Un abbraccio di fratello a Mario Monicelli – mite uomo e mitissimo – infine violento con se stesso. Una sua figlia era a scuola con una mia. Ieri sera la mia mi ha chiamato da Parigi per darmi la notizia che ancora non avevo. Ci si vedeva alle scuole e in vacanza, quando le ragazze ci andavano insieme nell’estate. E a Roma per le vie del quartiere Monti. Ai saggi scolastici di fine anno. Un abbraccio di riconoscenza a Mario per tutte le volte – tante – che mi ha fatto ridere e piangere. Lo saluto lietamente, richiamando a orecchio per i visitatori le parole gridate da Vittorio Gassman a Stefania Sandrelli nel finale di “Brancaleone alle crociate” (1970): “Fermati Fetentilla, non mi fuirai! Fermati Carognilla, Zozzilla, Mortaccilla, Schifosilla, Gialusilla, ti averò! Neanche lo demonio tuo patrono te la potrà salvare!” Mario, arrivederci.
Un abbraccio a Mario Monicelli
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Figurarsi se un uomo intelligentissimo e “cattivo” come lui poteva non starmi simpatico, ma mi chiedo seriamente se un suicidio di quel genere (e a quell’età) non esprima la caparbia volontà di non dipendere da Dio, mai: nel qual caso (salva la possibilità di un pentimento durante il precipizio dal balcone al suolo), non so se potrà essere un arrivederci.
Ogni morte è un dramma, ancora di più la morte della disperazione. Ma siccume Dio è infinita giustizia ed anche infinita misericordia (e l’infinita giustizia coincide con l’infinita misericordia) penso che Dio avrà sicuramente capito la richiesta di aiuto che c’è stata in quel gesto di disperazione.
Fazio conclude la sua trasmissione dando la notizia della morte di Monicellli, un suicidio di un vecchio malato. What a coincidence….
Cara Antonella, vorrei potere essere d’accordo con te.
Ma io in quel gesto vedo il massimo della presunzione di controllo dell’uomo su sè stesso e sulla propria sorte, un po’ quello stesso spirito che animava Claudio Villa quando si è strappato i fili dalla macchina che lo teneva in vita.
Una presunzione che proprio a Dio non avvicina.
PS: oggi alla radio Andreoli faceva riferimento al suicidio del filosofo Ardigò: qualcuno sa cosa voleva dire?
Roberto Ardigò, filosofo positivista della fine dell’ottocento, prete spretato, si uccise a 92 anni. Ma lo stesso fece Isocrate, retore ateniese quasi centenario.
Capisco che a quelle età si abbia voglia di andarsene, ma i patriarchi della Bibbia morivano “sazi di anni” e le nostre vecchie nonne pregavano Dio di farle morire, però non si uccidevano (checché ne dica la Murgia).
Vi prego molto.
Lasciamo il gesto finale a Chi ha l’ingrato ma sempre misericordioso compito di giudicare.
E rimaniamo da questa parte infinitesima del cielo.
Gli esempi di umanità che Monicelli ci lascia sono tutti nei personaggi dei suoi capolavori e in “…tutte le volte – tante – che (ci) ha fatto ridere e piangere” .
Tante grazie, Monicelli.
E che Dio ti accolga.
Non mi piacciono i discorsi sulla salvazione altrui. Preferisco pensare che chi ci ha donato la vita amorevolmente sia pronto a riaccoglierci altrettanto amorevolmente. Anche se in questi tempi, in cui l’immagine di Dio più diffusa è quella di un Dio padrone e giudice, mi rendo conto di essere un po’ demodé.
Da ultimo, scusate l’O.T., ma ho letto ieri sui giornali on line un trafiletto in cui si riferiva che il sacerdote che era stato filmato in un servizio delle Iene mentre molestava un giovane, il quale si era prestato a fare da esca, è morto gettandosi sotto un treno. Mi chiedo: si sentiranno appagati ora quelli che lo hanno esposto alla gogna mediatica?
A proposito dell’OT del mio quasi omonimo, varrebbe la pena di rivedere il finale di “M il mostro di Dusseldorf” disponibile volendo su youtube, che fa vedere giudici, giudicati e sentenza sotto una luce diversa dal bianco e nero che spesso ci immaginiamo.
Una mattina d’Ottobre di qualche anno fa la mia dirimpettaia, una signora di mezz’età, così gentile,apparentemente serena si è gettata dal terzo piano, e per essere certa di riuscire bene nell’intento accostò il tavolo, e su questo ci collocò una sedia e.. giù. Rimase così, infilata nella sua vestaglietta azzurra fino a che non giunsero gli inquirenti. Rimasi sconvolta! Nulla faceva presagire un epilogo così tragico! Di Monicelli sono rimasta delusa, ma non sorpresa [anche se sono d’accordo con nAlessandro e Leonardo] credo non abbia tanto scelto come uscire dalla vita quanto, come entrare nella dimensione del riposo, della morte! Nelle ultime interviste era evidente la sua rabbia, quasi non volesse accettare di invecchiare. Forse, è questa la delusione: lui, un artista così grande non ha capito che la vecchiaia non è un mero processo fisiologico, ma una forma d’arte, e se la si coltiva, la vecchiaia, diventa una «struttura estetica» possente e memorabile: incarnare il ruolo archetipico dell’avo, custode della memoria e tramite della forza del passato. E’ una stagione lunga la vecchiaia, e densa di solitudine, è vero, ma anche di discernimento, coraggio, pacatezza, rispetto di sé! Gioca un ruolo importante la fede, che riesce a dare senso e un’autentica prospettiva d’immortalità alla propria opera, nonostante la sensazione sempre più forte che, continuamente, ogni giorno, «qualcosa sia alla fine». Ma lui non era un uomo di fede…
Mario ha dato questo senso alla sua vita.
