Saluti
Maria Grazia
Don Vito, mi potrebbe dire dove posso trovare l`articolo della Congregazione per la dottrina della fede del 2002? L`ho cercato sul sito della Santa Sede senza trovarlo. Già sin d`ora la ringrazio. E grazie ,Maria Grazia, di avere parlato delle catechesi consacrate dal Papa all`apostolo Pietro ,sono un documento straordinario. Come del resto tutto il ciclo che sta portando in avanti sul”rapporto tra Cristo e la Chiesa considerato a partire dall`esperienza degli apostoli”.Saluti,Luisa
Grazie Luisa, Leonardo, Gianluca, Maria Grazia, sinceramente per la cordialità con cui mi avete accolto. Inizio riprendendo la domanda di Luisa e l’osservazione di Leonardo sul teologhese: è proprio ciò che vorrei evitare rispondendo “a caldo”, vorrei evitare cioè di scrivere in modo scolastico, mi rendo conto però sia della difficoltà di cambiar linguaggio sia della preoccupazione di non causare ulteriore confusione. è però mio impegno almeno provarci.
riguardo all’interpretazione del Vaticano II ho semplicemente ripreso una espressione del card. Kasper, ed ho soprattutto indicato una preoccupazione condivisa nella Chiesa: il veder poco investimento di studio, di conoscenza, di riflessione, di progettazione “alla luce del Concilio”. Io sono un piccolo superiore di Seminario e provo quotidianamente a formare i giovani seminaristi ad una mentalità culturale conciliare. Il Vaticano II più che un Concilio di “contenuti” è un concilio di “metodo”, non ha dato delle grosse novità dommatiche, forse solo la Lumen Gentium (sulla Chiesa) presenta qualche novità teologica, ma ha dato invece “metodo nuovo” su come vivere la vita liturgica, il primato esistenziale della Pasqua, il rapporto con il mondo e la cultura, l’ecumenismo e il dialogo come costitutivi della Chiesa … non può essere archiviato il Vaticano II per i suoi documenti perchè è scritto, pensato, voluto secondo quella logica profetica dei segni dei tempi.
Accolgo i chiarimenti di storia del cristianesimo di Gianluca chiedendo scusa se non sono riuscito con il richiamo della storia della chiesa antica ad indicare proprio quella continuità stabile che connota l’esperienza della Chiesa nel suo servizio Petrino, servizio che trova il suo fondamento sulla promessa di Cristo sulla “stabilità della pietra”. teologicamente vorrei “giocare” con le 3 P: promessa, parola, pietra. La Promessa lega il Padre con la storia dell’umanità raccolta dalla storia di Israele e inizia la attesa messianica; la Parola, il Verbo, viene mandato dal Padre, nella pienezza dei tempi, perchè diventi carne, assuma la natura umana, porti a compimento la promessa antica, inizi la nuova alleanza; la Pietra, che è scelta da Cristo per continuare e celebrare la Nuova ed Eterna Alleanza, per testimoniare al mondo l’amore di Dio per ogni uomo, per annunciare la vita di risurrezione, per iniziare già e non ancora la pienezza del Regno di Dio.
Per la sequenza di Rivelazione – Tradizione … non credo sia importante l’ordine “verticale” ma coglierne la pericoresi, cioè la circolarità, la comunione, il mistero. Il Legame Cristo-Chiesa è veramente un “mistero grande”, di questo legame vivono la Tradizione, la Scrittura, il Magistero, da questo legame trova senso il compito missionario che lega la Chiesa alla Rivelazione.
il testo della Congregazione: Il primato del successore di Pietro nel ministero della Chiesa, Città del Vaticano 2002.
Approfitto di questo spazio all’interno del blog per rinnovare i miei sentimenti di gratitudine nei confronti di Don Vito per ciò che scrive e per come lo scrive.
Caro Don Vito, è davvero un piacere leggerla.
