“Dispongo che venga modificata la rubrica secondo la quale le persone prescelte per ricevere la Lavanda dei piedi debbano essere uomini o ragazzi, in modo tale che da ora in poi i Pastori della Chiesa possano scegliere i partecipanti al rito tra tutti i membri del Popolo di Dio”: così il Papa in una lettera al cardinale ROBERT SARAH prefetto della Congregazione per il Culto, che ha la data del 20 dicembre 2014. Oggi il cardinale ha pubblicato il decreto che dà attuazione alla disposizione del Papa. Ne riporto un brano nel primo commento e nel secondo dico la mia contentezza per questa decisione.
Uomini e donne alla lavanda dei piedi: una minima novità
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Varietà del popolo. Decreto della Congregazione: Nel compiere tale rito, Vescovi e sacerdoti sono invitati a conformarsi intimamente a Cristo che «non è venuto per farsi servire, ma per servire» (Mt 20,28) e, spinto da un amore «fino alla fine» (Gv 13,1), dare la vita per la salvezza di tutto il genere umano. Per manifestare questo pieno significato del rito a quanti partecipano, è parso bene al Sommo Pontefice Francesco mutare la norma che si legge nelle rubriche del Missale Romanum […] così che i pastori possano scegliere un gruppetto di fedeli che rappresenti la varietà e l’unità di ogni porzione del popolo di Dio. Tale gruppetto può constare di uomini e donne, e convenientemente di giovani e anziani, sani e malati, chierici, consacrati, laici”.
Già nelle lavande del Giovedì Santo 2013, 2014, 2015 Francesco aveva lavato i piedi a uomini e donne, compresi musulmani e musulmane. E già analoghi ampliamenti si erano visti qua e là: nella mia parrocchia romana erano attuati prima che li proponesse Francesco. Trovo dunque minima e del tutto opportuna l’innovazione, di riconoscimento dell’esistente, anzi di un passo in meno rispetto a un esistente sperimentato come buono: sia nella lettera del Papa sia nel decreto si parla di “fedeli” e non si accenna alla possibilità che in circostanze particolari – tipo celebrazione in un carcere o in una casa di cura: queste erano le ambientazioni delle tre lavande papali – possano essere ammesse alla lavanda persone non battezzate.
Va bene.
E così sia.
Varietà di forme. La storia dei riti attesta una grande varietà di forme della lavanda, che rende perfettamente comprensibile l’innovazione decisa da Francesco. Ambrogio la colloca nel rito del battesimo, Agostino critica l’uso milanese e la vorrebbe al giovedì o al venerdì della settimana santa. Altrove era praticata il Sabato Santo. Ci sono sinodi antichi che la proibiscono per i neobattezzati e padri della Chiesa che la prescrivono. La cerimonia ha vario svolgimento ed è indirizzata a diversi soggetti (12 canonici o 12 poveri) anche quando diviene un rito del Giovedì Santo riservato ai vescovi nelle loro cattedrali.
Lavato i piedi ai santi. Nella Scrittura, oltre alla narrazione giovannea, c’è questo versetto della Prima Lettera di Paolo a Timoteo (5, 10): “Una vedova sia iscritta nel catalogo delle vedove quando abbia non meno di sessant’anni, sia moglie di un solo uomo, sia conosciuta per le sue opere buone: abbia cioè allevato figli, praticato l’ospitalità, lavato i piedi ai santi, sia venuta in soccorso agli afflitti, abbia esercitato ogni opera di bene”.
Postasi alla cintura un grembiule. Per una liturgia familiare della lavanda dei piedi tra donne, ecco come la realizzò per l’ultimo Giovedì Santo della sua vita Clelia Barbieri, una bellissima figura di santa dell’ottocento bolognese (Le Budrie di San Giovanni in Persicelo, Bologna, 1847-1870), straordinariamente significativa ma sconosciuta ai più: “Il giovedì santo – il racconto è di una sua compagna – mi ordinò di cercare 12 ragazze di 16-17 anni, le fece sedere e, postasi alla cintura un grembiule, lavò loro i piedi. Quindi si sedette con loro a una specie di cena, fatta di radicchi e di una bevanda amara con erbe bollite, che somministrò dentro dei bicchieri fatti a forma di calice. Poi, inginocchiatasi sopra una sedia fra due armadi, parlò quasi mezz’ora della cerimonia compiuta, esortando le presenti a una grande devozione alla passione del Signore. Poi si andò insieme alla chiesa a recitare le preghiere”.
