Un abbraccio a Piergiorgio Welby

Piergiorgio Welby che volevi morire e sei morto

e non eri solo, non eri abbandonato. Avevi scritto

che la morte ti faceva orrore eppure l’hai cercata

perchè più spaventosa ti era diventata la vita.

Hai voluto essere presente nel distacco: “Mi devo concentrare,

è la prima volta che muoio”, hai detto con dolce ironia.

Per l’amore di Mina che era grande e non ti è bastato,

per la luce di volontà che ti vedevamo negli occhi,

per gli occhi che restavano aperti davanti al mistero,

per tutto questo ti sento fratello. Ma ancora di più 

per la tua ribellione alla sofferenza. In essa ti abbraccio.

26 Comments

  1. Carissimi,
    stamattina ho un senso di vuoto dentro. Ho seguito ieri via radio la conferenza dei Radicali, la sicumera politica di Pannella, la tranquillità del dottor Riccio, le domande trafelate di colleghi che arrivavano in quel momento avvertiti da qualcuno.
    Ho sentito la voce tremante di Carla, la sorella di Piero Welby, che lo ha definito “un regista, ha fatto tutto lui”. Ho seguito, sentito, letto i commenti politici e quant’altro.
    Oggi non me la sento di pensare a questa storia. Vorrei chiudermi in un angolo e passarci tutto il Natale in silenzio. Troppo si è detto attorno a questa vicenda.
    Non mi pongo più la domanda: perché?, perché ha fatto questo, perché lo ha voluto?, chi era a favore e chi contro, ma me ne pongo un’altra, questa. Ora che Piero è morto, ora che c’è altra gente che potrebbe chiedere di essere sedata e staccata dal ventilatore, che fare?
    Riposa in pace. Su tutto c’è Dio, posso solo dirGli: “Che cosa dobbiamo fare?”

    22 Dicembre, 2006 - 15:57
  2. fabrizio

    ho appena sentito al Tg2 del rifiuto di celebrare il funerale a Welby.
    Forse il rifiuto delle esequie è canonicamente giustificato,ma i modi e i toni mi sono sembrati inaccettabili, se è vero quello che ho sentito.
    Credo che la Chiesa stia perdendo una grande occasione di mostrarsi ferma nei principi ma compassionevole e vicina a chi ha sbagliato, e visto che il vicariato in questione è quello di Roma, auspico un intervento del suo Vescovo, di Benedetto.
    Mi ha appena telefonato mia suocera chiedendomi spiegazioni e francamente, non ho saputo cosa dirle, se non balbettare giustificazioni poco convincenti.
    Ho aperto il Catechismo e ho trovato: “La Chiesa prega per le persone che hanno attentato alla loro vita”. Pregheremo in silenzio.

    22 Dicembre, 2006 - 23:21
  3. FABRICIANUS

    Io non so che dire….solo SILENZIO E PREGHIERA…..

    23 Dicembre, 2006 - 4:55
  4. E pensare che il Vicariato di Roma, quando era retto dal Cardinale Poletti, ebbe persino pietà di un malavitoso della banda della Magliana, tanto da seppellirlo in San Giovanni in Laterano…

    23 Dicembre, 2006 - 12:20
  5. Leonardo

    Non conosco le motiviazioni che sono state addotte dal vicariato, però credo si debba tener conto del fatto che lo svolgimento dei funerali religiosi suonerebbe come un’approvazione del ‘caso Welby’, di fatto, da parte della chiesa. La mancanza di funerali religiosi non significa nulla per il defunto, affidato comunque (come tutti) alla bontà infinita che ha sì gran braccia che prende quel che si rivolge a lei, mentre la chiesa ha il dovere di non confondere o scandalizzare gli uomini. E il caso Welby è un esempio, da manuale, di indegna strumentalizzazione ideologica e politica, tanto più turpe perché esercitata, senza scrupolo alcuno, sulla sofferenza grave di una persona debole (quanto lucida e liberamente consenziente, io non lo so perché devo stare a quanto dicono persone verso le quali non ho la minima fiducia). Tutti sanno (o dovrebbero sapere) che Welby poteva rifiutare le cure, come la costituzione garantisce a ogni cittadini. Tutti sanno (o dovrebbero sapere) che gli potevano essere praticate cure che alleviassero il dolore conseguente, anche se da quelle cure fosse derivata, come effetto possibile ma non voluto, una minore durata della vita naturale. Tutti dovrebbero capire che questa è una cosa completamente diversa dalla richiesta di ‘essere aiutato a morire’, ipocrita e laida perifrasi per dire ‘essere ucciso’. Un’altra truffa lessicale è parlare di ‘suicidio assistito’, che significa in realtà ‘omicidio di consenziente’. Tutti dovrebbero capire che si è voluto creare un ‘caso’ per forzare la legge verso il riconoscimento di un assurdo, abominevole, disumano ‘diritto alla morte’. Di fronte a tutto questo la chiesa non si dovrebbe porre il problema di ribadire la propria contrarietà?

