I popoli antichi facevano della volta celeste un punto di riferimento imprescindibile. Possiamo affermare che l’intera esistenza si basava sulla disposizione delle costellazioni, della luna soprattutto, che scandiva lo scorrere dei giorni e delle stagione, il movimento delle maree, e tutto ciò che era correlato alla natura comprese le gravidanze e le nascite. Erano infallibili in questo.
San Tommaso non smentisce l’importanza dello studio della volta celeste, anzi, ne studia il movimento, le costellazioni con grande interesse. Smentisce le antiche credenze impernaite di superstizione e lo inscrive in un rapporto di dipendenza dal creatore che tutto governa, e al quale tutto è sottomesso, “astra inclinant, sed non necessitant “. Sicché la creazione risente del movimento dei pianeti ma non il destino degli umani che non ne viene influenzato, invero il destino non è un accidens ma un insieme di accadimenti determinati dal libero arbitrio.
Gli antichi chiamavano la volta celeste Cosmo, dal greco Kosmos: ordine, mondo, insieme ordinato e armonico; per estensione : cosmesi: bellezza, perfezione.
Dalla parola cosmo si passa alla definizone di universo che vuol dire: ciò che è raccolto in unità, uni-direzionale, che contempla la totalità dei suoi componenti.
Da cosmo a universo , la differenza è sostanziale.
Dovremmo tornare a contemplare il cielo, ammirare l’armonia del cosmo, il suo canto -anche se non lo percepiamo- la bellezza e perfezione della creazione: tutt’altro che uno scherzo!
11 Marzo, 2008 - 21:05
Clodine
I cieli narrano la gloria di Dio,
e l’opera delle sue mani annunzia il firmamento.
Il giorno al giorno ne affida il messaggio
e la notte alla notte ne trasmette notizia.
Non è linguaggio e non sono parole,
di cui non si oda il suono.
Per tutta la terra si diffonde la loro voce
e ai confini del mondo la loro parola.
Là pose una tenda per il sole
che esce come sposo dalla stanza nuziale,
esulta come prode che percorre la via.
Egli sorge da un estremo del cielo
e la sua corsa raggiunge l’altro estremo:
nulla si sottrae al suo calore.
Salmo 19
11 Marzo, 2008 - 21:47
Bruno
Domenica per caso mi sono trovato vicino ad un tavolo da biliardo. C’erano dei ragazzi che giocavano con le stecche, mi sembra si dica all’americana. All’inizio con il pallino si colpisce il “mucchio” delle boccette disposte a triangolo con l’apposito regolo (non so come si chiama l’attrezzo). C’era un ragazzo, molto bravo, che riusciva con il primo colpo a disporre le palline in modo da facilitarsi le mosse successive. Da ragazzo ho fatto non piu’ di due o tre partite e ricordo benissimo che all’inizio tiravo un colpo a casaccio con le palline che schizzavano incontrollate da tutte le parti.
Mi piace immaginare “l’inizio di tutto” come quel primo colpo di biliardo.
La domanda che mi pongo e’ la seguente: chi ha tirato questo colpo?
“Uno”, come il ragazzo molto bravo che conosce esattamente dove le palline andranno a finire oppure palline spinte a caso e si muoveranno a casaccio?
Sinceramente propendo per la prima scelta!
12 Marzo, 2008 - 10:29
Clodine
Bello il tuo intervento Bruno. Interessante e illuminante. Anch’io come te propendo per la prima scelta.
Un saluto
P.S
xFabricianus: ti ho scritto sul post precedente.
12 Marzo, 2008 - 20:32
Leopoldo
Non so perché, amici, ma l’idea dell’universo mi angoscia. Non riesco a immaginare che non possa esserci stato un inizio, eppure penso che un inizio non ci sia stato. Francamente l’eternità riesco a esprimerla con le parole ma non riesco a sentirla dentro di me. Sono confuso.
Che vita è mai questa? Chi e che cosa sarebbe Dio? Che rapporto dovrebbe esserci fra noi, che veramente siamo nulla nel cosmo, e un Essere che quel cosmo avrebbe addirittura creato dal nulla? E perché vi è più facile pensare all’eternità di Dio rispetto all’eternità della materia?
E Gesù, quanto lo si dovrebbe veramente amare, se davvero ci riappacificasse con il nostro limite!
Mi perdo, mi sono perso, anche qua sopra.
13 Marzo, 2008 - 19:28
Clodine
Anch’io , caro Leopoldo, come te, mi smarrisco al pensiero dell’universo infinito. Non potrebbe essere diversamente: siamo limitati per definizione. Tuttavia anche noi, come l’universo, siamo un mistero! Non siamo forse un microcosmo? Chi potrebbe contare le miriadi di cellule che compongono la nostra pelle, o le ossa. Per non parlare dei meccanismi della mente, del pensiero dell’intelligenza, ancora insoluti : miliardi e miliardi di piccole e grandi connessioni che si danno l’imput l’un l’altro…microscopiche ramificazioni che formano il sistema linfatico, venoso: siamo una meraviglia, stupenda tanto quanto l’universo stellato. E che dire dell’inconscio,dei sentimenti ..dell’amore: mistero nel mistero!
