Susanna Bo: “Vengo con te” – cioè: vendo tutto e ti seguo
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Luigi Accattoli
Susanna Bo, scrittrice nata, cava un romanzo istruttivo e spassoso dalla storia di una coppia di amici che vanno in missione a Taiwan con due figlie e una terza in arrivo, ci stanno undici anni, ne tornano con sei figli e annunciano in chiusura che laggiù ci staranno per sempre.
Susanna Bo VENGO CON TE
Hanno lasciato una vita perfetta. Ne hanno trovata una felice
San Paolo Editore 2020 – 252 pagine – 18.00 euro
Susanna è nata a Genova nel 1977 e vive a Sestri Levante con il marito Gianni e sei figli: Anna, Rachele, Pietro, Francesco, Lorenzo, Monica. Il romanzo è dedicato “Alla piccola Monica” che è arrivata durante la stesura del libro. Prima di questo Susanna aveva pubblicato altri due volumi, sempre per San Paolo Edizioni: “La buona battaglia. Le grandi acque non possono spegnere l’amore” (2016) e “Finché c’è qualcuno da amare” (2017). Da poco è arrivato in libreria un quarto romanzo: “Se fossi in te” (sempre San Paolo)
29 Marzo, 2022 - 22:23
Luigi Accattoli
Indice
Prefazione di Costanza Miriano
1. La straniera
2. Primo Capodanno
3. Secondo Capodanno
4. Terzo Capodanno
5. Vengo con te
6. Il paese dei “sembra”
7. Come dice Maestro Oogway a Maestro Shifu
8. Quando Dio ci mette lo zampino
9. La notte dello sposato
10. A chi ha, sarà dato
11. Vince chi molla
12. A casa
Ringraziamenti
29 Marzo, 2022 - 22:24
Luigi Accattoli
Da qui viene il titolo. Ecco le pagine che stanno al cuore del romanzo. Paolo ha uno sguardo strano, che non riesco a decifrare. Sembra che abbia la febbre, o un grosso peso sullo stomaco. Comincia a parlare, ma mi avverte che, probabilmente, quello che sta per dirmi mi sconvolgerà; che non l’ha programmato, progettato, pianificato; gli è successo, punto e basta. Inizio a temere che c’entri un’altra donna, ma poi lo sento dire: «Ho pensato molto a Massimo e Rossella, da quando sono partiti. E ieri pomeriggio, ho preso due ore di permesso dal lavoro e sono andato a passeggiare sulla spiaggia. Un po’ come il giorno che ho deciso di sposarti. E ho cominciato a risentire in testa le parole di una lettura che ho ascoltato a messa, più o meno un mese fa. Era il vangelo del giovane ricco, quello che chiede a Gesù cosa deve fare per ottenere la vita eterna. E che si sente rispondere: “Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri. Poi vieni e seguimi.” Una risposta che non riuscirà ad accettare, tanto che se ne andrà via afflitto, perché troppo attaccato ai suoi beni».
Si interrompe, abbozza un sorriso mentre fissa il pavimento, ma sembra oppresso da una mano che lo sta schiacciando verso il basso. Sono paralizzata, sento che non posso permettermi neanche di respirare, in questo momento. Paolo rialza la testa e prosegue, come sospinto da una forza che è al contempo fuori e dentro di lui: «Lo so che non è il momento giusto per parlarne, che sei incinta e in preda agli ormoni, ma… un mese fa, ascoltando questo Vangelo, per la prima volta mi sono chiesto: che cosa sarebbe successo se quell’uomo, invece di voltarsi indietro e andarsene via triste, avesse seguito Cristo che lo stava chiamando? Che cosa sarebbe successo alla sua vita?».