    23 Dicembre, 2006 - 12:31
  6. Francesco73

    Le motivazioni della Chiesa vanno capite bene, soprattutto con riferimento a questo caso, alquanto difficile. Si è partiti con l’eutanasia, per poi concludere che Welby ha esercitato solo il diritto a interrompere le cure.
    Io quel che è successo non l’ho ancora ben compreso, tanti sono stati gli slittamenti lessicali, i cambi di prospettiva, i pareri i giudizi, i lati del prisma. La gente nemmeno ha capito granchè, secondo me.
    Certo, se non siamo di fronte a un caso di eutanasia, non so perchè non dovrebbero essere concessi i funerali.
    Perchè in vita Welby l’ha sostenuta senza pentirsene all’ultimo?
    Ma se dovessimo stare alla quantità e alla qualità dei pentimenti, di funerali cattolici non se ne vedrebbero poi tanti!
    E’ chiaro che qui – anche nella valutazione della Chiesa – pesa il dato pubblico della cosa: se Welby fosse morto come è morto ma restando anonimo, i funerali a San Giovanni Bosco li avrebbe avuti eccome.
    E’ la dura legge dell’Istituzione Ecclesiastica, che non sempre riesce a parlare il linguaggio della Divina Misericordia ma che anche quando ci sembra crudele e inaccettabile una sua sapienza di lungo periodo ce l’ha.

    23 Dicembre, 2006 - 12:48
  7. fabrizio

    La strumentalizzazione che è stata fatta del caso è evidente. Bastava guardare ieri Pannella raggiante di fianco alla moglie di Welby che raccontava del rifiuto alle esequie religiose.
    Però…proprio per questo motivo si sarebbe dovuti essere, se non misericordiosi, almeno un po’ più accorti nel non prestarsi a ulteriori strumentalizzazioni.
    questo è il comunicato del vicariato, che ho trovato su libero.it virgolettato e credo autentico:
    “…non aver potuto concedere tali esequie perché, a differenza dei casi di suicidio nei quali si presume la mancanza delle condizioni di piena avvertenza e deliberato consenso, era nota, in quanto ripetutamente e pubblicamente affermata, la volontà del Dr.Welby di porre fine alla propria vita, ciò che contrasta con la dottrina cattolica. Non vengono però meno le preghiere per l’eterna salvezza del defunto”.
    Non vi da un’impressione di una freddezza un po’ farisaica?
    La frase finale poi non la capisco proprio: un funerale non è proprio la più alta forma di preghiera per salvezza del defunto?

    Pochi giorni fa il Papa parlava della necessità di unire la morale della giustizia e della pace (condivisa da tutti) alla morale della vita (motivo di divisione).
    Alla luce di quelle parole oggi mi risulta difficile spiegare perchè la Chiesa due settimane fa non si è fatta problemi a celebrare i funerali di Pinochet, a ragione, ma oggi si mostra così dura con Welby.
    I due casi sono completamente diversi, è ovvio, ma alla vigilia di Natale è proprio arduo far capire, e prima di tutto capire, certe scelte.

