Una mia proposta per le carceri

Al 30 novembre erano 66 i carcerati che si erano tolti la vita lungo il 2009 nelle nostre prigioni. Tra essi una Diana e un’altra registrata senza nome – cognome: DETENUTA; nome: ITALIANA – nel dossier MORIRE DI CARCERE. Nell’intero 2008 erano stati 46 e 45 nel 2007. Dal duemila a oggi: 550. Tra le cause dell’aumento negli anni di quanti rivolgono la propria mano contro se stessi c’è il sovraffollamento e il conseguente diradamento degli ingressi di operatori e familiari. Qui mi interrogo da anni e qui appunto la mia proposta: rivedere i regolamenti per rendere possibile un maggiore contatto dei carcerati con l’umanità circostante. Non possiamo figurarci che là dentro non ci siano i nostri figli, fratelli, padri, sorelle e vicini di casa. Gli ultimni che si sono uccisi si chiamano: Massimiliano, Yassine, Giovanni, Bruno, Massimo, Domenico. Sta scritto: “Ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Quel giorno molti risponderanno: “Ho provato a venirti a trovare ma non ci sono riuscito”. Un tempo a quanto pare si poteva, oggi non più. Incredibile.

15 Comments

  1. Luigi Accattoli

    [Segue dal post] Sulla visita ai carcerati trovi una storia nel capitolo 13 della pagina CERCO FATTI DI VANGELO elencata sotto la mia foto: Teresilla che era detta “l’angelo delle carceri”.

    4 Dicembre, 2009 - 9:20
  2. credo che l’ “Ero carcerato e siete venuti a visitarmi” sarà il mio punto dolente nel giudizio. Nella mia diocesi c’è soltanto una colonia penale con un minimo di lavoro diurno per molti dei carcerati, ma a malapena il cappellano accede e si muove liberamente con circa 170 persone. Però è anche parroco di un paese distante 40 minuti di strada sterrata…
    Mille motivi (e non sempre solo i regolamenti interni) ci allontanano da questo luogo che, prima ancora che fisico, è teologale (cioè di incontro con Dio).
    Nella nostra mentalità estetica ma non estatica si trova più facilmente Dio (o almeno così si dice) nel canto gregoriano e nella contemplazione di un tramonto, in una chiesa barocca e in una liturgia perfetta.
    E si dimentica il comandamento dell’amore che non è: “eseguite una liturgia perfetta”, ma appunto “Ama il prossimo tuo”.
    Ora mi si dica pure che contrappongo la liturgia all’amore per il prossimo, la verità alla carità, etc etc, ché invece non sono contrapposte e non vanno estremizzate…
    Diciamolo pure.
    Intanto questi nostri fratelli son sempre più soli.

    4 Dicembre, 2009 - 9:30
  3. Signor Luigi la cosa è molto più complessa e il fattore non è solo quello del sovraffollamento e della scarsa presenza di operatori sociali e dei familiari.
    A dirlo basta il fatto che da contraltare abbiamo circa 70 suicidi di personale di Polizia Penitenziaria negli ultimi 10 anni. Cioè circa il 13% rispetto a quello dei detenuti.
    Penso basti a rendere l’idea.

    4 Dicembre, 2009 - 9:38
  4. Nino

    Caro Luigi, circa vent’anni fa, suor Teresilla che partecipava ad una catechesi per coppie di sposi adulti della mia comunità, ci propose di regalare delle campane vere al carcere di Rebibbia.

    Come ricorderai, lei oltreché essere caposala all’Ospedale san Giovanni, si occupava dei carcerati, in particolare degli ex terroristi.
    Ci parlò della vita del carcere e della progressiva perdita di spirito e anima e di profonde solitudini che portano non di rado al suicidio.

    Il suono delle campane, con i carcerati che a turno le avrebbero suonate, avrebbe portato un segno di speranza, il senso di una partecipazione più autentica e consapevole dell’appartenenza ad una comunità civile allargata e inclusiva non artefatta dal suono monotono di quello riprodotto da una registrazione audio.

    In parrocchia si fece una colletta spiegando alla comunità le motivazioni dell’iniziativa , che dopo qualche mese si concluse con l’istallazione di due campane nell’area interna del cortile del carcere.

    Li stanno e li suonano tutt’oggi.
    Seguirono i ringraziamenti e l’invito a presenziare all’inaugurazione a cui insieme al parroco partecipò una delegazione di noi.

    Fu una Eucaristia di forti commozioni tra noi e tra i carcerati, ringraziamenti di don Spriano, di un carcerato e del direttore del carcere.
    Suonarono le due campanelle e giù lacrime e occhi lucidi.

