Una pietra di inciampo (Stolpersteine in tedesco: da un’idea dell’artista tedesco Gunter Demning) è stata posta ieri mattina sul marciapiede di via Urbana davanti all’uscio dell’abitazione contrassegnata con il numero 2, all’angolo con via Caprareccia, che è a circa 80 metri dal portone del palazzo dove abito io. Su di essa è scritto: Qui abitava / don Pietro Pappagallo nato 1888 arrestato 20.1.1944 / assassinato 24.3.1944 / Fosse Ardeatine. Ero presente, c’era una bella folla e sono contento di quella pietra: ve ne sono già 146 a Roma e 27 mila nel mondo. Nel primo commento spiego che sia una “pietra di inciampo”, nel secondo chi sia Pietro Pappagallo.
Una Pietra di inciampo sotto casa mia
14 Comments
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.
E’ dal 1995 che Gunter Demnig va installando per il mondo le sue “pietre di inciampo” [il nome viene da Isaia 8, 14: “Egli sarà insidia e pietra di ostacolo e scoglio di inciampo“] che vogliono ricordare deportati e altre vittime del nazismo. La “pietra d’inciampo” è una pietra di tipo comune, con la superficie superiore (10X10) di ottone lucido recante una scritta. Viene collocata davanti all’ingresso dell’abitazione dei perseguitati, in modo che non sporga rispetto al piano stradale: “L’inciampo non è fisico ma visivo e mentale, costringe chi passa a interrogarsi su quella diversità e agli attuali abitanti della casa a ricordare quanto accaduto in quel luogo e a quella data” si legge nel sito italiano dell’iniziativa http://www.beniculturali.it/mibac/opencms/MiBAC/sito-MiBAC/Contenuti/MibacUnif/Eventi/visualizza_asset.html?id=65637&pagename=129
Di Pietro Pappagallo tratto nel volume NUOVI MARTIRI e quel testo si può leggere anche qui nel blog, al capitolo 18 GIUSTI DELLE NAZIONI della pagina CERCO FATTI DI VANGELO elencata sotto la mia foto: Pietro Pappagallo: il “don Pietro” di Rossellini. Ecco qui una foto di Gunter Dmnig che sistema la pietra di inciampo tra i ragazzi delle scuole partecipanti all’iniziativa. L’installazione della pietra per Pietro Pappagallo è avvenuta su richiesta della Parrocchia di Santa Maria ai Monti.
Caro Luigi, tu che sei un saggio in cerca di perle o di fatti di vangelo, non pensi che sia ora di finirla con questa smelassata retorica anche demodé della glorificazione dei martiri ? E’ fuffa, roba vecchia, storie del passato di cui già non ricorda niente nessuno, e che fra due generazioni non si saprà nemmeno di che stai parlando…. E poi è contraria al vangelo.
Non dice il vangelo che le cose vanno fatte in segreto ? di essere modesti, di non vantarsi delle cose eclatanti, che tutti siamo schiavi ? Se tutti si rimettessero a “glorificare i propri martiri, o i propri uomini brillanti” sarebbe una rincorsa alla leghista, a chi ce l’ha più duro. Non è questo lo scopo. Perché stare sempre con gli occhi rivolti all’indietro ? Perché non cominciare a guardare avanti ?
E’ proprio vero, la nazione cattolica oggi vive nel ricordo del passato glorificandosi di ciò che “altri” hanno fatto o detto” incapaci di fare qualcosa di nuovo, autentico, incapace di suscitare entusiasmo per ciò che ciascuno può e deve essere in grado di fare autonomamente in modo nuovo. Ti pare possibile ?
Anche il Dio dice “Ecco faccio ogni cosa nuova”, ( Riv. 21.5) possibile che non si sia capito e siano rimasti ancora alla glorificazione delle vecchie ammuffite pratiche che tra l’altro non uniscono ma dividono perché ciascuno avrebbe motivo di innalzare i propri eroi rispetto a quelli degli altri ?
Forse vuole imitare le stelle di Hollywood il cui viale è costellato da nomi di attori famosi ? E’ un fattore divisivo ! Innalza l’orgoglio non la modestia. E’ come la droga spacciata ai ragazzi guerriglieri del Ruwanda per farli combattere senza pensare imitando ed emulando…. non si dovrebbe fare !
Come dimenticare la figura di don Pietro Pappagallo, magistralmente interpretata da Aldo Fabrizi in “Roma Città Aperta”.
Non sapevo che fosse don Pietro Pappagallo il personaggio interpretato da Aldo Fabrizi. C’è poi stato anche uno sceneggiato con Flavio Insinna. Queste fictions non sempre riescono ad incidere: si pensa infatti che siano personaggi immaginari, non reali. Sono utili perché avvicinano al grande pubblico, ma hanno bisogno di essere ancorati ad una pietra per riportare alla realtà.
Grazie ad Antonella Lignani che ci dona un nuovo spazio di riflessione con il suo Blog e mi riporta con piacere un pò indietro negli anni, ai tempi in cui frequentavo il Liceo Classico.
Ciao a tutti!! Ciao Luigi!
P.S. Ciao Clo, ricambio l’abbraccio di qualche giorno fa.