Di Clelia e di questa liturgia familiare parlo nel libretto DIMMI LA TUA REGOLA DI VITA alla p. 153.
Se parliamo di liturgia familiare cambia tutto.
Resta la domanda: il papa può in un fiat, “per lettera”, cambiare consuetudini e liturgia? Il ministero petrino non dovrebbe assumere, in questo pontificato, una dimesione sinodale e collegiale?
Donne mongole. Un mio amico che si è fatto mongolo, il missionario della Consolata Giorgio Marengo, ha raccontato – in una trasmissione di TV2000 dove eravamo insieme – che lava i piedi a dodici donne nella cappella della sua missione in Mongolia: “Qui vengono in chiesa 98 donne e due uomini“.
http://www.luigiaccattoli.it/blog/2011/04/21/mille-idee-sulla-lavanda-dei-piedi/
Chiedo a chi sa. Quando e dove la lavanda dei piedi faceva parte del rito del battesimo e veniva fatta ai neobattezzati, il Sabato Santo, era riservata agli uomini o era praticata anche alle donne? Credo si possa trovare la risposta nel “De Sacramentis” 3, 1 di Ambrogio che pratica e difende quell’uso: chi l’avesse in casa, o mi leggesse da una biblioteca, potrebbe aiutare questa ricerca.
Qui sono i miei interventi alla trasmissione di TV2000 che citavo sopra. Come appare chiaro, auspicavo nel 2011 la riforma arrivata ieri:
https://www.youtube.com/watch?v=3r48nbfv1Jw
Qualche giorno addietro, Antonella Lignani ricordava che i Papi dei secoli passati negli Anni Santi lavavano i piedi ai pellegrini. Le chiedo di darci qualche dettaglio.
A me risulta che non solo i Papi lo facevano, ma la lavanda dei piedi ai pellegrini era praticata come atto di accoglienza negli ospizi e in particolare in quello dell’Arciconfraternita della Trinità dei Pellegrini. Lo storico migliore degli aspetti sociali degli Anni Santi, Mario Romani, in “Pellegrini e viaggiatori nell’economia di Roma dal XIV al XVII”, scrive che la lavanda dei piedi ai pellegrini ammessi all’ospizio “era la più semplice e sublime manifestazione della carità e umiltà di cui vivevano Ospizio e Confraternita, e quella che commuoveva e lasciava un’impressione e ricordo incancellabili negli ospiti: prelati, gentiluomini, artigiani, unificati dalla rossa veste simbolo della carità, a turno inginocchiati davanti ai pellegrini, con acque odorifere tiepide appositamente preparate, lavavano loro i piedi, dovendo spesso vincere le resistenze dei commossi viandanti proclamantisi indegni di tanto onore”.
Da donna a donne. Da un altro valoroso storico degli Anni Santi, da me conosciuto e amato, Paolo Brezzi, prendo questa lavanda da donna a donne: “La Settimana Santa del 1675 vide un susseguirsi di cerimonie solenni: al lunedì Cristina [già regina di Svezia, convertita da luterana a cattolica nel 1654 e perciò costretta all’abdicazione, sepolta in San Pietro] andò alla Trinità [dei Pellegrini] accompagnata dalla principessa d’Assia e da varie dame della nobiltà romana e lavò i piedi a 12 pellegrine lasciando larghe offerte e, in ricordo, il suo zinale e l’asciugamano, entrambi pregiati lavori artistici di ricamo” [Storia degli Anni Santi, Mursia 1975, p. 136].
Penso che la prima cosa da fare, quando si parla di cose così serie, sia sgombrare il campo da equivoci. Avere chiuso un occhio, a volte entrambi sulle tante stravaganze liturgiche post conciliari non consente una resa incondizionata di fronte all’abuso, anche se a proporlo è un Papa.
Ci sono stati e probabilmente ci saranno in situazioni di contingenza degli “strappi alla regola” (anch’io per anni ho letto il Passio dall’Ambone) ma sono eventi che rappresentano l’eccezione, non la prassi.
La stessa Sacrosantum Concilium del resto è chiara in proposito: la celebrazione individuale o privata non può sostituire quella comunitaria essendo il Rito Liturgico “l’ esercizio del Sacerdozio di Cristo ”
Allora chiediamoci cos’è un Rito.Per dirla con il piccolo principe “un rito è quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un’ora diversa dalle altre ore”.