Lascia quella domanda lì, sospesa nell’aria; e per la prima volta ci penso anch’io. Beh, come minimo, se fosse diventato un seguace di quel falegname galileo, Gesù di Nazareth, di lì a pochi anni avrebbe condotto un’esistenza da recluso, o meglio da criminale ricercato. I sacerdoti del tempio e i farisei, dopo la sparizione del cadavere di Gesù dal sepolcro e la guarigione di quel paralitico a opera di Simon Pietro davanti alla porta del Tempio, non gli avrebbero dato tregua. Avrebbero detto, sapendolo uno dei suoi: “Lapidiamo anche lui, come abbiamo fatto con quell’altro discepolo, Stefano”. Avrebbe dovuto abbandonare la sua famiglia, o ancor peggio coinvolgerla, se anche i suoi genitori o i suoi fratelli fossero diventati cristiani come lui, in un’esistenza di nascondimento, fughe, pericoli continui. Sarebbe stata una vita a dir poco difficile. Però, nello stesso tempo, immagino che stare insieme a Gesù di Nazareth, durante i tre anni della sua predicazione, sarebbe stata un’esperienza mica male. Avrebbe visto zoppi camminare, sordi recuperare l’udito, lebbrosi guarire, muti gridare di gioia; così, da un momento all’altro. Pensandoci bene, sarebbe stata una cosa pazzesca. E un giorno, dopo aver visto il Maestro dare tutto il suo sangue per lui e per molti, moltissimi altri, amandoli fino alla fine, dopo averlo guardato spirare al termine di un’esecuzione orrenda, avrebbe potuto trovarsi, magari, fra quelle persone attonite che lo videro camminare sulla riva del mare di Tiberiade da risorto. E andare loro incontro a braccia aperte, vivo per sempre. Perché, in definitiva, era proprio questo che Gesù aveva in mente, dicendogli “Va’, vendi quello che hai, e dallo ai poveri. Poi vieni e seguimi”: mostrare a quel giovane che era davanti a una nuova creazione, certa e possibile, per la sua esistenza e per quella di ogni uomo disposto ad ascoltarlo. Perché, come avrebbe detto il Signore di lì a poco: “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”.
Paolo mi guarda, in silenzio; e, finalmente, capisco. Capisco cosa sta cercando di dirmi da circa un’ora, cioè da quando abbiamo cominciato a litigare. Capisco che un’alba nuova si sta affacciando nei suoi occhi, l’alba di un giorno in cui tutta la tua storia fa una sterzata di 180 gradi. Il giorno che realizzi, non solo con la testa, ma con tutta la tua persona, che ci sono dei “sì” che soltanto tu puoi dire. Perché, come diceva don Luigi Giussani: Dio non ama tutti, ama ognuno. E a ognuno, in maniera di versa, fa la stessa proposta: vieni e seguimi.
Paolo continua: «Quel giovane ha voltato le spalle a quell’invito di Cristo, non perché fosse cattivo, o perché non gli importasse di ottenere la vita eterna; ma perché non aveva intuito il tesoro di felicità che lo avrebbe atteso, già in questa vita, dicendo soltanto poche parole a quell’uomo che lo stava chiamando. Poche parole che scelse di non dire. Le stesse, Barbara, che da troppo tempo sento dentro. E che, per quanto mi riguarda, non posso più tacere: Sì, Signore. Io…». Gli metto una mano sulle labbra, impedendogli di parlare. E con la voce rotta dall’emozione, finisco la sua frase. Perché è questo che fa il nostro cuore, quando capisce che sta battendo in due corpi diversi, all’unisono, con lo stesso identico ritmo: finisce le frasi.
«Vengo con te» dico. E scoppio a piangere di gioia. «Vengo con te» ripeto fra le lacrime. «Vengo con te». [pp. 115-118]
29 Marzo, 2022 - 22:24
Luigi Accattoli
Vengo con te in fronte a questo romanzo ha due significati: del discepolo missionario che risponde alla chiamata del Maestro “vieni e seguimi”, dell’amante che segue l’amato. I due registri, della storia d’amore e della chiamata alla missione, l’autrice li alimenta con un coinvolgimento caldo che fanno apparire molte pagine come un’autobiografia più che una storia altrui. Paolo e Barbara sono i nomi dei protagonisti: nomi inventati ma vicenda reale. Minutamente, affettivamente, effettivamente reale. Ho scritto tante volte, da vaticanista, della partenza delle coppie missionarie del Movimento Neocatecumenale per paesi tirati a sorte: ecco, in questo romanzo quella partenza l’ho toccata con mano.
