Sono stato oggi a Barbagelata, comune di Lorsica, entroterra di Chiavari, dove ho animato una giornata del Campo interparrocchiale dell’intera Val Fontanabuona, sul tema “Chiesa e mondo a mezzo secolo dal Concilio”. Mi raccontano delle case bruciate dai tedeschi e durante una pausa cammino e leggo: “Barbagelata caposaldo di ribelli distrutta dal fuoco nell’agosto del 1944 per mano dei nazifascisti. Anche da quel rogo nacque la libertà”. Siamo qui a 1115 metri e si vede giù in basso la falce del golfo del Tigullio, dov’è Sestri Levante e dove sono ora in vacanza. Chiedo l’origine del nome Barbagelata, non me la sanno dire. Li invito a inventare e non si fanno pregare: “Nel tempo antico qui avevano tutti delle gran barbe e bevendo alle fonti le bagnavano e d’inverno gelavano”. Montanari con la vocazione del giornalismo. Ma attenti e pieni di domande e grati dell’incontro. Grato io di averli conosciuti.
Un saluto da Barbagelata
7 Comments
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La cosa più importante è essere sempre pieni di “curiositas”. Dovunque e comunque ci sono cose belle da vedere e capire.
Barbagelata è anche un cognome. Alcuni dicono che il cognome deriva dal toponimo, ma potrebbe anche essere il contrario.
Certo Luigi che sei in una bella posizione: arrivi in un luogo e tutti e subito ti portano a conoscenza dei loto tesori di arte, cultura e tradizioni.
Tutto ciò ad una persona normale non càpita e per scovare tutte queste belle cose deve fare non poca fatica, molte addirittura non vengono ricordate da testi o altro.
Una bella posizione davvero. Diventi, di conferenza in conferenza, un pozzo di informazioni da cui noi attingiamo e – soprattutto – tieni in vita cose che – altrimenti – andrebbero perdute o rimarebbero chiuse tra pochissime persone.
Grazie Luigi
Da noi, non so da altri,
il ‘barba’, in dialetto montanaro direi, è lo zio!
Non so se può servire.
Da noi c’è il toponimo (che è anche un cognome): Barbafina.
Condivido il pensiero di marta09, veramente Luigi ho avuto il piacere di toccare con mano la tua passione per le relazioni, per la cultura (sei in grado di guardare per ore una colonna e dopo parlarne per una intera giornata) la tua volgia di stupirti e di raccontare il tuo stupore……
Grazie Luigi
[…] “Mi chiamo Amal che vuol dire speranze. Mi piace questo nome e mi aiuta a pregare Allah. Per esempio quando ero clandestina sull’aereo e poi sui pullman che mi portavano da Tangeri, in Marocco, dove sono nata, ad Algeciras in Andalucia, che è stata la mia prima tappa in Europa e poi attraverso tutta la Francia e finalmente in Italia dove mi attendevano i genitori. Allora le mie “speranze” erano di non essere scoperta. Sono poi stata quattro anni senza documenti, nascosta. Facevo la lavapiatti in un ristorante. Infine ho trovato un lavoro e sono tornata in Marocco per fare i documenti. Ora sono regolare e faccio la mediatrice culturale in ospedale, aiuto le donne arabe che non voglio farsi vedere dal medico uomo e neanche parlarci. In Marocco avevo preso la laurea in teologia islamica e ora partecipo alle attività della parrocchia dove vivo perché l’ho conosciuta con la Caritas e il prete un giorno mi ha invitato a una riunione dicendo ‘così vedi la nostra fede e noi la tua’. Le pagine dei Vangeli che mi piacciono di più sono quelle dove Gesù parla con la donna di Samaria e con Marta e Maria. Ora sto organizzando un viaggio della parrocchia in Marocco dove andremo insieme, loro cattolici e io musulmana, a conoscere il monaco sopravvissuto alla strage di Thiberine“. La conversazione con Amal è avvenuta il 17 agosto, in automobile, scendendo io da Barbagelata a Chiavari. Per la questione su che possa venire di buono da Barbagelata vedi qui. […]