A questo proposito è stupenda la preghiera che San Francesco era solito fare quando, fissando il cielo stellato, si disponeva a coricarsi sulla nuda pietra:
” Signore – diceva- chi sono io, e chi sei Tu” . E ripeteva per ore, come un mantra queste parole.
A volte ci ingarbugliamo in preghiere lunghissime, basterebbe meditare su questa brevissima preghiera ed entrare in sintonia con lo Spirito Santo che tutto governa e dal quale tutto proviene..
13 Marzo, 2008 - 23:05
Luigi Accattoli
A Leopoldo e Clodine. L’ipotesi Dio non appiana il mistero dell’universo, o del destino umano. Semplicemente opta per un mistero personale al posto di uno impersonale e per un destino guidato al posto di uno cieco. Si tratta di una scelta, di una scommessa – come bene disse Pascal – e non di una dimostrazione incontrovertibile o di un’evidenza verificabile. Che poi l’ipotesi Dio debba farsi carico di dare ragione di ogni aspetto della vita e dell’universo è una falsa attesa dovuta alla pervicace tendenza degli uomini di Chiesa di tutto spiegare e normare: se lo Spirito proceda anche dal Figlio e se vi sia un limbo, per indicare due questioni conoscitivamente insensate e che ancora li occupa. L’accettazione del mistero non vuol dire che spieghi tutto ma che non puoi spiegare. Abbiamo già detto qualcosa tempo addietro su questo limite e forse conviene rileggerlo: vedi vari commenti ai post del 2 e soprattutto del 18 aprile 2007, in dialogo con Giorgio Ceccon – un visitatore alla Odifreddi – che non si fa più vivo ma che io credo legga sempre le nostre dispute.
14 Marzo, 2008 - 8:55
Clodine
Io personalmente credo in Dio a prescindere da ogni sensazionalismo miracolistico poiché mi basta contlempare la perfezione di un fiore di campo per scoprirci dentro tutta la bellezza ,la perfezione e bontà del Creatore
Ma, questi visitatori alla “Odifreddi” vorrei fare una domanda:” che spiegazione date quando, cartelle cliniche alla mano, un’intero apparato scheletrico ridotto in monconi si ricompatta nel giro di una settimana?”
E’ il caso di uno dei tanti miracoli eccezionali e incontrovertibili di Lourdes: protagonista una donna ora settatenne, ventiquattrenne al momento del “fatto” la quale, una cinquantina d’anni fa, affetta da una gravissima forma di tubercolosi ossea avanzatissima -tanto che mancano addirittura parti di avambraccio e femore- viene portata ,legata in lettiga assolutamente invalida, ovviamente, e febbricitante al santuario, immersa nell’acqua si ritrova sanata e in perfetta forma fisica nel giro di pochi giorni. Radiografie alla mano…
Ora, io posso capire l’essere tetragoni e non avere il dono della fede. Posso anche capire l’atteggiamento di fondo di chi, per sua struttura ,ha una mente empirica per cui citando Wittgenstein” ciò di cui non si può parlare si deve tacere”.
Ma,chiedo a voi che non credete: non c’è aporia tra la vostra visione e quanto invece si evince da certi eventi che appartengono al sovrasensibile e sono non verificabili empiricamente? Che spiegazione date? sarei curiosa di sapere il vostro punto di vista…che rispetto..ma deve essere convincente tanto quanto quelle radiografie che mostrano un osso ricostruito e funzionate anche dopo 50 anni.
“Oltre il mondo che il pensiero costruisce affermando e negando, ponendo e togliendo, c’è il pensiero, questo uomo vivo, che non chiude mai gli occhi perché il suo essere è pensare, e il pensiero non può astrarre da sé stesso. Dirà, magari, un momento, un momento solo: Dio non esiste; ma non potrà mai dire: Io non esisto. E’ la stella polare che brilla sempre al sommo del cielo, e non si spegne mai. E la sua luce perpetua è una riprova della sua essenziale eternità, al di sopra di tutte le stelle che sorgono e tramontano; e lei non ha tramonti, perché non ha aurore.”
Finché morte non ci separi.
Gentile
15 Marzo, 2008 - 8:06
Clodine
Dopo aver citato Giovanni Gentile mi piace ricordare Agostino il quale ha una frase lapidaria, scultorea: “Fides nisi cogitetur nulla est”. Una fede che non sia pensata, non è. Come dire: non si può abdicare alla ragione per amare Dio. Quando tu lo ami, quando tu veramente lo ami, quando tu gli dai perdutamente il tuo cuore, la tua intelligenza non può essere, semplicemente, sacrificata.
La fede non è negligente, la fede è pensosa, la fede è inquieta. Il credente, in fondo, – potremmo parafrasare così Agostino – è un povero ateo, pieno di domande, che ogni giorno si sforza di cominciare a credere.