«Oh, cazzo» dice Paolo, «è un’isola». [p. 120]
29 Marzo, 2022 - 22:25
Luigi Accattoli
Susanna Bo è una scrittrice generosa, che non si risparmia sui contenuti e che tiene bene il ritmo della narrazione, movimentandola con continui colpi di pagina, stavo per dire di scena, che arpionano il lettore. Questo è il romanzo di una vocazione cristiana estrema ma è insieme anche la novella di un amore tanto spontaneo quanto accidentato. Vocazione e matrimonio entrano in turbolenza e si salvano a vicenda. Il dono intrecciato del pianto e del riso aiutano l’autrice a mantenersi sorprendentemente in equilibrio tra la percezione del dramma e l’attesa del suo riscatto.
29 Marzo, 2022 - 22:26
Luigi Accattoli
Frammenti di ironia e autoironia che ho raccolto qua e là tra le pagine:
“Sono stata concepita in barba a una spirale” (p.14)
“Non lo faccio apposta a essere me stessa” (25)
“Quelli che vanno sempre in chiesa non copulano, sorella” (37)
“Dio mi lascia lì a urlargli contro che non esiste” (95)
“Tu mi hai promesso il centuplo, già su questa Terra. Dov’è questo centuplo ora?” (190)
“Mamma, come faccio a spiegare alla maestra dell’asilo che Gesù è rivivato?” (227)
29 Marzo, 2022 - 22:27
Luigi Accattoli
Un precedente. Qui la mia recensione di un precedente volume di Susanna Bo intitolato “La buona battaglia”:
Susanna Bo, scrittrice nata, cava un romanzo istruttivo e spassoso dalla storia di una coppia di amici che vanno in missione a Taiwan con due figlie e una terza in arrivo, ci stanno undici anni, ne tornano con sei figli e annunciano in chiusura che laggiù ci staranno per sempre.
Susanna Bo
VENGO CON TE
Hanno lasciato una vita perfetta. Ne hanno trovata una felice
San Paolo Editore 2020 – 252 pagine – 18.00 euro
Susanna è nata a Genova nel 1977 e vive a Sestri Levante con il marito Gianni e sei figli: Anna, Rachele, Pietro, Francesco, Lorenzo, Monica. Il romanzo è dedicato “Alla piccola Monica” che è arrivata durante la stesura del libro. Prima di questo Susanna aveva pubblicato altri due volumi, sempre per San Paolo Edizioni: “La buona battaglia. Le grandi acque non possono spegnere l’amore” (2016) e “Finché c’è qualcuno da amare” (2017). Da poco è arrivato in libreria un quarto romanzo: “Se fossi in te” (sempre San Paolo)
Indice
Prefazione di Costanza Miriano
1. La straniera
2. Primo Capodanno
3. Secondo Capodanno
4. Terzo Capodanno
5. Vengo con te
6. Il paese dei “sembra”
7. Come dice Maestro Oogway a Maestro Shifu
8. Quando Dio ci mette lo zampino
9. La notte dello sposato
10. A chi ha, sarà dato
11. Vince chi molla
12. A casa
Ringraziamenti
Da qui viene il titolo. Ecco le pagine che stanno al cuore del romanzo. Paolo ha uno sguardo strano, che non riesco a decifrare. Sembra che abbia la febbre, o un grosso peso sullo stomaco. Comincia a parlare, ma mi avverte che, probabilmente, quello che sta per dirmi mi sconvolgerà; che non l’ha programmato, progettato, pianificato; gli è successo, punto e basta. Inizio a temere che c’entri un’altra donna, ma poi lo sento dire: «Ho pensato molto a Massimo e Rossella, da quando sono partiti. E ieri pomeriggio, ho preso due ore di permesso dal lavoro e sono andato a passeggiare sulla spiaggia. Un po’ come il giorno che ho deciso di sposarti. E ho cominciato a risentire in testa le parole di una lettura che ho ascoltato a messa, più o meno un mese fa. Era il vangelo del giovane ricco, quello che chiede a Gesù cosa deve fare per ottenere la vita eterna. E che si sente rispondere: “Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri. Poi vieni e seguimi.” Una risposta che non riuscirà ad accettare, tanto che se ne andrà via afflitto, perché troppo attaccato ai suoi beni».