    Seguì una corrispondenza tra alcuni carcerati e il nostro gruppo, io ebbi la delega di rispondere, da qualche parte mantengo ancora quella corrispondenza.

    La cosa che più mi toccava era di leggere poesie struggenti di ex terroristi rossi e neri che si assomigliavano nei contenuti.

    Anche loro fecero una colletta e nella giornata che precedeva una notte di Natale di circa venti anni fa, su delega dei carcerati il direttore venne in chiesa a consegnarci un calice con su scritta una dedica.

    E fino che fu in vita suor Teresilla, ad ogni riunione del consiglio pastorale parrocchiale, si presentava la cara suora con un vassoio di pasta all’uovo preparata da una familiare di un carcerato e che onoravamo al termine della nostra riunione.

    Spero che quelle campane abbiano aiutato a sconfiggere la solitudine e a dissuadere da atti di suicidio.

    4 Dicembre, 2009 - 10:15
  5. Gerry

    Tutti in qualche modo viviamo una vita asfittica, a vari livelli di gravità, talvolta come pesci che si ritrovano fuori dall’acqua e si dibattono. Credo che molti carcerati, “ristretti” fisicamente e psicologicamente in ambienti che il sovraffollamento non può che aver peggiorato, ma che essenzialmente sono comunque coercitivi e lo sarebbero in qualunque situazione – anche ottimale, se così si può dire – siano nella condizione di asfissia, di affanno, ma tale situazione è propria di tutti coloro che hanno la ventura di vivere e lavorare nel medesimo ambiente.
    A tutti bisogna dare nuove ragioni di vita e di interesse, sfondando un orizzonte fatto di ossessiva ripetitività più che di mura e chiavistelli: è il mondo dentro di loro che si è chiuso, più che essere chiusi rispetto al mondo.
    Non è così incredibile che ai tempi di Gesù, comunque nel mondo antico, fossero possibili maggiori e più umani contatti con i carcerati rispetto al mondo moderno: la semplice detenzione non era il mezzo ordinario per scontare una colpa, un reato ed aveva un carattere temporaneo, durante il giudizio ed in attesa di pene afflittive (dalla pena capitale a quella della libertà personale con riduzione allo stato servile) e i piccoli numeri consentivano possibilità di visite, anche ai fini della consegna di viveri o generi di conforto. Oggi questo modo, non voglio dire più umano (sarebbe sbagliato), ma certo più permeabile rispetto al mondo esterno è sicuramente tramontato rispetto alle possibilità di intervento dei singoli di buona volontà e ad altre forme spontanee. Questo complica tutto.
    A Maioba, di cui capisco lo sfogo, ricordo che il culto si rende a Dio e non toglie nulla all’amore del prossimo – in carcere o meno – e il suo eventuale carattere di particolare bellezza o dignità è rivolto a Dio e ne è specchio. Liturgia e diaconia sono diversamente necessari alla Chiesa e costitutivi della stessa, quindi non possono e non debbono essere in contraddizione.

    4 Dicembre, 2009 - 10:41
  6. Caro Luigi,
    d’accordissimo con la tua proposta.
    Come una cosa in più, che quindi non esclude affatto la tua ma le si aggiunge, proporrei: facilitare al massimo per qualsiasi detenuto lavoro o studio.
    Secondo me, nei mesi o negli anni della loro detenzione, le persone vivono un periodo infinitamente migliore se, invece di abbrutire vedendo la televisione, possono lavorare in laboratori artigianali, officine, tipografie ecc.; oppure studiare. Ma questo non come l’esperimento pilota del carcere pilota della città pilota della regione pilota: per TUTTI.
    Orsobruno/Aù

    4 Dicembre, 2009 - 11:07
  7. Clodine

    Mi trovo totalmente in sintonia con quanto è stato detto finora da Luigi e dagli amici del blog. Tra l’altro ho un ricordo ancora molto vivo e lacerante riferito al tema; anche se sono passati più di dieci anni da che andai trovare -per giorni- a “Casal del marmo” il famoso carcere minorile di Roma un mio ex allievo, messo in carcere perché al centro di un turpe affare legato allo spaccio di stupefacenti. Furono traumatici e indimenticabili quegli incontri in parlatorio. Ricordo ancora quel grosso cancello di ferro richiuso di botto dietro di me, e il volto ancora imberbe, terrorizzato di quel mezz’ometto (così lo chiamavo) tanto sfortunato…
    ….Ho ritrovato le stesse sensazioni che ha descritte in un libro pubblicato di recente la scrittrice giornalista Daniela De Robert dal titolo :” sembrano proprio come noi”, dove descrive alla perfezione i rumori del carcere così come gli odori la luce i colori la profondità dello spazio, che non sono quelli che tutti conosciamo: sono diversi limitati e limitanti spesso invasivi e disturbanti. C’è chi finisce con il non sopportare l’orrore e l’abbrutimento che ne vengono e trova nel suicidio la soluzione estrema il superamento ultimo e definitivo dei confini angusti fisici e spirituali della propria esistenza. “L’autrice si fa interprete attenta, sensibile di questa moltitudine di vite, storie, esperienze cadute, distrutte e in “sembrano proprio come noi”, ce ne mostra la vita di tutti i giorni ce ne traduce linguaggi e riti, i comportamenti e le relazioni pericolose che si instaurano nel carcere”.
    Prego sempre, incessantemente per i carcerati….