15 Marzo, 2008 - 9:40
Sumpontcura
Un momento, Luigi, per favore: trovo anch’io insensato (cfr. ieri, ore 8:55)occupare mente e cuore con interrogativi quali “se lo Spirito proceda anche dal Figlio e se vi sia un limbo”. Ma lo scandalo del dolore degli innocenti? le contraddizioni della Scrittura sul rapporto tra fede e opere? l’inaccettabile principio per cui i figli sono chiamati a pagare le colpe dei padri? l’orrore della predestinazione, che non troviamo purtroppo solo in Lutero e Calvino, ma che ammorba passi inquietanti di San Paolo e gran parte della bibliografia di Sant’Agostino?
Spero, cari amici credenti, che vorrete perdonare il tono provocatorio: ci vado giù così greve non perché intenda offendervi, ma perché mi sento coinvolto anima e corpo, ragione e volontà, in questa “scommessa”, in questo “incontro” rinnovato ogni giorno con Gesù: Dio d’amore che tutto dona e tutto esige, che muore in croce per noi ma pretende che a Lui solo ci affidiamo, di fronte all’incomprensibilità e alla contraddizione della vita nostra e di quella del mondo. Penso alla shoah, alle vittime innocenti di guerre e perversioni, all’incomprensibile mistero di anime predestinate all’inferno: tremando recito il Credo. E’ così che si diventa credenti? E’ così che ci vuole, questo Creatore perdutamente innamorato eppure così silenzioso e lontano? “L’accettazione del mistero non vuol dire che spieghi tutto ma che non puoi spiegare”: è questo che significano queste parole?
15 Marzo, 2008 - 13:46
Luigi Accattoli
“Tremando recito il Credo”: sì Sump, credo che le mie e le tue parole si avvicinino. Almeno lo penso. Ma ciò che volevo dire nel commento precedente riguardava la “pretesa” di chi osserva la fede cristiana e dice: come spieghi il dolore innocente, come spieghi il dolore fisico? Una volta il dolore fisico l’ho chiamato “infamia” e ci fu una visitatrice – Luisa – che si ribellò (vedi post “Un abbraccio a Piergiorgio Welby”, 22 dicembre 2006) richiamando la possibilità cristiana di “abbandonarsi nelle braccia di Dio”. E aveva ragione e io le rispondevo che c’era quella possibilità dell’abbandono così come l’altra della rinuncia a combattere che era stata la scelta di Welby. Due scelte umane – ugualmente rispettabili – di fronte al mistero del dolore. Ecco che cosa volevo dire, allora e qui: il mistero – poniamo quello del dolore o quello dell’universo – è lo stesso per tutti. La pretesa dell’ateo che il credente lo spieghi è fuori luogo se i due – credente e non credente – sono alla pari davanti a esso e se tutta la differenza tra loro sta nel fatto che l’uno opta per una sua (del mistero) realtà personale e l’altro per una impersonale. Quella pretesa diventa invece ragionevole se il credente – come purtroppo i credenti hanno fatto nella storia – fanno dire troppo alla loro fede: e come è fatto l’oltretomba e come lo si guadagna e quale sia per ogni questione la volontà di Dio e dove e come Dio interviene nelle nostre giornate. Se postuliamo a ogni passo l’intervento del divino, davanti a questa confidenza conoscitiva con il mistero il non credente ha il diritto di chiedere: perché Dio ha voluto questo? Ma noi non sappiamo affatto e mai dovremmo affermare che “Dio ha voluto questo”, coinvolgendo abusivamente l’Altissimo negli accadimenti della storia. “Tremando recito il Credo” e mi guardo bene di riempirne i vuoti con mie proiezioni. Nel Credo non c’è la predestinazione, non c’è la spiegazione del dolore, non ci sono i figli chiamati a pagare le colpe dei padri, non c’è la chiave per intendere i nostri accadimenti. Teniamoci al Credo e saremo liberi. Al non credente che chiederà “come spieghi il dolore” risponderò che la mia fede non lo spiega, esattamente come la sua scienza e ci sentiremo fratelli di fronte a quell’infamia.
15 Marzo, 2008 - 18:00
Sumpontcura
Grazie, Luigi. E’ ancora notte ma non buia del tutto. Domani comincia una settimana importante, la liturgia ci introduce nel tunnel ma ci indica, anche, la strada. Le tue parole le conservo nel cuore: “Teniamoci al Credo e saremo liberi”.
(Grazie anche a Clodine, che con le sue riflessioni riesce spesso a darmi coraggio).
15 Marzo, 2008 - 18:19
Clodine
No! Dio non vuole il male, perché Dio è amore. Ma il male esiste, è una realtà inspiegabile e insondabile come gli abissi operante fin dalla fondazione del mondo. Allora ad un credente si potrà contestare:”se c’è il male nella creatura vuol dire che è insito anche nel creatore?”