Riposi in pace.
Sì, anch’io sono stata molto colpita dal suicidio del sacerdote. E non è il primo.
Ogni suicidio ha una storia a sè, nella comune tragicità.
Vi confesso, però, che quello di Monicelli mi ha stupito meno di altri, pur colpendomi sempre molto.
Non sapevo nemmeno che fosse ammalato, ma l’ho sempre visto come un uomo chiuso in questa corteccia di cinismo e disperazione, senza mai una luce di speranza, una parola di riscatto possibile, una scintilla di redenzione anche solo e semplicemente umana.
Non saprei dire se tutto questo nascondesse una grande fragilità, una colossale tenerezza, un orgoglio auto-lesionistico o cosa.
Ma anche in questo desiderio finale di dominare la morte, di stabilirla da soli e di non voler comunque dipendere da nessuno nell’invalidità della decrepitezza (desiderio che mi pare comprensibilissimo e del tutto rispettabile) c’ho letto come un ultimo tributo alla rappresentazione che egli aveva e amava dare di sè, un inno estremo a un senso del Nulla molto amaro e infine, infatti, tradottosi in una scena raccapricciante e davvero brutta.
Troppe parole, analisi, pregiudizi.
Probabilmente era solo un essere umano impaurito dalla sofferenza a venire (aveva un tumore) e dal trapasso. Non tutti hanno la fede e non tutti hanno coraggio.
Sarebbe più giusto un ricordo di quanto ci ha lasciato come artista e una preghiera per la persona.
Il suicidio, dunque, non fa più problema alla coscienza di molti di voi. La dottrina della chiesa, secondo la quale esso – posto sempre che sia compiuto con piena avvertenza e deliberato consenso – è un peccato mortale, è ormai evacuata, e comunque non è di buon gusto parlarne. Che sia morto di polmonite o si sia tolta la vita è lo stesso.
Se poi uno è un artista …
Quando vi leggo, spesso mi colpisce il quasi completo oblio delle categorie del pensiero cattolico che traspare dalle vostre buone parole.
Per parte mia, ho solo raccontato un impressione sull’uomo, che comunque non conoscevo di persona.
La sua grandezza di uomo di cinema è indiscussa, e probabilmente anche il dato umano era grande.
Se poi mi si chiede se secondo me l’assenza di fede (o di ricerca di fede) sia una condizione che agevola la disperazione, la risposta è sì, senza dubbio.
A me capitò di accorgermi di un suicida la mattina presto di Domenica di inverno. Si era buttato da una finestra di una palazzina che dava sul cortile della parrocchia, che d’estate è pieno di ragazzi chiassosi.
Sì, non possiamo giudicare, anche se Monicelli ha fatto di tutto per fare classificare il suo gesto in quel modo. Se era arrivato a quell’età, in qualche modo alla vita era attaccato.
Io ho salutato mia nonna di recente. Se ne è andata a 105 anni. Tra la disperazione della figlia che viveva con lei, le cure degli altri tre figli e lasciando un vuoto immenso anche tra nipoti, pronipoti e vicini.
Al funerale, tra la partecipazione e la gente, è finita che il parroco ci ha ringraziato perchè funerali così non gli capita spesso di vederne.
Vorrei augurare a tutti i Monicelli del mondo di dimenticarsi di sè stessi per un attimo e di potere andarsene come se ne è andata mia nonna.
Ma perchè vogliamo per forza parlare con il cattolicesimo alla mano di una persona che non aveva fede!! Ma è troppo chiedere di rispettare la disperazione di qualcuno che non sente più nulla dentro di sè? che è abitato dal vuoto? che si sente inutile?che non prova alcun coraggio?
Vale sempre la regola che bisogna sperimentarle le situazioni per comprenderle, e con ciò non giustifico alcunchè ma cerco solamente di “voler bene” a qualcuno che non ha saputo più andare avanti. Se ascoltassimo le grida di dolore e di aiuto di molti vivi, forse, ci sarebbero meno suicidi nel mondo.
Dal nostro comodo divano facciamo disquisizioni a destra e a manca, interrogandoci anche se il suicidio non rappresenti più un problema sulle nostre coscienze. Ma quale persona, in coscienza, avallerebbe una cosa simile? e di quale fede parliamo se riteniamo che il nostro Dio sia così “piccolo” da andare a vedere se uno si è suicidato o è morto di malattia?
e poi, non era il grande von Balthasar a dire che la misericordia di Dio è così grande che l’inferno è probabilmente vuoto?
Ma vediamo di spogliarci di tutte le sovrastrutture umane di cui ammantiamo il nostro Credo e proviamo a guardare un po’ più in là delle dottrine enunciate dagli uomini!!
E’ in questa ottica di grandezza di Dio che vedo il saluto di “Arrivederci” che Luigi ha voluto porgere al suo amico Monicelli.
Francesco, posso riassumere il tuo pensiero in: “E’ morto come è vissuto” ?
Sì, Syriacus, puoi. E’stato coerente con la vita che ha vissuto.
