Muore una prostituta di lungo corso e poi tenutaria di prostitute, più volte multata e carcerata, mai pentita. Ma cristiana a modo suo, conosciuta da tutti nel rione. Il parroco prende l’iniziativa del funerale e alcuni parrocchiani l’accompagnano in questa benedizione in uscita. I particolari nei commenti.
Un funerale come lectio su ‘le prostitute vi precederanno’
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Marisa Maurizi 93 anni. Gestiva una specie di bordello a via dei Capocci. Accettava – voleva – che il parroco benedicesse l’appartamento in cui ospitava le ragazze che “proteggeva”. Le aiutava anche. “Ha fatto del bene a tante di noi”, diceva e piangeva un’anziana sua collega venuta al funerale. Cioè le soccorreva quando avevano guai, s’ammalavano, venivano arrestate. Le andava a trovare in carcere. Lei stessa è finita dentro per due periodi, a distanza di un ventennio: quando aveva 69 e 89 anni. E di nuovo – come dicevo – ci doveva tornare l’anno scorso. Otteneva riduzioni di pena e condoni perchè gli abitanti del quartiere la scagionavano, quando venivano sentiti dagli inquirenti. “Dio perdona tutti” diceva ieri una nonna che abita di fronte a quell’appartamento e che era venuta al funerale: “Lui sa tutto, noi non sappiamo niente”. In chiesa eravamo una ventina e solo due rispondevamo al celebrante. Come avviene quasi sempre, anche questo funerale ha portato in chiesa chi non ci va mai.
Marisa non aveva parenti. I conoscenti hanno fatto una colletta per la spesa del funerale. Un anno addietro aveva avuto un’ultima condanna ma un maresciallo in pensione che tiene d’occhio il rione Monti è andato dal medico curante di Marisa e si è fatto fare un certificato di incompatibilità con il carcere e così è potuta restare fino alla fine ai domiciliari nella casa dov’era sempre vissuta. Aveva resistito a ogni sfratto. Un avvocato le aveva consigliato di tenere sempre dei cani: “Se hai bestie nell’appartamento non ti possono cacciare”. L’atteggiamento comprensivo dei vicini, che l’hanno sempre protetta, può essere simbolicamente riassunto in queste battute, colte da me un giorno che ci siamo trovati insieme – forse quarant’anni addietro – dal salumiere che le fece: “Tutto bene signora Marisa?” – “Tutto bene bello mio. Solo che sono stanca” – “Troppo lavoro signora mia” – “Ha ragione e dormo poco” – “So’ lavori notturni i suoi. I peggiori” – “E’ vero e li risenti tutti di giorno”. Forse c’è da riflettere sulla solidarietà che il maresciallo, l’avvocato, il medico, il parroco, i vicini, i giornalisti [è finita tante volte sui giornali], tutti o quasi tutti sono venuti mostrando a questa donna nei decenni.
Avevo già parlato di Marisa in un libretto intitolato “Dimmi la tua regola di vita”, all’interno del paragrafo “Chi sono i giusti del mondo”, dove provavo a rispondere alla domanda “chi sono oggi – tra i battezzati che magari neanche vanno in chiesa – i pubblicani e le prostitute che passeranno avanti, con facilità, a teologi e vescovi, nonchè ad autori e lettori di libretti sulla regola di vita?”
Ipotizzavo diverse figure, tra gli abitanti del mio rione e in quella rassegna c’era anche Marisa:
Per terza – dopo la ragazza madre e il falegname – credo di poter indicare la prostituta: qui la parola viene giusta perché si accorda con quella del Vangelo e ci aiuta a metterlo in presa diretta con la vita.
Ora è anziana e non esercita più. La conoscono tutti nel quartiere e la conosco anch’io, perché per anni mi vedeva passare la sera e mi salutava con il motto d’ordinanza: “Andiamo bello?” Come non vedesse che ero sempre io. Al che rispondevo con un cenno della mano che voleva dire “no grazie”, come non vedessi che era sempre lei.
La ritrovavo di giorno, rintronata di sonno, dal pizzicagnolo che la motteggiava bonariamente: “Troppo lavoro, signora mia!” Adesso che non lavora più, si occupa a modo suo delle prostitute giovani che popolano il quartiere: prima erano polacche, poi romene e russe, ora albanesi. Poco più in là, verso la stazione Termini, ci sono le africane.
Di quelle ragazze nessuno vuol sapere. I commercianti fanno petizioni perché vengano allontanate. L’ex prostituta le conosce per nome, quasi le passa in rassegna ogni giorno dando consigli a voce alta, le aiuta e protegge come può. Io la guardo e ripenso alle parole di Gesù: “I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno dei cieli” (Matteo 21, 31).
Luigi Accattoli, Dimmi la tua regola di vita. Cinque tracce dell’avventura cristiana nella città mondiale, EDB 2002, pp. 63s [di quel libretto puoi leggere una decina di pagine qui nel blog: http://www.luigiaccattoli.it/blog/antologia-delle-pubblicazioni-2/dimmi-la-tua-regola-di-vita/%5D.
Prete col secchiello benedici il mio bordello. Il 23 dicembre 2007 qui nel blog avevo pubblicato una “parabola del prete e della prostituta” che riferiva di una benedizione delle case in Milano che aspergeva un bordello:
Un prete ambrosiano suona a una porta per la benedizione delle case – che a Milano si fa durante l’Avvento – e viene accolto da una donna in tenuta da prostituta che si scusa, si getta addosso una veste da camera e lo segue per le stanze mentre sparge acqua e parole benedette. Alla fine ringrazia e si scusa ancora. “I malati e non i sani hanno bisogno del medico” dice a se stesso il prete in ascensore.
http://www.luigiaccattoli.it/blog/parabola-del-prete-e-della-prostituta/
Città vecchia
Spesso, per ritornare alla mia casa
prendo un’oscura via di città vecchia.
Giallo in qualche pozzanghera si specchia
qualche fanale, e affollata è la strada.
Qui tra la gente che viene che va
dall’osteria alla casa o al lupanare,
dove son merci ed uomini il detrito
di un gran porto di mare,
io ritrovo, passando, l’infinito
nell’umiltà.
Qui prostituta e marinaio, il vecchio
che bestemmia, la femmina che bega,
il dragone che siede alla bottega
del friggitore,
la tumultuante giovane impazzita
d’amore,
sono tutte creature della vita
e del dolore;
s’agita in esse, come in me, il Signore.
Qui degli umili sento in compagnia
il mio pensiero farsi
più puro dove più turpe è la via.
Umberto Saba, da “Trieste e una donna” (1910-1912)
Bella storia, grazie di avercela proposta.
Benedizione in uscita, nel senso che siamo invitati ad uscire dagli schemi mentali più rassicuranti.
Non che le scelte morali siano tutte equivalenti, ma identico è lo sguardo d’amore che il Signore ha su ciascuno di noi. E noi siamo invitati ad avere lo stesso sguardo.