“Quello che sto provando adesso, mentre celebriamo il tuo funerale, è qualcosa di molto simile a una risurrezione. Non so come poterlo dire: sono felice. E’ veramente difficile descrivere la gioia pura. Ecco perché, probabilmente, mi sto sentendo così. Perché non potendo descrivermi il Paradiso hai deciso di darmene un assaggio. E l’aria è più densa qui in basilica, più spessa, quasi. E mi viene in mente quella canzone di Gino Paoli ‘Il cielo in una stanza’ perché è come se ci fosse il Cielo in questa chiesa. E’ un genere di sensazione che definirei ‘di cielo aperto’, e non è solo un’impressione ambientale. E’ come se tutto quello che sono, tutto quello che ho fatto nella mia vita fino ad ora, fosse servito per arrivare a oggi. E forse anche molti altri, intorno a me, lo stanno provando. Perché alla fine della celebrazione c’è un’intera chiesa in piedi, che canta, battendo le mani. E siamo sempre a un funerale“. – E’ un brano sul funerale del marito Luigi contenuto nel volume di Susanna Bo “La buona battaglia. Una storia (vera) da raccontare” (Chirico editore, 2012). Con un bicchiere di Vino Nuovo saluto in Susanna una vera scrittrice e una testimone dell’attitudine cristiana a vivere “lieti nell’afflizione”.
Aggiornamento del post in data 10 settembre 2012: una redazione più ampia della storia di Susanna è ora leggibile qui [cioè nel paragrafo Tuo fratello risusciterà del capitolo La vita è mutata ma non è tolta della pagina CERCO FATTI DI VANGELO elencata sotto la mia foto].
Conosco altre storie simili, che non si possono raccontare, ma solo “cogliere” nella loro profonda testimonianza. Quanta strada mi resta per arrivare a questo? Veramente tanta, perché non è facile. Intanto diciamo che è vero, lo abbiamo visto, vicende come queste le abbiamo praticamente toccate.
Ci sono foto di santa Teresa del Bambino Gesù che ritraggono il suo sorriso celestiale subito dopo la morte.
Un commovente saluto di Susanna all’amato marito che è “andato avanti”.
Grazie Luigi per la bellissima testimonianza che ci hai donato.
P.S. per Antonella: anche se è difficile, il sorriso celestiale di Santa Teresa dovremo ricordarcelo ad ogni nascita in Cielo di un nostro caro.
Bella testimonianza, illuminante sul significato della morte.
Ecco un altro brano del volume di Susanna Bo che dovrebbe smuovere l’apatia dei miei bloggers:
“Ti immagino pescare nei fiumi del Paradiso, e magari hai ritrovato quella famiglia di cinghiali che avevi visto una volta vicino al fiume Vara. Anna l’altro giorno mi ha chiesto se in Paradiso c’è l’altalena. Le ho detto di sì e sono sicura di non averle mentito, anche se non glielo potrò mai dimostrare. Ma credo che, se dove sei adesso c’è anche solo la metà della gioia che ho provato al tuo funerale, allora c’è anche la gioia che lei prova andando in altalena. E quindi c’è l’altalena“.
Gioia, appunto, che è serenità, sicurezza, pace prima ancora di essere allegrezza. Questo è il termine e lo stato d’animo da approfondire.
Gliè mejo apatici che rompi…..
Un altro brano ancora dal libro di Susanna Bo:
“Prego molto insieme alle bambine. La sera ci mettiamo in sala davanti al crocifisso e loro gli parlano. Una sera Anna mi ha chiesto se in Cielo sei vestito o se sei in mutande come Gesù. Ammetto che di fronte a certe domande non mi sento preparata“.
Susanna Bo è una vera scrittrice dicevo nel post:
“C’è un gruppeto di signore alla messa delle 9 in parrocchia che mi ha, in un certo senso, adottato. Fra loro ce n’è una che si chiama Gertrude, ed è quella che legge sempre la prima lettura. Ma un giorno le sue amiche hanno fatto leggere me, solo che a lei non l’hanno detto e al momento della lettura ci siamo trovate tutte e due davanti all’ambone. Sembrava la scena del duello finale ne ‘Il buono il brutto il cattivo’ fra Clint Eastwood e Lee Van Cleef. Nessuna delle due aveva intenzione di tornare indietro, e nessuna delle due avrebbe ceduto di un millimetro. Io a dire la verità lo avrei fatto, se non altro per rispetto all’anzianità della Gertrude, ma le altre mi avevano detto che quella mattina dovevo assolutamente leggere io. Così ci siamo trovate ferme, una di fronte all’altra. La faccia del prete era imperlata di sudore. E proprio nel momento in cui la Gertrude si stava girando forse per chiedere alla sua vicina di posto: ‘Ma questa chi diavolo è??’, la sua vicina di posto si è alzata e le ha detto una cosa all’orecchio. E lì ho capito una cosa; non sarà una fortuna, non sarà una condizione da invidiare, ma un fatto è certo: la vedovanza precoce ti rende socialmente inattaccabile. E la Gertrude si è fatta più in là“.