Secondo la mia visione, il male, per quanto inspiegabile, è la conseguenza estrema della libertà: dono elargito da Dio a creature sovrasensibili, spirituali, che nemmeno Egli, il datore, può togliere perché le azioni in Dio rivestono un potere eterno. Credo all’esistenza di energie portatrice di male che si mettono di traverso, che sbarrano la via dell’uomo a Dio lo spingono al male come in una lotta. Non mi si fraintenda, non è manicheismo per cui due principi di uguale potenza si scontrano : il principio malefico è sempre sottomesso all’Onnipotente come tutto lo è, ma possiede libera azione nell’influenzare i mortali, i quali a loro volta sono liberi, creati liberi. Si insinua proprio nel cuore dei mortali, nelle giunture oserei dire. E’ come un cancro all’interno di un corpo per cui ne intacca l’aria, influenza i governi le nazioni, gli stati e la creazione tutta che come dicono le scritture) geme tra il già e il non ancora come nelle doglie del parto a causa di questa realtà ( è il mistero anche della brutta fine del Cristo, incarnatosi per una causa precisa: l’uomo e la rivelazione del volto di Dio)
No! Non gode Dio del male né lo vuole. Ma quando l’uomo, nella sua connivenza col male vi partecipa liberamente -con esperimenti atomici e molto altro- e per estensione intacca il nostro fisico o la nostra psiche ecc..
ecco, in quel frangente il Signore mi è accanto, piange con me, non mi abbandona…Dio è Amore. Piange con me…
dal libro di Giobbe:
“Satana si allontanò dal Signore e colpì Giobbe con una piaga maligna, dalla pianta dei piedi alla cima del capo.E Giobbe disse:” perisca il giorno in cui nacqui e la notte in cui si disse: “È stato concepito un uomo…E perché non sono morto fin dal seno di mia madree non spirai appena uscito dal grembo?
Perché due ginocchia mi hanno accolto,e perché due mammelle, per allattarmi?…”
-Giobbe è il paradigma dell’umana sofferenza e della ribellione nei confronti del Creatore. Dopo un lungo dialogo fatto di riflessioni e imprecazioni sulla propria sorte il Signore gli parla per bocca di Eliu. Alla fine, dopo che il profeta in un mirabile e struggente monologo apre a Giobbe l’intelletto sull’ ineffabile meraviglia e perfezione del creato di cui l’uomo non è che un atomo opaco di male finalmente, illuminato e reso saggio così conclude :
“Il censore vorrà ancora contendere con l’Onnipotente?
L’accusatore di Dio risponda!
Giobbe rivolto al Signore disse:
Ecco, sono ben meschino: che ti posso rispondere?
Mi metto la mano sulla bocca.
Ho parlato una volta, ma non replicherò.
ho parlato due volte, ma non continuerò.
Allora il Signore rispose a Giobbe di mezzo al turbine:
“porgi l’orecchio al suono delle mie parole.
Può mai governare chi odia il diritto?
E tu osi condannare il Gran Giusto?
lui che dice ad un re: “Iniquo!”
e ai principi: “Malvagi!”,
lui che non usa parzialità con i potenti
e non preferisce al povero il ricco,
perché tutti costoro sono opera delle sue mani?
Comprendo che puoi tutto
e che nessuna cosa è impossibile per te.
Chi è colui che, senza aver scienza,
può oscurare il tuo consiglio?
Ho esposto dunque senza discernimento
cose tropo grandi per me…
Io ti conoscevo per sentito dire,
ma ora i miei occhi ti vedono.
Perciò mi ricredo
e ne provo pentimento sopra polvere e cenere.”
Un abbraccio
15 Marzo, 2008 - 21:38
Clodine
Dio ha fatto l’Uomo a sua immagine e somiglianza, è cioe’
* Spirito: pensante ed autocosciente.
* Razionale: dotato di ragione in grado di capire la creazione e la volonta’ di Dio.
* Libero: capace di volere autonomamente.
* Concreatore: capace di far si’ che qualche cosa sia o non sia, sia in un modo o in un altro.
Compiti dell’uomo:
* Conoscere ed Amare Dio
* Arricchire il proprio Spirito e Lo Spirito.
–
L’uomo e’ una scintilla di Dio ed e’ destinato all’unione con Dio e con tutti gli altri Spiriti, conservando la propria individualita’
Secondo Malebranche, l’amore che Dio rivolge alle sue creature ha diretta origine dall’Amore che Dio ha per se stesso:
“Dio conosce perfettamente se stesso, conosce i suoi attributi, le sue perfezioni, tutta la sua sostanza; non solamente secondo quanto e’ in se stessa o presa in modo assoluto, ma anche in relazione a tutte le sue creature possibili, cioe’ in quanto e’ la loro idea o il loro modello eterno.
Dio ama la sua sostanza invincibilmente, poiche’ si compiace in se stesso. La sua volonta’ consiste unicamente in questo amore… Egli non puo’ amare nulla se non per la compiacenza che prende in se stesso; nulla se non in relazione a se stesso, poiche’ non trova che in se stesso la causa, per cosi’ dire, della sua perfezione e dalla sua felicita’
Anche lo spirito del male partecipa di questa perfezione: Dio non toglie i doni alle Sue creature. lo spirito del male, il diavolo, ha usato la libertà degenerandola in perverzione e invidia nei confronti di Dio..