Però ci sono anche le paure, inspiegabili e assassine, senza la fede o la speranza.
E già che ci siamo, lasciatemi anche dire un’altra cosa. Qualche giorno fa avevo postato la poesia “La passione delle pazienze” non già per ripetermi, ma come un lamento di aiuto che nessuno ha raccolto. Ora sto meglio, molto meglio!, grazie a Dio, ma quello che voglio dire è che siamo troppo avvitati su noi stessi e abbiamo poca elasticità mentale, sappiamo solo ricordarci a vicenda le dottrine e gli insegnamenti della Chiesa, ma, al dunque, non riconosciamo una disperazione neppure se ci sbattiamo il naso.
Per quanto mi riguarda, la fede mi dà una mano durante le mie “ricadute”, ma spesso penso a tutti coloro che fede non hanno e coraggio non sanno darsi. Ed è per loro che prego due volte e mi astengo da giustificazioni o condanne secondo il mio metro che, di certo, non appartiene ad altri.
No, principessa, parlo cattolicesimo alla mano anche io e soprattutto per chi, per dirla con Guccini, crede che “L’uomo sia solo in quest’abisso”.
Mi riesce difficile accettare il gesto di Monicelli. Mi fa male questa morte. Era un uomo lucido e intelligente, capace di guardare l’Italia odierna con disincanto. Un picchio di 95 anni in una nazione di rimbambiti.
Ora io vorrei che gli facessero un funeralone di prima classe da fargli prendere un colpo a tutti, con la banda, puttane, militari… e tutti a piangere! (cfr. Amici Miei, 1975).
Mario, perché ci hai fatto ‘sta supercazzola? Il suicidio, che abisso tremendo.
“peccato mortale…posto sempre che sia compiuto con piena avvertenza e deliberato consenso”: ma Leonardo, e chi lo “capisce”, chi lo decide la piena avvertenza e il deliberato consenso? Io? Tu?…Solo la persona e Dio. Un po’ di compassione, anche in questi casi, non farebbe male…
E, giusto x confermare la mia paranoia…, descrivetemi voi la piena avvertenza e il deliberato consenso, per esempio, di un…Berlusconi… Ma figuratevi…ma per carita’!
Meno male che Dio c’e’.
Perchè, tonizzo, credi che io lo accetti meglio di te?
Fa male, molto male,questa morte.
Io dico solo che da “certi abissi” si capisce meglio quel che si “sente” in certi momenti. Poi concordo sul fatto che fosse un grande uomo e un grande artista.
Ma no principessa, non volevo dire questo. Volevo dire che Dio c’è. Sa. E solo Lui sa quello che è passato per il cuore a Monicelli.
Ma un uomo che si uccide nega sempre la vita, dono di Dio.
Però penso che Dio abbia letto nel suo cuore anche nei momenti finali.
E comprendo perché la Chiesa oggi conceda i funerali ai suicidi. Ecco tutto.
Quanto all’accostamento a Primo Levi. Ricordo che anni fa lessi il giudizio sintetico di Rita Levi Montalcini sul suo gesto (se fu quel che si è supposto) :
“Il risultato di un collasso biochimico.”
Da modesto “collega” dell’autore de Il Sistema Periodico posso dire: senz’altro!
Poi c’è chi (la maggioranza) parlò dei Lager mai realmente ‘metabolizzati’. Ma: Levi prima di tutto un uomo della Ragione, e poi un artista-scrittore. Col tempo passato da allora, intanto (paiono ere geologiche) , i ‘falsi pudori’ che portavano a invocare ineliminabili incubi dal passato altrui, ferite perennemente sanguinanti, o più ‘concreti’ squilibri di neurotrasmettitori -per quanto positivisticamente ‘ragionevoli’-, sono stati definitivamente rimossi. Il suicidio è stato definitivamente sdoganato dalla cultura occidentale post-cristiana totally secularized. Lo dico senza alcuna sicumera. Lo dico come mero frutto di empirica constatazione. (E i cristiani pare abbiano ormai il nobile-troppo-nobile “Etsi deus non daretur!” scritto a lettere d’oro nella loro coscienza. Ma dopo tutto era quello che molti in campo cristiano auspicavano e auspicano. Ciascuno sia responsabile della propria defenestrazione -o mancata defenestrazione: ma non interferisca con quelle altrui-. Forse è meglio così. Tanto, a Dio mica gliela racconti: tanto vale smetterla di raccontarcela già quaggiù.. )
ma lo so tonizzo!
e so anche che, con altre parole -certamente supportate da una fede profonda – hai detto più o meno le stesse cose che asserivo io in precedenza!
specie a proposito di quel Dio che esiste – eccome! – e non giudica come facciamo noi piccoli.
Le réalisateur Mario Monicelli se défenestre à 95 ans.
Grande Syr.
Al di la’ della esperienza di Monicelli.
