“Un bimbo musulmano stava morendo ed era la madre a infondermi coraggio“: è un medico che parla così, Giovanna Angela Carru – del Policlinico Umberto I di Roma – che insieme a Massimo Chiaretti ha pubblicato per le edizioni Nuova Cultura una guida per il personale ospedaliero intitolata VIVERE LA MORTE NELLE VARIE RELIGIONI. UN MOMENTO DI MEDIAZIONE INTERCULTURALE. Dice Chiaretti al Corsera, Cronaca di Roma, di ieri: “Sono stato in Libano come uffiuciale medico e ho imparato che si possono visitare le donne musulmane solo in presenza di un parente maschio. La palpazione è vietata, tranne che in casi urgenti e con la paziente vestita. Per il contatto fisico si richiede personale femminile“. “Buddisti e induisti – dice Giovanna Angela – vivono il passaggio dalla vita alla morte con profonda accettazione, mentre gli ebrei hanno i loro rituali di preghiera e il sostegno della comunità“. “Molti degli italiani – dice infine Chiaretti – vanno a messa la domenica e ricevono con piacere la visita del cappellano. Le anziane si riuniscono ancora nella stessa stanza per recitare il rosario“. – VIVERE LA MORTE è anche il titolo di un volume di Enzo Bianchi, da me letto più volte: fu pubblicato nel 1983 da Gribaudi e riedito in seconda edizione nel 1987. E’ un’antologia fruibilissima e insieme profonda sul modo in cui gli ebrei e i cristiani di tutti i secoli – da Abramo al patriarca Atenagora I – hanno affrontato la morte.
Un bimbo musulmano stava morendo
10 Comments
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E’ vero Luigi!, anche io ho letto più volte il libro di Enzo Bianchi.
Così come anche l’altro di Bianchi ” L’amore vince la morte” – Ed.San Paolo, 2008 – che ho trovato altrettanto bello e profondo.
E, ancora,confesso di aver letto ( e di consigliare) un piccolo libro dell Abbè Pierre intitolato “Che cos’è la vita? E perchè si muore?…..spiegato ai bambini” – ed.PIEMME.
Mi permetto di proporli, insieme ai consigli di approfondimento di Luigi, perchè la loro lettura mi ha veramente aiutato.
Un saluto carissimo a tutti
Non so perché, ma, per istinto ho sempre allontanato da me ogni lettura che possa ricondurre alla morte, e a tutto quanto possa essere riferito al momento estremo del trapasso. C’è qualcosa che per istinto mi fa rifuggire da queste letture: mi angosciano,non lo so il perchè. Eppure nella vita , nonostante la mia età non troppo avanti il Signore mi ha dato di veder morire molte persone; il destino, il caso, o la pura fatalità han fatto si che mi trovassi al momento giusto nel posto …sbagliato? Giusto?..Non lo! So soltanto che ero sola quando la signora della porta accanto ebbe il malore: le sollevai la testa, sentivo il suo rantolo:lacrimava copiosamente..nel giro di 10 minuti il suo volto sbiancò i lineamenti si distesero in perfetta beatitudine e trapassò tra le mie braccia. Ho visto transitare oltre a mio padre, un giovane uomo investito….sembrava dormisse -per tutto il tempo le ho tenuto la mano -e il marito di una mia amica malato di endocardite dilatativa. Il cuore si fermò mentre ero li, con il rosario tra le mani: vidi la macchina che segnava il tracciato rallentare e appiattirsi. Anche a loro scesero le lacrime poi..lo stesso candore, lo stesso distendersi dei lineamenti, la stessa beatutudine. Credo quello sia un momento di una beltà inaudita, di una dolcezza infinita, è come cullarsi nel calore di un gremdo tiepido dopo tanto freddo. L’unica lettura in grado di descrivere l’attimo, secondo me, è la compieta : “ora lascia Signore che il tuo servo vada in pace..” . Chi se non Gesù può far uscire l’uomo dal carcere del corpo, liberarlo: la partenza, avviene nella pace assoluta…ma sopratutto nella solitudine assoluta. Ogni religione ha il suo approccio, il proprio modo di vivere la morte…ma credo che il comun denominatore sia la perfetta adesione a quel Dio del quale si ha fiducia, si e confidato, creduto, senza il quale la morte non è che salto nel buio, un salto terrificante nell’ignoto più spettrale.
ho appena terminato la lettura di una plaquette di Rosa Elisa Giangioia, dal titolo “Sequenza di dolore” (prefazione di Antonio Spadaro, Fara Editore 2010), che “narra” la morte del suo amato marito.