    4 Dicembre, 2009 - 13:12
  8. Marcello

    Consiglio a tutti di ascoltare il martedì alle ore 21 la trasmissione “Radio Carcere” in onda su Radio Radicale (radio che tutti conosciamo, i commenti ora non servono).
    Ogni tanto mi capita di sentirla (mentre lavo i piatti) e scopro sempre nuovi “orrori”: il carcerato che aspetta mesi (mesi!) una dentiera (costretto a mangiare solo brodo), le celle dove si fanno i turni per stare in piedi e quelle dove si fanni i turni per stare sdraiati, il fatto che una saponetta in carcere costa 7 volte in più rispetto a fuori (e se non si compra non la si ha)…
    Buon ascolto.

    4 Dicembre, 2009 - 15:58
  9. Luigi Accattoli

    Nino la storia delle campane di Rebibbia è bella. Ne farò una “parabola” per il capitolo 21 della pagina CERCO FATTI DI VANGELO. Ma penso che un’iniziativa simile andrebbe bene per altre carceri e forse il nostro pianerottolo potrebbe lanciare l’idea. Se qualcuno sa muoversi in quella direzione, si faccia avanti.

    4 Dicembre, 2009 - 16:42
  10. Luigi Accattoli

    A Maioba e Gerry. “A che cosa si ridurrebbe una liturgia rivolta soltanto al Signore, senza diventare, nello stesso tempo, servizio per i fratelli, una fede che non si esprimesse nella carità?”: Benedetto XVI, udienza generale del 26 novembre 2008.

    4 Dicembre, 2009 - 16:51
  11. Luigi Accattoli

    Ancora per Maioba e Gerry. “L’amore per i poveri è liturgia”: l’ha detto anche questo Benedetto all’udienza generale del 1° ottobre 2008, aggiungendo questa frase improvvisata al testo che stava leggendo e con il quale commentava quanto scrive Paolo ai Corinti a proposito della colletta per i poveri di Gerusalemme realizzata dalle comunità “paoline”: che cioè essa costituiva “un servizio sacro” nei confronti dei “fratelli” che si trovavano nel bisogno (2 Corinti 9, 12). Bravo papa!

    4 Dicembre, 2009 - 16:53
  12. Desidero evidenziare
    la sensibilità manifestata da Luigi con quanto Gioba (don Giovanni) si è ritrovato a scrivere domenica nel suo blog straordinario. (in cui unisce vignette gustosissime di attualità con riflessioni sulla Parola Domenicale):

    “Questa sera con i giovani abbiamo incontrato alcuni volontari di una associazione che si occupa dell’assistenza alle persone in carcere. Era presente all’incontro, per dare la sua testimonianza diretta, anche un ex-carcerato, dalla lunga storia di detenzione.
    Come parrocchia abbiamo deciso nell’Avvento di dare particolare attenzione a questa realtà così particolare, che è vicina a noi fisicamente (abbiamo a Montorio un grosso carcere) ma nello stesso tempo assai distante per l’ignoranza e il pregiudizio che la circonda.”
    http://www.gioba.it/?p=647

    Mi sembra una bella comunione sulla via del fare….

    7 Dicembre, 2009 - 11:18
  13. ho da poco assistito alla proiezione del film “Tutta colpa di Giuda” di Ferrario, all’interno del carcere di Modena… spero di parlarne presto sul mio blog…
    La tendenza purtroppo sembra essere quella di ridurre invece che aumentare gli spazi di contatto con l’esterno, per la necessità di aumentare gli spazi di reclusione…

    7 Dicembre, 2009 - 17:07
  14. Pensa che dalle locandine che avevo allora visto, avevo intuito qualcosa di non interesse…..
    ora sono andato a cercarmi la storia del film………
    devo trovarlo……..
    a qualsiasi costo….
    grazie Moralista

    7 Dicembre, 2009 - 19:55
  15. roberto 55

    Bel “post”, bella proposta di Luigi, begli interventi da parte di tutti voi: grazie, davvero.

    Un saluto a tutti !

    Roberto 55

    9 Dicembre, 2009 - 2:07

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