Dio non ha creato autòmi del bene , robot, ma creature libere come Egli è: libero!
… ma ci sarebbe poco da ridere !!
I popoli antichi facevano della volta celeste un punto di riferimento imprescindibile. Possiamo affermare che l’intera esistenza si basava sulla disposizione delle costellazioni, della luna soprattutto, che scandiva lo scorrere dei giorni e delle stagione, il movimento delle maree, e tutto ciò che era correlato alla natura comprese le gravidanze e le nascite. Erano infallibili in questo.
San Tommaso non smentisce l’importanza dello studio della volta celeste, anzi, ne studia il movimento, le costellazioni con grande interesse. Smentisce le antiche credenze impernaite di superstizione e lo inscrive in un rapporto di dipendenza dal creatore che tutto governa, e al quale tutto è sottomesso, “astra inclinant, sed non necessitant “. Sicché la creazione risente del movimento dei pianeti ma non il destino degli umani che non ne viene influenzato, invero il destino non è un accidens ma un insieme di accadimenti determinati dal libero arbitrio.
Gli antichi chiamavano la volta celeste Cosmo, dal greco Kosmos: ordine, mondo, insieme ordinato e armonico; per estensione : cosmesi: bellezza, perfezione.
Dalla parola cosmo si passa alla definizone di universo che vuol dire: ciò che è raccolto in unità, uni-direzionale, che contempla la totalità dei suoi componenti.
Da cosmo a universo , la differenza è sostanziale.
Dovremmo tornare a contemplare il cielo, ammirare l’armonia del cosmo, il suo canto -anche se non lo percepiamo- la bellezza e perfezione della creazione: tutt’altro che uno scherzo!
I cieli narrano la gloria di Dio,
e l’opera delle sue mani annunzia il firmamento.
Il giorno al giorno ne affida il messaggio
e la notte alla notte ne trasmette notizia.
Non è linguaggio e non sono parole,
di cui non si oda il suono.
Per tutta la terra si diffonde la loro voce
e ai confini del mondo la loro parola.
Là pose una tenda per il sole
che esce come sposo dalla stanza nuziale,
esulta come prode che percorre la via.
Egli sorge da un estremo del cielo
e la sua corsa raggiunge l’altro estremo:
nulla si sottrae al suo calore.
Salmo 19
Domenica per caso mi sono trovato vicino ad un tavolo da biliardo. C’erano dei ragazzi che giocavano con le stecche, mi sembra si dica all’americana. All’inizio con il pallino si colpisce il “mucchio” delle boccette disposte a triangolo con l’apposito regolo (non so come si chiama l’attrezzo). C’era un ragazzo, molto bravo, che riusciva con il primo colpo a disporre le palline in modo da facilitarsi le mosse successive. Da ragazzo ho fatto non piu’ di due o tre partite e ricordo benissimo che all’inizio tiravo un colpo a casaccio con le palline che schizzavano incontrollate da tutte le parti.
Mi piace immaginare “l’inizio di tutto” come quel primo colpo di biliardo.
La domanda che mi pongo e’ la seguente: chi ha tirato questo colpo?
“Uno”, come il ragazzo molto bravo che conosce esattamente dove le palline andranno a finire oppure palline spinte a caso e si muoveranno a casaccio?
Sinceramente propendo per la prima scelta!
Bello il tuo intervento Bruno. Interessante e illuminante. Anch’io come te propendo per la prima scelta.
Un saluto
P.S
xFabricianus: ti ho scritto sul post precedente.
Non so perché, amici, ma l’idea dell’universo mi angoscia. Non riesco a immaginare che non possa esserci stato un inizio, eppure penso che un inizio non ci sia stato. Francamente l’eternità riesco a esprimerla con le parole ma non riesco a sentirla dentro di me. Sono confuso.
Che vita è mai questa? Chi e che cosa sarebbe Dio? Che rapporto dovrebbe esserci fra noi, che veramente siamo nulla nel cosmo, e un Essere che quel cosmo avrebbe addirittura creato dal nulla? E perché vi è più facile pensare all’eternità di Dio rispetto all’eternità della materia?
E Gesù, quanto lo si dovrebbe veramente amare, se davvero ci riappacificasse con il nostro limite!
Mi perdo, mi sono perso, anche qua sopra.
Anch’io , caro Leopoldo, come te, mi smarrisco al pensiero dell’universo infinito. Non potrebbe essere diversamente: siamo limitati per definizione. Tuttavia anche noi, come l’universo, siamo un mistero! Non siamo forse un microcosmo? Chi potrebbe contare le miriadi di cellule che compongono la nostra pelle, o le ossa. Per non parlare dei meccanismi della mente, del pensiero dell’intelligenza, ancora insoluti : miliardi e miliardi di piccole e grandi connessioni che si danno l’imput l’un l’altro…microscopiche ramificazioni che formano il sistema linfatico, venoso: siamo una meraviglia, stupenda tanto quanto l’universo stellato. E che dire dell’inconscio,dei sentimenti ..dell’amore: mistero nel mistero!