La mia nonna sapeva tutto della nostra condizione in Paradiso. Quando me lo diceva ero contenta. Non le ho mai chiesto notizie riguardanti la biancheria. Mi accontentato della tunica bianca.
Ultima provocazione a leggere il libro di Susanna Bo:
“Mentre camminavamo, ed ero intenta ad immaginare una qualche situazione che avesse per protagonisti le tue mani e il mio reggiseno, mi chiedesti se conoscevo i Blur“.
Difficile commentare pagine così. Non solo per l’argomento, ma per il tono così intimo e personale che il solo leggerlo mette in imbarazzo. Almeno me.
A margine, però. qualcosa mi sento di dirla.
La prima, sull’ “attitudine cristiana a vivere lieti nella afflizione.”come dice Luigi. Non so se ci sia una attitudine. C’è la felicità di sentirsi addosso Cristo, che è un’altra cosa. Non è che per il fatto che io sia cristiano, la mia natura inclini a una giocondità perenne sotto il morso del dolore. Ci saranno anche casi così, forse questo di Susanna ne è un esempio: io non ne ho esperienza diretta. La mia esperienza è invece un altra: la sofferenza è sofferenza, il dolore è dolore, la morte è morte, la solitudine è solitudine.
La fede, anche titanica, anche eroica- ammesso che ci sia- non ne toglie nemmeno un briciolino. Lo stesso termine afflizione, come tutti quei temini parenti che si usano in questi casi- prova, tribolazione- è un eufemismo molto delicato. Chiamo la croce con il suo nome: croce. La croce quando c’è, qualunque essa sia, fa male, fa un male cane, fa così male che tutto di te è preso e risucchiato al centro di quel dolore che ti stringe da ogni parte.
E Gesù questo lo sa. Non si aspetta da me l’atto di eroismo estremo, il sorriso da pala d’altare. Non l’ha avuto lui, perché dovrei averlo io?
Gesù scoppia a piangere sulla tomba del suo amico, che pure risusciterà di lì a poco; piange e suda sangue nell’orto; soffre e urla e grida sulla croce.
Non ci sono espressioni di letizia, di serenità e di pace sulle sue labbra in quei momenti : e come potrebbero esserci state?! La croce non è uno sherzo. Gesù soffre come un cane, come noi quando soffriamo per davvero.
Per quanto mi riguarda, la prima porta che si spalanca nella desolazione del male, la porta decisiva, eversiva, stupefacente, è questa: Gesù è con me.
Che me ne sarei fatto di un Dio onnipotente e creatore, che mi promette paradisi e vite eterne ma intanto se ne sta algido e sideralmente lontano da me che tiro gli ultimi e crepo per i fatti miei?! Non avrei mai potuto credere in un Dio così. Ma Gesù è davvero il Dio con noi, il Dio vicino, il Dio fratello: e nel momento del dolore che schiaccia, te lo ritrovi insieme, accanto.
Davvero : la mano inchiodata e risorta di Gesù sopra la mia è la cosa piu’ bella e piu’ forte che ci possa essere in cielo e in terra.
La seconda cosa è che il dolore, la sofferenza, la morte, la solitudine NON sono mai la volontà di Dio. Sono nei fatti, sono nelle cose, sono nella vita.
Stanno insiti nella logica del Dio che crea, ma poi si ritrae dalla creazione, che si incarna, decidendo di diventare da onnipotente, impotente come noi.