    23 Dicembre, 2006 - 13:21
  8. Leonardo

    Certo che non si è capito bene: siamo di fronte ad un’operazione gestita da dei grandi falsari, veri specialisti nella disinformazione e nello sfruttamento delle emozioni (sono gli stessi, tanto per dirne una, che sfruttarono il ‘caso Seveso’, per l’aborto). Quel che è successo, probabilmente, è un ‘omicidio su richiesta’ (se questo, come penso, vuol dire in realtà l’ambigua affermazione “l’abbiamo aiutato a morire”).
    È vero che, se non si fosse stata la montatura del caso, molto probabilmente Welby i funerali religiosi li avrebbe avuti. Giustamente.
    Non chiamarei questo “dura legge” e soprattutto non parlerei di atteggiamento “crudele e inaccettabile”. Mi pare che oggi ci sia una certa esagerazione nel tacciare di crudeltà le decisioni disciplinari della chiesa. Un teologo scrive cose assurdamente non cristiane, la congregazione per la dottrina della chiesa lo richiama e quello strilla perché si sente perseguitato; un divorziato vive ‘more uxorio’ con un’altra donna (rispettabilmente, in molti casi), la chiesa dice che, pur continuando a far parte della comunità, non può ricevere l’eucarestia, e tutti accusano la chiesa crudele e disumana; un prete rifiuta di obbedire al vescovo, il quale sanziona questa disubbidienza, e apriti cielo …
    Quanto ai funerali religiosi: mio padre non li volle, perché non essendo mai andato in chiesa da vivo non gli pareva giusto andarci da morto. Io cercai delicatamente di prospettargli l’opportunità di farli ugualmente, per affetto nei confronti dei familiari, che ne traggono comunque un conforto, ma poi non insistetti. Andarsene senza il prete, come si dice dalle mie parti, è un po’ bruttino, ma niente di più. Sulla salvezza eterna di mio padre, che era un uomo buono e molto rispettoso della fede, che pure pensava di non avere, non ho alcun dubbio.

    23 Dicembre, 2006 - 13:38
  9. Luigi Accattoli

    E’ morto un uomo e di questo mi occupo. Non ho responsabilità su che cosa debba o possa fare la Chiesa, rispetto la decisione che è stata presa. Ma mi occupo dell’uomo e vado al suo funerale. Egli ha lottato contro la sofferenza e si è ribellato alla sua tirannia, questo è l’aspetto della sua morte che me lo fa vicino. Tutti siamo alle prese con l’infamia del dolore. Piergiorgio ha scelto di morire piuttosto che protrarre una vita chiusa in esso. Grandi spiriti cristiani come il patriarca Atenagora e il cardinale Benelli hanno scelto di non curarsi e di morire quando la rottura del femore (Atenagora) e un doppio infarto (Benelli) aveva loro indicato la via di un’infermità senza uscite di sicurezza. Piergiorgio ha fatto una scelta analoga. Loro nella chiarezza della meditazione bliblica di tutta una vita. Lui nella confusione delle lingue e dei sentimenti, tra la gita parrocchiale dove incontrò Mina e la compagnia dei radicali che gli sono restati accanto fino alla fine. Il dolore non è voluto da Dio e io abbraccio ogni fratello che si ribella come può a esso. Oggi abbraccio Piergiorgio.

    23 Dicembre, 2006 - 13:40
  10. Leonardo

    Chiedo scusa se intervengo ancora, ma i messaggi di Gianluca e di Fabrizio (nella parte finale) mi spingono a farlo. Mi viene in mente la frase di Eliot: perché gli uomini dovrebbero amare la chiesa? Essa è dura quando vorrebbero essere teneri e misericordiosa quando essi sono duri.
    Guardate che i funerali religiosi a Pinochet o al bandito della MAgliana non devono suscitare proprio nessuno scandalo (la sepoltura in san Giovanni Laterano magari si poteva evitare, ma non so nulla del caso specifico, quindi non mi pronuncio).
    Scusate, ma certe volte la mentalità diffusa tra i cattolici oggi assomiglia molto a quella di chi si scandalizzava perché Gesù andava a casa di Zaccheo o perché una libbra di costoso profumo si versaca sui suoi piedi invece di darlo ai poveri.
    A me il comunicato del vicariato sembra solo ragionevole.

