“Il racconto di Alberto Mieli abbraccia con piena umana comprensione e compassione anche i compagni di sofferenza che ebrei non sono, come i giovani ungheresi fuggitivi che vengono impiccati o il prete cattolico belga che viene immobilizzato in forma di crocifisso e ucciso con la stessa croce di legno che si era costruito per pregare”: così il padre Lombardi nella prefazione a un libro di memorie di un sopravvissuto alla Shoah che ho letto con amore e che segnalo ai visitatori nel Giorno della Memoria.
Ucciso con la croce che si era costruito per pregare
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Il libro di Alberto Mieli ed Ester Mieli, Eravamo ebrei. Questa era la nostra unica colpa (Marsilio, pagine 126, euro 15,50), è la biografia di Alberto, oggi novantenne, scritta con l’aiuto della nipote Ester. Il libro ha la prefazione di padre Federico Lombardi e la postfazione del rabbino Riccardo Di Segni.
Qui si può leggere il testo del padre Lombardi: http://www.avvenire.it/Cultura/Pagine/ESTER-MIELI-DALLA-SHOAH-UN-SEME-DI-SPERANZA-.aspx
In questo giorno della memoria, tra le vittime della Shoah, ricordiamo anche il popolo Rom. Gli zingari, uomini, donne, bambini, vecchi, che ” a forza di essere vento” , come dice la canzone di De André, girovaghi senza memoria storica, si tende a rimovere. Anche quello sterminio, in maniera analoga a quello degli ebrei ,pesa sull’umanità e sulla coscienza collettiva.
Fonti storiche parlano di circa 1 milione e mezzo di rom deportati nei campi di concentramento e morti nelle camere a gas. Ma, se sul genocidio del popolo ebraico grava il pericolo costante del revisionismo, sul genocidio degli zingari incombe l’oblio, la dimenticanza più totale.
Il sito Rossoporpora del collega Giuseppe Rusconi informa sulla presentazione presso la Radio Vaticana del volume di Alberto ed Ester Mieli – che si è fatta ieri pomeriggio – e riporta alcuni brani del libro:
http://www.rossoporpora.org/rubriche/italia/560-eravamo-ebrei-di-alberto-mieli-testimonianza-schietta-e-serena.html
Da una visitatrice ricevo questo messaggio:
Caro Accattoli conoscendo la sua passione per le storie di vita le racconto una vicenda minima di cui sono stata testimone in ospedale. Ero in camera con una giovane donna colpita da sclerosi multipla, senza una sua famiglia e con una madre anziana che non può aiutarla, assistita dai suoi datori di lavoro che la trattano come una figlia. Fa la contabile e continuano a tenerla con loro anche se il suo apporto lavorativo è a dir poco scarso e quando era in ospedale ogni sera venivano a trovarla e la domenica la passavano con lei. Le lavavano la biancheria, l’aiutavano a bere e a mangiare e quando ha potuto fare da sola erano orgogliosissimi di lei, non vedevano l’ora che potesse tornare a casa. Ecco un fatto che incoraggia a vivere.
Ripeto a tutti i visitatori l’invito a segnalare le storie di vita che incontrano nella giornata: per me sono la ragione principale del blog.
Ierisera tardissimo Alberto Mieli (e la nipote Ester) era da Bruno Vespa a Porta a Porta. Sempre una grande emozione ascoltarlo.
Ot, bello su perdono e confessione
http://www.avvenire.it/Cultura/Pagine/SBARRE-.aspx
Questa è una “nota a Margine ” della raccolta “Un viavai di brumose apparenze” di Zuzanna Ginczanka. Una ragazza polacca “bella ed ebrea”, fucilata a 27 anni “simbolo di tutte le vite spezzate nel fiore degli anni dalle atrocità del nazismo, delle dittature e dell’insensatezza della guerra”.
Non sono nata
dalla polvere,
non ritornerò
polvere.
Non sono discesa
dal cielo
e non tornerò in cielo.
Io stessa sono il cielo
come una volta di vetro.
Io stessa sono la terra
come fertile suolo.
Non sono fuggita
da alcun luogo
e non tornerò
laggiù.
A parte me stessa non conosco altra lontananza.
Nel turgido polmone del vento
e nel cuore indurito delle rocce
devo
me stessa
qui
dispersa
ritrovare.
Zuzanna Ginczanka (1917-1944