Non è la volontà di Dio che io mi ammali, che perda mia moglie o mio marito, che abbia un incidente che mi rovina, che perda un figlio, che ne abbia uno che nasce con una mostruosa deformazione. Gesù è Dio , e sta lì, con le sue mani e i suoi piedi forati, crocifisso e risorto come lo incontreremo anche noi, con quello stesso corpo, a dirci: io sono innocente di tutto questo gran dolore, che io sono venuto a caricarmi addosso. Ha fatto della sofferenza, la nostra e quella piu’ concreta e piu’ schifosa, il mezzo e il luogo della nostra salvezza per sempre. Questa è la seconda porta che mi si spalanca dentro:dopo tanto pregare, dopo tanta Parola, dopo tante Comunioni con Lui, arriva il momento in cui io, con la mia sofferenza vera e personale posso, se lo voglio, unirmi a lui davvero, diventare davvero un pezzo di Dio in croce, rispondere alla sua vicinanza che si fa sempre piu’ forte con un semplice e scandaloso gesto: aprire e stendere le mie braccia, e unirle e sovrapporle alle sue, e a quelle di tutti quanti i poveri cristi in croce che si susseguono incessantemente e per sempre. Non c’è bisogno di virtu’. di sapere, di conoscenza per farlo: basta farlo. E se lo fai, il dolore , che per sua natura , e per la nostra, ci isola, ci chiude, ci imprigiona tutti dentro di noi, diventa di colpo il mezzo per aprirsi agli altri e a Dio.
Infine, come ho già scritto, davanti alla morte di chi mi è caro, pur senza poter parlare apertamente di felicità e di gioia ( perché l’assenza e il vuoto restano e ce li dobbiamo bere fino all’ultima goccia) , anche io ammetto di provare sempre, oltre alla tristezza del momento , una profonda e intensa contentezza all’idea del suo incontro con Gesù, e quella punta di “invidia” -per così dire- che mi scalda dentro.
Tre cose ci viene chiesto di fare in questo mondo: vivere, essere puri di cuore, morire, con la consapevolezza che la morte non esiste, no! Non esiste.
“In materia nulla si crea e nulla si distrugge”-diceva Lavoisier già nel 1800- ” ma tutto si trasforma”. E se anche la scienza lo dice, ed oggi con la quantistica si tocca con mano la presenza dell’antimateria che postula l’esistenza dell’anima, quanto più la fede ci avvicina a questa realtà incontrovertibile!? Che esista uno spirito intelligente in noi, uno spirito che travalica la nostra percezione sensitiva lo testimonia la coscienza, che ne è l’impronta. La coscienza,poi, sarà quel quid che determinerà il peso della bilancia e la farà pendere da una parte o dall’altra, sia la coscienza personale che quella collettiva. “Essa è la messaggera di colui che, nel mondo della natura come in quello della grazia, ci parla velatamente, ci istruisce e ci guida. La coscienza è il primo di tutti i vicari di Cristo ». Non esiste la morte: perisce il corpo corruttibile, ma -proprio come ci ha promesso il Risorto- ci si ritroverà in una dimensione diversa,ignota, invisibile a questa realtà ingannevole e menzognera. Ma sono certa, straordinaria.
Lorenzo mi affascina perché si mette in gioco, parla della sua esperienza di vita e di dolore che tutti, chi più chi meno, condividiamo, senza affermare qualcosa, se non ciò che egli sente, anzi ciò che egli è. Per quello che mi riguarda è una “scrittura vivente”. Anche se a volte trovo ingombrante la sua vitale ipertrofia, lo considero un dono per il pianerottolo.
quoto Leopoldo.
@ Nico
Ci quotiamo vicendevolmente spesso, anche se non lo dico sempre.
Mi piace tanto leggere i tuoi post Leopoldo.
Leggevo con interesse il commento tuo del post precedente, quello del pescatore. Dicevi ” Ciascuno di noi, senza avvedersene, misura il mondo con la stessa misura della propria vita.Se la nostra vita è la misura del mondo, il mondo ha senso come la nostra vita- e aggiungevi- l’umanità di fronte alla quale ciascuno di noi è nulla, è insignificante e destinata a passare sul Pianeta, e questa terra è meno di uno sputo nell’universo”.
Ho riflettuto a lungo sulle tue parole,razionali, che lasciano poco spazio al trascendente. E’ vero: ogni anima -intesa come individualità-è inserita nel contesto in cui gli capitò di nascere. Dunque subirà dell’influenza esterna, si formerà nell’humus originario che influenzerà il suo destino, la sua storia personale. Erediterà,quei tratti distintivi, caratteriali, di temperamento che si porterà dietro come un fardello.
Ora, mentre a ciascuno individuo-a prescindere dal luogo e dall’humus in cui crebbe- verrà chiesto di progredire umanamente, scientemente, e di sviluppare la retta coscienza in quanto inscritta nell’essere ontologicamente [viceversa non così per un determinato carattere, un temperamento ereditato, del quale non sarà imputata colpa se non nella misura in cui ci si è sforzati di smussare gli spigoli]. Ergo, che nessuna vita- breve segmento di una retta infinita-potrà mai essere a misura del mondo. Ma in ciascuna prevarrà il mondo che si è costruita con le proprie mani e le proprie scelte.