    23 Dicembre, 2006 - 13:47
  11. fabrizio

    Leonardo,
    la mentalità diffusa tra i cattolici, che tu descrivi, non è certo la mia e mi unisco a te nel criticarla.
    Non mi scandalizza per niente il funerale di PInochet e lo trovo doveroso, così come è netta la mia posizione nei confronti dell’eutanasia.
    Ma scusa se mi ripeto:
    La decisione del vicariato è sicuramente corretta dal punto di vista canonico e anche ragionevole, ma a mio avviso manca di misericordia. Al tempo di Gesù non era forse ragionevole anche la legge del taglione, di per sè inappuntabile? Eppure Gesù ha predicato l’amore e la comprensione, nella ferma condanna del peccato.
    A questo punto spero almeno che, anche senza la montatura del caso, Welby i funerali religiosi non li avrebbe avuti comunque, perchè altrimenti il vicariato avrebbe fatto un ragionamento così politico e calcolatore che mi auguro non venga applicato alla decisione di celebrare o meno le esequie di un defunto.
    Secondo me non è con prese di posizione così “aride” e formalmente ragionevoli che si trasmette la buona novella.

    23 Dicembre, 2006 - 14:19
  12. Francesco73

    Giusto Luigi, occupiamoci dell’uomo e abbracciamolo.
    La Chiesa la rispettiamo, ma siccome la amiamo tanto, di un amore indicibile, non ci basta, forse, la consapevolezza di non avere responsabilità gerarchiche.
    D’altra parte ogni storia d’amore è anche lacerazione, sofferenza, distacco e accettazione.
    E del resto non credo che il nostro sguardo sulla vicenda di Piergiorgio (e di Mina, e della mamma, e della sorella) riesca a prescindere dal Mistero di Fede in cui siamo radicati, che vive nella Chiesa di Cristo.
    Ciò che dice essa, quindi, ci colpisce molto. Su cos’altro dovrebbe colpirci se non su questi passaggi fondamentali?

    23 Dicembre, 2006 - 15:48
  13. Buongiorno a tutti.
    Penso a domenica e questa “cerimonia laica” che sicuramente – almeno temo – si trasformerà nell’ennesima bordata contro il cardinale Ruini, che come tutti sappiamo è alla guida del Vicariato di Roma, che sarà accusato per l’ennesima volta di strumentalizzazioni e robe di questo genere.
    Affari suoi, è pastore ed ha il suo compito di insegnare, governare e santificare. Ma d’altronde, nella sua posizione, noi che cosa saremmo stati capaci di fare?
    Mi aspetterei un gesto a sorpresa di Don Gallo, il sacerdote genovese: ricordo che quando lo intervistai mi disse: “Ma che cosa aspettano, che Welby muoia perché ne facciano un martire laico?”. Welby il cattolico o comunque credente che trova l’amore in una gita parrocchiale, Piero che veniva da una famiglia di credenti e che ora si sente dire “no” alla richiesta di un funerale, dopo che il Concilio ci ha parlato della medicina della misericordia.
    A che cosa serve questo gesto? Scusatemi ma ci vedo una severità inutile, prendersela con un morto è molto facile. Eminenza, mi perdoni ma non la penso come lei, c’è Dio ed è lui che se la deve vedere con Welby e viceversa. Noi, come ci ha insegnato il Concilio, ci affidiamo alla misericordia di Dio, ognuno si assuma le sue responsabilità.
    Stavolta ci vedo un uso politico di una norma religiosa, un messaggio. Forse sbaglio, ma non me la sento di trovarmi d’accordo con questa scelta.
    Ancora un abbraccio a tutti voi.

    23 Dicembre, 2006 - 16:53
  14. fabrizio

    Abbiate pazienza, ma aggiungo ancora una considerazione e chiedo aiuto.
    Se esequie esprimono la preghiera per la purificazione dell’anima del defunto (dal Catechismo), non capisco come si possa negarle e allo stesso tempo dire che non vengono meno le preghiere per la salvezza. Chiedo sinceramente spiegazioni a chi può darmele.
    Inoltre, se capisco bene il Catechismo, mi sembra che con le esequie la Chiesa affidi alla misericordia di Dio l’anima del defunto, per cui mi viene da dire che quanto più il defunto ha commesso peccati gravi tanto più ha bisogno di un funerale cristiano.
    Citando a sproposito il Vangelo “non sono i sani ad aver bisogno del medico, ma i malati”.
    Giovanni Paolo II probabilmente non aveva bisogno di esequie cristiane, e infatti Ratzinger durante l’omelia si lasciò scappare “Possiamo essere sicuri che il nostro amato Papa sta adesso alla finestra della casa del Padre, ci vede e ci benedice”.

