«Se correttamente intesa, la castità si rivela inscritta nella struttura stessa del desiderio come la virtù che regola la vita sessuale rendendola capace del Bell’amore. Casto è l’uomo che sa ‘tenere in ordine’ il proprio io. Lo libera da un erotismo apertamente rivendicato e vissuto, fin dall’adolescenza, in forme sempre più contrattuali e senza pudore»: sono parole del patrriarca Angelo Scola, che commento nel sito Vino Nuovo, confrontandole ad altre del cardinale Martini sullo stesso argomento.
Sulla castità Scola parla come Martini
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Ho letto l’articolo e il discorso del card. Scola, apparso anche sul Corsera di domenica 18/07.
Soliti discorsi…
Sicuramente la castità e la capacità di tenere in ordine il proprio io sono valori importanti e meritano di essere insegnati, però a me che sono un giovane adulto non dicono nulla e mi aiutano ancora meno. Di che parla il card. Scola? Che vuol dire Bell’amore?
Poi la consueta tecnica retorica che consiste nell’agitare lo spauracchio del “sesso vissuto in forme contrattuali e senza pudore” o del “giocare con il sesso”. Ma se ci sono persone così io che ci posso fare? Mi devo rovinare per loro? Un po’ come dire che siccome in strada qualcuno corre troppo bisogna starsene a casa.
Ma la smettano di parlare a vanvera e tornino a confessare e dir la Messa.
Che poi, la castità è una roba talmente personale. Non è che si possa “costringere” alla castità, altrimenti diverrebbe più che dono una dannazione, una castrazione che alla fine non risolve affatto il problema anzi se possibile lo aggrava anche maggiormente fomentando la libido e l’immaginazione in maniera esponenziale. Ma certo, ma perché la castità non è neppure una “scelta” ,ma di che si parla?!? E’ un tema talmente sfuggente, che penso neppure un santo sia stato fino in sondo esente dall’impulso sessuale. Ma perché è rientra in quel dinamismo che genera la vita, fa parte della natura umana, della sua parte animale sicuramente, istintuale… ma l’uomo è fatto anche di istinto. La castità, quando scaturisce veramente dall’interiorità, dalla sublimazione del vissuto, rientra in un percorso esistenziale di crescita, di evoluzione, di ascesi di una serie di meccanismi che solo chi vi giunge, dopo non poche lotte, prova l’ebrezza della liberazione, dell’affrancamento da questa lato di noi, che ciuscuno possiede, e che spesso schiavizza: è una cosa orribile essere schiavi dell’istinto sessuale.Eppoi, la castità , un dono…che può non averlo una suora di clausura e possederlo appieno una madre, una casalinga, può non possederla un vescovo, viceversa ne può godere un povero cristo che vive ai margini …è un mistero la castità! Un meraviglioso mistero da scorpire e raggiungere per essere liberi e felici!
Personalmente abolirei decisamente il “voto” di castità che si impone ai religiosi. Lo abolirei per due motivi: il primo, che direi essenziale,lo abolirei in quanto vi si ravvisa una contraddizione di base. Si suppone, che colui o colei che si decide per una scelta radicale di vita tutta protesa verso Cristo e gli altri abbia affinato una certa sensibilità, bontà. In ultima istanza abbia risolto quegli intimi conflitti cui l’umana natura inevitabilmente tutti, presto o tardi, sottopone, ed abbia quindi uno sguardo puro, adamantino, sincero, sufficientemente cosciente nei confronti dei propri limiti in virtù di quel compromesso che si accinge a stipulare con la chiesa e con Dio il quale parla continuamente attraverso i suoi comandamenti mai aboliti da Cristo. Per cui, farli “giurare” dinnanzi alla comunità ecclesiale di una cosa tanto scontata, trovo sia una forma di ricatto. Il secondo motivo è strettamente connesso a quest’ultimo verbo ” ricatto”. Ritengo il voto di castità un ricatto, quasi la chiesa voglia sostituirsi a Dio, ammaestare le coscienze rendendole false ponendo le persone, con tutta le loro paure e fragilità sotto la scure di Damocle del peccato. Forzare la libertà, l’amore, la passione talvolta, arginandola dall’esterno con dighe e paletti fatti di regole, voti e prescrizioni non si rende la persona più casta, ma ancor più incline alla malizia e al peccato, sopratutto quello del pensiero, che galoppa come un cavallo pazzo, e nessuno può fermare!
Nella celebrazione della professione solenne di fede delle “mie” suore sono state pronunciate queste splendide preghiere in latino:
“Sit in eis Domine, per donum Spiritus tui prudens modestia, sapiens benignitas, gravis lenitas, casta libertas”.
(Sia in esse, Signore, per il dono del tuo Spirito una prudente modestia, una sapiente benevolenza, una grave dolcezza, una casta libertà).