Non così, per la storia dell’umanità [Res Gestae] la quale appartiene a Dio e non all’uomo. L’uomo non è padrone della storia; la concatenazione degli eventi che ne compongono il tessuto rientrano nell’ordine della Provvidenza divina. Per quanto questo eone di peccato appaia come un nulla nella sconfinata prateria cosmica, una finestrella infinitesima, tuttavia è una lacrima della pupilla di Dio…e Lui ne regge le sorti.
@lorenzo”La croce quando c’è, qualunque essa sia, fa male, fa un male cane, fa così male che tutto di te è preso e risucchiato al centro di quel dolore che ti stringe da ogni parte”.
Eppure, lorenzo caro, chissà quante anime si salveranno in virtù di quelle croci piccole e grandi. Che ne sappiamo noi delle cose grandi che il Signore potrà fare in virtù di quel dolore che ti risucchia portato con la consapevolezza che la vita è un flashback, una brevissima rappresentazione, un’istantanea, e che quanto più quella croce avrà pesato sulle nostre spalle tanto più ci sarà restituito, allora, la prospettiva cambia…
“Tanto è il bene che m’aspetto, che ogni pena m’è diletto”, diceva San Francesco. Tutti soffriamo in questo mondo: chi più, chi meno, chi in un modo chi un altro…nessuno è dispensato dalla prova..
….orco cane, Leopoldo !!!
🙂
Lorenz
http://www.youtube.com/watch?v=iZzu7_MsTfM
Personalmente però io preferisco di gran lunga gli Oasis e ciò che reggono i reggiseni:
http://www.youtube.com/watch?v=9gqU8blVehc
Il rumore proposto ma Marco è fuori tema..
Propongo questo
http://youtu.be/q_hded5ZirQ
Clodine ho linkato il concerto dei blur, di cui parla Accattoli…
E ricordandone l’eterna rivalità con gli oasis ho precisato che preferisco questi ultimi.
Riguardo il resto, la connessione è evidente se leggi il commento di Luigi scritto ieri alle ore 15.42.
Non nominarmi invano. Grazie.
Non mi piacciono gli oasis e neppure i blur.
Preferisco la poesia…
De gustibus non disputandum est
; ))
Ma quali gusti… Sei tu che mi hai detto che ero fuori tema perché non hai capito o letto i commenti…
“Ecco perché, probabilmente, mi sto sentendo così. Perché non potendo descrivermi il Paradiso hai deciso di darmene un assaggio… E’ un genere di sensazione che definirei ‘di cielo aperto’,”
E ti credo era il funerale del marito. Non vedeva l’ora. Non si è mai sentita più libera di così.( Le ha lasciato pure l’eredità) Sai che festa !
“Tanto è il bene che mi aspetto che ogni pena m’è diletto” (Francesco Giovanni di Pietro Bernardone) Evidentemente non ha letto il Vangelo : “quando avete fatto tutte le cose assegnatevi, dite: ‘Siamo schiavi buoni a nulla. Abbiamo fatto ciò che dovevamo fare’”.” ( Lc 17.10)
“Non proverà gratitudine verso lo schiavo perché ha fatto le cose assegnate, vero ? ” ( Lc 17.9)
Questa di oggi è una festa di grande bellezza.
Una preghiera: che Lei, la tutta bella, ci sia sempre accanto.
E un pensiero, in questo bel giorno, alla bellezza interiore di Susanna Bo.
Ciao a tutti,
mi ritrovo nelle parole di Lorenzo delle 16.40…
Ammiro Susanna; io, con la mia fragile Fede non ne sarei capace…
Però il dolore è a volte terribile, ti squarcia, ti schianta, ti penetra nella testa come un martello…Questa è l’irrazionalità del dolore, un’irrazionalità che è totale…
“Dal profondo a te grido, o Signore”…
Dal profondo, ovvero dalle viscere più interne di me stesso e della mia angoscia, ti rivolgo un grido o Signore, nel mio dolore…Eppure, da questo dolore, pur con tutta la fatica, riuscirò a varcare un giorno le soglie della speranza Carlo Maria Martini [Duomo di Monza, 14 marzo 1995]
Buona Domenica a tutti.
“Dal profondo a te grido, o Signore”…Dal profondo, ovvero dalle viscere più interne di me stesso e della mia angoscia, ti rivolgo un grido o Signore, nel mio dolore…Eppure, da questo dolore, pur con tutta la fatica, riuscirò a varcare un giorno le soglie della speranza” Carlo Maria Martini [Duomo di Monza, 14 marzo 1995]
Tanto per meditare.