A questo proposito è stupenda la preghiera che San Francesco era solito fare quando, fissando il cielo stellato, si disponeva a coricarsi sulla nuda pietra:
” Signore – diceva- chi sono io, e chi sei Tu” . E ripeteva per ore, come un mantra queste parole.
A volte ci ingarbugliamo in preghiere lunghissime, basterebbe meditare su questa brevissima preghiera ed entrare in sintonia con lo Spirito Santo che tutto governa e dal quale tutto proviene..
A Leopoldo e Clodine. L’ipotesi Dio non appiana il mistero dell’universo, o del destino umano. Semplicemente opta per un mistero personale al posto di uno impersonale e per un destino guidato al posto di uno cieco. Si tratta di una scelta, di una scommessa – come bene disse Pascal – e non di una dimostrazione incontrovertibile o di un’evidenza verificabile. Che poi l’ipotesi Dio debba farsi carico di dare ragione di ogni aspetto della vita e dell’universo è una falsa attesa dovuta alla pervicace tendenza degli uomini di Chiesa di tutto spiegare e normare: se lo Spirito proceda anche dal Figlio e se vi sia un limbo, per indicare due questioni conoscitivamente insensate e che ancora li occupa. L’accettazione del mistero non vuol dire che spieghi tutto ma che non puoi spiegare. Abbiamo già detto qualcosa tempo addietro su questo limite e forse conviene rileggerlo: vedi vari commenti ai post del 2 e soprattutto del 18 aprile 2007, in dialogo con Giorgio Ceccon – un visitatore alla Odifreddi – che non si fa più vivo ma che io credo legga sempre le nostre dispute.
Io personalmente credo in Dio a prescindere da ogni sensazionalismo miracolistico poiché mi basta contlempare la perfezione di un fiore di campo per scoprirci dentro tutta la bellezza ,la perfezione e bontà del Creatore
Ma, questi visitatori alla “Odifreddi” vorrei fare una domanda:” che spiegazione date quando, cartelle cliniche alla mano, un’intero apparato scheletrico ridotto in monconi si ricompatta nel giro di una settimana?”
E’ il caso di uno dei tanti miracoli eccezionali e incontrovertibili di Lourdes: protagonista una donna ora settatenne, ventiquattrenne al momento del “fatto” la quale, una cinquantina d’anni fa, affetta da una gravissima forma di tubercolosi ossea avanzatissima -tanto che mancano addirittura parti di avambraccio e femore- viene portata ,legata in lettiga assolutamente invalida, ovviamente, e febbricitante al santuario, immersa nell’acqua si ritrova sanata e in perfetta forma fisica nel giro di pochi giorni. Radiografie alla mano…
Ora, io posso capire l’essere tetragoni e non avere il dono della fede. Posso anche capire l’atteggiamento di fondo di chi, per sua struttura ,ha una mente empirica per cui citando Wittgenstein” ciò di cui non si può parlare si deve tacere”.
Ma,chiedo a voi che non credete: non c’è aporia tra la vostra visione e quanto invece si evince da certi eventi che appartengono al sovrasensibile e sono non verificabili empiricamente? Che spiegazione date? sarei curiosa di sapere il vostro punto di vista…che rispetto..ma deve essere convincente tanto quanto quelle radiografie che mostrano un osso ricostruito e funzionate anche dopo 50 anni.
“Oltre il mondo che il pensiero costruisce affermando e negando, ponendo e togliendo, c’è il pensiero, questo uomo vivo, che non chiude mai gli occhi perché il suo essere è pensare, e il pensiero non può astrarre da sé stesso. Dirà, magari, un momento, un momento solo: Dio non esiste; ma non potrà mai dire: Io non esisto. E’ la stella polare che brilla sempre al sommo del cielo, e non si spegne mai. E la sua luce perpetua è una riprova della sua essenziale eternità, al di sopra di tutte le stelle che sorgono e tramontano; e lei non ha tramonti, perché non ha aurore.”
Finché morte non ci separi.
Gentile
Dopo aver citato Giovanni Gentile mi piace ricordare Agostino il quale ha una frase lapidaria, scultorea: “Fides nisi cogitetur nulla est”. Una fede che non sia pensata, non è. Come dire: non si può abdicare alla ragione per amare Dio. Quando tu lo ami, quando tu veramente lo ami, quando tu gli dai perdutamente il tuo cuore, la tua intelligenza non può essere, semplicemente, sacrificata.
La fede non è negligente, la fede è pensosa, la fede è inquieta. Il credente, in fondo, – potremmo parafrasare così Agostino – è un povero ateo, pieno di domande, che ogni giorno si sforza di cominciare a credere.
