Sono stato a piazza San Pietro ed ero contento di esserci. Con tanta gente, il sole e la parola serena del papa. C’erano anche politici dichiaranti, cartelli altisonanti, qualche bandiera profittatrice e grida fuori luogo. Come quelle di un tipo agitatissimo che da dietro la mia spalla muoveva braccia e parole verso il cardinale Ruini: “Salvi l’Italia”. Il cardinale lo guardava stringendo gli occhi al riverbero della luce. Non si aduna tanta gente senza che qualcuno dia i numeri. Ma la folla tutto digeriva. Anche un uomo vestito di sacco, con i piedi nudi che declamava: “Sentinella che vedi? Vedo un popolo profugo che piange nel vespro”.
Un saluto divertito da piazza San Pietro
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Guardi che non e’ che quelli che vanno in giro con le bandiere a strisce dell’arcobaleno invertito (senza neanche sapere che e’ un simbolo del movimento gay, altro che “bandiere della pace”), o quelli che fanno i “sit-in” contro la “globalizzazione” e poi vogliono la “cittadinanza mondiale” (che e’ la stessa cosa della globalizzazione, ma essi non lo sanno…), o quelli che vogliono fondare un partito dove dovrebbero stare insieme anticlericali sfegatati e frequentatori di anticamere cardinalizie, siano meno ridicoli…
Alle ore 12 di oggi, il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:
PRIMA DELL’ANGELUS
Cari fratelli e sorelle!
Due giorni fa abbiamo iniziato la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani, durante la quale cattolici, ortodossi, anglicani e protestanti, coscienti che le loro divisioni costituiscono un ostacolo all’accoglienza del Vangelo, implorano insieme dal Signore, in modo ancora più intenso, il dono della piena comunione. Questa provvidenziale iniziativa nacque cento anni fa, quando Padre Paul Wattson diede avvio all’”Ottavario” di preghiera per l’unità di tutti i discepoli di Cristo. Per questo oggi sono presenti in Piazza San Pietro i figli e le figlie spirituali del Padre Wattson, i Frati e le Suore dell’Atonement, che saluto cordialmente e che incoraggio a proseguire nella loro speciale dedizione alla causa dell’unità. Abbiamo tutti il dovere di pregare e di operare per il superamento di ogni divisione tra i cristiani rispondendo all’anelito di Cristo “Ut unum sint”. La preghiera, la conversione del cuore, il rafforzamento dei vincoli di comunione formano l’essenza di questo movimento spirituale, che ci auguriamo possa condurre presto i discepoli di Cristo alla comune celebrazione dell’Eucaristia, manifestazione della loro piena unità.
Il tema biblico di quest’anno è denso di significato: “Pregate continuamente” (1 Ts 5,17). San Paolo si rivolge alla comunità di Tessalonica, che viveva al suo interno contrasti e conflitti, per richiamare con forza alcuni atteggiamenti fondamentali, tra i quali spicca appunto la preghiera incessante. Con questo suo invito, egli vuole far comprendere che dalla nuova vita in Cristo e nello Spirito Santo proviene la capacità di superare ogni egoismo, di vivere insieme in pace e in unione fraterna, di portare ognuno, di buon grado, i pesi e le sofferenze degli altri. Non dobbiamo mai stancarci di pregare per l’unità dei cristiani! Quando Gesù, durante l’ultima Cena, pregò affinché i suoi “siano una cosa sola”, aveva in mente una finalità precisa: “perché il mondo creda” (Gv 17,21). La missione evangelizzatrice della Chiesa passa dunque per il cammino ecumenico, il cammino dell’unità di fede, della testimonianza evangelica e dell’autentica fraternità
Come ogni anno, mi recherò venerdì prossimo, 25 gennaio, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura per concludere, con i Vespri solenni, la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani. Invito i romani e i pellegrini a unirsi a me ed ai cristiani delle Chiese e Comunità ecclesiali che prenderanno parte alla celebrazione per invocare da Dio il dono prezioso della riconciliazione tra tutti i battezzati. La santa Madre di Dio, della quale oggi si ricorda l’apparizione ad Alfonso Ratisbonne nella chiesa di sant’Andrea delle Fratte, ottenga dal Signore per tutti i suoi discepoli l’abbondanza dello Spirito Santo, in modo che insieme possiamo raggiungere la perfetta unità ed offrire così la testimonianza di fede e di vita di cui il mondo ha urgente bisogno.
[00091-01.01] [Testo originale: Italiano]
? DOPO L’ANGELUS
Desidero anzitutto salutare i giovani universitari, i professori e voi tutti che siete venuti oggi così numerosi in Piazza San Pietro per partecipare alla preghiera dell’Angelus e per esprimermi la vostra solidarietà; un pensiero di saluto va anche ai molti altri che si uniscono a noi spiritualmente. Vi ringrazio di cuore, cari amici; ringrazio il Cardinale Vicario che si è fatto promotore di questo momento di incontro. Come sapete, avevo accolto molto volentieri il cortese invito che mi era stato rivolto ad intervenire giovedì scorso all’inaugurazione dell’anno accademico della “Sapienza – Università di Roma”. Conosco bene questo Ateneo, lo stimo e sono affezionato agli studenti che lo frequentano: ogni anno in più occasioni molti di essi vengono ad incontrarmi in Vaticano, insieme ai colleghi delle altre Università. Purtroppo, com’è noto, il clima che si era creato ha reso inopportuna la mia presenza alla cerimonia. Ho soprasseduto mio malgrado, ma ho voluto comunque inviare il testo da me preparato per l’occasione. All’ambiente universitario, che per lunghi anni è stato il mio mondo, mi legano l’amore per la ricerca della verità, per il confronto, per il dialogo franco e rispettoso delle reciproche posizioni. Tutto ciò è anche missione della Chiesa, impegnata a seguire fedelmente Gesù, Maestro di vita, di verità e di amore. Come professore, per così dire, emerito che ha incontrato tanti studenti nella sua vita, vi incoraggio tutti, cari universitari, ad essere sempre rispettosi delle opinioni altrui e a ricercare, con spirito libero e responsabile, la verità e il bene. A tutti e a ciascuno rinnovo l’espressione della mia gratitudine, assicurando il mio affetto e la mia preghiera.
Saluto ora i responsabili, dirigenti, docenti, genitori e alunni delle scuole cattoliche, convenuti in occasione della Giornata della scuola cattolica, che la Diocesi di Roma celebra quest’oggi. Nell’educazione alla fede dei ragazzi e dei giovani, un compito importante è affidato anche alla scuola cattolica: vi incoraggio, pertanto, a continuare nel vostro lavoro che pone al centro il Vangelo, con un progetto educativo che punta alla formazione integrale della persona umana. Nonostante le difficoltà che incontrate, proseguite dunque con coraggio e fiducia in questa vostra missione, coltivando una costante passione educativa e un generoso impegno a servizio delle nuove generazioni.
“Perfino nella lontana Cina c’è diffusa adesione all’invito. Nell’Hebei i cattolici si riuniranno nelle cappelle alle ore 19 locali (mezzogiorno a Roma) per pregare insieme con il Papa.”
(da Asianews)
“Cristo e’ la vera Sapienza” (uno striscione in piazza San Pietro oggi)
” ma la folla tutto digeriva” -tra essa-“un uomo vestito di sacco, con i piedi nudi”
Riflettendo su questa frase mi sono chiesta: ” il Popolo di Dio ha smesso di dare ascolto ai profeti? Esiste ancora la profezia o questo carisma si è estinto nell’attesa del RisorTo?
Mi è subito venuta in mente una pericope: “Quel che io vi ho detto nelle tenebre ditelo alla luce del sole; e quello che vi è stato detto all’orecchio, predicatelo sui tetti” . La predicazione dunque è la prima missione.
” Quando vi radunate, ci può essere tra voi chi ha da proferire un salmo, o una rivelazione da comunicare, un ammaestramento: tutto si compia in modo da edificare” ( I Cor, 14, 24)
Alla domanda, che spesso mi pongo, se ci siano ancora i profeti nella Chiesa , dico di si!
Se il messaggio cristiano ha potuto diffondersi è stato non soltanto per alcune persone inviate con uno speciale mandato, bensì da tutti, ognuno secondo i propri doni e secondo le circostanze, ” tutti furono riempiti di Spirito santo, ed essi annunciavano con franchezza la parola di Dio” (Atti 4,31
Questo significa che lo Spirito dimora nei credenti, i quali non hanno bisogno di essere istruiti da alcuno: è Cristo stesso che dimora in noi,grazie al battesimo, è Lui stesso, in Spirito che ci istruisce.
Anch’io ero lì, a San Pietro, schiacciata in fondo, verso la Conciliazione, non vedevo niente se non la testa riccioluta di una donna africana, ma è stato bello lo stesso: ero felice.
E’ stato bello sentirci uniti, vicini, esseri lì , forti della nostra identità. Cristo non ha bisogno di soggetti opachi, stanchi, piegati dall’abitudine …ma di persone vive, di veri, credibili testimoni come il Battista e Giovanni.
Tutti chiamati, dunque, nello Spirito che suscita in noi la vocazione la quale è una manifestazione, una individuazione e concretizzazione dell’unica grazia di Gesù Cristo in quanto “apostolo, profeta, dottore, pastore , diacono” Egli stesso, e noi in Lui, uniti, gli uni gli altri – e – gli uni PER gli altri
Iginio…l’arcobaleno invertito è evidentemente omosessuale…
eh eh…già già !! Mi sa proprio di si…evidentemente omosessuale ! Gulp !
“Ruini… ha sorriso sibillino, come si rallegrano quei militanti apocalittici che provocano tenebre e caos pensando che solo a queste condizioni rinasca la luce, che incitano a sfasciare (nel linguaggio brigatista si diceva «disarticolare») per generare palingenesi prerivoluzionarie”
(Barbara Spinelli, sulla “Stampa” di oggi).
Non tutti i “profeti”, cara Clodine, si volgono allo Spirito Santo; in mancanza, essi si volgono, forse, ad altra fonte d’ispirazione:
I Girolami? Gli Altieri?
Gente dell’altro ieri.
Finiti i tempi belli,
altre teste, altri cervelli!
Son tempi imbarbariti:
Cognomina
sunt Omina.
Certo che i frequentatori dei blog spesso sono strepitosi…. Non solo sono in contemplazione di se stessi, incapaci di leggere e di comprendere quello che riporta qualcuno che non sia del loro giro, ma arrivano a commentare la vicenda del Papa citando Barbara Spinelli… E perche’ non il suo amante (indovinate che e’)? Grandioso poi il processo alle intenzioni di un uomo guardando i suoi lineamenti fisiognomici… Il paragone tra i “loschi clericali” e i “sedicenti brigatisti” lo facevano gia’ negli anni Settanta, quando qualche grande giornalista se ne usci’ col dire che il sequestro Sossi era opera dei cattolici reazionari perche’ in quei giorni si aspettava il referendum sul divorzio. Ma per piacere, cerchiamo di svegliarci e di guardare la realta’, non le proprie m************ mentali.
Che poi avevo riportato apposta tutte le parole del papa…macche’, neanche lette, passano subito ai commenti frou-frou… E poi dicono quelli della Sapienza…
Un ex collega del padrone di casa, anche lui cattolico fervente, ha commentato:
«Dopo la prima censura della Sapienza, ce ne sarà una seconda sull’Angelus. Una censura additiva, secondo la definizione di Umberto Eco: la si ottiene raffigurando un evento in una sgangherata esibizione di dementi o fanatici».
In tutti i movimenti collettivi c’è il grano e la paglia. L’importante è che il papa abbia parlato con tono pacato e sereno, forte interiormente e senza bisogno di gridare o di attaccare qualcuno. Io seguo lui, non i politicanti che cercano di strumentalizzarlo.