Le soglie della speranza si varcano quando si può dire : “Ecco, Ho fatto proprio come mi hai comandato”. ( Eze 9.11). Quando invece si innalza un grido di dolore, si sta facendo solo un inutile richiesta di soccorso per essere aiutati a varcare quella porta.
Mai visto un bambino che crede di affogare in una pozzanghera ? Deve ancora crescere e la porta è lontana.
@Leopoldo, c’è uno stritolamento del dolore che esaspera tutto: la ribellione, il chiedere conto a Dio, quel “ma perchè?” urlato con ogni cellula ed inaffiato da lacrime che non si vedono più.
E l’urlo non lo si rivolge ad un Dio algido e siderale, lo si rivolge ad Uomo, la si rivolge al Crocifisso, istintivamente la si rivolge ad un Crocefisso.
Pare non risponda, tutto si complica e la ribellione cresce, fino a quando … fino a quando un giorno si guarda il Crocifisso e sembra che dica “Guarda quello che hanno fatto a Me, ma guarda anche e soprattutto quello che continuo a fare Io”
@ marta09
“il Crocifisso e sembra che dica “Guarda quello che hanno fatto a Me, ma guarda anche e soprattutto quello che continuo a fare Io”
Veramente il crocifisso dice : “Guarda quello che ho permesso loro, di fare di me” In quanto a quello che continuo a fare io… beh se non hai il famoso collirio non lo puoi vedere.
“ti consiglio di comprare da me oro raffinato dal fuoco affinché tu divenga ricco, e abiti bianchi affinché tu sia vestito e affinché la vergogna della tua nudità non sia manifesta, e collirio per ungere i tuoi occhi affinché tu veda.” ( Riv. 3.18)
@ Gioab
“E ti credo era il funerale del marito. Non vedeva l’ora. Non si è mai sentita più libera di così.( Le ha lasciato pure l’eredità) Sai che festa !”
Se veramente esistesse un Dio che ispirasse queste parole, sarebbe un perfetto cretino. Anzi Cretino, sai Gioab, per rispetto…
Vorrei dire a Lorenzo, autore del post del 7 settembre, che vale la pena di leggere tutto il libro di Susanna Bo, anche per rendersi conto del contesto in cui si inserisce il brano del funerale pubblicato da Accattoli.
La storia che Susanna racconta è lontanissima da un’idea edulcorata di cristianesimo, e la sua esperienza nella Chiesa la porta ad essere lontanissima da un’idea del cristiano come una specie di oca giuliva con un sorriso stampato sulle labbra qualsiasi cosa avvenga.
Come ho scritto nella prefazione del libro, questo NON è un romanzo edificante, nel senso peggiore del termine, moralistico, un’indoratura della pillola amara che è la vita. E la testimonianza che dà sulla croce assomiglia molto a quello che Lorenzo stesso scrive…
Caro erovegno 50, mi sono procurato il libro, e lo sto iniziando a leggere.
Ma non ho mai pensato che la storia di Susanna, nemmeno i pezzetti riportati da Luigi, fossero una storia edulcorata e sentimentale!!!…Mi riferivo al concetto generale di ” attitudine cristiana a essere lieti nella sofferenza” che in molti casi viene interpretata come se i cristiani , data la loro fede, NON sentissero proprio il dolore, o , se anche lo sentissero, riuscissero a spiritualizzare tutto al punto di “narcotizzarsi”…Questa idea strampalata è piu’ radicata di quanto sembri: sia tra i non credenti che ti dicono: eh , ma tu hai la fede, come se questa fosse un vaccino antidolorifico, sia da molti credenti non passati ancora dal tritacarne della sofferenza che davvero pensano che basti la fede perché il lamento venga mutato in danza…
E invece non c’è niente di piu’ concreto, di piu’ materiale, di piu’ umano, di piu’ tangibile, di meno spiritualista della sofferenza…ed è in questo, e nel fatto che anche la croce di Cristo, prima che essere simbolo, teologia, fonte di salvezza, è la stessa identica cosa che Dio ha provato e prova su di sè,che sta la rivoluzione copernicana del cristianesimo.
Ma tutto ciò, e molto molto altro ancora, da quel poco che ho iniziato a leggere, mi pare venire fuori infinitamente meglio dalle pagine del libro di Susanna che dalle mie parole buttate lì…
Grazie per avermi scritto.