Il fatto che questa cultura post-cristiana tenda a / o abbia gia’ “sdoganato” il suicidio, non rende meno vero cio’ che tu scrivi nella prima parte del tuo intervento. Da parte mia non voglio giustificare niente. Come dice principessa e’ difficile capire…bisognerebbe essere “dentro”…e poi? Io posso solo dire che piu’ di una volta in vita mia mi son trovato davanti a situazioni di sofferenza cosi’ pesante, cosi’ ingiustificabile, cosi’ assurda…che il pensiero del suicidio ti veniva quasi ‘spontaneamente”, perche’ quando e’ troppo e’ troppo! E in alcuni casi -purtroppo- succedeva, con mia grande amarezza, pesantezza di cuore, sospiri di protesta…e si finiva con accarezzare il defunto/a (a volte troppo giovane), pregare un momento insieme, continuando a chiedere il dono della speranza, perche’ … la vita e’ bella, sempre! Mah… Ne avrei da raccontarti! …E poi si cerca di dare ragioni di questa speranza
Naturalmente, poi io stesso dovevo “curarmi”, imparare il necessario “emotional detachment”…gestire le mie reazioni…farmi aiutare un momentino. Insomma, dai, il buon Dio ci conosce, ci capisce… Anche io direi a Monicelli -con Luigi- un arrivederci .
Finally, un amico mi diceva che secondo lui, chi si suicida e’ una persona che non e’ riuscito a perdonarsi…. Ciao.
Prima di spegnere il pc, vorrei essere chiaro su un punto fondamentale: per ragioni che non sto a spiegare (rientrano nella sfera della ‘privacy’, dopotutto) , ho personalmente avuto una congnizione del dolore già sin troppo profonda, molto più di quella che avrei mai immaginato, per il quasi primo mezzo cammino della vita. Spero che nella seconda metà vada meglio, o perlomeno non peggio.
Più che a Monicelli, preferisco pensare a I. , una mia amica (solo sulla rete, per ora, ma da anni) polacca che, proprio stasera che ho aperto Skype dopo una settimana off line, vedo online, saluto al volo, e lei subito mi scrive, ex abrupto: “Ci può essere un ‘suicidio d’indipendenza’ , voglio dire non etichettabile dagli psichiatri come l’esito di un disturbo nervoso? -Forse è una questione di dignità..”
Lei, strettamente conterranea del compianto Karol pontifex, ma abbastanza agnostica, ha diversi anni meno di me, sta facendo l’erasmus (filosofia) alla Sorbona, ed è dalla nascita ‘portatrice di handicap’ (una siringa mal sterilizzata nella Polonia di Jaruzelski fu all’origine) . Ragazza carina ed estremanente intelligente, “non si è mai accettata”, ed è in analisi da anni. Conversiamo stile sceneggiature di Woody Allen , diciamo. Ma la sua domanda di stasera mi ha spiazzato, perché di “quella cosa lì” abbiamo parlato non di rado, ma la “contestualizzazione” era diversa da quella di “desiderio d’indipendenza/dignità”.
Subito le ho chiesto se la domanda improvvisa all’amico italiano fosse dovuta al fatto di cronaca del connazionale regista novantacinquenne che si è defenestrato. Ma lei ha risposto che ignorava la notizia, e che neanche conosceva Monicelli.. (E pensate che nel mentre avevo appena acceduto al blog, e leggevo per la prima volta il post e commenti..)
Vedete che il mondo è davvero piccolo. Anche perchè siamo miliardi e imparentati.
Alla fine l’ho fatta un pò ridere e, come al solito, ci si è ribadito che non ci si può ‘amare’, in prospettiva: troppo simili, fratelli di nevrosi, depressi cronici sull’orlo perenne di una crisi di nervi (espressione che odio: troppo da film; diciamo valida sin quando dall’orlo di una crisi si passa a quello del Baratro. Baratro che il pensiero -cristianissimo- dell’Inferno per quelli che fanno “quella cosa lì” -oltre che il darwinianissimo istinto di conservazione-, mi aiutò a evitare. A vent’anni -con bellezza, intelligenza e unavitadavanti ; altro che cancro e novantanni: basta un nulla in noi per scatenare la ricerca di “quella cosa lì”..- e non solo. Ma mai ci provai davvero, per fortuna. Ci riuscì invece, senza lasciare alcuna spiegazione né dare preavvisi, il padre di un’amica svizzera di mia sorella qualche mese fa: ma quelli inattesi, si sa, sono quelli che riescono meglio, e alla prima, e fanno forse più male a chi rimane. ) Conclusione: grazie al suicidio di un vegliardo decano di registi, forse voglio più (sinceramente) bene -e lei a me, ma “amarsi sì, sposarsi mai”: tantovale essere eterno fratellone o pocopiù- ad una ragazza con idee sulla vita molto simili a quelle di Monicelli, ma con settant’anni di meno. Quando si diceva: i piani divini imperscrutabili. [Ma non voglio tentare il Signore Dio nostro.]
Nonostante la notte fonda, visto che vi tormento sempre con i miei link musicali, lo farò anche per questo post, ma in modo più consono alle circostanze.
Stasera sono andato a sentire una presentazione-concerto sul Marija Yudina, la “pianista che commosse Stalin” (anche se non era organica al Regime). Vi sarebbe troppo da dire, anche sul bel concerto di un suo allievo (e pure di Neuhaus) che è seguito alla presentazione. Ma non è la sede. Dirò solo che sono stato piacevolmente colpito dal fatto che questa donna geniale (convertita dall’ebraismo-agnosticismo al cristianesimo) , a quanto pare, ponesse Bach in cima agli autori “prossimi a Dio”, e il grande fra i grandi.