Immagino che chi cercava il grande discorso “vendicatore” possa essere rimasto deluso – ma io sono contento di quello che ho sentito.
Mi è parso di cogliere un senso di “business as usual” da parte del Papa.
Il non avere variato di una virgola il messaggio sull’unità dei cristiani prima dell’Angelus ed il non avere parlato con toni tipo “O tempora o mores” nella seconda parte. Infine l’appello al rispetto delle opinioni altrui.
Posso interpretarlo come un … porgere l’altra guancia o sono troppo irenico?
Un grazie a tutti – o meglio, ai più – per avere tenuto questo spazio fuori dall’invelenimento che ho riscontrato in altri blog.
Iginio:
che cosa ti si è sciolto?
Caspita, se sei incavolato! Fino al punto da non capire che la citazione della Spinelli era riportata proprio per mostrare a quali livelli paradossali può spingersi un certo “laicismo” becero e irrazionale?
Dài, Iginio!
L’epigramma sarà magari frutto di uno spirito di patata, ma l’intento mi pare trasparente: ridacchia sulla differenza fra la Spinelli di oggi e due Spinelli del passato, Girolamo e Altiero (il quale ultimo è, se non sbaglio, il padre della Nostra Grande Editorialista), e chiude con una battutaccia sugli “spinelli” come fonte d’ispirazione.
Va bene, faccio ammenda, ma tu prometti di prepararti quanto prima un infuso di camomilla!
”Grazie a voi tutti, buona settimana, e andiamo avanti in questo spirito di fraternità e amore per la libertà e la verità, un impegno comune per una società fraterna e tollerante”
L’aveva detto lei stesso sig. Accattoli, il miglior Benedetto è quello che improvvisa o non si attiene al testo scritto, e questa è l’ennesima prova…
Questa brutta storia non poteva chiudersi in modo migliore…w Papa Ratzinger!
@ Iginio.
Al tuo quiz, posso rispondere con una domanda: “i contestatori sono tutti … bamboccioni?”
Caro Igino, le consiglio anche la melissa è molto rilassante, sono anni che vado alle marce della Pace con molti altri cattolici e non mi sento per niente ridicolo.
Le mando un bell’articolo di Claudio Magris che contriburà a rilassarla
Chi è laico, chi è clericale
di Claudio Magris
in “Corriere della Sera” del 20 gennaio 2008
Quando, all’università, con alcuni amici studiavamo tedesco, lingua allora non molto diffusa, e alcuni compagni che l’ignoravano ci chiedevano di insegnar loro qualche dolce parolina romantica con cui attaccar bottone alle ragazze tedesche che venivano in Italia, noi suggerivamo loro un paio di termini tutt’altro che galanti e piuttosto irriferibili, con le immaginabili conseguenze sui loro approcci. Questa goliardata, stupidotta come tutte le goliardate, conteneva in sé il dramma della Torre di Babele: quando gli uomini parlano senza capirsi e credono di dire una cosa usando una
parola che ne indica una opposta, nascono equivoci, talora drammatici sino alla violenza. Nel penoso autogol in cui si è risolta la gazzarra contro l’invito del Papa all’università di Roma, l’elemento più pacchiano è stato, per l’ennesima volta, l’uso scorretto, distorto e capovolto del termine «laico», che può giustificare un ennesimo, nel mio caso ripetitivo, tentativo di chiarirne il significato.
Laico non vuol dire affatto, come ignorantemente si ripete, l’opposto di credente (o di cattolico) e non indica, di per sé, né un credente né un ateo né un agnostico. Laicità non è un contenuto filosofico, bensì una forma mentis; è essenzialmente la capacità di distinguere ciò che è dimostrabile razionalmente da ciò che è invece oggetto di fede, a prescindere dall’adesione o meno a tale fede; di distinguere le sfere e gli ambiti delle diverse competenze, in primo luogo quelle della Chiesa e quelle dello Stato.
La laicità non si identifica con alcun credo, con alcuna filosofia o ideologia, ma è l’attitudine ad articolare il proprio pensiero (ateo, religioso, idealista, marxista) secondo principi logici che non possono essere condizionati, nella coerenza del loro procedere, da nessuna fede, da nessun pathos del cuore, perché in tal caso si cade in un pasticcio, sempre oscurantista. La cultura— anche cattolica — se è tale è sempre laica, così come la logica — di San Tommaso o di un pensatore ateo — non può non affidarsi a criteri di razionalità e la dimostrazione di un teorema, anche se fatta da un Santo della Chiesa, deve obbedire alle leggi della matematica e non al catechismo.
Una visione religiosa può muovere l’animo a creare una società più giusta, ma il laico sa che essa non può certo tradursi immediatamente in articoli di legge, come vogliono gli aberranti fondamentalisti di ogni specie. Laico è chi conosce il rapporto ma soprattutto la differenza tra il quinto comandamento, che ingiunge di non ammazzare, e l’articolo del codice penale che punisce l’omicidio. Laico — lo diceva Norberto Bobbio, forse il più grande dei laici italiani — è chi si appassiona ai propri «valori caldi» (amore, amicizia, poesia, fede, generoso progetto politico) ma
difende i «valori freddi» (la legge, la democrazia, le regole del gioco politico) che soli permettono a tutti di coltivare i propri valori caldi. Un altro grande laico è stato Arturo Carlo Jemolo, maestro di diritto e libertà, cattolico fervente e religiosissimo, difensore strenuo della distinzione fra Stato e Chiesa e duro avversario dell’inaccettabile finanziamento pubblico alla scuola privata — cattolica, ebraica, islamica o domani magari razzista, se alcuni genitori pretenderanno di educare i loro figli in tale credo delirante.
Laicità significa tolleranza, dubbio rivolto anche alle proprie certezze, capacità di credere fortemente in alcuni valori sapendo che ne esistono altri, pur essi rispettabili; di non confondere il pensiero e l’autentico sentimento con la convinzione fanatica e con le viscerali reazioni emotive; di ridere e sorridere anche di ciò che si ama e si continua ad amare; di essere liberi dall’idolatria e dalla dissacrazione, entrambe servili e coatte. Il fondamentalismo intollerante può essere clericale (come lo è stato tante volte, anche con feroce violenza, nei secoli e continua talora, anche se più
blandamente, ad esserlo) o faziosamente laicista, altrettanto antilaico. I bacchettoni che si scandalizzano dei nudisti sono altrettanto poco laici quanto quei nudisti che, anziché spogliarsi legittimamente per il piacere di prendere il sole, lo fanno con l’enfatica presunzione di battersi contro la repressione, di sentirsi piccoli Galilei davanti all’Inquisizione, mai contenti finché qualche tonto prete non cominci a blaterare contro di loro.
Un laico avrebbe diritto di diffidare formalmente la cagnara svoltasi alla Sapienza dal fregiarsi dell’appellativo «laico». È lecito a ciascuno criticare il senato accademico, dire che poteva fare anche scelte migliori: invitare ad esempio il Dalai Lama o Jamaica Kincaid, la grande scrittrice nera di Antigua, ma è al senato, eletto secondo le regole accademiche, che spettava decidere; si possono criticare le sue scelte, come io criticavo le scelte inqualificabili del governo Berlusconi, ma senza pretendere di impedirgliele, visto che purtroppo era stato eletto secondo le regole della democrazia.
Si è detto, in un dibattito televisivo, che il Papa non doveva parlare in quanto la Chiesa si affida a un’altra procedura di percorso e di ricerca rispetto a quella della ricerca scientifica, di cui l’università è tempio. Ma non si trattava di istituire una cattedra di Paleontologia cattolica, ovviamente una scemenza perché la paleontologia non è né atea né cattolica o luterana, bensì di ascoltare un discorso, il quale — a seconda del suo livello intellettuale e culturale, che non si poteva
giudicare prima di averlo letto o sentito — poteva arricchire di poco, di molto, di moltissimo o di nulla (come tanti discorsi tenuti all’inaugurazione di anni accademici) l’uditorio. Del resto, se si fosse invitato invece il Dalai Lama — contro il quale giustamente nessuno ha né avrebbe sollevato obiezioni, che è giustamente visto con simpatia e stima per le sue opere, alcune delle quali ho letto con grande profitto — anch’egli avrebbe tenuto un discorso ispirato a una logica diversa da quella della ricerca scientifica occidentale.
Ma anche a questo proposito il laico sente sorgere qualche dubbio. Così come il Vangelo non è il solo testo religioso dell’umanità, ma ci sono pure il Corano, il Dhammapada buddhista e la Bhagavadgita induista, anche la scienza ha metodologie diverse. C’è la fisica e c’è la letteratura, che è pure oggetto di scienza — Literaturwissenschaft, scienza della letteratura, dicono i tedeschi — e la cui indagine si affida ad altri metodi, non necessariamente meno rigorosi ma diversi; la razionalità che presiede all’interpretazione di una poesia di Leopardi è diversa da quella che regola la dimostrazione di un teorema matematico o l’analisi di un periodo o di un fenomeno storico. E all’università si studiano appunto fisica, letteratura, storia e così via. Anche alcuni grandi filosofi hanno insegnato all’università, proponendo la loro concezione filosofica pure a studenti di altre convinzioni; non per questo è stata loro tolta la parola.
Non è il cosa, è il come che fa la musica e anche la libertà e razionalità dell’insegnamento. Ognuno di noi, volente o nolente, anche e soprattutto quando insegna, propone una sua verità, una sua visione delle cose. Come ha scritto un genio laico quale Max Weber, tutto dipende da come presenta la sua verità: è un laico se sa farlo mettendosi in gioco, distinguendo ciò che deriva da dimostrazione o da esperienza verificabile da ciò che è invece solo illazione ancorché convincente, mettendo le carte in tavola, ossia dichiarando a priori le sue convinzioni, scientifiche e filosofiche, affinché gli altri sappiano che forse esse possono influenzare pure inconsciamente la sua ricerca, anche se egli onestamente fa di tutto per evitarlo. Mettere sul tavolo, con questo spirito, un’esperienza e una riflessione teologica può essere un grande arricchimento. Se, invece, si affermano arrogantemente verità date una volta per tutte, si è intolleranti italitari, clericali.
Non conta se il discorso di Benedetto XVI letto alla Sapienza sia creativo e stimolante oppure rigidamente ingessato oppure — come accade in circostanze ufficiali e retoriche quali le inaugurazioni accademiche — dotto, beneducato e scialbo. So solo che — una volta deciso da chi ne aveva legittimamente la facoltà di invitarlo — un laico poteva anche preferire di andare quel giorno a spasso piuttosto che all’inaugurazione dell’anno accademico (come io ho fatto quasi
sempre, ma non per contestare gli oratori), ma non di respingere il discorso prima di ascoltarlo.
Nei confronti di Benedetto XVI è scattato infatti un pregiudizio, assai poco scientifico. Si è detto che è inaccettabile l’opposizione della dottrina cattolica alle teorie di Darwin. Sto dalla parte di Darwin (le cui scoperte si pongono su un altro piano rispetto alla fede) e non di chi lo vorrebbe mettere al bando, come tentò un ministro del precedente governo, anche se la contrapposizione fra creazionismo e teoria della selezione non è più posta in termini rozzi e molte voci della Chiesa, in nome di una concezione del creazionismo più credibile e meno mitica, non sono più su quelle
posizioni antidarwiniane. Ma Benedetto Croce criticò Darwin in modo molto più grossolano, rifiutando quella che gli pareva una riduzione dello studio dell’umanità alla zoologia e non essendo peraltro in grado, diversamente dalla Chiesa, di offrire una risposta alternativa alle domande sull’origine dell’uomo, pur sapendo che il Pitecantropo era diverso da suo zio filosofo Bertrando Spaventa. Anche alla matematica negava dignità di scienza, definendola «pseudoconcetto». Se l’invitato fosse stato Benedetto Croce, grande filosofo anche se più antiscientista di Benedetto XVI, si sarebbe fatto altrettanto baccano? Perché si fischia il Papa quando nega il matrimonio degli omosessuali e non si fischiano le ambasciate di quei Paesi arabi, filo- o anti-occidentali, in cui si decapitano gli omosessuali e si lapidano le donne incinte fuori dal matrimonio?