Mi sembrano parole così belle e pregnanti che mi trovo in difficoltà a commentarle. E’ un ideale certamete molto alto, ma nello stesso tempo molto semplice e cristallino. E’ un conciliarsi degli opposti che rappresentano un equilibrio bellissimo di virtù umane: semplicità e modestia unite alla prudenza, benevolenza e dolcezza non disgiunte dal decoro e dalla serietà. Si chiede infine per loro non la castità, ma la libertà orientata dalla castità. Cosa devo dire? Dico solo che tutte le volte in cui vedo le suore (poche volte purtroppo, perché vivono in stretta clausura) leggo queste virtù nei loro volti.
Il modello che viene indicato alle suore è quello delle vergini prudenti, che non lasciano mai spengere le loro lampade, e che attendono senza paura lo sposo, perché sanno che non potrà non ammetterle alla festa nuziale. Come si può quindi parlare di castità (e di santità) senza tenere la lampada accesa?
La castità, contrariamente alla verginità che appartiene a colui o colei che si fa eunuco per il regno, è un bisogno intimo cui tende ogni battezzato . Per questo prima che essere “rinuncia” è dono! Tuttavia dove c’è durezza di cuore, giudizio, invidia e gelosia non ci può essere castità. Ciò che faceva dire sarcasticamente a Pascal nei suoi “Pensieri”, di certe monache “caste come angeli, superbe come demoni!”
Certo è un dono, e qualche volta da acquistare a caro prezzo.
Di ritorno dalle vacanze porgo cordiali saluti a tutti.
La castità è difficile ma non impossibile.
Cmq sembra a me che il discorso sia “contro” ciò e chi vuole imporre lo stile di vita dell “erotismo apertamente rivendicato e vissuto, fin dall’adolescenza”.
Il patriarca fa bene a dirle certe cose.
E poi tutta questa sessuomania mi sta scocciando, troppe\i erotomani e sessuomani in giro…
Scusatemi la volgarità, la battuta non è mia, ma ha ragione chi ha detto che:
“oggi l’atto sessuale si è ridotto ad una masturbazione assistita”.
Chiudo dicendo che la “castità” riguarda innanzitutto lo Spirito, l’Anima e quando ben vissuto e radicato in essa si manifesta nella “Carne”. L’impudicizia del corpo è mancanza di castità nell’anima.
Trovo l’intervendo di Scola davvero molto bello. Da leggere tutto. Un modo nuovo di parlare di castità: un tema oggi assoltuamente tabu. Sopratto nei primi cinque paragrafi del “§5. La castità: una pratica conveniente” l’ho trovata corrispondente anche a mie esprerienze personali:
Riporto alcuni stralci:
Se noi disaggreghiamo venere, eros ed agape ci condanniamo alla rottura tra la dimensione emotiva e quella del pensiero, di cui la morte del pudore è il sintomo più grave.
[…]
A queste condizioni l’esperienza del bell’amore diviene impossibile e il rapporto amoroso è ridotto a una meccanica abilità sessuale, veicolata da una sottocultura delle relazioni umane che si fonda su un grave equivoco: sull’idea, del tutto priva di fondamento, che nell’uomo esista un istinto sessuale. Invece è vero il contrario, come dimostra certa psicanalisi : anche nel nostro inconscio più profondo tutto l’io è in gioco. La castità mette in campo un’esperienza comune a tutti. In ogni ambito della sua esistenza l’uomo sa bene di non poter trovare soddisfazione senza sacrificio. Il sacrificio è una strana necessità, ma è la strada che assicura il godimento. Nella sfera sessuale e nei rapporti amorosi questo è particolarmente evidente. Perché abbiamo definito “strano” il sacrificio? Perché tutti noi avvertiamo una resistenza sana di fronte ad esso. Se siamo fatti per la soddisfazione, perché il sacrificio? Non è forse contrario alla natura della soddisfazione? Il valore ultimo del sacrificio non può quindi risiedere in se stesso, né nel fatto che mi sia imposto dall’esterno, da una qualsiasi autorità. Devo giungere a scoprirne la convenienza, cioè la sua intrinseca ragionevolezza per la piena riuscita della mia umanità. Esso è condizione e non fine.
[…]
Il sacrificio spaventa quando non se ne sa il perché. La virtù della castità è una grande scuola al valore misteriosamente positivo del sacrificio. Essa chiede la rinuncia in vista di un possesso più grande. Posso rinunciare se sono certo che questa rinuncia mi fa possedere in pienezza il bene che voglio, come soddisfazione del mio desiderio. Il sacrificio non annulla il possesso, è la condizione che lo potenzia. Il puro piacere non è autentico godimento, tant’è vero che finisce subito. E se resta chiuso in se stesso lentamente annulla il possesso, lo intristisce, lo deprime. A ben vedere l’uomo cerca quel piacere che dura sempre, cioè il gaudium (godimento). […] Mi colpisce sempre il fatto che, quando dico queste cose ai giovani, incontro più sorpresa ed interesse che obiezione. Intuiscono che un cammino di castità fin da adolescenti, attraverso la strada di un progressivo dominio di sé che rinuncia a comportamenti immaturi e presuntuosi, apre a una prospettiva di realizzazione nella quale si chiarisce il disegno amoroso di Dio su ciascuno di loro. Sessualità ed amore su queste basi si realizzano compiutamente come possesso nel distacco . In questa luce emergono in tutta la loro pienezza la vocazione alla verginità e al celibato così come quella al matrimonio indissolubile, fedele e fecondo tra l’uomo e la donna.