Bene. Anni fa, nel mezzo di una prostrazione assoluta, quasi inamovibile, de profundis clamavi a Chi sapete. Vagando per il Porto Antico qui a Genova entrai in un megastore musicale. Scartabellai svogliatamente -ma parimenti speranzoso- fra gli scaffali. Ad un certo punto, dopo kilometri di deja vu, scorgo un doppio cd dell’Arte della Fuga di Bach, che già possedevo in tutte le salse, tranne quella pianistica -sentita solo dal vivo: ricordate quel ricordo della Nikolajeva?- . Trattavasi di Evgeni Koroliov, russo anche lui. E lì per lì non ci bado molto, anche perché onestamente ignoravo quasi il pianista.. Ma ad un certo punto l’occhio mi cade sul retro della custodia -etichetta ‘Tacet’, bel nome- , dove compare una citazione del grande Ligeti -che morirà poco dopo, nel 2006- circa la registrazione: “…but if I am to be allowed only one musical work on my desert island, then I should choose Koroliov’s Bach, because forsaken, starving and dying of thirst, I would listen to it right up to my last breath” (“…ma se mi si concedesse di portarmi una sola composizione musicale sulla mia isola deserta, allora dovrei scegliere il Bach di Koroliov, perché derelitto, affamato e morente di sete, starei ad ascoltarlo sino all’ultimo mio respiro.”)
Seguii il consiglio di Ligeti (ungherese, uno dei massimi compositori di musica ‘colta’ del ‘900 : ricordate quel coro che stride lamentoso all’inizio di “2001 Odissea nello Spazio” di Kubrick, mentre le scimmie si avvicinano all’ineffabile ‘monolito’? E’ lui: il suo ‘Lux aeterna’!)
Bach e i suoi contrapuncti, fugae, canones “mi salvarono” per l’ennesima volta. Furono le dita di Dio che ti piglia per le orecchie come un gatto che si è cacciato nei guai, e ti getta amorevolmente in un luogo più sicuro. (E a Bach si unì in quei giorni il provvidenziale incontro con una dottoranda spaesatada da Leopoli per qualche mese a Genova: era già sposata, fu un’amicizia platonica, e ci si vuole ancora bene. Fu provvidenziale -e lei mi ricorda non molto diversamente.)
Ma Bach non fu solo a ‘salvarmi’ innumeri volte -quale messo divino- mentre ero ormai nelle sabbie mobili. A qualcosa di Bach associo quasi ogni momento della mia vita dai dodici in sù. E fu in uno dei più begli anni della mia vita, durante l’erasmus in Germania e il file sharing che imperversava anarchico in laboratorio, che scoprii un Bach, celeberrimo e funebre, di cui voglio farvi partecipi: quello del suo “Actus Tragicus” (nome latino per kantata funebre). Un pezzo unico nel suo genere composto da un Johann Sebatian ventunenne, forse per il funerale di una ragazza o altrimenti. (Cantata BWV 106 ‘Gottes Zeit ist die allerbeste Zeit’ – “Il tempo di Dio è il migliore dei tempi” , detta appunto ‘Actus Tragicus’ )
Ma quella musica (di cui avevo solo letto anni prima in cataloghi di opere e riviste di musica) , finalmente -grazie agli mp3- potevo ‘assaggiarla’, a costo zero, eseguita da Gardiner! L’impatto con l’assaporare quella musica funebre più dolce del miele fu inversamente proporzionale al lutto che doveva ispirare, o meglio, all’ascolto: ispira un vero senso cristiano del nascere, vivere e, da ultimo, morire.
Ecco allora che vi offro, in sintonia con il post, l’aria -con corale incluso- “In deine Hände befehl ich meinen Geist” (“Nelle tue mani affido il mio spirito” ) , il testo essendo:
#3
Aria [Contralto] (Viola da gamba I/II, Continuo)
« Nelle tue mani affido il mio spirito; Tu mi
mi hai redento, Signore, Dio fedele.
[cui segue]
Arioso [Basso] e Corale [Contralti]
Oggi sarai con me nel Paradiso.
In pace e gioia io vado
Secondo la volontà di Dio,
Fiducioso è il mio cuore e la mia mente
Calma e serena.
Come Dio mi aveva promesso:
La morte è diventata il mio sonno.»
[J.S. Bach:“Concerto Italiano”, BWV 971
2. Andante
Maria Yudina, Mosca, 1953]
“Amiamo e perdoniamo”… il finale de “L’Armata Brancaleone”
http://www.youtube.com/watch?v=Aa5G3Ev4pfk&feature=related
Antonilla che mi dici di Fetentilla?
“Muore suicida Mario Monicelli. Il comitato pro-vita chiede di poter replicare” (Spinoza.it)
Non mi riferivo affatto alla precettistica della Chiesa, che comunque un senso lo ha.
La fede, poi, non è una polizza irrevocabile contro il vuoto, la disperazione, l’abisso.
Dico solo che mi pare che Monicelli avesse uno sguardo un pò disperato sulla vita e sul mondo, come talvolta accade a chi pensa che non ci sia un Senso oltre il visibile e il percettibile.
Il fatto è che io conosco tantissimi credenti vili e infedeli, a cominciare da me.
Ma non conosco nessun non credente che non sia un pò scontento, rassegnato e amareggiato, per quanto costi ammetterlo.
Questo non vuol dire condannare qualcuno alle fiamme dell’inferno, anche io penso che Dio sia Misericordia più di tutto.