Quella cena li , in cui il Maestro istituisce l’Eucaristia, nel bel mezzo della quale si compie un gesto unico: lava i piedi, apice dell’amore prima del martirio non vi è accenno a presenze femminili (Gesù non ha mai lavato i piedi alle donne, semmai è vero il contrario: una li lavò a Lui, tra lacrime e capelli) . E’ presumibile pensare che quello sia l’ultimo di una lunga serie di pasti quotidiani presi con i discepoli ma quello era un Pasto Pasquale secondo un Rito, celebrato in prospettiva dell ‘Avvento del Regno di Dio.
Questo è il motivo per il quale, a mio avviso, dinnanzi ad una roba tanto fondamenantale non possono esserci sbavature, invenzioni, improvvisazioni che offuscato e impoveriscono….
“un rito è quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un ora diversa dalle altre ore”
La lavanda dei piedi , il Giovedì santo, a Mosca:
https://www.youtube.com/watch?v=0NjTGq2Qfpw
Cara Maria Cristina, se non si comprende il senso profondo, catartico, metafisico, insito nel Rito si perde il contatto con il sacro, e forse lo si è già perduto. Ho visto il video, bellissimo….brividi dappertutto,
Qui una lettura filologica della minima riforma bergogliana degli ammessi alla lavanda, dopo quella pacelliana e dopo quella montiniana:
http://liturgia-opus-trinitatis.over-blog.it/2016/01/il-rito-della-lavanda-dei-piedi-nella-liturgia-romana.html
A proposito dei papi e dei giubilei, leggo:
https://books.google.it/books?id=Q_U-AAAAcAAJ&pg=PA31&lpg=PA31&dq=papa+lavava+i+piedi+ai+pellegrini+al+giubileo&source=bl&ots=Dd5ORzFSGA&sig=HjpvWZS_hFdAyA_ot0uZicWKK3k&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjbib6k9L3KAhUHqxoKHeg-ArIQ6AEILzAE#v=onepage&q=papa%20lavava%20i%20piedi%20ai%20pellegrini%20al%20giubileo&f=false
che Clemente VIII, nel giubileo del 1600 (mentre tantissimi pellegrini accorrevano, circa 3 milioni) “preparò un palazzo spazioso nel Borgo; ivi diede alloggio e vitto per dieci giorni ai Vescovi, Sacerdoti e Chierici che vollero albergarvi; e sovente li visitava, loro lavava li piedi, ed a tavola li serviva”.
Grazie Luigi. Mi sembra da una veloce lettura , sono appena arrivata dal consiglio d’istituto, improprio legare il rito al sacerdozio.
Cristina vicquery
Sicché sarebbe ” improprio legare il rito al sacerdozio”, In che senso !?
La Scrittura ha una sovrapposizione non indifferente di questo gesto, e nessuna contraddice l’altra: Aronne ordina ai figli di lavarsi i piedi prima di entrare nel santuario, Abramo, nella valle di Mambre lava i piedi ai tre ospiti misteriosi. Ma c’è un riferimento interessante in Lev 1,9 -e il Levitico contiene quasi esclusivamente leggi religiose e sociali, ad uso dei sacerdoti- in cui Mosé esige che si lavino le zampe degli animali offerti in olocausto. Io credo che il senso del Rito Liturgico ( la lavanda dei piedi) abbia un significato preciso , sovrapponibile al sacrificio di Colui che lo compì e morirà sul Golgota di li a poco: una richiesta precisa d’amore all’indirizzo dei 12 destinati a loro volta ad offrire la vita, proprio come ha fatto Lui ( “Il discepolo non è più grande del suo Maestro”).
Giovanni , riflettendo, aggiunge un dettaglio che potrebbe sembrare insignificante ma non lo è: prima di lavare i piedi si cinge i fianchi (Gv 13,4)stesso gesto è riportato in ‘Esodo (12,34) in cui gli ebrei, pronti a lasciare l’Egitto si cingono i fianchi.
Per formazione mi sento legata ad un sano concetto di tradizione che mal si concilia con le novità e purtroppo per me, e per quelli come me, tende a trionfare un certo individualismo che, in ambito ecclesiastico, combina sempre diversi danni. Un tempo contro l’individualismo esisteva il rigore ascetico, la rilfessione attenta sul messaggio da veicolare che aveva un suo peso.. Oggi se parli di ascesi o di entrare in risonanza con la Parola ti dicono che sei matto…