Manuela Rognoni: “Dottoressa fate di tutto per salvare la nostra mamma”

Una figlia che è anche mamma racconta con immediatezza di parole e di sentimenti il Covid vissuto dalla sua famiglia tra il novembre 2020 e il gennaio 2021: il papà che è colpito per primo e può curarsi in casa; e la mamma che invece resta per sette settimane in terapia intensiva. Dopo la guarigione della donna, la figlia Manuela narra la vicenda in un libretto che mi ha inviato, avendo conosciuto la mia raccolta di storie di pandemia. Riporto nei primi due commenti le lettere che Manuela e una dottoressa dell’Ospedale Sacco di Milano dov’era ricoverata la mamma si sono scambiate a fine novembre: sono un vivo documento del dramma delle famiglie e dell’umanesimo dei nostri ospedali che la pandemia ha posto sul candelabro.

5 Comments

  1. Luigi Accattoli

    Gentilissima dott.ssa Beatrice, le chiediamo scusa innanzitutto per il disturbo e per esserci permesse di contattarla via mail.
    Siamo Manuela e Laura e siamo le figlie di una signora che da due giorni è in cura nel vostro reparto di Terapia Intensiva: la nostra mamma Marilena.
    Siete in contatto per i suoi aggiornamenti quotidiani con nostro cugino, Roberto B., medico anche lui impegnato nell’emergenza Covid, che per lei è come un terzo figlio. Preferiamo che sia lui a tenere i rapporti con voi per una migliore e più efficace comunicazione.
    Tuttavia il nostro cuore di figlie ci spinge questa sera a scriverle, un po’ per farle sentire che dietro ci siamo anche noi come famiglia intera, un po’ per ringraziarla per tutto quello che potrà e potrete fare per salvare la nostra mamma.
    E’ una persona bellissima, piena di vita, buona, generosa e molto saggia. A casa la aspetta nostro papà, uniti da 46 anni di matrimonio; e poi ci siamo noi due ovviamente, le sue figlie, i nostri mariti e soprattutto i suoi super adorati nipotini: una schiera di quattro meravigliosi bambini, tutti – coincidenza vuole – nati proprio all’ospedale Sacco.
    Non sappiamo bene perché le stiamo raccontando tutto questo. Non ci conosciamo nemmeno, ma di fatto siete entrati nelle nostre vite perché proprio così fondamentali per salvare la vita della nostra amata mamma. Facciamo il tifo per lei, facciamo il tifo per voi perché ogni vita salvata è una battaglia che vinciamo insieme. Voi, operatori sanitari in prima linea, crediamo sicuramente stanchi ma anche determinati nello svolgere il lavoro più bello e più difficile del mondo… e noi parenti a casa, ad aspettare pregando qualche notizia di speranza.
    Dottoressa abbiamo piena fiducia in voi, affidiamo la nostra splendida mamma Marilena alle vostre cure. Per favore fatele coraggio, ora che non possiamo nemmeno parlarle né starle vicino. Fate di tutto per salvarla. La amiamo immensamente e non vediamo l’ora di riabbracciarla!
    Grazie, grazie, grazie. Manuela e Laura

    9 Settembre, 2021 - 12:21
  2. Luigi Accattoli

    Gentili Manuela e Laura, la vostra e-mail mi ha stupita, ma vi comprendo benissimo. Probabilmente avrei fatto lo stesso se la comunicazione con i curanti di mia mamma fosse stata affidata a una terza persona, seppure di famiglia. Scelta coraggiosa e pragmatica, ma dolorosissima.
    Normalmente, in era pre-covid intendo, le informazioni circa la salute dei pazienti venivano comunicate dal medico coordinatore di settimana una volta al giorno, di persona, in una stanza a ciò adibita, lasciando il tempo necessario per le domande e le poche risposte che siamo in grado di fornire. In tal modo chi sta a casa a soffrire e a pregare ha idea almeno di che faccia abbia il rappresentante della squadra che cura il proprio familiare. Anche la possibilità di visita al letto del paziente, pur se per un’ora sola al giorno, permetteva ai famigliari di essere vicini al proprio caro, di constatare che non soffre, di consolarlo quando cosciente, di dargli il supporto morale e le motivazioni che durante un ricovero in terapia intensiva sono così preziose.
    Questa emergenza sanitaria sta cambiando tanto delle nostre vite e anche e soprattutto del complesso lavoro di terapia intensiva. Dedichiamo noi stessi ai pazienti, ma non abbiamo la possibilità di prenderci cura dei parenti. Mi rendo conto che al di là del filo ci sono persone il cui mondo è stato sconvolto in modo profondo e che vivono nell’attesa di una nostra chiamata, cercando di immaginare dove sia il loro caro, cosa gli sta capitando, se riesca ad affrontare le paure, senza potergli far arrivare il tifo che tutti a casa fanno per lui.
    Vi ringrazio di avermi presentato Marilena nella sua vita normale, dicendomi cose che avrei potuto capire solo conoscendola. Nel poco tempo che è rimasta con noi da sveglia è stata tranquilla, coraggiosa, gentile e collaborante. Si intuisce una persona dalle qualità che mi avete descritto. La forza la dimostrerà con il tempo, quei quattro nipotini saranno la spinta ad andare avanti nei momenti di difficoltà.
    Spero riusciremo a vincere questa battaglia, insieme. E che più avanti potrete venire con Marilena a salutarci, la nostra più grande soddisfazione.
    Beatrice B.

    9 Settembre, 2021 - 12:21
  3. Luigi Accattoli

    Le due lettere si trovano alle pagine 23-27 del volumetto di Manuela Rognoni, Mamma sei come l’aria. Storia di una fede comune e tiepida… infuocata dal virus, stampato in proprio, 2021, 42 pagine. Il Papà di Manuela viene portato al Pronto Soccorso e rinviato a casa per cure domestiche il 14 novembre 2020. La mamma viene ricoverata il 24 novembre al Sacco di Milano, dove decidono lo spostamento alla terapia intensiva il 27 novembre: ne uscirà il 16 gennaio 2021. Le due lettere che ho riportato sopra sono del 29 e del 30 novembre. La parola “Mamma” che è nel titolo del volumetto è da riferire sia alla mamma Marilena, sia alla Madonna dei Miracoli che è venerata nel santuario di Corbetta (Milano), alla cui intercessione Manuela ricorre nel mezzo della sua vicenda.

    9 Settembre, 2021 - 12:22

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