Ma dire che cercare l’Assoluto è bello, avvincente anche se difficile, e che riempie la vita, questo sì, questo dobbiamo dirlo senza stancarci.
dalla cronaca di oggi:
http://www.corriere.it/cronache/10_dicembre_01/orvieto-diacono-suicida_db9660d4-fd33-11df-a940-00144f02aabc.shtml
Come capisco la tua esperienza caro Syriacus!
Anch’io in un momento di gravissima depressione, dopo anni di inutile psicoterapia e ancora più inutili medicine , già vicina a un gesto irreparabile come quello che ha compiuto il povero Mario Monicelli (, per cui ancor oggi rabbrividisco a pensare il rischio che ho corso) per caso ritrovai in un cassetto la spartito delle Invenzioni a due voci e delle Suite francesi per clavicembalo di J.S Bach , che avevo studiato da ragazza. e poi lasciate liì. Dopo vent’anni mi sono rimessa a suonare il piano… a studiare le invenzioni e il Clavicembalo ben temperato… dovendo esercitarmi duramente per poter saper suonare questi pezzi non c’era più tempo per pensare alla mia disperazione e per avvitarmi nei gorghi mortiferi della depressione.. altro che psicoterapia o
Prozac , la mucisa di BACH, che NON è solo musica ma che fa partecipi di un SENSO, della bellezza dell’universo, è davvero salvifica..!!!!!!!
Allora pensai che la musica di Bach mi faceva essere felice di essere al mondo!
Quanto al suicidio credo che sbaglino coloro che pensano che chi ha fede in Dio ne è immune, e chi è ateo corre più rischi. purtroppo il suiciidio, specie quello per defenestrazione, non è un atto razionale ma emotivo… e la spinta della disperazione e la disperazione può colpire chiunque.. magari il suicida può anche pensare mentre lo fa “Dio mio perdonami”.. certo ho sempre pensato che dietro l’impulso a farla finita ci sia sempre, occulto, un suggerimento del Cattivo Consigliere, cioè del diavolo….
MC
QUANDO IL MONDO DIVENTA ALIENO
In una intervista al Corriere di oggi la moglie di Monicelli dice ” una uscita teatrale che ha SCELTO per salutarci”. Quasi che Monicellii si sia detto: adesso mi suicidio, questa sì che è una bella uscita teatrale da par mio.. Secondo me sono lontani dalla realtà quelli che credono che il suicidio sia una “scelta” razionale, come una mossa degli scacchi..Non è così e qualsiasi medico , qualsiasi psichiatra potrebbe confermarvelo.. Infatti sempre sul Corriere di oggi il medico geriatra Carlo Vergani dice: “Per chi si occupa di anziani il suicidio di Mario Monicelli è la preuccupante conferma di una tendenza in atto….Oggi il 40% degli anziani è affetto da distimia o depressione sottosoglia, il 4% presenta la depressione maggiore…E’ questa che porta al gesto estremo.. non sono la malattia e il dolore a spaventare gli anziani.. il mondo moderno non è fatto per gli anziani: è un mondo alieno, distante, che crea smarrimento e depressione.”
Dunque non una “scelta” , un orgoglio razionalistico, ma un impulso: quando il mondo diventa “alieno”c’è spavento, smarrimento, angoscia e stanchezza. soprattutto tanta tanta stanchezza …
MC
@ il moralista
Sì, la notizia del suicidio del diacono di Orvieto è veramente tristissima. Sono umbra, e conosco anche alcuni seminaristi umbri, dei quali ho grande stima e per i quali (da zia, direi) provo grande affetto. Oggi sono così pochi quelli che scelgono la vita sacerdotale! Dalle foto il seminarista di Orvieto appare sereno e felice. Quello che più fa soffrire è il fatto che il vescovo, del quale era segretario, non sia riuscito a scongiurare questo fatto terribibile. E’ una grande prova per la Chiesa.
In questa vicenda, davvero tristissima, del diacono che si è tolto la vita (ma qui avrei assai meno dubbi nell’ipotizzare un turbamento psichico che esime dalla responsabilità morale), c’è un’altra cosa che lascia allibiti: l’incredibile, assurda, demente, irresponsabile, inqualificabile dichiarazione del vescovo (se i giornali l’hanno riportata esattamente. Se.) il quale avrebbe sentito il bisogno, a cadavere ancora caldo, di fare sapere che lui non era d’accordo con la Santa Sede, perché per lui il giovane era idoneo ad essere ordinato sacerdote!
Cosa gli fai a uno così?
la cosa assai strana – in questa dolorosa vicenda – è che la S.Sede intervenga a una settimana dall’ordinazione ormai decisa dal vescovo.
Ci devono essere motivi serissimi per intervenire così… ma non se n’erano accorti prima che non era maturo? perché proprio a una settimana…? mah
Leonardo: hai ragione.
Se il Vaticano interviene direttamente cosi’ -cosa assolutamente non comune- su una ordinazione sacerdotale, vuol dire che -a torto o a ragione- hanno dei seri motivi; magari solo di prudenza…x verificare.
Il vescovo -se e’ vero cio’ che e’ stato riportato- sarebbe dovuto stare zitto e basta.
Monicelli doveva morire come il Perozzi: facendo la supercazzola al prete. Fifty-fifty come la supercazzola a sinistra. Avrebbe beffato la morte e, forse, strizzato l’occhio a Dio. Ma la dimensione divina non gli apparteneva e non so che cosa sia successo di Là, in un Altrove che ci è molto vicini.