Una poesia, fra tutte, mi ha colpito:
Per farti sperimentare l’amicizia
del morire accompagnato
ti ho potuto regalare
solo il mio accompagnamento
in immaginazione,
mentre tu misuravi
faccia a faccia il rischio
e la posta in gioco
con umanità vinta, ma intatta,
fino al lutto della memoria,
che impedisce di descrivere la morte,
esperienza non vissuta
impossibile da condividere
per assenza di parole.
Bisogna prendere dalla vita
le parole per dire la morte
che non ha parole.
E’ una poesia bellissima
Anch’io ho sperimentato l’esperienza, come medico, di un bambino che
muore e sono i suoi genitori che fanno coraggio a me..
Nell’esperienza personale della mia famiglia , poi, mia sorella ha avuto un bambino che è morto tre giorni dopo la nascita…mi sono sempre stupita dell’ammirevole serenità, dignità,coraggio che mia sorella ha avuto in quell’occasione…
il primario dell’ospedale l’ha chiamata nel suo studio per dirle che l’ospedale era disposto a pagargli delle cure psicologiche per il suo grave lutto…
lei ha rifiutato, guardando negli occhi il primario(la responsabilità della morte del bambino era sicuramente ascrivibile all’imperizia e alla negligenza dei medici)
Nessun psicologo mi ridarà mio figlio- ha risposto.
llastessa risposta l’ha data a chi la incitava a denunciare i medici.
Hanno fatto il funerale del bambino di tre giorni, lo hanno cremato e le sue ceneri sono state disperse in montagna, su un verde prato.. le sorelline di
cinque e sette anni non dimenticheranno mai il piccolo Luca..
Dove è adesso Luca, zia?= – mi chiede la più piccola delle due.
Chissà, è qui insieme a noi, -rispondo-anche se quasi sempre sta nel suo prato verde lassù in montagna….
Insieme con i fiori e le api?
sì, insieme con i fiori..
Maria Cristina
Solo la religione, intendo dire lo stato d’animo religioso, sia esso cristiano o musulmano o ebreo o induista o buddista, può accettare la morte e viverla
senza quella paura, quell’orrore, quel panico quell’angoscia che la morte poRTa con se.. solo la religione può consolare dai gravi lutti.. ogni conforto umano è inutile, retorico…ricordate la bellissima immagine dei Promessi sposi, della mamma che teneva in braccio la bimba morta di peste?
mc
LA NEGAZIONE
Scrive Stanley Cohen:
«È un modo per mantenere segreta a noi stessi la verità che non abbiamo il coraggio di affrontare»
Conclusione di Umberto Galimberti, filosofo ateo, in risposta ad una accorata lettera di una lettrice dell’inserto DONNA di Repubblica.
http://data.kataweb.it/storage/periodici/dweb/pdf/684/DON_276_277.pdf
“Sappiamo dei bambini africani che muoiono di fame, senza per questo smettere di nutrire i nostri bambini fino al limite dell’obesità e oltre.
L’abbondanza di informazione, tipica del nostro tempo, ci rende responsabili
di ciò che sappiamo, e se non diventiamo sensibili a quel che sappiamo, diventiamo irrimediabilmente immorali, a colpi di negazione.”
Ricordo, s’, quella scena, Maria Cristina (e grazie per avercela riproposta): è una delle pagine più belle de “I promessi sposi”.
Buona notte a tutti e – già che ci sono – buon inizio di settimana !
Roberto 55
P.S.: ma, Luigi, che è successo oggi alla CEI (tra la dichiarazione di Monsignor Mogavero sul “decreto salva-litste” e le successive smentite di Monsignor Pompili) ?
Roberto55 non è successo nulla, io credo. Mogavero ha detto una sua opinione, i media l’hanno veicolata come “presa di posizione” della Cei, la cei ha precisato di non avere una “posizione” in tale materia. Ognuno ha fatto la sua parte: il vescovo ha detto, i media hanno enfatizzato, la Cei ha ridimensionato.
Il solito giochetto per infilare ad ogni costo la Cei, e in ultima istanza la Chiesa, nel giro losco della politica strumentalizzando ogni sillaba…Sarebbe ora che la smettessero…
in merito alla posizione di Mogavero:
http://maioba.blogspot.com/2010/03/in-merito-alla-presa-di-posizione-di.html