In quella trasmissione televisiva Pannella, oltre ad aver infelicemente accostato i professori protestatari della Sapienza ai professori che rifiutarono il giuramento fascista perdendo la cattedra, il posto e lo stipendio, ha fatto una giusta osservazione, denunciando ingerenze della Chiesa e la frequente supina sudditanza da parte dello Stato e degli organi di informazione nei loro riguardi. Se questo è vero, ed in parte è certo vero, è da laici adoperarsi per combattere quest’ingerenza, per dare alle altre confessioni religiose il pieno diritto all’espressione, per respingere ogni invadenza
clericale, insomma per dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio, principio laico che, come è noto, è proclamato nel Vangelo.
Ma questa doverosa battaglia per la laicità dello Stato non autorizza l’intolleranza in altra sede, come è accaduto alla Sapienza; se il mio vicino fa schiamazzi notturni, posso denunciarlo, ma non ammaccargli per rivalsa l’automobile.
Una cosa, in tutta questa vicenda balorda, è preoccupante per chi teme la regressione politica del Paese, i rigurgiti clericali e il possibile ritorno del devastante governo precedente. È preoccupante vedere come persone e forze che si dicono e certo si sentono sinceramente democratiche e dovrebbero dunque razionalmente operare tenendo presente la gravità della situazione politica e il pericolo di una regressione, sembrano colte da una febbre autodistruttiva, da un’allegra irresponsabilità, da una spensierata vocazione a una disastrosa sconfitta.
Ritengo, fra l’altro, che il tono e il contenuto dell’articolo di partenza, del nostro squisito ospite, invitasse a interventi improntati a un piglio leggero. Non solo fra i duecentomila di piazza San Pietro – questo era il senso del mio intervento – c’è chi “dà i numeri”.
… grazie Leone, lo avrei fatto io… il pezzo di Magris è bellissimo.
è l’unico editorialista che riesco a leggere sempre per intero… ed è un “moralista” ante litteram.
per Iginio (così si rassicura sulle nostre povere sordide coscienze): W il Papa, W il Papa, W il Papa…
Io continuo a pensare che l’articolo di Ilvo Diamanti sul post precedente fosse illuminante e 67 professori su 2.000 e 300-400 studenti esaltati su 140.000 ci possono stare in Italia e su questo argomento si è un po’ esagerato.
Mastella ha detto che il governo dovrebbe chiedere scusa al Papa….
Questo è il clericalismo che Magris sottolineava..
Penso anch’io che si sia fatto troppo chiasso sulla vicenda e che se si interveniva prima, invece che strapparsi le vesti poi, andava tutto liscio. Chi usa davvero la ragione ( e ancor più chi ha il dono della fede) non poteva non apprezzare la parola di Benenedetto XVI. Ho trovato giusto che ieri, al post-angelus dicesse solo quelle poche parole sull’avvenimento. Qualcuno potrebbe dirmi di dove è originario Claudio Magris? grazie.
durante l’omelia di ieri il mio parroco ha ricordato l’importanza della obbedienza. Dicendo che significa anche ‘saper ascoltare’. Saper ascoltare, però, per me, significa anche fare proprio ciò che ci viene detto. E fare proprie le parole dell’altro significa anche avere una riflessione critica su di esse. Molte volte chi frequenta un partito o un sindacato lo fa per avere aiuto, ma, sostanzialmente, non se ne importa niente di quel partito né di quel sindacato. La religione, invece, dovrebbe insegnare un atteggiamento critico; anche nei confronti della propria gerarchia. Lo scopo della religione è guidarci verso il nostro creatore. Per fare ciò deve anche insegnarci a non cadere nelle trappole di questo mondo. E ciò lo si può ottenere solo insegnandoci a riflettere su ciò che ci viene proposto.
Scusatemi se non so spiegarmi bene.
Il mio benvenuto a Neapolitanus: lei si spiega benissimo. Il nostro fine non è il papa nè l’ascolto del papa. Siamo chiamati più in alto e i fratelli – e tra essi per primo il papa – ci possono aiutare ma anche intralciare. Ascoltare vuol dire innanzitutto discernere. Io ho capito che lei vuole dire questo. Sono d’accordo ma aggiunto che i papi dell’epoca contemporanea sono provvidenzialmente affidabili.
A suor Monica. Claudio Magris è di Trieste, dove è nato nel 1939 e dove insegna letteratura tedesca.
Don Tonino Bello non era ridicolo, caro Iginio. Nè lo erano i tantissimi cattolici che erano al G8 nel 2001. Cerchiamo di moderare le parole.
Importante penso sia il criterio del discernimento.
Ovvero: se giudico e vaglio, secondo che criterio vaglio e giudico?
Ora, il magistero dovrebbe essere un criterio. Le scritture un’altro, forse anche più alto.
Mi sono trovato una volta, da ignorantone quale sono, a controbattere un monsignore citando il profeta Ezechiele. L’unica cosa di cui mi rammarico (visto che si fanno obiezioni anche per imparare) è che non mi abbia risposto nel merito dell’osservazione.
Ieri, ad ascoltare e ad applaudire il papa c’erano veramente tutti, dal nostro Luigi con le sue ragioni, che ringrazio ancora per lo spazio che ci dà, a Luca Borghezio, noto difensore della tolleranza e del rispetto per il prossimo. Devo dire che l’operazione di Ruini, evidentemente concordata con il papa prima del gran rifiuto, non ha davvero contribuito a fare chiarezza su quel che accade nella nostra martoriata Italia. E stendiamo un velo su tutti gli uomini politici alla perenne ricerca del consenso della gerarchia cattolica, la quale non ha mai cessato di orientare il voto dei cittadini in modo diretto.
E non mi risulta che la Chiesa abbia ancora preso le distanze da uomini come Mastella e Cuffaro, dichiarando, ora che il ferro è caldo e non quando non si capirà di che cosa si parla, che non ci si può riempire la bocca dei valori del cristianesimo e fare strame dell’etica (anche in politica) e, nel caso di Cuffaro, del codice penale. Ma che Chiesa è mai questa, che accoglie e si avvale della solidarietà di costoro senza respingerla al mittente?
P.S. Sempre a scanso di equivoci, dico questo proprio perché la maggior parte delle persone hanno voluto essere vicine a Benedetto XVI in virtù delle loro convinzioni profonde, dopo il tentativo, andato purtroppo a buon fine, di impedire che il papa parlasse alla Sapienza.
rammento ai più pruriginosi che è stata ufficialmente aperta la causa di beatificazione di don Tonino Bello… che si aggirava pericolosamente per losche Marce della Pace… ah, era anche quello che (per la gioia di chi gli teneva i conti e gli faceva da autista… dicono che don Tonino non fosse un mago della finanza…), ospitava chi aveva bisogno nella sua residenza vescovile.
Grazie per la notizia, Moralista, Tonino Bello è uno dei punti piuù fermi e saldi della mia fede, e lui di marce per la pace ne ha fatte molte…
Grazie anche a Leopoldo per il suo post.
“Occorre scongiurare questa specie di fatalismo che fa ritenere inutili, se non addirittura controproducenti, le scelte di campo, le prese di posizione, le decisioni coraggiose, le testimonianze audaci, i gesti profetici” (don Tonino Bello)
“l’operazione di Ruini, evidentemente concordata con il papa prima del gran rifiuto, non ha davvero contribuito a fare chiarezza …. gerarchia cattolica, la quale non ha mai cessato di orientare il voto dei cittadini in modo diretto.
E non mi risulta che la Chiesa abbia ancora preso le distanze da uomini come Mastella e Cuffaro”
A me non piacerebbe una gerarchia che fa i nomi e i cognomi…. ma se inizio a pensare che era tutto preordinato, devo dire che era male organizzato allora. Mancava il palco delle autorità, i treni speciali, il cappellino…
Io non penso che fosse tutto preordinato anche se Ruini è molto molto intelligente ed ha preso la palla al balzo, però provo un senso di fastidio dal comportamento di molti politici, che si richiamano ai valori cristiani.
Cuffaro vine condannato a 5 anni ed esulta…
Mastella ha messo tutta la famiglia in posti di potere…
E ce ne sono anche per la mia parte politica sul tema della vita e della Bioetica.
Forse aveva ragione DE GAULLE CHE FACEVA LA COMUNIONE IN SEGRETO..
Non è necessario fare nomi e cognomi, basterebbe esprimere una posizione chiara sul principio, come la Chiesa fa su tanti altri temi, tanto più per il fatto che questi uomini politici si riempiono quotidianamente la bocca di Chiesa e di valori cristiani.
Non c’era bisogno di organizzare niente, dato che era tutto più che prevedibile e previsto. Ma poi, l’immagine della Chiesa ne è uscita, se possibile, rafforzata. Quindi non vedo che cosa ci sia di male, dal punto di vista del papa e di Ruini, nell’aver voluto e chiesto la manifestazione di solidarietà.
Leopoldo:
anche dopo le tue precisazioni delle ore 12.30, credo di aver qualcosa da osservare:
– Borghezio si chiama Mario, credo, non Luca.
– “L’operazione di Ruini, evidentemente concordata con il papa prima del gran rifiuto, non ha davvero contribuito a fare chiarezza su quel che accade nella nostra martoriata Italia”: l’avverbio “evidentemente” mi fa pensare che tu abbia qualche informazione riservata. Se non è così, la tua frase assomiglia tanto a un giudizio temerario.
– La Chiesa è da sempre fermissima e trasparente, sui temi della coerenza e dell’etica pubblica e privata; quello che sembra tu voglia chiedere, farebbe del Papa non più il successore di Pietro ma il manutengolo di Di Pietro.
sumpontcura… sui temi della coerenza dell’etica pubblica e privata, la Chiesa è senz’altro fermissima… a volte immobile, direi.
Visto le indagini Eurispes sulla fiducia degli italiani? In generale da suicidio.
Poi qualcuno dirà solo della Chiesa sotto il 50%, ma non c’è nulla che si salvi.
Per me una ragione di più per non unirmi a lamentele rituali.
Ormai è diventato una spirale senza uscita.
Meglio non unirsi, senza negare le difficoltà , ma almeno provando a lavorare per uscirne.
E non ditemi che non ci sono spazi, che io ne trovo di nuovi ogni volta che mi muovo…
Amico Moralista:
Immobile, certo: perché no?
A che cosa dovrebbe adeguarsi?
Credo che su questi temi, e sul comportamento di tante forze politiche (di destra e di sinistra), niente di nuovo sia apparso sotto il sole, dal tributo a Cesare in qua.
PS: al di là di coloro che l’hanno formulata o sotto cui si ritrovavano, la formula di “cattolici del disagio” a me è sempre piaciuta poco, perchè sembrava sottintendere “quelli che si lamentano, ma che non fanno”.
Come diceva quel cattolico idealista (anche se personalmente poco esemplare), non chiederti cosa l’America possa fare per te, ma quello che tu puoi fare per l’America. Sosituiamo qualche parola….