Si interrompe, abbozza un sorriso mentre fissa il pavimento, ma sembra oppresso da una mano che lo sta schiacciando verso il basso. Sono paralizzata, sento che non posso permettermi neanche di respirare, in questo momento. Paolo rialza la testa e prosegue, come sospinto da una forza che è al contempo fuori e dentro di lui: «Lo so che non è il momento giusto per parlarne, che sei incinta e in preda agli ormoni, ma… un mese fa, ascoltando questo Vangelo, per la prima volta mi sono chiesto: che cosa sarebbe successo se quell’uomo, invece di voltarsi indietro e andarsene via triste, avesse seguito Cristo che lo stava chiamando? Che cosa sarebbe successo alla sua vita?».
Lascia quella domanda lì, sospesa nell’aria; e per la prima volta ci penso anch’io. Beh, come minimo, se fosse diventato un seguace di quel falegname galileo, Gesù di Nazareth, di lì a pochi anni avrebbe condotto un’esistenza da recluso, o meglio da criminale ricercato. I sacerdoti del tempio e i farisei, dopo la sparizione del cadavere di Gesù dal sepolcro e la guarigione di quel paralitico a opera di Simon Pietro davanti alla porta del Tempio, non gli avrebbero dato tregua. Avrebbero detto, sapendolo uno dei suoi: “Lapidiamo anche lui, come abbiamo fatto con quell’altro discepolo, Stefano”. Avrebbe dovuto abbandonare la sua famiglia, o ancor peggio coinvolgerla, se anche i suoi genitori o i suoi fratelli fossero diventati cristiani come lui, in un’esistenza di nascondimento, fughe, pericoli continui. Sarebbe stata una vita a dir poco difficile. Però, nello stesso tempo, immagino che stare insieme a Gesù di Nazareth, durante i tre anni della sua predicazione, sarebbe stata un’esperienza mica male. Avrebbe visto zoppi camminare, sordi recuperare l’udito, lebbrosi guarire, muti gridare di gioia; così, da un momento all’altro. Pensandoci bene, sarebbe stata una cosa pazzesca. E un giorno, dopo aver visto il Maestro dare tutto il suo sangue per lui e per molti, moltissimi altri, amandoli fino alla fine, dopo averlo guardato spirare al termine di un’esecuzione orrenda, avrebbe potuto trovarsi, magari, fra quelle persone attonite che lo videro camminare sulla riva del mare di Tiberiade da risorto. E andare loro incontro a braccia aperte, vivo per sempre. Perché, in definitiva, era proprio questo che Gesù aveva in mente, dicendogli “Va’, vendi quello che hai, e dallo ai poveri. Poi vieni e seguimi”: mostrare a quel giovane che era davanti a una nuova creazione, certa e possibile, per la sua esistenza e per quella di ogni uomo disposto ad ascoltarlo. Perché, come avrebbe detto il Signore di lì a poco: “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”.
Paolo mi guarda, in silenzio; e, finalmente, capisco. Capisco cosa sta cercando di dirmi da circa un’ora, cioè da quando abbiamo cominciato a litigare. Capisco che un’alba nuova si sta affacciando nei suoi occhi, l’alba di un giorno in cui tutta la tua storia fa una sterzata di 180 gradi. Il giorno che realizzi, non solo con la testa, ma con tutta la tua persona, che ci sono dei “sì” che soltanto tu puoi dire. Perché, come diceva don Luigi Giussani: Dio non ama tutti, ama ognuno. E a ognuno, in maniera di versa, fa la stessa proposta: vieni e seguimi.
