Tra le stirpi dotate di parola che popolano la Terra di Mezzo narrata da Tolkien quella degli Ent è una delle più riservate, rara a incontrarsi al giorno d’oggi. Grande è stata dunque la festa per essermi incrociato ieri con Balbarbero nel mezzo di Villa Doria Pamphili. L’ho trovato aggiornatissimo, tant’è che mi ha salutato con il gomito. Nel primo commento le istruzioni per l’uso.
Mese: <span>Giugno 2020</span>
«Costruiamo una torre che tocchi il cielo»: nei giorni più chiusi della pandemia, provocato prima da un amico ebreo e poi da un gruppo di lettori della Bibbia che si riuniva via Zoom, mi sono azzardato a proiettare il mito di Babele sul mondo del COVID-19 e mi è parso che ci fosse un punto in comune, un fantasma se non una figura che le due parabole sovrapponendosi venivano a configurare: quello dell’unità della famiglia umana. – E’ l’attacco di un mio articolo pubblicato dalla rivista il “Regno” nel fascicolo del 15 giugno. Nei commenti i primi e gli ultimi capoversi di quel testo.
“Rinnoviamo piena e affettuosa adesione a Vostra Santità Vicario di Cristo e pietra di fondamento dell’unità della Chiesa. Il Signore la conservi a lungo, Santità”: così stamane in San Pietro il cardinale Giovanni Battista Re, decano del Collegio, ha terminato il caldo saluto a Francesco prima della concelebrazione nella festa dei Santi Pietro e Paolo. Stante la rinnovata offensiva dell’ex nunzio Viganò contro il Papa, che nel mese di giugno ha avuto varie manifestazioni, queste parole costituiscono un atto di sostegno paragonabile a quello che Re aveva compiuto con la lettera del 26 febbraio sulla questione cinese. Si conferma il ruolo del nuovo decano dei cardinali a sostegno attivo dell’attività papale. Nei commenti riporto l’intero saluto di Re a Francesco, che ho trascritto dalla registrazione. E’ un documento della ricezione dell’azione papale in pandemia da parte dell’ambiente curiale.
Vangelo esigente, drammatico, quello di oggi (Matteo 10, 37-42), che riporto al primo commento: “Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me”. Per fortuna la seconda parte del brano un minimo ci rasserena: “Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, non perderà la sua ricompensa”. Insomma una sequela esigente, proposta senza accomodamenti. Ma anche una sequela nella quale possono esservi mansioni e obbedienze diverse: dall’offerta del bicchiere d’acqua alla presa della croce. Dopo riportato il testo, dico ancora.
Un prete morente assistito da un giovane infermiere: è la storia della morte di don Paolo Camminati di Piacenza, avvenuta il 21 marzo, narrata dalla sorella Elena che in seguito ha pure narrato la telefonata ricevuta dal Papa. E Francesco era stato all’origine del gesto dell’infermiere, avendo invitato medici e infermieri a farsi accompagnatori dei morenti. Tutto questo, in ordine, nei commenti. E’ la sesta storia della pandemia che riporto qui nel blog. Per trovare le altre vai al post del 18 giugno e scendi al secondo commento.
Arrivano nel giro di pochi giorni due messaggi da Bose: una “lettera agli amici” intitolata “Non siamo migliori”, firmata “I fratelli e le sorelle di Bose”, che in data 19 giugno chiede perdono “per lo scandalo che abbiamo suscitato”; e due tweet di Enzo Bianchi (20 e 23 giugno) che segnalano la decisione di tacere e di attendere che la verità si faccia strada. Nei commenti i passaggi chiave della lettera e i due tweet, con mia nota finale.
Carissimo Alessandro, la sua storia è un esempio di come riuscire a ripartire dopo uno stop improvviso. Attraverso lo sport ha insegnato a vivere la vita da protagonisti, facendo della disabilità una lezione di umanità. Grazie per aver dato forza a chi l’aveva perduta. In questo momento tanto doloroso le sono vicino, prego per lei e la sua famiglia. Che il Signore la benedica e la Madonna la custodisca: è un messaggio del Papa a Zanardi pubblicato oggi dalla “Gazzetta dello sport”. Nei primi commenti il rimando a due miei testi su Zanardi che sono presenti da anni nella pagina “Cerco fatti di Vangelo” di questo blog, elencata al decimo posto sotto la mia foto.
“Se S. Pietro e S. Paolo avessero imposto a Roma l’uso dell’aramaico per i sacri ministeri, se avessero voluto che per due-tre secoli i vescovi fossero dei palestinesi, il mondo romano si sarebbe convertito?” chiese il cardinale Celso Costantini a Pio XII, che gli rispose: «Umanamente parlando, no». Nel primo commento fonte, contesto e link per queste storiche battute.
Ieri il Papa emerito è rientrato in Vaticano dopo i quattro giorni passati a Regensburg, dove ha fatto visita al fratello maggiore don Georg di 96 anni, aggravato in salute. Nel primo commento i dettagli della visita, nel secondo una mia nota sulla libertà nelle decisioni della quale Joseph Ratzinger ha sempre dato prova, nel terzo esulto in nome della libertà.
“Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri”: Matteo 10, 29-31. E’ nel Vangelo di oggi. Nel primo commento una mia nota su questo messaggio che è uno dei più forti – per consolazione e per impegno – tra quanti ci vengono dalle parole di Gesù.
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