Secondo Politi i 67, comunque la metà dei professori a Fisica, erano appoggiati da altri 700. Ieri è stato pubblicato, su Liberazione e Manifesto, un appello di solidarietà ai 67. Forse gli studenti antipapa non saranno tanti, ma i professori una bella percentuale. E forse se il passa ci fosse andato, anche gli studenti pronti a dar battaglia sarebbero stati di più (ma quel giorno pure pioveva). Per quel che servono le statistiche. Meno male che i fisici e matematici hanno preso il posto dei filosofi e sociologhi, ultimamente poco reattivi.
Bellissimo l’articolo di Magris, che si conferma come un vero maestro. Rispondo ad una richiesta (di Suor Monica): Claudio Magris, classe 1939, è triestino, è uno dei maggiori studiosi di letteratura tedesca, insegna all’Università di Trieste ma ha insegnato in passato anche a Torino. E’ anche scrittore, e si dice che sia stato in lizza per l’ultimo premio Nobel per la letteratura.
È stato detto molto sulla posizione, che definirei laicista ingenua, dei professori di fisica della sapienza.
Attenzione però a non sminuire il consenso a quella posizione nella società italiana. Consolarsi dicendo che rappresenta solo 67 professori su 2000 è come affermare che in Piazza San Pietro in fondo c’erano solo 200000 persone su 55 milioni di italiani.
A me ciò che ha colpito, parlando in giro della questione (lavoro anch’io in università, sebbene non alla Sapienza) è stato invece constatare quanti, al di là delle motivazioni dei fisici, provassero comunque fastidio per la presenza del papa in università, un fastidio spesso giustificato con il recente interventismo politico della chiesa in italia. E non parlo di anticlericali, o almeno non di anticlericali abituali, bensì di un’insofferenza nuova. Questo dovrebbe suscitare qualche interrogativo.
Non sarei per niente sicuro su dove stia in questo momento la maggioranza silenziosa.
Il mio benvenuto nel blog a MassimoD! Il clima di scontro semplifica e toglie spazio a chi non è nettamente di qua o di là e vorrebbe distinguere e approfondire. Trovo utile la sua osservazione su chi non avrebbe detto no ma neanche avrebbe gradito la presenza del papa. Saluti.
Per favore, lasciamo perdere Caludio Magris. Tempo fa Ernesto Galli della Loggia lo defini’ un moralista che non corre nessun rischio, perche’ si batte sempre per cause nient’affatto scomode. In piu’ e’ un professore universitario che non si fa quasi mai trovare dagli studenti. Quanto all’articolo, il termine “laico” e’ un termine del linguaggio ecclesiastico (eggia’ 🙂 ) e significa “chi non e’ consacrato”, in pratica chi non e’ prete. Punto. Tutte le disquisizioni sulla laicita’ sono aria fritta.
Per la suora che chiedeva di dove fosse Magris: e’ triestino, di una citta’ dove la religione se la tengono fuori della porta o tutt’al piu’ chiusa nel cassetto. Cerchi altre letture, mi dia retta.
Ridicolo il paragone col finanziamento alle scuole private, che potrebbero insegnare chissa’ cosa: e perche’, la scuola statale non insegna un mucchio di sciocchezze, spesso?
A proposito: visto che Magris, da bravo cerchiobottista come sempre, se la prende sia coi nudisti provocatori sia con chi critica il nudismo, io ho un’amica che non si spoglia mai e una che invece si spoglia per fare la sauna, sono amico di tutte e due e detesto il nudismo e i suoi ccorifei. Che facciamo, sono poco “laico”? O sono semplicemente una persona seria che non per questo critica gli altri senza prima conoscerli?
Come come? I “cattolici” al G8 di Genova, a fare da paravento a un’orda di teppisti scalmanati, non erano ridicoli (per non dire peggio)? Ma su che pianete vivete, scusate? Quanto alle marce della pace, preferisco le processioni. Sono piu’ belle e soprattutto li’ almeno si invocano il Signore e i suoi santi, non i potenti di questo mondo. Chi era poi che chiedeva di non farsi strumentalizzare? 🙂
Anticlericali di ieri e di oggi. C’e’ qualcosa di nuovo sotto il sole
di Roberto Pertici
Gli avvenimenti di questi ultimi giorni hanno finalmente messo sotto gli occhi di tutti un fenomeno politico-culturale che i più avvertiti sentivano nell’aria da qualche tempo: la rinascita impetuosa (in diversi settori della cultura italiana, del mondo accademico e dell’informazione, della cosiddetta “società civile”) di un forte e conclamato atteggiamento anticlericale.
Niente di nuovo sotto il sole, si dirà, non si tratta certo di una novità. In effetti, anche senza riandare all’assalto del 1881 contro il funerale notturno di Pio IX, alle fragorose campagne dell’«Asino» di Podrecca e Galantara o alle agitazioni dei “partiti popolari” dell’età giolittiana, basta concentrarsi sulla storia dell’Italia repubblicana, per individuarvi ritornanti ondate di anticlericalismo diffuso. La “supplenza” svolta dalla Chiesa negli anni della guerra civile (quando fu l’unica istituzione a cui gli italiani di ogni tendenza poterono sicuramente rivolgersi) e quindi la generale riconoscenza che l’opinione pubblica a lungo le serbò, vanificarono le previsioni (e le speranze) di quanti, fra i fuorusciti antifascisti, avevano dato per sicura una diffusa reazione alle sue “compromissioni” col regime appena caduto. Ma tra guerra e dopoguerra non pochi furono i sacerdoti (una recente indagine di Roberto Beretta lo ha ben documentato), che caddero vittime dei risentimenti, delle vendette, dell’odio di classe da parte di alcune frange dei vincitori.
Un anticlericalismo prevalentemente satirico si sviluppò dopo le elezioni del 2 giugno 1946: nacque allora il «Don Basilio», che tanto scandalo avrebbe suscitato negli ambienti vaticani e democristiani. Più attrezzata culturalmente fu la campagna anticlericale della seconda metà degli anni Cinquanta, che accompagnò la gestazione della politica di centro-sinistra: ne furono promotori gli ambienti del neonato Partito radicale, allora fortemente presente in due prestigiosi settimanali come «Il Mondo» di Mario Pannunzio e «L’Espresso» di Arrigo Benedetti. Erano gli ultimi anni del pontificato di Pio XII, dominati – così almeno si diceva – dai potentissimi cardinali reazionari del Pentagono vaticano denunziato da Carlo Falconi. Infine le grandi campagne radicali per il divorzio e l’aborto degli anni Settanta fecero di nuovo risuonare note anticlericali, anche se non direi che esse ne abbiano costituito il motivo di fondo.
2. Una spiegazione consueta descrive questi fenomeni come una reazione all’invadenza ecclesiastica, a una ripresa di iniziativa (avvertita subito come una “minaccia”) da parte della gerarchia o del Vaticano: insomma – come direbbero i sociologi – come un “fenomeno secondario”. Ma è davvero così? Si ha l’impressione che le cose siano in realtà più complesse.
Fino a una cinquantina d’anni fa era prevalente un anticlericalismo a sfondo (potremmo dire) kantiano: esso era una forma di risentito moralismo contro i residui della Controriforma, la venalità dei preti, le loro inframmettenze nella politica, la morale lassista che veniva considerata tipica del cattolicesimo e corruttrice del carattere italiano. Tale anticlericalismo si diceva portatore di un cristianesimo filosofico-morale ben più genuino di quello ecclesiastico: «Io, modestamente, – scriveva Benedetto Croce nel 1947 – so di vivere in un continuo colloquio con Dio, così serio e intenso che molti cattolici e molti preti non hanno mai sentito nella loro anima». Da parte sua, Gaetano Salvemini scriveva nel suo testamento del 1957: «Se ammirare e cercare di seguire gli insegnamenti morali di Gesù Cristo, senza curarsi se Gesù sia stato figlio di Dio o no, o abbia designato dei suoi successori, è essere cristiano, intendo morire da cristiano, come cercai di vivere, senza purtroppo esserci riuscito. Ma cessai di essere cattolico quando avevo diciotto anni, e intendo morire fuori della chiesa cattolica, senza equivoci di sorta».
Ne esisteva anche uno di matrice cattolica, che denunziava l’autoritarismo e le chiusure della gerarchia e che – in linea con una tradizione che risaliva al giansenismo sei-settecentesco – sperava in una politica fortemente laica da parte dello Stato proprio in vista di una purificazione e di una riforma della Chiesa: così molti dei nostri modernisti guardarono con grande simpatia alle leggi francesi di separazione del 1905, di cui invece alcuni laici come Francesco Ruffini sottolineavano gli elementi illiberali. Fra queste due anime furono perciò possibili scambi, amicizie e collaborazioni: insomma percorsi comuni.
Ma già allora era presente un altro atteggiamento anticlericale: quello (potremmo dire) “primario”, che resta costantemente “sotto pelle”, anche nei periodi di bonaccia, ma che riemerge vivacemente nelle situazioni di movimento. Esso nasce da un atteggiamento di compatimento, quando non di vero e proprio disprezzo, del dato religioso, che viene considerato una specie di residuato storico: si può tollerarlo quando non pretende di avere rilevanza sociale, ma deve essere ferocemente attaccato allorché sembra rialzare la testa. E siccome quel dato è vissuto come un elemento di resistenza al progresso, che cerca privilegi politici o legislativi per resistere a un fatale tramonto, la mobilitazione che provoca è particolarmente martellante e intensa: tutti gli “illuminati” sentono il dovere di aderirvi.
Questo tipo di anticlericalismo è spesso diventato (e ridiventa oggi) un rilevante elemento di mobilitazione politica e culturale. Quando? Uomini diversissimi come Salvemini prima della grande guerra e Togliatti dopo la seconda, rispondevano a questo quesito più o meno allo stesso modo: quando non si trova niente di meglio. Allorché determinati ambienti politici e culturali hanno difficoltà a elaborare strategie di ampio respiro, a tessere orditi complessi e ambiziosi, o sono stati costretti dalle dure repliche della storia a un ridimensionamento drastico dei loro progetti; quando vogliono sottolineare una logica di minoranza, a cui ormai sono rassegnati, si rifugiano nella propaganda anticlericale, che costa poco e, nel breve periodo, paga. Essa è, insomma, sintomo di un vuoto politico (Togliatti parlava, anzi, di «disperazione politica»), che si cerca di riempire con escamotages retorici, pose gladiatorie e ardimenti puramente verbali. Scendendo per un istante sul terreno della politica quotidiana, ma non è questo il caso del quotidiano «Il Manifesto», dei laici intemerati (da Boselli a Pecoraro Scanio) che pullulano nelle formazioni a sinistra del Partito democratico? Dello stesso Partito radicale, la cui esperienza di governo è così poco esaltante, che sente il bisogno di mostrare i muscoli nei temi a lui più consueti?
3. Credo, tuttavia, che negli ultimi decenni siano emersi elementi nuovi, che mutano, almeno in parte, il quadro ora abbozzato. Innanzitutto la fine di un partito come il PCI, che giudicò sempre politicamente sterile l’anticlericalismo e lo arginò con una serie di scelte di grande significato come, all’Assemblea costituente, il voto favorevole all’art. 7 e, in seguito, l’opposizione a ogni iniziativa che mirasse all’abrogazione o alla modifica unilaterale del Concordato. L’area politico-culturale che occupava è oggi invece sempre più egemonizzata da una mentalità “borghese” (Ortega y Gasset evocherebbe la figura del “signorino soddisfatto”), convinta che la vita consista nello sviluppare ad libitum la propria soggettività e che tutto ciò che ostacola tale sviluppo sia una minaccia “reazionaria” che deve essere bloccata. Come aveva previsto Augusto Del Noce, alla “decomposizione del marxismo” è subentrata una mentalità neo-radicale, non più patrimonio di ristrette élites intellettuali, ma tendenzialmente di massa. Anche qui gli esempi non mancano: basti pensare al destino del quotidiano fondato da Antonio Gramsci e allo scempio che sta facendo di questa tradizione anti-anticlericale.