Ancora grazie
Gianluca
Posso permettermi di suggerire a Don Vito e a Leonardo la lettura di un brano tratto dal libro ” La Chiesa” di J.Ratzinger e pubblicato sul sito http://www.ratzinger.it , colonna di destra, anno1991: ” La successione di Pietro”. C`é un passaggio che parla del rapporto fra Tradizione e Scrittura che penso dovrebbe interessarvi. Ma probabilmente voi già lo conoscete… nel dubbio ve lo segnalo comunque! Grazie don Vito per il suo intervento, saluti, Luisa
mettiamoci dalla parte di un protestante, cari blogghisti di Gigi: ma non è possibile rispondere con cinque frasi facili alle domande sul papa? Ci vuole per forza un pistolotto di fumo e melassa, benchè certificato teol.prof.doc., che prende per stanchezza, a dimostrare che Dio si elegge il papa, che il papa è infallibile, e che il patriarca di Roma è sempre stato papa anche quando poteva esserlo magari quello di Alessandria, Gerusalemme, Antiochia, o Costantinopoli? Non penserebbe a ragione, questo protestante, che i cattolici si inventano i draghi, e infatti ci hanno messo millenovecento e spicci anni per fare un concilio definitivo sulla questione, che invece andava sistemata entro una settimana dalla resurrezione?
Giorgio, provo a mettermi a mezza strada tra il tuo campo lungo e il primissimo piano dei miei blogghisti: quel tuo protestante insofferente direbbe che il papa è un animale fantastico, ma salterebbe su un cattolico verace a obiettargli che neanche la dottrina luterana della giustificazione fu sistemata nei primi sette giorni! Seccatissimo il luterano dirà che gli scandali della storia smentiscono il papato. Solenne il cattolico replicherà che un’istituzione non dura duemila anni se non ha dentro una verità. A domanda semplificata, risposta riscaldata. Perchè in una disputa di secoli quasi tutto è stato già detto. La puoi portare avanti – se interessa, ma immagino che a te non interessi – solo provando a reimposarla ed è quanto protestanti e cattolici e tutti da un poco cercano di fare. Ma la novità è oscura. Questo per spiegare il linguaggio di don Vito e la tua orticaria e il fatto che ambedue mi siete cari.
Come va l’estate a Latina? Luigi
Non conosco Giorgio Ceccon. Il tono da lui impiegato, così agressivo, mi stupisce molto. I termini quasi sprezzanti per qualificare lo scritto di don Vito mi sembrano irrespettuosi. Abito una città di tradizione protestante e a maggioranza protestante, sono circondata da amici protestanti, parliamo spesso e a partire dalle nostre differenze, nel rispetto reciproco cerchiamo di incontrarci, ma nessuno veramente nessuno ha mai usato un tale vocabolario! Ecco la mia è una reazione.. a caldo. Cari saluti, Luisa
giorgio non mi fa problema rivedere il linguaggio teologico, cosa che io stesso ho richiamato… mi dispiacerebbe se tu confodessi questo con il valore della teologia per il dialogo ecumenico e in ogni caso per una fede consapevole. Non credo assolutamente che la semplicità della fede possa fare a meno di una consapevolezza teologica. Inoltre è proprio la prospettiva ecumenica (che non è solo cattolica, non è solo protestante, non è solo orientale) mi ha spinto ad allargare l’orizzonte della domanda, per non renderla (ridurla) semplicemente questione di confronto o di dibattito. Ti ricordo quanto scritto da G.P. II “cercare, evidentemente insieme, le forme nelle quali questo ministero possa realizzare un servizio di amore riconosciuto dagli uni e dagli altri”. la questione storica-teologica del primato del vescovo di Roma è interessante … e meriterrebbe un approfondimento, ma forse non interessa tutti, e poi non voglio ritornare noioso.
Caro Gigi, a Latina l’estate produce interventi nei blog poco diplomatici, mi accorgo con rammarico; e se non me ne fossi accorto me lo dice chiaro Luisa, che ringrazio. Un abbraccio, Giorgio
Giorgio, forse Luisa ha pensato che tu fossi un protestante! Vale magari la pena di chiarire che sei solo uno che protesta… Saluti, Luigi