Il primo volume del SIGNORE DEGLI ANELLI si apre con UNA FESTA A LUNGO ATTESA per il centoundicesimo compleanno del signor Bilbo Baggins di Casa Baggins. Gran preparativi, fuochi d’artificio che “illuminavano a giorno il cielo” e doni “straordinariamente belli” per tutti, tanto che “i bambini Hobbit a causa dell’eccitazione per un po’ dimenticarono persino di mangiare”. Ma ovviamente il mangiare era il culmine e la fonte della festa: “Tre erano i pasti ufficiali: colazione, merenda e cena. La colazione e la merenda erano caratterizzate dal fatto che gli invitati sedevano a tavola e mangiavano assieme. Durante il resto del tempo, si vedeva invece solo una quantità di gente che mangiava e beveva senza interruzione e ciò dalle undici alle sei e mezzo, ora in cui cominciò lo spettacolo pirotecnico”. Avevo promesso un raffronto con quanto da me osservato durante la “crociera paolina” a bordo della “Navigator of the seas” (vedi post dal 28 giugno al 5 luglio). Ebbene sulla Navigator avveniva la stessa cosa, con la differenza che lo spettacolo della gente che “mangiava e beveva senza interruzione” non andava dalle “undici alle sei e mezzo” ma copriva l’intera giornata. In dettaglio le cose andavano così: i 3.500 ospiti della nave crociera sedevano a tavola e mangiavano assieme ai ristoranti dei piani 3 e 5 alle ore canoniche del pranzo e della cena mentre nel gigantesco open space culinario dell’11° piano si mangiava e si beveva per l’intera giornata. E non per un giorno di festa ma per tutta la settimana. Ne concludo che Hobbit non si nasce ma si diventa e che la Navigator porta a perfezione l’dea mangereccia della Contea: che sarebbe la regione della Terra di Mezzo abitata dagli Hobbit.
Una quantità di gente che mangiava in continuità – 3
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Con tutto il rispetto, direi che lo stile nave-crociera e club-mediterrané rappresentano non la perfezione dell’idea mangereccia della Contea, ma la sua perversione: da un lato la festività/convivialità (alla I. Illich) allo stato puro, dall’altra la quintessenza del fast-food.
Forse sulla nave manca lo stare insieme della famiglia, il focolare domestico. Nel libro di Tolkien, qualsiasi sia l’avventura o la disavventura, per i protagonisti c’è sempre tempo per gli amici, tea time e dolcetti e chiacchierate vicino al camino. O almeno anche il solo pensiero di queste cose 🙂 Mi sembra che tutto il libro suggerisce che in fondo tutte le prove e i pericoli nella vita sono per la salvaguardia della famiglia. Le avventure sono intraprese per proteggere la vita semplice: la famiglia, le mangiate con gli amici, le chiacchierate, le festicciole.
D’altronde anche nell’Odissea, Ulisse non vede l’ora di tornare a casa – e questo è il filo di tutto il racconto. Questo prototipo di ogni racconto d’avventura sottolinea prima di tutto il ritorno alla vita in famiglia, alle amicizie, alla comunità – anticipa di ben 2500 anni l’osservazione di Samuel Johnson che “la fine di ogni fatica è poter stare felicemente in casa con i propri cari”.
“…le chiacchierate, le festicciole”: oh no, no Gabriella! Non si va nel Reame Periglioso “per” questo . E, in più, non è affatto questa “l’idea mangereccia della Contea”. Almeno per come la intendo io. Cioè per come credo che la intenda il mio amato Tolkien.
Con UNA FESTA MOLTO ATTESA si apre anche il “Sir Gawain e il Cavaliere Verde”, carissimo a Tolkien:
” Era il re a Camelot per il Natale,
molti signori erano con lui, belli, i migliori,
tutti i nobili fratelli della Tavola Rotonda
in splendida festa e spensierato piacere.
…
Che lì la festa durava eguale per quindici giorni
con tutto il cibo e i sollazzi che potevan pensare.
…
poi i cavalieri corsero a dare i regali,
annunciarono forte i doni di Capodanno
li distribuirono attorno
…
così si divertirono fino all’ora del pranzo.
…
Il primo piatto venne con uno schiocco di trombe
e sgargianti bandiere che v’erano appese,
,,,
Furon portati cibi squisiti e costosi,
carni fresche in gran copia e su tanti vassoi
…
Ognuno prendeva quel che voleva,
nessuno lo rimproverava:
due persone avevano dodici piatti,
buona birra e vino brillante.”
(Sir Gawain e il Cavaliere Verde, a c. di P. Bottani, Adelphi 1994, pp.48-51)
Perché l’ho citato? Per continuare il discorso iniziato stanotte. Perché mi era già venuto in mente stanotte leggendo il post di Luigi, ma ero troppo stanca per scriverlo. Perché è bello. Perché è un banchetto degli Dei. Perché son d’accordissimo che “Hobbit si diventa”.