In secondo luogo, oggi è in via di estinzione quello che ho chiamato l’anticlericalismo “kantiano”, perché potenzialmente in contrasto con la suddetta mentalità radicale. Di fronte ai temi sensibili dell’etica contemporanea, i suoi ultimi rappresentanti hanno avuto difficoltà a conformarvisi: Norberto Bobbio si diceva perplesso sul problema dell’aborto ed è difficile immaginare Sandro Pertini alle prese con i Dico. L’estrema vecchiezza di un cattolico malpensante come Arturo Carlo Jemolo fu amareggiata dalla pubblicazione di Porci con le ali, il libro scritto dal nipote Marco Lombardo Radice, al cui successo il vecchio professore non sapeva rassegnarsi.
Il nuovo libertinismo di massa colora, dunque, anche l’anticlericalismo di sfumature nuove. Mentre il laicismo di Bobbio poteva convivere con un cristianesimo filosofico (l’unico vero cristianesimo ormai possibile, si diceva), l’anticlericalismo contemporaneo si coniuga sempre più con un’opzione nettamente antireligiosa e ateistica: i marxisti di una volta avrebbero parlato di un “materialismo volgare”, che di frequente si converte in uno scientismo acritico e aggressivo. Queste posizioni costituiscono un problema non da poco per il “cattolicesimo democratico” , anche per quello più alieno da ogni discorso identitario e più disposto allo “svuotamento”: in esso serpeggiano ostilità diffuse verso questo Papa e i suoi uomini (ah! i protratti silenzi e le tardive espressioni di solidarietà di Romano Prodi!), ma – a meno che non voglia privarsi di ogni retroterra ecclesiale ed… elettorale – è difficile che possa uniformarsi del tutto ai discorsi dei vari Odifreddi e dei loro mentori mediatici. Questo dualismo – a mio modo di vedere – costituisce forse il problema principale del neonato Partito democratico.
Ma c’è un’ultima osservazione da aggiungere: i nuovi atteggiamenti anticlericali qui sommariamente evocati sono entrati stabilmente in quel “canone” , che costituisce il “perbenismo interessato” (come cantava Guccini) di questi anni. In quello del cantautore della nostra giovinezza, Dio moriva per poi risorgere, nell’attuale sembrerebbe morto per sempre. Come ogni perbenismo, questo “anticlericalismo obbligatorio” in nome della tolleranza – lo hanno spiegato benissimo Ernesto Galli della Loggia sul «Corriere» e Giancarlo Loquenzi su questo giornale – risulta invece sottilmente sopraffattorio: sembra ardito e prometeico, in realtà è conformista
Matematico ebreo paga il prezzo per aver difeso il Papa
Intervista a Giorgio Israel, professore ordinario a “La Sapienza”
Paolo Centofanti
ROMA, venerdì, 18 gennaio 2008 (ZENIT.org).- Difendere Benedetto XVI dagli attacchi di chi si è opposto alla sua visita all’Università “La Sapienza” di Roma implica un prezzo da pagare, afferma Giorgio Israel, docente ordinario di Matematiche complementari presso questo Ateneo romano.
Il professore di origine ebraica è intervenuto con un articolo su “L’Osservatore Romano” e con altre dichiarazioni per spiegare che Joseph Ratzinger ha difeso Galileo in una conferenza pronunciata nel 1990, e incriminata da 67 docenti (su circa 4.500) de “La Sapienza”.
ZENIT ha intervistato questo sostenitore del dialogo tra scienza e fede.
Come valuta il possibile danno di immagine e di credibilità, a livello nazionale e internazionale, della polemica innescata dalla mancata visita del Pontefice all’Università “La Sapienza”?
Prof. Israel: Penso che il danno sia abbastanza serio. Ho ricevuto delle lettere da parte anche di docenti americani, che erano sconcertati; negli Stati Uniti uno può trovare tutte le posizioni possibili e immaginabili, ma non questa forma così virulenta di rifiuto del dialogo nei confronti del Papa, e poi soltanto del Papa, perché “La Sapienza” ha invitato tutti. E’ una cosa sconcertante, quindi secondo me il danno di immagine è molto elevato.
Quindi all’estero la notizia è stata diffusa e conosciuta…
Prof. Israel: Assolutamente sì. Una persona che mi ha scritto, addirittura aveva ascoltato alla radio, non so se a onde corte, un dibattito. Basta andare su Internet e rendersi conto, guardando un po’ la stampa dei vari Paesi, di quanto la cosa abbia avuto delle ripercussioni fortissime.
Dal suo punto di vista, e per i suoi contatti come docente, pensa che ci sia un motivo reale che forse è stato nascosto dietro alcuni pretesti?
Prof. Israel: Non credo. So che c’è chi ha detto che tutto questo aveva anche come motivazione degli scontri tra gruppi accademici per la rielezione del Rettore. Però francamente non ci credo. Che poi qualcuno possa cavalcare questo, è più che probabile, però, in verità, la mia valutazione è che nel mondo universitario, che è stato sempre tradizionalmente legato all’estrema sinistra, in particolare al partito comunista, la fine dell’ideologia marxista abbia reso molti “orfani”, in un certo senso, di questa ideologia. E in qualche modo hanno costruito come una sorta di teologia sostitutiva, come dice George Steiner: lo scientismo e il laicismo più accaniti. Secondo me è questo.
Adesso si può dire tutto quello che si vuole del comunismo, però ricordo un personaggio come Lucio Lombardo Radice, il matematico del partito comunista, che ho conosciuto personalmente. Se fosse accaduto un episodio come questo di oggi, penso che si sarebbe letteralmente scandalizzato. Allora esisteva un atteggiamento molto diverso. Paradossalmente, proprio il crollo di questo riferimento dell’ideologia marxista, ha prodotto un vuoto che è stato riempito con questa ideologia di tipo appunto laicista e scientista. E’ così evidente, quando uno vede in che modo reagiscono le persone e i docenti universitari.
Dal momento che questo tipo di figure è largamente diffuso all’università, in essa troviamo una concentrazione estremamente elevata di persone che hanno una visione di questo genere, molto più che non nel complesso della società civile.
Pensa che l’intervento del Pontefice avrebbe potuto minare questo tipo di ideologie?
Prof. Israel: No, perché è un processo estremamente lento. Sotto un certo aspetto invece penso che visto che c’è stata una opposizione, una situazione difficile di questo genere, sia stato meglio. La scelta che è stata fatta è stata una scelta molto giusta, cioè di non forzare la mano, visto che esisteva un atteggiamento di questo genere, non tanto tra gli studenti.
Ecco io distinguerei fortemente. Direi tre cose. Tra gli studenti, il gruppo che si è opposto è una strettissima minoranza, e questa è la maledizione de “La Sapienza”, cioè il fatto che esista sempre qualche gruppo di scalmanati che riesce a imporre la sua volontà alla stragrande maggioranza degli studenti. Io non credo che tra gli studenti questa posizione sia non dico maggioritaria, ma neanche estesa.
Tra i docenti è diverso. Hanno firmato solo in 67, ma io credo che siano molti di più quelli che invece hanno una posizione di questo tipo. Lo dico positivamente, per conoscenza. Poi ci sono anche moltissimi, che invece la pensano in modo differente. E già so di raccolte di firme, in queste ore. Non c’è dubbio, ecco. Mi riesce difficile stimare le percentuali, non ne ho idea. Però è chiaro che forse si divide metà e metà; però appunto non è una minoranza stretta, non sono i 67, sono di più.
Quindi di fronte a una cosa di questo genere, secondo me è stato giusto non venire e dare anche una una lezione di stile, inviando un discorso che in qualche modo smantella tutti i pretesti che sono stati alla base del rifiuto, dell’opposizione alla venuta del Papa.
Dopo di che, secondo me il cambiamento di questa mentalità può avvenire solo con un processo molto lento, di discussione, in cui si mostri progressivamente che queste posizioni di tipo scientista, laicista, oltranziste, sono delle posizioni di tipo sbagliato. Però, ripeto, per fare andare avanti questi processi ci vuole molto tempo; non è una cosa che si realizza nel giro di giorni, neanche di mesi o di un anno. Ci vuole tempo.
Quindi lei pensa che sia possibile all’interno dell’Università pubblica italiana iniziare un dialogo tra fede e ragione?
Prof. Israel: Penso senz’altro di si. Il vantaggio, ciò che di positivo può uscire da questa vicenda, è che si crei una rete di persone, che si è trovata a condividere le stesse idee, e che si conosca. Perché quello che si vede in queste circostanze lo sto vedendo anche nelle lezioni: ci sono molte persone che non sono d’accordo con quello che è avvenuto, però non si conoscono tra loro.
Secondo me ci vuole che si crei una rete di persone che sia interessata a questa tematica e che la sviluppi. Anche per questo ci vuole un po’ di tempo, ma le condizioni certamente ci sono. Penso che sia una situazione molto difficile, ma penso che in prospettiva ci siano le condizioni perché migliori la situazione. Bisogna avere un po’ di pazienza…
L’Università è stata sempre terreno di ideologie piuttosto estremiste. In Italia, come anche in molti altri Paesi d’Europa, è così. Non come negli Stati Uniti, dove si trovano tutti i tipi di realtà. Questo è il punto.
Dal suo punto di vista, oltre a estrapolare dal contesto la citazione del Pontefice della frase di Feyerabend o a parlare del “caso” Galileo, quali possono essere stati gli altri errori o artifici retorici nella comunicazione?
Prof. Israel: Non so se siano errori di comunicazione. A mio parere riflettono da un lato un degrado culturale, perché chi fa una cosa del genere e non se ne vergogna, o addirittura non se ne rende conto (come in certi casi ho constatato), è una persona che culturalmente è caduta di livello.
In altri casi ho constatato che c’è un accanimento viscerale che preme su qualsiasi cosa. Ho avuto una discussione proprio poco fa per posta elettronica con un collega. Alla fine si è rivelato sordo a qualsiasi argomento, e non riuscendo a rispondere, mi ha detto semplicemente che il Papa non doveva venire, che deve solo chiedere scusa per il resto della sua vita, e cose di questo tipo. O addirittura scrivendo che solo chi conosce tutti i teoremi della matematica può permettersi di parlare di scienze. Che dire? Penso che ci sia una componente di astio anche estremamente forte in molte persone.
Ha avuto delle ripercussioni o ha subito critiche e attacchi per essersi schierato in questi giorni?
Prof. Israel: Non ho visto molta gente in questo periodo, ma è la solita situazione. Cioè chi prende posizioni come quelle che prendo io, paga un prezzo. Ci sono persone che non ti parlano più, perché, ripeto, è un clima fortemente fazioso.
Caro Iginio, bentornato fra noi (ma qualche parola per dire, più o meno: “ieri sulla citazione di Barbara Spinelli mi sono sbagliato”, ti costava tanto scriverla?). Grazie per i contributi di Pertici e Israel, da te riportati: li ho letti (o riletti, nel caso del primo) con vivo interesse. Vorrei, se non ti dispiace, fare qualche osservazione al tuo intervento delle 16,19.
– Anche per me Ernesto Galli Della Loggia è un intellettuale affidabile e intelligente, ma fidarsi di un suo giudizio per buttare al macero un Claudio Magris mi pare proprio esagerato; dovresti trovare argomenti specifici più articolati, frutto di un’informazione diretta.