Questa morte mi tocca, pur non avendo mai avuto niente a che fare con Monicelli se non attraverso i suoi film. Mi tocca come ancora oggi non riesco ad accettare la morte di Giuseppe De Carli. Una morte che mi ha ferito perché Giuseppe era un uomo giusto e un cristiano nel vero senso della parola, secondo me. Non riesco ad accettare che se ne sia dovuto andare così presto e quando mi capita – e mi capita – di pensare a lui prego sempre Dio che gli dia il Paradiso immediatamente. Ma Giuseppe in Dio ci credeva, eccome se ci credeva. E raccontava la gioia di essere cristiani, di vivere a piene mani.
Dall’altro lato c’è la morte di Monicelli, uno che in Dio non ci credeva. Però a modo suo ha raccontato il disperato desiderio di vivere. In fondo la supercazzola di Mascetti, la voglia dello sberleffo anche a 50 anni e oltre non sono forse il disperato desiderio di continuare a vivere senza ammuffire nella routine? Per sentirsi meno soli?
Uno credente, l’altro no. Tutti e due davanti alla vita, uno con il desiderio di vivere, l’altro col disperato desiderio di vivere. Non so se si incontreranno, prima o poi. Ma credo che – se gli sarà concesso – troveranno il modo di parlarsi.
Quanto al diacono suicida: no comment. Dico solo che mi sembra eccessivo fare rumore.
Caro Mabu, non è abitudine che qualcuno taccia, tanto più se ha torto, come ha sicuramente torto quel vescovo, dato che il suicidio del povero diacono è, purtroppo, la prova provata della sua immaturità ad essere sacerdote (meglio non parlare di chi ne proponeva l’ordinazione).
Sono troppe le cose che mi lasciano stupefatto (non il suicidio di Monicelli, che mi sembra del tutto conforme al suo modo di vivere e di pensare la vita), una tra queste sono le esequie pubbliche e solenni di don Sergio Recanati, celebrate oggi nella basilica del Santuario di Santa Maria del Fonte presso Caravaggio, con la presenza di un centinaio i sacerdoti, tra cui il vicario generale, i delegati episcopali, i sacerdoti cooperatori del santuario, i compagni di ordinazione. Il povero sacerdote era stato sospeso dopo una denuncia per molestie sessuali (era stato ripreso mentre molestava un giovane) e domenica si era ucciso gettandosi sotto un treno: io spero e prego che il Signore nella sua misercordia l’abbia perdonato, anche perché, come nel caso del povero diacono di Orvieto, la confusione mentale avrà giocato un gran ruolo nel prendere una decisione che – se pienamente cosciente – contraddirrebbe la propria vita (o le proprie speranze, nel caso del giovane diacono). Il punto che non capisco (lo capisco, non essendo del tutto stupido, ma lo ritengo errato) è celebrarle con tale solennità. Del resto ritengo sarebbe preferibile una significativa austerità per tutte le esequie, ma questo è un altro discorso.
Condivido questa osservazione di Gerry. Dalle mie parti si dice: non hanno il verso.
(Sto parlando di molti preti e vescovi).
A proposito della morte di Monicelli, come non rilevare che anche di essa si sta facendo uno spottone pro eutanasia (a cominciare dalla incommentabile dichiarazione di Napolitano)?
Vabbè!!! Buonanotte!!
L’ultimo post di principessa è degno del conte Mascetti.
Qui tutti state a piagne… ariva la nobildonna e ve manda tutti a nanna!!!
La supercazzola prematurata ‘ntani con scappellamento a destra! O a sinistra?
http://www.youtube.com/watch?v=2ABgUJPx3Tc&feature=related
Gerry e Leonardo – Ciao.
Ma non si puo’ pensare che le esequie siano anche un modo x condividere compassione, solidarieta’ alla persona scomparsa in quel drammatico modo? Una manifestazione di Fede, Speranza e carita’, nonostante tutto?
Ricordo i funerali di un altro sacerdote suicida (le ragioni del gesto non si sono mai sapute) che sembravano un “trionfo”…: il dramma, la tristezza, la pena erano grandissime/palpabilissime e penso che la preghiera di tutta l’assemblea e di decine e decine di sacerdoti abbia aiutato “a capire” e a situare meglio qualcosa di cosi’ grave. Non si giustifica. Si prega.
E poi cosa vuol dire solenni? Che c’erano molti preti, un coro e molta gente?…Che c’era la banda del paese e majorettes? Vhe ne ha fatto il panegirico? E poi, nel caso specifico, cerchiamo di non essere ipocriti: i preti sono come me e come te; la fragilita’ e la tentazione anche sessuale e’ sempre li’ a portata di occhi, di pensiero e di mano… Quei delinquenti delle IENE avrebbero potuto aiutare (si’, aiutare) rivolgendosi a chi di dovere, rispettando anche la persona, senza tutto il casino che hanno fatto x far concludere che i preti sono tutti pedofili. E x distruggere la fragile “maschera di sopravvivenza” di quel prete.
A volte, nelle miserie della nostra vita, la soglia del baratro e’ cosi’ sottile…quasi invisibile…basta un niente per precipitare. La compassione, la pietas non e’ mai troppa; soprattutto in questi casi.
