Amici belli, il gruppo di lettori della Bibbia che si riunisce a casa mia con il nome di “Pizza e Vangelo” legge lunedì 27, cioè dopodomani, il brano degli “Atti degli Apostoli” [capitolo 28, 11-16] che narra l’arrivo di Paolo a Roma: per noi romani questa lettura ha qualcosa di straordinario e anche di emozionante. Nei commenti una scheda di introduzione, il testo che affrontiamo, l’invito a partecipare che rivolgiamo a chiunque legga questo annuncio e voglia esserci.
Una serata con Paolo che arriva a Roma in catene
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Per noi cristiani di Roma è un testo forte quello che leggeremo lunedì: la storia della nostra città sarebbe stata diversa, e noi forse oggi non saremmo cristiani, se in quel giorno di fine inverno o inizio primavera del 61 dopo Cristo Paolo di Tarso, l’apostolo delle genti, non arrivava nella nostra città. A Roma c’era già un gruppo di discepoli di Cristo, ma lo sviluppo di quella minima comunità fu certamente favorito dalla lunga presenza – almeno due anni – del più dinamico degli evangelizzatori apostolici.
Siamo nell’ultimo capitolo degli Atti, il 28, ma è dal capitolo 19 che la narrazione è calamitata dalla meta romana. In quel capitolo avevamo ascoltato Paolo che annunciava il progetto di recarsi a Gerusalemme dicendo: “Dopo essere stato là devo vedere anche Roma”. Questo desiderio di arrivare nella capitale dell’Impero l’apostolo l’aveva già espresso nella “Lettera ai Romani”, inviata forse un paio d’anni prima da Corinto: in essa, fin dal prologo, paolo preannunciava il suo arrivo: “Sono pronto ad annunciare il Vangelo anche a voi che siete a Roma” (1, 15).
Il mandato di Cristo di portare il Vangelo fino ai confini del mondo trova una forte risonanza – si direbbe un inveramento – nella tappa romana: Roma era il centro dell’impero e secondo Paolo, che amava procedere per capitali, è luogo favorevole per la propagazione cristiana in tutto il mondo allora conosciuto.
Commentava Martini. “Con l’arrivo di Paolo in questa città, è terminato l’itinerario ideale della Parola, che è giunta nel luogo dal quale può irradiare fino ai confini della terra” scriveva Carlo Maria Martini nel suo commento agli “Atti degli Apostoli” che è del 1970 (ripubblicato ora dalla San Paolo: consiglio d’acquistarlo, è un’ottima guida alla lettura).
Probabilmente il racconto degli Atti termina qui – con l’arrivo dell’apostolo a Roma – proprio per mettere in risalto questo raggiungimento che era stato così formulato all’inizio degli Atti, a conclusione del saluto di Gesù ai discepoli al momento dell’Ascensione: “Riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra” (1, 8). La conclusione del libro va letta alla luce di quell’inizio.
Nella lettura della narrazione dell’itinerario che caratterizza il nostro brano, presteremo attenzione alle tappe di Pozzuoli e della via Appia per cogliere quanto ci dicono sui cristiani già presenti nel grande porto campano e a Roma: la diffusione dei cristiani era favorità dagli spostamenti legati ai commerci. Infine daremo risalto alle condizioni particolari della lunga prigionia romana – una specie di domicilio coatto – che permetterà a Paolo di svolgere una piena attività apostolica.
Atti 28, 11-16. Dopo tre mesi salpammo con una nave di Alessandria, recante l’insegna dei Diòscuri, che aveva svernato nell’isola. 12 Approdammo a Siracusa, dove rimanemmo tre giorni. 13Salpati di qui, giungemmo a Reggio. Il giorno seguente si levò lo scirocco e così l’indomani arrivammo a Pozzuoli. 14 Qui trovammo alcuni fratelli, i quali ci invitarono a restare con loro una settimana. Quindi arrivammo a Roma. 15 I fratelli di là, avendo avuto notizie di noi, ci vennero incontro fino al Foro di Appio e alle Tre Taverne. Paolo, al vederli, rese grazie a Dio e prese coraggio. 16 Arrivati a Roma, fu concesso a Paolo di abitare per conto suo con un soldato di guardia.
Venghino venate venite. Chi voglia sapere che sia “Pizza e Vangelo” vada nella pagina che ha questo nome ed è elencata per quarta sotto la mia foto, ad apertura del blog. Propongo ai visitatori i testi che affrontiamo nel gruppo biblico [c’è da 18 anni] perché chi può tra i visitatori mi dia una mano nella preparazione della lectio. Ma faccio questa segnalazione anche perché chi è a Roma, o capita a Roma nei nostri lunedì, venga alle serate. Chi volesse esserci mi mandi un’e-mail e io gli dirò il dove e il come. Saremo felici di avere nuovi ospiti e di mettere in tavola altre pizze. Vi troverete bene: siamo tipi spassosi.
Persa l’ultima puntata? Chi voglia un’idea di quello che abbiamo letto nell’ultimo incontro vada qui:
http://www.luigiaccattoli.it/blog/con-paolo-e-gli-altri-275-accolti-a-malta-con-rara-umanita/#comments
Mi piacerebbe venire, ma posso essere presente solo col pensiero! Per me San Paolo è un santo speciale. Una volta un sacerdote molto preparato disse: Se non ci fosse San Paolo, andremmo benissimo d’accordo con tutti.
San Paolo è importante perché le sue lettere sono molto antiche, sono databili e ci dicono che la fede dei primi decenni era esattamente quella di ora. Una testimonianza preziosa!
Caro Luigi, anche a me piacerebbe partecipare alle comunioni evangeliche della tua casa, ma, come sai, vivo lontano. Questa sera ho partecipato alla S. Messa prefestiva di rito ambrosiano, Parrocchia di Rho (MI). La prima Lettura era tratta da Gli Atti degli Apostoli e raccontava proprio la conversione di S. Paolo, con due sottolineature importanti: prima dell’incontro con Cristo, Paolo era proprio un persecutore; dopo l’incontro con LUI, Dio lo ha chiamato ad essere testimone “davanti a tutti gli uomini”. Cosa che Paolo fece anche a Roma.
Ma la cosa davvero felicitante e incoraggiante è il GRANDE AMORE-DIO che è riuscito a trasformare un suo persecutore in un suo importantissimo e fecondo apostolo. E’ proprio vero: nulla è impossibile a Gesù, compreso l’Amore per chi lo offende e persino Lo perseguita. Anche per questo Gesù è proprio un DIO-AMORE!!!
Rif. 22.27 di ieri – Altra sottolineatura della prima lettura ambrosiana
Importante anche: “Io sono il Gesù Nazareno che tu perseguiti” (detto due volte, a uno che perseguitava non Gesù ma i cristiani, legittimamente e in obbedienza ai decreti sicurezza degli “anziani”).
San Paolo ci fa andare d’accordo anche con Matteo (25) e con molti non cristiani; e persino con il papa: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare… ero straniero e mi avete accolto”