– Tu scrivi: “Il termine “laico” e’ un termine del linguaggio ecclesiastico (eggia’ ) e significa “chi non e’ consacrato”, in pratica chi non e’ prete. Punto. Tutte le disquisizioni sulla laicita’ sono aria fritta”. Iginio, quel che scrivi risulta anche a me, ma la lingua è un fenomeno in evoluzione, e la storia di certe parole è interessantissima e illuminante. Un ragionamento come il tuo appare a me un po’ frettoloso e categorico; è un po’ come se uno dicesse: il termine “testa” vuol dire “vaso di terracotta”. Punto. Oppure: il termine “ghibellino” vuol dire “sostenitore degli Svevi nel loro contrasto con la Casa di Baviera”. Punto. Ragionando di storia della lingua, credo sia molto meglio adoperare la virgola, piuttosto che il punto! Ciao.
Per Eufemia Budicin.
Oh be’, se Politi dice così, allora cambia tutto. Tanto nomini!… E se poi entrano in gioco strumenti di massa del prestigio e dell’equilibrio del Manifesto e di Liberazione… Propongo, per farti contenta, che i cattolici anticipino per l’occasione la cerimonia delle ceneri sulla testa: siam pentiti ed umiliati, e gli altissimi cinici bernardini vengano acclamati santi subito!
Ma per entrare nello specifico, il Senato Accademico doveva fare i conti coi 67, non con gli (eventuali e futuri) firmatari aggiuntivi. E ai 67 avrebbe potuto e dovuto rispondere, a stretto gito di posta e per conoscenza a “Repubblica” – come è l’uso – : “Vi ringraziamo per il vostro contributo d’opinione, riteniamo che abbiate torto e vi preghiamo di non rompere i cosiddetti”.
O no?
O, invece, di fronte all’opinione espressa da una minoranza sparuta quale che sia (67 su più di 4000 sono pochini, sai?), un organo di governo o amministrazione democraticamente eletto dovrebbe soprassedere a una decisione democraticamente assunta, in attesa che prendano il via le raccolte di firme del Manifesto e di Liberazione?
E, di fronte all’occupazione violenta del Rettorato da parte di qualche decina di teppisti, invece di chiamare la polizia sarebbe stato giusto consultare le previsioni del tempo: pioverà? non pioverà?
Circa il fastidio citato da Massimo D.
Rispondo ovviamente solo basandomi sul mio vissuto.
La mia impressione è che in un mondo che ama gli anonimi, un Papa presenzialista (cioè che fa il suo mestiere affrontando quella giungla che è l’industria dell’informazione) costringa i credenti a non essere più anonimi.
In fondo non è vero che si viene accettati come “intelligenti” solo se si ammette che il sentire “comune” è in fondo giusto, se si va con la corrente? Altrimenti si diventa dei pazzi, degli elementi pericolosi.
Finchè si è filantropi tutto bene, se si ribaltano le verità comode, allora sono guai. Se coltivi l’hobby della fede a casa tua ok, ma se con la tua vita sconvolgi le certezze granitiche degli altri rischi grosso.
Ne sa qualcosa il mio amico che ha avuto un figlio Down, e grazie a Dio ha trovato una comunità accogliente nella cittadina della cintura bolognese in cui vive. Ma si è sentito dare del pazzo e togliere il saluto da diversa gente (non uso il termine amici…).
E, caro Igino, non è urlando, sparando giudizi drastici sulle persone o organizzandoci a falange che il problema si risolve. Anzi testimoniando con coraggio i valori … no il Dio in cui crediamo: ricordiamoci che da credenti sappiamo che non ci è stato promesso il successo nè il consenso qui.
PS: Igino, metti solo i link, che se no il blog diventa come il rotolo di Kerouac.
Eufemia Budicin scrive: “Meno male che i fisici e matematici hanno preso il posto dei filosofi e sociologhi, ultimamente poco reattivi”.
E vedrai quando si sveglieranno gli psichiatri e gli assistenti sociali!
Trema, Ratzinger, trema, Ruini! Quando toccherà alle maestre giardiniere le fondamenta del Vangelo saranno sconvolte! I cavalieri dell’Apocalisse stanno già sellando gli scuri corsieri.
Sumponctura, verissimo, il Borghezio leghista si chiama Mario, chiedo scusa per l’errore, ma veramente l’età mi fa brutti scherzi con in nomi.
Passi il fatto che la crescente secolarizzazione della società italiana crei qualche confusione in un gruppo di fisici, che si occupano abitualmente di temi per i quali probabilmente il tema della laicità non è così centrale.
Ma constato che diversi decenni di discussioni e a volte scontri sul tema della laicità non hanno fatto evolvere molto il dibattito in seno al mondo cattolico, se c’è addirittura chi nega che il termine abbia rilevanza al di fuori della distinzione consacrato/non consacrato. Affermare che “tutte le disquisizioni sulla laicità sono aria fritta” dimostra una certa arrogante supponenza verso alcune fondamentali conquiste del pensiero teologico e della pratica pastorale riguardo al rapporto chiesa/mondo. Ahi ahi, temo che così non si vada molto lontano.
Leopoldo anche a me i nomi giocano scherzi! E se poi si tratta di denominazioni come Sumpontcura, Slowhand, Windrosehotel, Feynman82 la sindrome peggiora a vista. In confronto Lycopodium è nome familiare, tipo Anna. – Scherzavo: lode sia ai miei bloggers e ai loro lussureggianti nomignoli! Mi tengono sveglio.
Ad Alessandro Canelli (a proposito: ci conosciamo bene, anche di persona).
In parte la ragione del fastidio può essere la posizione controcorrente del papa, ma questa interpretazione (che come cattolici, ammettiamolo, è alla fine rassicurante) non mi convince per più di un motivo.
Non credo che all’opinione pubblica dispiaccia chi parla controcorrente, e nemmeno chi ci mette in crisi o ci mette in discussione. Specie in un momento in cui sembrano mancare punti di riferimento solidi. Una posizione ambientalista è forse comoda? (Sto parlando della simpatia del pubblico, non del fatto che poi queste posizioni siano seguite, ovviamente).
Perché dunque il papa, ma direi la gerarchia ecclesiastica, risulta ora così “antipatico”? Non perché afferma le sue verità sull’aborto, sui dico/pacs o su altro, ma forse perché oltre ad affermarle utilizza la propria capacità di influenza direttamente sui canali del potere politico. Secondo me ha detto bene Scalfari nell’editoriale di ieri: sono ben pochi tra i non cattolici (non uso il termine laici) coloro che pensano che la chiesa debba essere confinata alla dimensione privata. In una società pluralista nessuno può negare alla chiesta un ruolo pubblico. Ma forse ciò che crea problema sono quei gesti che vengono percepiti come un’interferenza con il già difficile funzionamento dei processi decisionali collettivi; il fatto che ci siano pulpiti che condizionano direttamente le decisioni politiche, invece di passare (e magari giungere alla dimensione politica) attraverso le coscienze. Il fatto cioè che la chiesa si costituisca potere.
Forse mi sbaglio, ma a me pare che le cose stiano così e, per tornare ad un altro tema discusso in questa sede, forse il problema è proprio il modo di intendere la laicità. Perché nell’arena pubblica, trattando di certi temi, l’intervento della chiesa (non solo quello dei cristiani laici) deve essere improntato a criteri di laicità.
Caro Luigi!
Sumpontcura come Sum(morum) Pont(ificum) Cura, il motu proprio che ha contribuito a riaccostarmi alla pratica della Messa domenicale.
Oppure, romanescamente, “So’ un po’ in cura”?
“L’Italia l’è malada.
Ruini l’è ‘ dutùr”,
canterebbe forse il “tipo agitatissimo” dietro le tue spalle in piazza San Pietro.
Oppure, ma meglio:
“Cor contritum, quasi cinis,
gere curam mei finis”
(versi, ohimé, cancellati dalla riforma liturgica bugniniana).
Sul significato di ‘laico’ nella Chiesa si può leggere questo interessante intervento:
BENEDETTO XVI, UDIENZA GENERALE, Aula Paolo VI, Mercoledì, 7 marzo 2007 : San Clemente Romano ,Vescovo di Roma ( l’unica sua opera sicura è una Lettera ai Corinti)
“…
L’occasione immediata della lettera schiude al Vescovo di Roma la possibilità di un ampio intervento sull’identità della Chiesa e sulla sua missione. Se a Corinto ci sono stati degli abusi, osserva Clemente, il motivo va ricercato nell’affievolimento della carità e di altre virtù cristiane indispensabili. Per questo egli richiama i fedeli all’umiltà e all’amore fraterno, due virtù veramente costitutive dell’essere nella Chiesa: “Siamo una porzione santa”, ammonisce, “compiamo dunque tutto quello che la santità esige” (30,1). In particolare, il Vescovo di Roma ricorda che il Signore stesso “ha stabilito dove e da chi vuole che i servizi liturgici siano compiuti, affinché ogni cosa, fatta santamente e con il suo beneplacito, riesca bene accetta alla sua volontà… Al sommo sacerdote infatti sono state affidate funzioni liturgiche a lui proprie, ai sacerdoti è stato preordinato il posto loro proprio, ai leviti spettano dei servizi propri. L’uomo laico è legato agli ordinamenti laici” (40,1-5: si noti che qui, in questa lettera della fine del I secolo, per la prima volta nella letteratura cristiana, compare il termine greco “laikós”, che significa “membro del laos”, cioè “del popolo di Dio”).
In questo modo, riferendosi alla liturgia dell’antico Israele, Clemente svela il suo ideale di Chiesa. Essa è radunata dall’“unico Spirito di grazia effuso su di noi”, che spira nelle diverse membra del Corpo di Cristo, nel quale tutti, uniti senza alcuna separazione, sono “membra gli uni degli altri” (46,6-7). La netta distinzione tra il “laico” e la gerarchia non significa per nulla una contrapposizione, ma soltanto questa connessione organica di un corpo, di un organismo, con le diverse funzioni. La Chiesa infatti non è luogo di confusione e di anarchia, dove uno può fare quello che vuole in ogni momento: ciascuno in questo organismo, con una struttura articolata, esercita il suo ministero secondo la vocazione ricevuta. Riguardo ai capi delle comunità, Clemente esplicita chiaramente la dottrina della successione apostolica. Le norme che la regolano derivano in ultima analisi da Dio stesso. Il Padre ha inviato Gesù Cristo, il quale a sua volta ha mandato gli Apostoli. Essi poi hanno mandato i primi capi delle comunità, e hanno stabilito che ad essi succedessero altri uomini degni. Tutto dunque procede “ordinatamente dalla volontà di Dio” (42). Con queste parole, con queste frasi, san Clemente sottolinea che la Chiesa ha una struttura sacramentale e non una struttura politica. L’agire di Dio che viene incontro a noi nella liturgia precede le nostre decisioni e le nostre idee. La Chiesa è soprattutto dono di Dio e non creatura nostra, e perciò questa struttura sacramentale non garantisce solo il comune ordinamento, ma anche questa precedenza del dono di Dio, del quale abbiamo tutti bisogno.
….”
Se ne deriva che ‘laico’ è una parola sorta nella letteratura cristiana primigenia per descrivere la Chiesa stessa. Il termine greco “laikós” significava “membro del laos”, cioè “del popolo di Dio” (curiosa ironia della storia).
Poi le parole camminano e ora vengono usate contro la Chiesa. Le radici cristiane dell’opposizione al cristianesimo stesso!
Del resto chi scrisse queste capitali parole:
Galati 4:4-5 “Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli.”
e anche
Galati 3:26-29 “Tutti voi siete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. E se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa.”
non disse solo belle parole su cui commuoverci.