Un momento, Luigi, per favore: trovo anch’io insensato (cfr. ieri, ore 8:55)occupare mente e cuore con interrogativi quali “se lo Spirito proceda anche dal Figlio e se vi sia un limbo”. Ma lo scandalo del dolore degli innocenti? le contraddizioni della Scrittura sul rapporto tra fede e opere? l’inaccettabile principio per cui i figli sono chiamati a pagare le colpe dei padri? l’orrore della predestinazione, che non troviamo purtroppo solo in Lutero e Calvino, ma che ammorba passi inquietanti di San Paolo e gran parte della bibliografia di Sant’Agostino?
Spero, cari amici credenti, che vorrete perdonare il tono provocatorio: ci vado giù così greve non perché intenda offendervi, ma perché mi sento coinvolto anima e corpo, ragione e volontà, in questa “scommessa”, in questo “incontro” rinnovato ogni giorno con Gesù: Dio d’amore che tutto dona e tutto esige, che muore in croce per noi ma pretende che a Lui solo ci affidiamo, di fronte all’incomprensibilità e alla contraddizione della vita nostra e di quella del mondo. Penso alla shoah, alle vittime innocenti di guerre e perversioni, all’incomprensibile mistero di anime predestinate all’inferno: tremando recito il Credo. E’ così che si diventa credenti? E’ così che ci vuole, questo Creatore perdutamente innamorato eppure così silenzioso e lontano? “L’accettazione del mistero non vuol dire che spieghi tutto ma che non puoi spiegare”: è questo che significano queste parole?
“Tremando recito il Credo”: sì Sump, credo che le mie e le tue parole si avvicinino. Almeno lo penso. Ma ciò che volevo dire nel commento precedente riguardava la “pretesa” di chi osserva la fede cristiana e dice: come spieghi il dolore innocente, come spieghi il dolore fisico? Una volta il dolore fisico l’ho chiamato “infamia” e ci fu una visitatrice – Luisa – che si ribellò (vedi post “Un abbraccio a Piergiorgio Welby”, 22 dicembre 2006) richiamando la possibilità cristiana di “abbandonarsi nelle braccia di Dio”. E aveva ragione e io le rispondevo che c’era quella possibilità dell’abbandono così come l’altra della rinuncia a combattere che era stata la scelta di Welby. Due scelte umane – ugualmente rispettabili – di fronte al mistero del dolore. Ecco che cosa volevo dire, allora e qui: il mistero – poniamo quello del dolore o quello dell’universo – è lo stesso per tutti. La pretesa dell’ateo che il credente lo spieghi è fuori luogo se i due – credente e non credente – sono alla pari davanti a esso e se tutta la differenza tra loro sta nel fatto che l’uno opta per una sua (del mistero) realtà personale e l’altro per una impersonale. Quella pretesa diventa invece ragionevole se il credente – come purtroppo i credenti hanno fatto nella storia – fanno dire troppo alla loro fede: e come è fatto l’oltretomba e come lo si guadagna e quale sia per ogni questione la volontà di Dio e dove e come Dio interviene nelle nostre giornate. Se postuliamo a ogni passo l’intervento del divino, davanti a questa confidenza conoscitiva con il mistero il non credente ha il diritto di chiedere: perché Dio ha voluto questo? Ma noi non sappiamo affatto e mai dovremmo affermare che “Dio ha voluto questo”, coinvolgendo abusivamente l’Altissimo negli accadimenti della storia. “Tremando recito il Credo” e mi guardo bene di riempirne i vuoti con mie proiezioni. Nel Credo non c’è la predestinazione, non c’è la spiegazione del dolore, non ci sono i figli chiamati a pagare le colpe dei padri, non c’è la chiave per intendere i nostri accadimenti. Teniamoci al Credo e saremo liberi. Al non credente che chiederà “come spieghi il dolore” risponderò che la mia fede non lo spiega, esattamente come la sua scienza e ci sentiremo fratelli di fronte a quell’infamia.
Grazie, Luigi. E’ ancora notte ma non buia del tutto. Domani comincia una settimana importante, la liturgia ci introduce nel tunnel ma ci indica, anche, la strada. Le tue parole le conservo nel cuore: “Teniamoci al Credo e saremo liberi”.
(Grazie anche a Clodine, che con le sue riflessioni riesce spesso a darmi coraggio).
No! Dio non vuole il male, perché Dio è amore. Ma il male esiste, è una realtà inspiegabile e insondabile come gli abissi operante fin dalla fondazione del mondo. Allora ad un credente si potrà contestare:”se c’è il male nella creatura vuol dire che è insito anche nel creatore?”
