Sono stato ieri sera al Brancaccio per Roberto Vecchioni: ha la mia età, andarci era un gesto solidale: il vecchietto da Vecchioni. E’ da tanti anni che gli voglio bene. Ieri di nuovo gliene ho voluto anche per queste parole: “Non se la prendano gli atei, ma se ci sono donne così, ci deve anche essere Dio. Dio ci dev’essere per testimoniare la bellezza, il dolore, il coraggio degli esseri umani”. Nei commenti dico quali erano le donne nominate da Roberto e metto qualche altro spunto sul concerto che aveva il titolo “L’infinito tour”. Titolo che richiama quello dell’ultimo album, che a sua volta richiamava il Leopardi nel duecentesimo di quei quindici versi.
Vecchioni: se ci sono donne così ci deve essere anche Dio
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Ayse Liliana Daria. Le donne onorate in canto e parlato da Roberto Vecchioni nella piena serata sono state tante, ma quattro più di altre: Ayse Deniz, la ragazza curda morta in battaglia contro l’Isis; Liliana Segre, che due giorni prima era stata “scortata” da 600 sindaci a Milano; la mamma di Giulio Regeni; le ragazze e le donne incontrate in vita e su tutte la moglie Daria: “Ogni canzone d’amore / dall’alba del mondo era scritta per te”.
Voglia di battere il destino. Vecchioni ieri ha parlato con passione della “voglia di battere il destino” che aiuta donne e uomini a imprese che a prima vista parrebbero impossibili. Lo ha detto di Alex Zanardi e di altri. Ad Alex ha dedicato la canzone “Ti insegnerò a volare” che trovo irresistibile nel ritmo e nelle parole: “E se non potrò correre / e nemmeno camminare / imparerò a volare, / imparerò a volare”.
Più in là di Samarcanda. Ha pure detto, Roberto, che non condivide più quell’inno all’inevitabilità del destino che fu la sua “Samarcanda” che è del 1984 e con la quale anche ieri ha chiuso il concerto: “La canteremo, dopo, ma debbo dire che in tutti questi anni ci ho pensato e ripensato a quella corsa più veloce del vento per sfuggire alla nera signora – una corsa che infine porta proprio alla morte quel soldato che cavalca e scavalca l’orizzonte. Ci ho ripensato e ora so, sono sicuro, che mai dobbiamo mettere limiti alla voglia umana di battere il destino”. Avventurarsi oltre Samarcanda è stato per me il dono di questo concerto.
https://www.youtube.com/watch?v=Pk07iKa5wvk
Ieri Roberto ha cantato anche la “Canzone del perdono” che ha dedicato a Papa Francesco, “straordinario predicatore del perdono”.
Canzone del perdono
Ora so, lo so in silenzio
So navigare i sogni, Fermare la realtà
So quanto pesi dentro la tempesta
E quanto costi fuori la felicità
So i tuoi sospiri per tutti gli uomini
L’acqua che versi per sciogliere i lori dolori
E so dal tuo sorriso che anche all’inferno
si trova un gran rosso d’amore
e che non c’è germoglio senza l’inverno
e non c’è luce senza l’oscurità
E so di essere un uomo senza paura
ma con un bel po’ di macchie qua e là
Ma so molto di più e ti sorprenderò
So che nessuna gioia nessun paradiso
vale il colpo di genio di chi porti in viso
Perche non c’è niente nella vita di un uomo
niente di cosi grande come il perdono
Niente di così infinito come un perdono
Ma so molto di più e ti sorprenderò
So che nessuna vittoria nessun paradiso
vale il colpo di genio di un signore deriso
Perche non c’è niente nella vita di un uomo
niente di cosi grande come il perdono
Niente così infinito come un perdono
Come un perdono
Come il perdono a Dio. Più che nella canzone del perdono ho avvertito l’attenzione di Vecchioni a Francesco – intendo dire: una qualche accoglienza della sua predicazione – nel brano intitolato “Parola” dove allude al modo straordinario, inventivo e insieme necessario, con cui la parola è dentro di noi: “Come l’azzurro al cielo / come il pianto all’addio / come gli uccelli al volo / come il perdono a Dio / come alla madre il seno / come il silenzio alle stelle / come la foglia al vento /come alla notte il sogno”.
La parola sta all’uomo come il perdono a Dio: qui davvero avverto che Francesco ha avuto qualche effetto sull’uomo Vecchioni. Homo sinistrensis europeus: così si è preso in giro al Brancaccio.
Eccomi, caro Luigi.
Io sulla bellezza delle donne ho scritto una poesia, intitolata “Cantico della creatura” nel quale, ovviamente per me, ho deviato anche nella bellezza di Maria. E’ una poesia lunga, non ricordo se già l’ho messa nel tuo blog….
Un bel saluto, qui a Rho sta nevicando poco, difatti sono bianchi solo i tetti…
Perciò, oltre che bello, Un candido saluto, caro Luigi..
Canto la mia fede rinata. Son più di tre lustri che Vecchioni è tornato cristiano. Quel ritorno lo narrò così, un giorno, in un’intervista: “Non esiste la casualità. La vita mi ha convinto che nulla avviene per caso, Dio è il grande regista dell’universo e delle nostre vite. A 60 anni ho riscoperto la spiritualità. Ho superato la rabbia e lo sconforto sapendo che ci si può salvare con la forza dell’amore” [a “Il Giornale” del 16 dicembre 2008: “Canto la mia fede rinata”].
Guido Mocellin ha ripreso oggi questo mio post su Vecchioni:
https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/un-vaticanista-un-cantautoree-la-testimonianza-che-dio-esiste
Grazie Luigi!