Egli, per primo nella storia dell’uomo, separò la fede e il culto dal diritto e dall’ethos (fondante dei popoli); che è il primo passo verso molte cose (libertà di coscienza, dignità dell’individuo, fino ai ‘valori laici’) che si credono nate al di fuori e contro il cristianesimo. (vedi G. Ratzinger – Introduzione al Cristianesimo – 1969). Primo passo che molti devono ancora fare.
Devo dire che nell’articolo di C. Magris io sento, qua e là, un leggero stridio derivante dalla antica nobile arte della arrampicata sugli specchi. A volte si può anche tacere.
Taccio.
Sumpontcura come Sum(morum) Pont(ificum) Cura: non avrei mai immaginato! Imparo un sacco e due sacchi moderando questo blog! Grazie del buonumore con cui ci allieta. Ma per quanto mi riguarda spieghi sempre le battute e i riferimenti – magari in un commento successivo – perchè altrimenti io non li capisco. L’avviso vale per tutti i frequentatori del pianerottolo.
MassimoD: mmepossinoccecà se ho capito chi sei, dammi lumi.
Marito di Nicoletta?
Residente a Bologna e comparrocchiano?
Io punterei sulla prima…. macchissà….
A Luigi Accattoli.
Figuriamoci! Li capisci e come, i riferimenti… E’ umiltà cristiana, ammettilo!
Comunque, per chi avesse voglia di rinfrescarsi certe nozioni, provvedo subito a spiegare le citazioni dell’intervento precedente.
“L’Italia l’è malada,
Sartori l’è ‘l dutùr.
Per far guarir l’Italia
tajèm la testa ai sciur!”
è una strofetta popolare, spesso ricordata col titolo “La boje”, diffusa fra i contadini ribelli del Rovigotto nel 1882. Eugenio Sartori, qui celebrato come il “dottore” che doveva guarire l’Italia tagliando la testa ai signori, era dirigente di una Società di Mutuo Soccorso della zona. La strofetta fu poi ripresa, per quasi cento anni, in occasione di moti e insurrezioni in diverse parti d’Italia; cambiava solo il nome del “dottore” (fra gli altri furono citati Malatesta, Ferri, Podrecca, Prampolini, Lenin, Togliatti e altri ancora). Mi è sembrato spiritoso inserire, nell’elenco, il cardinal Ruini e attribuire i versi al tuo esagitato vicino di domenica scorsa, quello che gridava: “Salvi l’Italia!”.
“Oro supplex et acclinis,
cor contritum quasi cinis,
gere curam nei finis”
(“Supplice, disteso ai tuoi piedi, ti prego col cuore incenerito dal rimorso: Prenditi cura della mia morte”) è la penultima strofa del “Dies irae”, che prima della riforma liturgica di fine anni sessanta faceva parte, come “sequenza”, della Messa dei Defunti.
Per Sumpontcura: va bene, se ho capito male chiedo scusa, prima avevo fretta e ho preferito scrivere cose piu’ urgenti; resta pero’ il fatto che non si puo’ commentare quello che e’ successo recentemente con qualche battuta di colore locale o con qualche citazione di pseudomoralisti.
Ringrazio Domenico perche’ ha colto il senso del mio intervento sulla laicita’ (e anche di quello su Magris, direi).
Per Canelli: ma lei non era quello che ce l’aveva con chi parlava dell’Emilia senza essere emiliano? E allora perche’ fa citazioni strampalate in romanesco” Che ne sa lei di Roma? E, passando a cose piu’ serie: perche’, invece di scandalizzarsi con chi critica Prodi o il Partito Democratico (che nasce contro Prodi, peraltro, ma forse lei non se ne e’ accorto), non si scandalizza con quelli che hanno tolto il saluto al suo amico col figlio malato? Non potrebbero essere loro i veri handicappati?
In generale: ma perche’ alcuni scrivono come se tutti coloro che hanno conti in sospeso con la Chiesa, lo facciano per chissa’ quali motivi ideali e quali travagli esistenziali? L’unica molla di tutti noi peccatori, dentro e fuori la Chiesa, e’ l’orgoglio. Punto. La conversione deve partire dal riconoscersi piccoli, non da chissa’ quali teoremi, tanto meno dalla ricerca del potere, che e’ l’idolo dei vari politicanti, a maggior ragione di quelli che si ammantano di “ideali” o di “utopie” (che sono il contrario della razionalita’, per inciso, e non hanno niente di cristiano, dato che un cristiano ringrazia Dio della vita che gli dona momento per momento, non in attesa di non si sa che). Fa comodo a certa gente attaccare “la Chiesa” accusandola di volere “il potere”: la attaccano perche’ “il potere” lo hanno in mano loro, e non vogliono mollarlo. Dovranno pero’ alla fine mollarlo per presentarsi al Creatore, e questo a loro fa una fifa blu. Ecco perche’ odiano tutti coloro che in qualche modo, con la loro sola presenza, ricordano le realta’ ultime e vere.
Per Igino, Magris è un fior di intellettuale, con buona pace di Galli Della Loggia e compagnia, Vi consiglio un libro bellissimo LA STORIA NON E’ FINITA, (ETICA, POLITICA, LAICITA’).
Tranciare giudizi così netti sull epersone, si rilegga quel passo del Vangelo che mi è tanto caro e cghe è caro anche ad un prelato che lei come me apprezzerà moltissimo, Carlo Maria Martini, “Non giudicate, perchè dal metro con cui giudicate verrete giudicati”, a scanso di equivoci cerco di essere sempre di manica larga………..
Le considerazioni di Magris sulla laicità sono tutt’altro che aria fritta, sono tral e migliori che abbia mai letto e pazienza se le danno fastidio.
Quanto alle marce della pace, ci venga una volta sa, finiscono nella Basilica di San Francesco o a santa Maria degli Angeli, a casa di un Santo.
A casa di un santo che non faceva marce per la pace, faceva penitenza e viveva di elemosine e soprattutto credeva di essere stato salvato e amato da Dio che gli si era rivelato personalmente e gli fece il dono delle stimmate. Un santo che propose al sultano di gettarsi nel fuoco per mostrare la verita’ della sua fede. Tutte cose che non mi pare c’entrino molto con la “marcia della pace” e con la maggiornaza dei suoi partecipanti, al di la’ della buona fede di lei o di qualcun altro, che probabilmente ha bisogno di simili manifestazioni per sentirsi parte di un tutto. Io mi sento parte di quel tutto che e’ la Chiesa, Sposa di Cristo, su questa terra e nell’al di la’. Non ho bisogno del sindacato o del partito o del giornale di moda. Ho bisogno di cristiani veri, che pregano e operano in conformita’.
Se lei va a New York, scoprira’ che lo straccio multicolore con l’arcobaleno invertito e’ il simbolo dei locali gay. Non dipende da me.
Non capisco infine perche’ Magris possa fare il “moralista” di professione e altri no. Che titoli ha? Che autorita’ morale ha? Chi glile’ha conferita? Magris semplicemente da’ un colpo al cerchio e uno alla botte. Io non giudico la persona, giudico quello che scrive. Preferisco altri moralisti.
Iginio, non capisco perché secondo te sarebbero in contraddizione le marce della pace e le penitenze, e perché chi ci va non potrebbero essere anch’essi “cristiani veri, che pregano e operano in conformità”. Non confonda simpatie politiche e gusti spirituali con la fede.
A proposito, l’arcobaleno gay e quello della bandiera della pace hanno colori diversi per numero e per… colore. Vecchia polemica anche questa.
L’arccobaleno vero indica la pace fra Dio e l’uomo: lo dice la Bibbia. Un arcobaleno invertito indichera’ qualcosa d’altro. Non capisco che cosa c’entrino i cristiani. La cd. bandiera della pace (tra l’altro roba da anni Sessanta, ormai fuori moda ma poi risbucata fuori nel Duemila: da non credere!) non esiste al di fuori d’Italia. Ne vidi una (una sola, ormai vecchia e sbrindellata) in Slovenia anni fa con la parola “pace” in italiano, segno che l’aveva portata qualcuno dall’Italia. Penso che quest’altro esempio basti.
Torno a ripetere: non metto in dubbio la buona fede di qualcuno (solo di qualcuno, pero’). Dico solo che e’ malriposta, o che mi sembra un patetico succedaneo di cose piu’ importanti e piu’ belle: la pace di Cristo nel regno di Cristo. Preghiamo piuttosto per chi la fede non la ha e cerca di sentirsi appagato con “gli ideali” della “bandiera della pace”.
Il Professor Ratzinger e la lezione di vera laicità
Per primi, alle dieci, sono arrivati i laici, gli ex-mangiapreti, quelli che per la prima volta assistevano all’Angelus. Ignorando i ritmi domenicali della Roma petrina erano preoccupati. Temevano di non trovar posto.
Con il passar del tempo la loro preoccupazione ha mutato di segno ma non si è dissolta. Quell’immensa piazza sembrava ancora troppo vuota. Solo a un quarto passate le undici – quando gli spazi finalmente si sono rarefatti e il cancello che concede il passaggio al cerchio più interno è stato sbarrato per lasciare accumulare gli ultimi avventori fin alla metà di Via della Conciliazione – è stato chiaro a tutti che la mobilitazione era riuscita.
Piazza San Pietro, però, non è stata diversa per la presenza dei tanti politici, laici e cattolici, venuti a portare la loro solidarietà al “pontefice rifiutato”. E nemmeno per qualche telecamera in più, inevitabilmente giunta assieme a loro. In fondo queste presenze, assieme a tante altre in quei paraggi non meno inusuali, sono andate anch’esse a comporsi nel mosaico di preghiera, devozione, gioia di vivere, curiosità, tifo che miracolosamente prende forma ogni domenica alle dodici. Lo hanno solo reso ancora più laicamente grande e più laicamente ricco. Ciò che ha reso la giornata di ieri davvero speciale è stato, invece, il breve discorso che Papa Ratzinger ha pronunziato dopo la benedizione.
Ha parlato da vecchio professore, il Papa. Per questo si è rivolto prima agli studenti (che per ogni professore che si rispetti sono sacri) e solo dopo ai suoi colleghi. Ha poi ricordato, a quanti in questi giorni l’hanno infangato, il prestigio della Sapienza. Perché l’università è il sapere che si sedimenta e laddove si rinnega la propria tradizione si finisce col negare la funzione stessa dell’università. Ha spiegato, quindi, con parole semplici, come lo spirito di tolleranza, per non convertirsi in supponente pretesa di superiorità, debba essere alimentato dal rispetto per le idee altrui: dalla curiosità di conoscerle, dalla volontà di confrontarsi con esse. E non ha scordato neppure di chiarire la ragione per la quale ha rinunziato alla visita: la responsabilità, le circostanze che la sconsigliavano. Infine, al termine di ogni cosa, quando tutte le frasi scritte erano state pronunziate, ha fatto riecheggiare nella piazza la parola “libertà” chiarendo com’essa inizi dalla strada che ogni uomo sceglie per ricercarla.
Papa Ratzinger ha così risposto con una carezza allo schiaffo ricevuto. Da professore seduto dietro la cattedra che fu di Pietro, ha impartito ai professori di “laicità presunta” un’autentica lezione di laicità. Il Tevere non era né più largo né più stretto. Pareva, piuttosto, capovolto: con i laici e i diversi a Piazza San Pietro e gli intolleranti sull’altra sponda.
Mentre si abbandonava la piazza il pensiero è andato al Pasolini dell’ultimo discorso. Quello che ammoniva che in un contesto nel quale l’edonismo fosse stato eletto a ideologia, tolleranza e laicismo sarebbero suonati falsi come moneta fasulla. E gli stessi diritti civili, decifrati alla luce di un codice progressista, da eversiva richiesta di libertà si sarebbero tramutati in conformismo di sinistra, stampella di un nuovo potere.