    Il problema è che in genere nei casi in cui il defunto ha vissuto lontano dalla Chiesa è lui stesso o i suoi parenti a rifiutare il funerale, ma ci si dovrebbe rallegrare se i parenti di chi ha compiuto un peccato grave chiedono ugualmente alla Chiesa di accompagnarlo verso le mani del Padre.

    Probabilmente ho fatto una gran confusione e detto un sacco di fesserie teologiche, ma oggi il mio senso di smarrimento è grande.

    23 Dicembre, 2006 - 17:02
  15. Luigi Accattoli

    Io rispetto la scelta del cardinale vicario e vado al funerale di Welby. La Chiesa siamo tutti e ognuno ha la sua responsabilità. Io curo la mia, che è diversa ma non minore dell’altra. Stare al proprio posto mi pare la chiave di tutto. Luigi

    23 Dicembre, 2006 - 17:11
  16. Luigi Accattoli

    A Fabrizio. Chi chiede il funerale religioso, chiede la preghiera dei cristiani. La grande Chiesa ritiene di non poterla fare nella forma pubblica, ma non impedisce che la facciano i singoli. I singoli possono farla dove si trovano. Se la fanno partecipando al funerale laico esprimono a un tempo la loro invocazione personale e il loro desiderio di un’espressione corale di tale invocazione. Saluti, Luigi

    23 Dicembre, 2006 - 17:19
  17. Luisa

    La tirannia della sofferenza , l`infamia del dolore, parole forti che mi lasciano perplessa. Mi sembra dovere distinguere fra il dolore, fisico, e la sofferenza morale, psichica. Non siamo uguali nè davanti al dolore nè davanti alla sofferenza. I sogli di tolleranza variano per ciascuno di noi. Se è doveroso, e oggi possibile, sollevare il dolore per piccoli e grandi, la maniera in cui viviamo la nostra prova, la nostra capacità di affrontarla è un`esperienza intima. , personale .Niente medicine per alleviare la nostra sofferenza. L `amore di chi ci circonda, può aiutare, certe tecniche , ma il solo, vero aiuto mi sembra essere la fede, la preghiera nostra e di quelli che pregano per noi. Il dolore, la sofferenza fanno parte della vita, rivoltarsi contro esse mi sembra una reazione naturale ma quasi infantile. Perchè me? Il grido di rivolta lo capisco, perchè questa prova, perchè me, perchè adesso? Non è giusto! Quando la prova è là , ci sentiamo nudi, impreparati, impotenti , chi si lascia abbattere, chi mobilizza le sue forze , chi prega per la guarigione. Ma quando non c`é più speranza, quale altro conforto si può trovare se non nella fede? Nel sentirsi non solo ma accompagnato ? Abbandonarsi nelle braccia di Dio ? Tutto questo per dire che se trovo assolutamente doveroso sollevare il dolore fisico, non vedo altra via per alleviare la sofferenza che la speranza che da la fede.
    Tutta la mia compassione va alle persone che non hanno il soccorso della fede in questi momenti e posso anche capire che il loro solo desiderio sia di porre fine alla prova di una vita divenuta insopportabile.
    Tutta la mia compassione e il mio affetto vanno anche a tutte le persone anziane, anonime, spesso abbandonate, isolate, in istituzioni, diventate un peso per la società e le famiglie, prego per queste vite che rischiano di essere lasciate all`arbitrio di chi deciderà , per loro, che la loro vita é diventata inutile.
    Mi sembra, infine chiaro che Dio non ha voluto il dolore, ma Dio ha voluto l`uomo .
    Auguro a tutti un felice Natale nella luce e nel calore del cuore ! Luisa

    23 Dicembre, 2006 - 17:58
  18. Luigi Accattoli

    Quando il dolore domina su tutto, com’era nell’ultima stagione di Welby, abbiamo una sua tirannia. Il dolore senza sbocco è un’infamia. Non è Dio, è la Bestia che lo provoca (Apocalisse). E’ proprio dell’uomo combatterlo fin dove è possibile e ribellarsi a esso quando diventare tiranno e infame. Chi ha fede nella croce combatte e si ribella facendo leva su di essa. E’ chiaro che Welby ha compiuto un’altra scelta. Ma ogni scelta umana mi appartiene. Luigi