[…] Il blog di Luigi Accattoli » Un abbraccio a Mario Monicelli […]
I film di Totò sono tra le poche cose che ho visto di Monicelli e le ho viste non certo per il regista. Il resto lo giudico molto negtivo, non certodal punto di vista tecnico, ma per l’impatto socio-culturale che ha avuto: dalla rappresentazione alla legittimazione il passo è breve e l’Italia l’ha fatto. Dell’ultimo atto terreno della sua vicenda, i commenti di qui sono la cosa migliore, migliore delle ributtanti assurdità politico-mediatiche che per poco solo ho sentito.
Se quel povero corpo disfatto dal trauma da precipitazione fosse raffigurabile come le rive d’un noto fiume, verrebbe da dire: “Dipinte in queste rive / Son dell’umana gente / Le magnifiche sorti e progressive. / Qui mira e qui ti specchia, / Secol superbo e sciocco”…
Di fronte al dramma della morte di un uomo credo che sia giusto anzitutto pregare e fare silenzio, senza precipitarsi a giudicare. Solo Dio conosce ciò che si muove all’interno di una coscienza.
Trovo inaccettabili le strumentalizzazioni ideologiche pro-eutanasia, e credo che sia giusto testimoniare, da cristiani, che la vita vale la pena di viverla sino in fondo. Ma chiedo rispetto per la persona.Un tempo (molto lontano) la Chiesa negava la sepoltura cristiana ai suicidi; da tempo viene abitualmente concessa, in quanto, sino a prova contraria (pressoché impossibile da ottenere…), si presume che uno stato di anmgoscia e turbamento profondo comprometta quella “piena avvertenza e deliberato consenso” che sola può escludere qualcuno dal Regno. Ricordo ciò che disse il card. Tonini di fronte al suicidio di Raul Gardini.
Di fronte al suicidio del diacono di Orvieto trovo anch’io fuori posto le parole del suo vescovo. Se la S. Sede è intervenuta in quel modo vuol dire che c’erano seri motivi (sospetti di pedofilia?). Cosa avrebbero detto i giornali se fopsse stato ordinato e poi fosse scoppiato uno scandalo? Si sarebbe detto che la Chiesa non aveva vigilato, che lo aveva “coperto”… Non vorrei che ora qualcuno mettesse il suicidio (segno di una fragilità psicologica purtroppo oggi molto diffusa anche tra i seminaristi) sul conto della Chiesa di Roma, magari accusandola di eccessiva durezza, dopo che per mesi si è lamentato (a volte a ragione) il “lassismo” delle autorità ecclesiastiche…
Ricordate quel che è successo con Tangentopoli?
Concordo con Raffaele, l’unica cosa che non è accettabile nella gestione di queste situazioni – come giustamente mi ha fatto osservare ieri un amico sacerdote – è che lo si comunichi a un candidato alla fine del percorso seminaristico e a ridosso dell’ordinazione diaconale o presbiterale.
Chi non è adatto va fermato prima, perchè si tratta comunque della vita di una persona e di tempo e aspettative investiti e sottratti ad altro.
Non si gioca con queste cose, lo stop dell’ultimo minuto è ammissibile solo se all’ultimo minuto emergono gravissimi fatti.
Ma qui i problemi erano emersi già in passato, dato che la persona aveva cambiato un paio di seminari e due o tre diocesi.
Non è accettabile che il “veto” si eserciti così, non che si eserciti come tale, cosa che talvolta può essere giusta e opportuna.
«Perchè gli uomini dovrebbero amare la Chiesa?Perchè dovrebbero amare le sue leggi?
Essa ricorda loro la Vita e la Morte, e tutto ciò che vorrebbero scordare.
E’ gentile dove sarebbero duri, e dura dove essi vorrebbero essere teneri.
Ricorda loro il Male e il Peccato, e altri fatti spiacevoli».
Così Eliot, tanto tempo fa. Ma adesso siamo tutti preoccupati soprattutto di essere amabili …
“Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato” (Luca 6,37)
Non è questione di essere amabili e di non voler vedere il peccato.
Infatti non è questione di giudicare o meno, ma di essere interessati a ciò che dice e vuole “questo” mondo, che è profondamente malato e dimidiato e sempre lo sarà. Oggi non c’è (apparentemente) alcun timore e tremore per quella mezzanotte che, quando ne sentiremo i rintocchi, ci toglierà inesorabilmente dal volto tutte le maschere con cui nascondiamo, in primo luogo a noi stessi, la verità (e la Verità). Su quel limitare dovremmo solo pregare e sperare nella misericordia di Chi davvero ci conosce in profondità: non è momento di applausi, di celebrazioni, perché nessuno ha niente di cui vantarsi o da celebrare (ovviamente parlo di esequie cristiane, quelle civili hanno fini del tutto diversi, direi antinomici).
Sono ispido? Magari anche cripto-lefebvriano? Ho tratto le mie argomentazioni dal pensiero filosofico – e teologico – di un luterano, Kierkegaard. Fatta la tara di un certo pessimismo “nordico” che non è patrimonio cattolico, un cristiano serio, che sapeva cosa significa “porta stretta”. Chi parla oggi di una tale porta?
P.S. Caro Francesco73, hai ragione sulla “tempistica”, ma purtroppo il problema è, probabilmente, nell’accettazione della candidatura da parte del vescovo, pur in presenza di precedenti problemi o dinieghi (per ragioni che non conosciamo e preferisco non conoscere).
Per “contestualizzare” molto di quello che si è letto in questi giorni:
http://www3.lastampa.it/cinematv/sezioni/news/articolo/lstp/378197/
Da leggere e meditare.
(Per inciso: grazie Gerry.)