Contro questa deriva, a quel tempo ancora lontanissima e pure intuita, Pasolini chiedeva ai liberali e ai libertari di continuare a essere sé stessi e, per questo, di continuare a essere “irriconoscibili”. Peccato che non abbia visto la Roma di questi giorni. Vi avrebbe trovato litanie anticlericali pronunziate da vecchi e da giovani, consunte e proprio per questo riconoscibilissime. Probabilmente, invece, si sarebbe davvero stupito al cospetto della Piazza San Pietro di Joseph Ratzinger: quella si irriconoscibile come avrebbe voluto.
Gaetano Quagliarello
Dopo tutto il profluvio di parole circa la laicità, la bandiera a strisce e quella con l’arcobaleno gay, vorrei ritornare sul tema iniziale,quello proposto al dott. Luigi sulla “folla che tutto digeriva”!
Quella che viene erroneamente definita “folla” in realtà non è una folla e basta: è il Popolo di Dio, siamo noi: a Chiesa, noi, un gregge che segue il suo pastore, che è il papa naturalmente. Ora,credo che in questo contesto abbia ragione Luca Grasselli.
Se non pregassimo, o non facessimo penitenze; se non sostenessimo continuamente il papa con continue preghiere che si innalzano dall’intero corpo della Chiesa universale come potrebbe sopportare, Benedetto XVI e i pontefici in genere, l’immenso peso di responsabilità, di preoccupazione, di sofferenza e di pena che è riposto nel servizio di Pietro.
I tempi in cui -come avrebbe detto Leone x al tempo di Lutero- ci si poteva gloriare del papato perché dato da Dio in una sorta di teocrazia è superato da tempo. E chi può dire come le incomprensioni, le fatiche e preoccupazioni legate a questo servizio potrebbero far vacillare le forze, l’amore subire un arresto, la speranza contro le porte degli inferi (Mat 16) venire meno!
E’ questo in fondo il nostro compito: sostenere con la preghiera la santa Chiesa e il pastore, non con una ossequiosità servile, e nemmeno con devozione acritica, nè tanto meno una idolatria sentimentale ma: intercessione quotidiana, collaborazione leale e critica costruttiva, nonché amore sincero. C’è qualcosa di grande i questo servizio di Pietro se lo si considera con obiettività e senza sentimentalismi!
Forse sarò stata banale, ma ci tenevo a dirlo.
arrivederci
Per Iginio.
Alla marcia della pace, tra l’altro inventata da Aldo Capitini laico e non credente non si trovano solo cattolici e credenti, ma un’umanità varia che porta avanti con fatica molti ideali,
Io non trovo contraddizione tra questo impegno e quello in Parrocchia o frequentare gruppi di spiritualità.
Tra l’altro in queste occasioni ci sono scout, preti, suore, missionari, buddisti, membri di varie religioni, quest’anno c’erano anche i monaci buddisti della Birmania, è un momento di festa, di comunità.
Si tranquillizzi sopravviverei anche senza marce.
Che a lei non piaccia Claudio Magris e quello che scrive va benissimo,
non si può andar bene a tutti, (Papa docet).
Mi sembrava invece molto interssante l’osservazione di MassimoD sul fatto che molti italiani provano fastidio per il continuo interventismo della Chiesa in Italia, io penso sinceramente che la Chiesa a lungo termine non ci guadagnerà da questo ed il rischio che vedo è una contrapposizione ancora più netta tra laici credenti e laici non credenti.
La Chiesa probabilmente sta occupando un vuoto che la politica sana e con la P maiuscola, non riesce ad occupare, ed i politici fanno a gara per non rimanere tagliati fuori dal consenso, che riscuote.
Intanto stasera Mastella ha fatto il suo ennesimo girotondo e ha fatto cadere il governo, mentre io ed un mio amico abbiamo convinto una ragazza di 23 anni a candidarsi per il PD, parlando di serietà, impegno ed ideali.
Un motivo di speranza anche in questo campo dove ne esiste davvero poca.
Grazie Igino per la memoria – sono poliglotta, visto!
“non si scandalizza con quelli che hanno tolto il saluto al suo amico col figlio malato? Non potrebbero essere loro i veri handicappati?”
Per ora provo a vedere se sono io all’altezza dei miei auspici e dei miei sproloqui poi vedremo…
Poi è da quando avevo 15 anni che scandalizzo io gli altri!
Mandi, barbe!
INVIO UN BELL’ARTICOLO APPARSO OGGI SULLA STAMPA
Buona notte a tutti.
La crociata senza Papa
di Filippi Di Giacomo
in “La Stampa” del 21 gennaio 2008
Ieri mattina, poco dopo le nove, le prime bandiere a sfilare in Piazza San Pietro avevano i colori dell’Afghanistan e del Pakistan. Erano in mano a due famiglie di immigrati che superavano le quindici persone. Tre volte il numero dei partecipanti alla Gaya Frocessione con la quale giovedì scorso i barricaderos della Sapienza hanno festeggiato la loro «vittoria» antipapista. Il primo striscione ciellino a superare il colonnato era allegro, colorato e spiritoso: «No Papa? No party». Il primo cartellone neocatecumenale issato verso la finestra del Pontefice sembrava invece scritto per ricordare urbi et orbi che gli ex sessantottini non si trovano tutti nelle facoltà statali: «Chiesa pura e senza paura».
«Andiamo avanti con questo spirito di fraternità, di amore per la verità e la libertà, nell’impegno comune per una società fraterna e tollerante», riassumerà Benedetto XVI, parlando a braccio dopo l’Angelus, dopo aver visto e sentito, con evidente commozione, tutto ciò che la piazza gremita è riuscita a comunicargli nella piccola manciata di minuti che, come di consueto, ha accompagnato la recita domenicale della preghiera mariana.
I paragoni sono sempre pericolosi, ma come evitare ieri, mentre la folla defluiva da piazza San Pietro, di pensare al viaggio di Giovanni Paolo II a Parigi nell’agosto del 1997, in occasione della XII giornata mondiale della gioventù? Nelle settimane precedenti, il Réseau Voltaire, forum della laicità d’Oltralpe, aveva dato il via alla profanazione delle messe cattoliche mandando per 300 volte circa un militante di una delle associazioni aderenti (tra cui anche «Touche pas à mon pote», la rete antirazzista che delle chiese faceva ampio uso quando si trattava di trovare luoghi di rifugio per i
sans papier) a lanciare una torta in faccia al celebrante, proprio al momento della consacrazione.
«Libertà, fraternità, uguaglianza e solidarietà» esclamò papa Wojtyla al momento di congedare il milione e mezzo di giovani che avevano partecipato alla messa conclusiva di Parigi, a Campo di Marte. Ed era come dire: sono princìpi che altri enunciano e dicono di difendere, noi invece li viviamo così come li abbiamo testimoniati durante tutta una settimana, nonostante le differenze di lingue e di culture. La cathò-rupture della laicità che il presidente Nicolas Sarkozy avrebbe operato un mese fa con il suo discorso a San Giovanni in Laterano ha dunque radici vecchie almeno 11 anni.
I tolleranti e i liberi dobbiamo essere noi, ha suggerito ieri Benedetto XVI, in modo nemmeno troppo implicito, ai 200 mila fedeli che erano in piazza, e ai tanti altri che in Italia e all’estero hanno percepito l’incidente della Sapienza come un’offesa all’intelligenza e alla libertà della Chiesa. Mai come ora i cattolici italiani hanno potuto constatare, infatti, quanto siano esigue le ragioni, e le fila, di coloro che credono socialmente impossibile far convergere le forze del nostro Parlamento verso un comune sentire a favore della persona, dell’umanesimo e del solidarismo, cioè verso quegli elementi comuni a tutte le culture politiche del nostro Paese. Con la sua consueta gentile mitezza, papa Ratzinger ha ieri seminato nella mente e nel cuore dei fedeli di Roma un’idea formidabile. A quelli che sono andati in piazza con la nostalgia di un partito cattolico, e a coloro che vi sono andati pur sentendosi in fuga proprio dal partito cattolico, ha suggerito di diventare custodi di quell’idea di libertà e di tolleranza, vissuta per una mattina dai 200 mila di Roma in amicizia con tutti.
È il progetto che la Chiesa di papa Ratzinger dichiara di voler condividere con ogni sincero ricercatore della verità. Oggi pomeriggio si riunisce la commissione permanente della Cei. Il suo presidente è stato ricevuto nei giorni scorsi da Benedetto XVI. È un buon test per vedere se almeno dal direttivo episcopale italiano arriverà il segnale per interrompere l’overdose di ignoranza e di arroganza che laici e cattolici, in diverse parti d’Europa, si stanno reciprocamente rovesciando da ormai quasi tre lustri. Oltretutto, è dai tempi di Pascal che la Chiesa sa che, nella storia, ogni epoca ha sempre «abbastanza luce per credere, abbastanza buio per dubitare»
Per Leone:
“io ed un mio amico abbiamo convinto una ragazza di 23 anni a candidarsi per il PD, parlando di serietà, impegno ed ideali.”
Ma siete un branco di disgraziati! Povera donna!
Io che sono più “a modo” ho lasciato che si candidasse la mia signora ….
😉
Benvenute nel club… (Iginio, non fuggire, non siamo tutti così ;)).
Sumpontcura di tutti i suoi riferimenti avevo capito solo quello del “Dies irae”: in ciò aiutato dall’età! Grazie delle spiegazioni.
Condivido l’invito di Clodine a pregare. Il discorso del papa di domenica mi è piaciuto, in particolare l’invito finale: «Andiamo avanti con questo spirito di fraternità, di amore per la verità e la libertà, nell’impegno comune per una società fraterna e tollerante». E ho trovato bello l’articolo citato da Leone. Mi è piaciuto invece di meno quello di Bagnasco alla CEI: credo che verrà strumentalizzato da forze politiche alle quali in fondo non importa molto della Chiesa. Vedo in giro molti che sono più papisti del papa, e che contribuiscono ad avvelenire ulteriormente il clima, cadendo nella provocazione dei laicisti. Non dobbiamo cadere nella trappola: io mi rifiuto di scegliere tra clericalismo e laicismo, e lavoro per una terza vcia, quella della sana laicità (non è affatto vero che i discorsi sulla laicità siano “aria fritta”).
Concordo pienamente Raffaele, tra clericlismo, e laicismo che si nutrono reciprocamente, scelgo una terza via, la più difficile quella del DIALOGO.
sì, anche io oggi, con un po’ di amarezza, riparto dal punto messo da raffaele.
per il resto, troppi gli spunti a cui vorrei dare risposte articolate e profonde (segno per me di rispetto per l’interlocutore e non di voglia di leggersi).
Solo qualcosa, per punti, se Luigi consente:
per Sumpontcura: l’immobilismo a cui mi riferisco è quello che poi, d’improvviso, si traduce in certe (curiose) prolusioni… la Chiesa in cui in Cristo siamo inseriti deve avere altre tensioni… ma su questo mi sono già dilungato altrove.
per Iginio, se Magris è un “moralista”, è senz’altro un mio amico…vorre dirti tanto… mi limito a questo: quello che scrive non mi sembra affatto cerchiobottista…. e che c’è chi non ama mai mettersi in discussione.
ps: laico non vuole dire che “non è un prete” ma che “non è un chierico”… credo sia un po’ diverso… tant’è che si può essere atei e mangiapreti ed essere assolutamente “clericali”, come appunto dice Magris. (perchè ognuno ha il suo “clero”… se poi decide di camminarci accanto nella libertà e in comunione o piuttosto di servirlo ciecamente, è un’altra cosa).