    23 Dicembre, 2006 - 19:17
  19. fabrizio

    Francamente la differenza tra preghiera pubblica NO e preghiera privata SI non mi convince.
    L’unica cosa che vedo è che i miei amici mi chiedono di commentare la decisione e questa volta risposte non ne ho.
    Ho paura che l’episodio creerà una disaffezione verso la gerarchia ancora più grande di quella che purtroppo in tanti fedeli c’è già.
    Secondo me si è persa una grande opportunità di mostrarsi fermi ma misericordiosi, e il tutto alla vigila di Natale.
    Speriamo che chi ha deciso abbia fatto la scelta giusta.

    23 Dicembre, 2006 - 19:49
  20. Luisa

    Non riesco a far mie , caro signor Accattoli, le parole “combatte e si ribella”, pur appoggiandosi sulla Croce. Quando non c`è più speranza non vedo che l`abbandono fiducioso, che è tutto il contrario della lotta e della ribellione. È quello che mi è stato di vivere accompagnando persone in fin di vita e ho visto sul loro volto la serenità di chi non lotta più. È anche chiaro che a queste persone , grazie alle cure palliative, era stato alleviato ,se non soppresso il dolore fisico. Ma tocchiamo qui argomenti che toccano ciò che c`è di più intimo in un essere umano, e ognuno vive questi momenti anche secondo la sua esperienza di vita. Cari saluti, Luisa

    23 Dicembre, 2006 - 20:18
  21. Luigi ha scritto: Il dolore senza sbocco è un’infamia.
    Ecco, forse sarebbe opportuno che ci pensassimo tutti. Per parte mia è già una mezza risposta alle domande che mi sono posto in questo topic. Grazie.
    Ma se il dolore senza sbocco è un’infamia, e l’unica vittoria sullo sbocco è la morte, è lecito permettere questo?

    23 Dicembre, 2006 - 20:43
  22. Leonardo

    È un po’ difficile fare questioni sul dolore a un Dio che non l’ha risparmiato anche a se stesso. Riusciamo a farci un’idea del “dolore senza sbocco” di Gesù inchiodato alla croce e all’apparente fallimento di tutta la sua missione? “Sì che tu sei terribile”, dice Manzoni nel Natale del 1833.

    23 Dicembre, 2006 - 22:11
  23. Chi di noi, in questi giorni, non ha provato ad ammidesimarsi in Pier Giorgio Welby? Io, francamente, non ci sono riuscito. Il suo stato era così doloroso che la mia mente non ha voluto neanche prendere in considerazione la possibilità di proiettare a livello immaginario me in quel letto, con quel respiratore attaccato alla trachea. Tuttavia, da cristiano, avverto una certezza: Gesù era anche in quell’uomo immobile che ha chiesto ed ottenuto di morire! La Chiesa ha un suo ordinamento morale e giuridico, e ciò non consentirà lo svolgimento di funerali religiosi. Ma questo non significa assolutamente che l’anima di questo povero fratello sia da considerare in qualche modo dannata. Anzi: ho sempre pensato che la malattia purifichi e alleggerisca già in terra i peccati di ognuno. Gesù ci insegna che Egli è in ciascuno di noi, perchè siamo fattio a immagine e somiuglianza di Dio, e in particolar modo negli ammalati. Cari amici, è vero che Welby si è pubblicamente messo contro la Chiesa, chiedendo praticamente di essere ucciso. Ma non temiamo: malgrado la mancanza di un rito religioso, Dio, ne sono certo, avrà comunque misericordia dell’anima di quest’uomo tanto debole da non riuscire ad accettare oltre la croce, ma al tempo stesso tanto grande da aver scatenato in ognuno di noi sentimenti di umana pietà e fraterna commozione. Dunque, io non me la sento di condannare Welby per la sua decisione: non spetta a me farlo. Lo farà Dio? Mi piace immaginare che Welby sia stato già perdonato e, purificato dalla malattia, stia meditando in un angolo di cielo sul fatto che avrebbe potuto avere fiducia nel Creatore, anzichè arrendersi. Di sicuro, chi ne esce male – e spero che per questo la storia li condanni – sono i radicali, che per l’ennesima volta, dopo le battaglie sull’aborto e il divorzio, si sono fatti portatori di un messaggio funesto. I vari Pannella e Cappato – per non parlare della Bonino, che è addirittura ministro in carica – hanno strumentalizzato il dolore di Welby e dei suoi familiari per ottenere un risultato di tipo politico. Non so se hanno raggiunto il loro scopo, e non so neanche se il m edico che ha staccato il respiratore riuscirà un giorno a rendersi conto di ciò che ha fatto. Quello che so è che come ogni uomo, un giorno, anche loro, che ci credano o no, dovranno rendere conto a Dio di quello che hanno fatto, della vita che hanno aiutato a finire, del precedente pericoloso che hanno creato, della falsa pietà che hanno avuto, dell’arroganza di sostituirsi all’Altissimo che hanno assunto nel decidere se continuare a far vivere o morire una persona. Sarà forse bene che oltre a pregare per l’anima di Welby, si preghi anche perchè Dio sia misericordioso con queste persone, anche se – lo ammetto – penso che lo meritino poco o niente. Lo so, è brutto ciò che dico, ma è ancora più brutto, orrendo, ciò che loro hanno fatto non per amore ma per ragioni politiche che con l’amore, l’amicizia, la fratellanza, non hanno nulla a che vedere.