Non è una brutta idea. Queste pietre d’inciampo (di cui non ero a conoscenza) visivamente hanno qualche effetto e possono indurre i passanti a voler sapere chi fosse il personaggio segnalato e magari non conosciuto. Certo bisogna ammettere che non tutti potrebbero essere incuriositi, proprio come avviene per i nomi delle vie. Voglio dire che tanti nomi sconosciuti ai più, sconosciuti continuano a restare.
A Gioab vorrei far presente che va un po’ fuori del seminato. Il ricordo, mediante targhe o pietre o altro, di chi si è distinto nella vita in un modo o in un altro non è richiesto certo da chi ha compiuto atti di particolare coraggio o da chi ha manifestato doti elevate (anche perché non ci sono più), per cui la modestia e l’umiltà a cui allude il Vangelo sono salve, è evidente. Caso mai il riferimento è ai comportamenti dei vivi.
Guardare avanti si deve, ma ricordare il passato dei migliori non fa male a nessuno ed è un onore riconosciuto a chi ha ben meritato.
Trovo che “Pietra di inciampo” sia una denominazione geniale. Gli ospiti italiani di Gunter Demnig per farsi capire dal grande pubblico – in Italia poco abituato al linguaggio biblico – quelle pietre le hanno denominate “Memorie di inciampo”. Ed anche il sito che le segnala ha questa denominazione: http://www.memoriedinciampo.it/. Ma era meglio lasciare “Pietre di inciampo”, così qualcuno anche da noi inciampava nella Bibbia.
Mi è tornato adesso alla mente un link indicato da Lyco in un tuo post, Luigi, che parlava di pietre:
ho copiato il testo, che trovai molto bello allora e mi pare adatto stasera.
Metafisica alpina
“Durante i giorni dell’Epifania, saltabeccando in montagna, mi sono imbattuto, tra la neve, in un masso cuppellato. Il fatto, di per sé, non ha nulla di eccezionale: le Alpi ne sono piene.
Le coppelle sono delle incisioni emisferiche fatte dall’uomo sulla roccia. Dal Paleolitico fino a praticamente oggi; e se ne ritrovano dall’Africa alla Scandinavia. Per formare una coppella devi sfregare la roccia con un altro sasso almeno per un’ora abbondante.
A volte sono opera di pastori che, pieni di buon tempo, hanno ripetuto un gesto antico senza sapere bene perché. Ma per lo più non sono state fatte per caso. Quei massi per l’incisore avevano sempre un significato, o perché lì ci viveva, o vi passava, o perché lì si era manifestato qualcosa di grande, quando grande era il balenare di un fulmine, lo sgorgare di una sorgente d’acqua.
E poi, soprattutto, un sasso dura. Se la nozione di eternità preme, dove trovarla? Dove farla stare, ferma davanti, per essere compresa come le conviene?
La pietra era lì da sempre. Un ottimo aiuto, come similitudine. Anzi, la pietra, una sorgente, una rupe, anche solo una sequoia sembravano l’eternità stessa.
Ci vuole tempo prima che la pietra diventi segno essa stessa. Anche i re Magi sono partiti da lontano. Le nozioni si affinano man mano. Non è facile. Ci vuole tempo per afferrare con la testa quell’eternità che da sempre preme. Anche il Dio di Abramo, all’inizio, era il Dio della sua tenda, pur essendo già da sempre Io sono colui che sono.
Un segno, il mio segno inciso nella roccia. E’ la vita che inizia a vedere se stessa nell’eternità. Metafisica è il rapportarsi della vita all’assoluto. Le nostre Alpi sono piene di metafisica”
Adesso un po’ anche le nostre strade.
Non è male.
Pirandello conosceva la forza delle pietre d’inciampo e così la segnala nella novella IL TRENO HA FISCHIATO: “A un uomo che viva come Belluca finora ha vissuto, cioè una vita ‘impossibile’, la cosa più ovvia, l’incidente più comune, un qualunque lievissimo inciampo impreveduto, che so io, d’un ciottolo per via, possono produrre effetti straordinari, di cui nessuno si può dar la spiegazione“.
Vorrei che le pietre d’inciampo come don Pappagallo o Shahbaz Batthi facessero un po’ pensare (anche se non inciampare) tanti soloni e teologi della nostra epoca che teorizzano, scrivono, dibattono ecc. Ma quale è la loro testimonianza?
“tanti soloni e teologi della nostra epoca che teorizzano, scrivono, dibattono ecc. Ma quale è la loro testimonianza?”
Me lo chiedo anch’io.
Che poi martirio=testimonianza.
Oltre al martirio nella carne, c’è anche il martirio spirituale.
Da quello che teorizzano, scrivono, dibattono ecc. mostrano uno “spirito” a briglia sciolta, che di martirizzato ha poco o meglio, niente.
Divelte da vandali le pietre d’inciampo sistemate appena pochi giorni fa in via Santa Maria in Monticelli
Appena letta questa notizia ho detto a una che usciva di casa: passa per via Urbana e controlla se hanno portato via anche la pietra con il nome di Pietro Pappagallo. Quella dice di no ma poi ci va. “E’ tutto a posto” è lo squillo rassicurante.
Anch’io sono rimasta colpita dalla notizia.
Il fatto, però, che si siano presi la briga di toglierle conferma che non sono affatto insignificanti.