Un Papa teologo può trovarsi nella necessità di compiere gesti o di prendere decisioni diverse da quelle alle quali sarebbe tirato dai suoi convincimenti professionali: credo sia successo a Papa Benedetto in più circostanze. Sullo “spirito di Assisi”, per esempio: da cardinale non volle andare alla prima giornata, quella del 1986, da Papa vi andò nel 25° della stessa. Sui rapporti con i paesi musulmani: entrò più volte in moschee e una volta in una di esse pregò. Anche sul tema del celibato dei preti ci sono sue decisioni facilitanti la presenza in occidente e nella Chiesa Latina del clero uxorato. Nei commenti al post del 14 gennaio intitolato Se il cardinale Sarah tira Ratzinger al suo mulino ho ricostruito quello che Benedetto fece con le comunità provenienti dal mondo anglicano e con i preti sposati delle Chiese orientali operanti in occidente. Un visitatore che è anche uno studioso del cattolicesimo dell’Europa orientale, Alessandro Milani, mi segnala un’analoga larghezza di vedute benedettiana nel caso “tutto interno al cattolicesimo di rito romano” dei preti cechi ordinati sotto il regime comunista. Nel primo commento riporto il suo messaggio.
Una cosa è il teologo Ratzinger e un’altra Papa Benedetto
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Da Alessandro Milani. Gentile dottor Accattoli, mi occupo di religione e politica nell’Europa orientale, essendo ricercatore presso l’Ecole pratique des hautes études di Parigi https://www.gsrl-cnrs.fr/milani-alessandro/. Ho letto con particolare interesse gli ultimi post a commento del saggio scritto dal cardinale Sarah con la collaborazione del papa emerito, che qui in Francia sta suscitando un certo scalpore.
Confesso di non riuscire a cogliere le ragioni del sostegno di Ratzinger alle tesi del porporato guineano, proprio perché il pontificato del teologo bavarese ha aperto importanti spiragli in materia. Lei ha ricordato che Benedetto XVI accolse dei preti sposati provenienti dalla Church of England, alcuni dei quali vennero chiamati a reggere gli ordinariati ad hoc creati per gli ex anglicani.
Mi permetto segnalare un caso simile, ma tutto interno al Cattolicesimo di rito romano, che, credo, sia stato trascurato dai media italiani: quello dei preti cechi. Nel 2008, papa Benedetto XVI concesse a Jan Kofron di essere ri-ordinato per l’arcidiocesi di Praga. Padre Kofron fa parte di un numero non irrilevante di uomini coniugati (nell’ordine di 400 persone) che erano stati ordinati segretamente durante la dittatura comunista. Crollato il muro di Berlino, il Vaticano pensò di sanare la faccenda permettendo a quei preti di essere ri-ordinati, ma per il rito orientale. Molti accettarono, ma alcuni non si rassegnarono e le loro richieste vennero progressivamente accolte. Oggi questi preti continuano ad essere ri-ordinati, pur se col contagocce, per non dare troppa visibilità alla cosa, anche se poi svolgono la loro missione non solo nelle più sperdute parrocchie di campagna, ma anche nei due seminari del Paese e presso le curie diocesane.
Forse questo ulteriore elemento potrebbe arricchire il dibattito in corso.
Mi è gradita l’occasione per porgerle i miei complimenti per la sua attività giornalistica e i miei più cordiali saluti, Alessandro Milani
Da Alessandro Milani ricevo questo nuovo messaggio:
Credo di non essermi diffuso a sufficienza sulla complessità storico-religiosa della Cechia. Ma temevo di diventare pedante.
Sono peraltro convinto che la situazione religiosa della Cechia abbia inciso poco nelle scelte di papa Benedetto. La piccola repubblica slava è oggi un Paese prevalentemente ateo e apparentemente disinteressato al messaggio cristiano. I neo-hussiti che all’inizio del secolo scorso avevano sottratto quasi due milioni di fedeli alla chiesa di Roma sono oggi meno di un decimo dei cattolici (che a loro volta sono un decimo della popolazione complessiva).
Questo mio post è stato ripreso stamane da Il Sismografo alle ore 09.00, aggiungendo al mio testo due foto del padre Jan Kofron con la moglie (foto: ceskatelevize.cz):
http://ilsismografo.blogspot.com/2020/01/repubblica-ceca-una-cosa-e-il-teologo.html