Paolo continua: «Quel giovane ha voltato le spalle a quell’invito di Cristo, non perché fosse cattivo, o perché non gli importasse di ottenere la vita eterna; ma perché non aveva intuito il tesoro di felicità che lo avrebbe atteso, già in questa vita, dicendo soltanto poche parole a quell’uomo che lo stava chiamando. Poche parole che scelse di non dire. Le stesse, Barbara, che da troppo tempo sento dentro. E che, per quanto mi riguarda, non posso più tacere: Sì, Signore. Io…». Gli metto una mano sulle labbra, impedendogli di parlare. E con la voce rotta dall’emozione, finisco la sua frase. Perché è questo che fa il nostro cuore, quando capisce che sta battendo in due corpi diversi, all’unisono, con lo stesso identico ritmo: finisce le frasi.
«Vengo con te» dico. E scoppio a piangere di gioia. «Vengo con te» ripeto fra le lacrime. «Vengo con te». [pp. 115-118]
Vengo con te in fronte a questo romanzo ha due significati: del discepolo missionario che risponde alla chiamata del Maestro “vieni e seguimi”, dell’amante che segue l’amato. I due registri, della storia d’amore e della chiamata alla missione, l’autrice li alimenta con un coinvolgimento caldo che fanno apparire molte pagine come un’autobiografia più che una storia altrui. Paolo e Barbara sono i nomi dei protagonisti: nomi inventati ma vicenda reale. Minutamente, affettivamente, effettivamente reale. Ho scritto tante volte, da vaticanista, della partenza delle coppie missionarie del Movimento Neocatecumenale per paesi tirati a sorte: ecco, in questo romanzo quella partenza l’ho toccata con mano.
«Oh, cazzo» dice Paolo, «è un’isola». [p. 120]
Susanna Bo è una scrittrice generosa, che non si risparmia sui contenuti e che tiene bene il ritmo della narrazione, movimentandola con continui colpi di pagina, stavo per dire di scena, che arpionano il lettore. Questo è il romanzo di una vocazione cristiana estrema ma è insieme anche la novella di un amore tanto spontaneo quanto accidentato. Vocazione e matrimonio entrano in turbolenza e si salvano a vicenda. Il dono intrecciato del pianto e del riso aiutano l’autrice a mantenersi sorprendentemente in equilibrio tra la percezione del dramma e l’attesa del suo riscatto.
Frammenti di ironia e autoironia che ho raccolto qua e là tra le pagine:
“Sono stata concepita in barba a una spirale” (p.14)
“Non lo faccio apposta a essere me stessa” (25)
“Quelli che vanno sempre in chiesa non copulano, sorella” (37)
“Dio mi lascia lì a urlargli contro che non esiste” (95)
“Tu mi hai promesso il centuplo, già su questa Terra. Dov’è questo centuplo ora?” (190)
“Mamma, come faccio a spiegare alla maestra dell’asilo che Gesù è rivivato?” (227)
Un precedente. Qui la mia recensione di un precedente volume di Susanna Bo intitolato “La buona battaglia”:
http://www.luigiaccattoli.it/blog/cerco-fatti-di-vangelo/7-la-vita-e-mutata-ma-non-e-tolta/a-tuo-fratello-risuscitera/susanna-bo-%E2%80%9Cla-gioia-che-ho-provato-al-tuo-funerale%E2%80%9D/
Qui mando un bacio a Susanna e la ringrazio per le belle ore che mi ha regalato. Leggendo piangevo e ridevo come uno scemo.
La famiglia può dare un profondo contributo anche nella direzione citata dalla recentissima istruzione vaticana sull’educazione.
https://gpcentofanti.altervista.org/vaticano-un-decisivo-documento-sulla-scuola/