    23 Dicembre, 2006 - 22:39
  24. Luigi Accattoli

    Leonardo, è proprio perchè conosce il dolore che possiamo fargliele, quelle questioni! Altrimenti a che servirebbe? Avendo egli sofferto, possiamo gridargli la nostra sofferenza. Del resto quel grido ce l’ha insegnato egli stesso, di sua iniziativa: “Dio mio Dio mio perchè mi hai abbandonato?”
    Luisa, per ribellione aggrappata alla croce intendo quel grido. Chi non crede alla croce cercherà di abbreviare la crocifissione, ma l’origine dei due movimenti è la stessa: l’umana, doverosa, santa ribellione alla sofferenza, quand’essa è senza scampo e senza senso. Luigi

    23 Dicembre, 2006 - 23:45
  25. Luisa

    A tante sofferenze possiamo dare un senso solo quando la prova è stata traversata, solo allora possiamo capire il perchè, il senso che spesso illumina la nostra vita , ci fa maturare , crescere, sentire più forti.
    Ma quando alla sofferenza non c`è altra uscita che la morte, alla ribellione che ci fa dire ” Dio mio Dio perchè mi hai abbandonato” , all`incomprensione, non potrebbe far seguito l`abbandono che ci fa dire ” Padre nelle tue mani raccomando il mio spirito” ? Aggrapparmi non aumenta ancora la mia sofferenza ? Abbandonarmi, accettare l`inaccettabile, non è forse in questo ultimo ” lâcher-prise”, che posso trovare un senso?
    Ho frequentato durante diversi mesi il reparto oncologico pedatrico, qui si trova il mio limite, qui il grido sale al Signore: perchè ? La sofferenza dei bambini mi è difficilmente sopportabile.
    Il mio pensiero va a tutte le persone che soffrono e non mi permetterò mai di giudicare coloro che , privi della speranza e della forza della fede, vorranno essere liberati , in un`ultima illusione di essere padroni della loro vita, di potere mantenire quell`ultimo potere, sulla morte, affinchè non sia lei a avere l`ultima parola. Lo trovo solo infinitamente triste. Saluti, Luisa

    24 Dicembre, 2006 - 1:37
  26. Francesco73

    Cari amici, ormai ci siamo quasi e voglio farvi i miei più cari auguri di Buon Natale. A Luigi, che ci ospita in questa sua piazza così accogliente e mai dispersiva; a ciascuno di voi; a tutti coloro a cui volete bene.
    Ci è nato nella città di Davide un Salvatore.
    Da Lui ci verrà l’aiuto per capire anche tutti i dolorosi avvenimenti di questi giorni.
    Buon Natale.

    24 Dicembre, 2006 - 17:35

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