Secondo la mia visione, il male, per quanto inspiegabile, è la conseguenza estrema della libertà: dono elargito da Dio a creature sovrasensibili, spirituali, che nemmeno Egli, il datore, può togliere perché le azioni in Dio rivestono un potere eterno. Credo all’esistenza di energie portatrice di male che si mettono di traverso, che sbarrano la via dell’uomo a Dio lo spingono al male come in una lotta. Non mi si fraintenda, non è manicheismo per cui due principi di uguale potenza si scontrano : il principio malefico è sempre sottomesso all’Onnipotente come tutto lo è, ma possiede libera azione nell’influenzare i mortali, i quali a loro volta sono liberi, creati liberi. Si insinua proprio nel cuore dei mortali, nelle giunture oserei dire. E’ come un cancro all’interno di un corpo per cui ne intacca l’aria, influenza i governi le nazioni, gli stati e la creazione tutta che come dicono le scritture) geme tra il già e il non ancora come nelle doglie del parto a causa di questa realtà ( è il mistero anche della brutta fine del Cristo, incarnatosi per una causa precisa: l’uomo e la rivelazione del volto di Dio)
No! Non gode Dio del male né lo vuole. Ma quando l’uomo, nella sua connivenza col male vi partecipa liberamente -con esperimenti atomici e molto altro- e per estensione intacca il nostro fisico o la nostra psiche ecc..
ecco, in quel frangente il Signore mi è accanto, piange con me, non mi abbandona…Dio è Amore. Piange con me…
dal libro di Giobbe:
“Satana si allontanò dal Signore e colpì Giobbe con una piaga maligna, dalla pianta dei piedi alla cima del capo.E Giobbe disse:” perisca il giorno in cui nacqui e la notte in cui si disse: “È stato concepito un uomo…E perché non sono morto fin dal seno di mia madree non spirai appena uscito dal grembo?
Perché due ginocchia mi hanno accolto,e perché due mammelle, per allattarmi?…”
-Giobbe è il paradigma dell’umana sofferenza e della ribellione nei confronti del Creatore. Dopo un lungo dialogo fatto di riflessioni e imprecazioni sulla propria sorte il Signore gli parla per bocca di Eliu. Alla fine, dopo che il profeta in un mirabile e struggente monologo apre a Giobbe l’intelletto sull’ ineffabile meraviglia e perfezione del creato di cui l’uomo non è che un atomo opaco di male finalmente, illuminato e reso saggio così conclude :
“Il censore vorrà ancora contendere con l’Onnipotente?
L’accusatore di Dio risponda!
Giobbe rivolto al Signore disse:
Ecco, sono ben meschino: che ti posso rispondere?
Mi metto la mano sulla bocca.
Ho parlato una volta, ma non replicherò.
ho parlato due volte, ma non continuerò.
Allora il Signore rispose a Giobbe di mezzo al turbine:
“porgi l’orecchio al suono delle mie parole.
Può mai governare chi odia il diritto?
E tu osi condannare il Gran Giusto?
lui che dice ad un re: “Iniquo!”
e ai principi: “Malvagi!”,
lui che non usa parzialità con i potenti
e non preferisce al povero il ricco,
perché tutti costoro sono opera delle sue mani?
Comprendo che puoi tutto
e che nessuna cosa è impossibile per te.
Chi è colui che, senza aver scienza,
può oscurare il tuo consiglio?
Ho esposto dunque senza discernimento
cose tropo grandi per me…
Io ti conoscevo per sentito dire,
ma ora i miei occhi ti vedono.
Perciò mi ricredo
e ne provo pentimento sopra polvere e cenere.”
Un abbraccio
Dio ha fatto l’Uomo a sua immagine e somiglianza, è cioe’
* Spirito: pensante ed autocosciente.
* Razionale: dotato di ragione in grado di capire la creazione e la volonta’ di Dio.
* Libero: capace di volere autonomamente.
* Concreatore: capace di far si’ che qualche cosa sia o non sia, sia in un modo o in un altro.
Compiti dell’uomo:
* Conoscere ed Amare Dio
* Arricchire il proprio Spirito e Lo Spirito.
–
L’uomo e’ una scintilla di Dio ed e’ destinato all’unione con Dio e con tutti gli altri Spiriti, conservando la propria individualita’
Secondo Malebranche, l’amore che Dio rivolge alle sue creature ha diretta origine dall’Amore che Dio ha per se stesso:
“Dio conosce perfettamente se stesso, conosce i suoi attributi, le sue perfezioni, tutta la sua sostanza; non solamente secondo quanto e’ in se stessa o presa in modo assoluto, ma anche in relazione a tutte le sue creature possibili, cioe’ in quanto e’ la loro idea o il loro modello eterno.
Dio ama la sua sostanza invincibilmente, poiche’ si compiace in se stesso. La sua volonta’ consiste unicamente in questo amore… Egli non puo’ amare nulla se non per la compiacenza che prende in se stesso; nulla se non in relazione a se stesso, poiche’ non trova che in se stesso la causa, per cosi’ dire, della sua perfezione e dalla sua felicita’
Anche lo spirito del male partecipa di questa perfezione: Dio non toglie i doni alle Sue creature. lo spirito del male, il diavolo, ha usato la libertà degenerandola in perverzione e invidia nei confronti di Dio..
Dio non ha creato autòmi del bene , robot, ma creature libere come Egli è: libero!