Testo integrale dell’intervento qui
Io proprio no capisco come si possa sostenere che il card. Scola sostenga cose nuove o parli in modo nuovo riguardo la castità.
Se si vuole fare un discorso davvero serio e umano riguardo la sessualità non si possono avere per paradigmi due estremi: la dissolutezza edonista e promiscua aut la castità/verginità.
Tra questi c’è una varietà di comportamenti.
Io tutto questo erotismo o erotomania, questo squallore degradante non lo vedo affatto in giro. La maggior parte delle persone non vive in questo modo la propria sessualità.
Questi insegnamenti vanno bene fino a 16-17 anni poi credo si possa e si debba dire qualcosa di diverso.
Scola si stupisce che non incontra obiezioni: oggi non obietta più nessuno. Vorrei vedere quanti però seguono il cardinale.
La castità è dono, valore da perseguire certo; tuttavia, senza un’esistenza basata sull’esperienza diretta della passione, del dolore . “Amare, voce del verbo morire” -diceva don Tonino Bello, ma perché l’amore inteso come fuoco che arde fa cadere le squame dell’egoismo, trascina verso la maturazione , tutto esalta nel bene come nel male. … L’amore è sempre santo, perché le sue vampe partono dall’unico incendio di Dio. Vedete? Io credo non si può escludere tout court l’eros, semplicemente perché è radicato nella natura stessa dell’uomo. Il creatore stesso viene descritto dai profeti Osea ed Ezechiele con moti si passione indicibile attraverso ardite immagini erotiche, basterà leggere il cantico decantici per rendersene conto. Penso che il grosso errore imputabile al cristianesimo sia stato – e lo è ancora-esaltare agape ad amor perfetto eludendo una realtà fonfamentale: che cioè l’uomo è insieme totalmente agape ed eros -amore ascendente e amore discendente — due forze che non si lasciano mai separare completamente. Quanto più ambedue, pur in dimensioni diverse, trovano la giusta unità, tanto più si realizza la vera natura dell’amore in genere, quello casto appunto…dimentico di se! “Chi ama la propria vita la perde e chi odia la propria vita in questo mondo la guadagnerà”…
Venia: non ho completato la frase che risulta tronca…dicevo:
E’ vero che castità è dono, valore da perseguire certo; tuttavia, senza un’esistenza basata sull’esperienza diretta della passione, del dolore,non si ha la capacità di riconoscere la vera purezza del cuore: la castità appunto.
Poniamo il caso del re Davide: se non avesse interiorizzato, subìto, odiato la sua esperienza oscura, la sua passione accecante che lo portò ad uccidere finanche.. non sarebbe stato capace di scrivere salmi a Dio di così’ intensa bellezza come quelli che conosciamo: un faro di luce per ogni uomo che voglia “mettersi in viaggio”,per ritrovare l’ “oriente” smarrito al di là del proprio deserto esistenziale…
Sono veneto ed ho letto in un quotidiano locale l’intero intervento del patriarca. L’ho trovato lontano dalla vita reale delle persone, carico più di argomentazioni ed astrazioni filosofiche che del vissuto della gente. Non mi è parso in grado di intercettare i problemi autentici delle persone nel tema dell’affettività e di dire parole significative al riguardo. Evidentemente la preoccupazione maggiore era di non dire qualcosa che non si conformasse in toto con l’insegnamento tradizionale. Trovo che sul tema si sia espresso con più coraggio e più paterna saggezza il cardinal Martini nel suo libro “Conversazioni notturne a Gerusalemme”.
Io invece apprezzo le parole del card. Scola.Non le trovo lontane dalla realtà, ma capaci di provocare una riflessione meno superficiale di quelle a cui siamo abituati.
Chi l’ha detto che non si possan o dire “parole significative” e capaci di intercettare i problemi autentici delle opersone senza contraddire necessariamente l'”insegnamento tradizionale”?
Si tratta di una opinione personale e in quanto tale, appunto, opinabile. Trovo impossibile convenire su alcune affermazioni, come la negazione della presenza di un istinto sessuale, o su talune similitudini espresse, come il parallelismo tra differenza sessuale e la Trinità. Ma al di là di queste cose ritengo che non si possa fingere che nulla sia accaduto nei decenni successivi al ’68 e che non si possa giudicare tutto ciò che è intervenuto successivamente come decadimento e abbruttimento. L’idea che la sessualità espressa al di fuori del vincolo matrimoniale sia necessariamente qualcosa di sporco o bestiale (che trova eco anche in un passo del discorso del cardinale), ritengo dovrebbe essere profondamente riconsiderata.
Una domanda per il mio conterraneo Alexandros (con l’occasione, benvenuto !): veneto, scusami, di dove (se non sono troppo indiscreto) ?
Buona notte !
Roberto 55
Un saluto a Roberto e grazie per il benvenuto. Sono di Treviso.
Io della provincia di Venezia – zona del “Miranese”: siamo, dunque, “condiocesani”.
Buona notte.
Roberto 55