Ho detto – nel post del 9 febbraio – che non condividevo l’interruzione del sostentamento vitale di Eluana ma che non chiamavo “assassino” il padre e chi ne condivideva la decisione: perché a ogni evidenza si trattava di porre fine o meno a un trattamento di rianimazione clinica iniziato tanti anni addietro e non affatto di “omicidio commesso proditoriamente, con premeditazione” (Dizionario Battaglia). Confermo quell’opinione dopo due giorni nei quali le parole “omicidio” e “assassinio” hanno furoreggiato nella nostra vita pubblica. Con ciò non dico che quella riguardante Eluana non sia stata una decisione grave: dico che non era “assassinio”. Con lo stesso intendimento – di rispetto delle parole che è poi rispetto delle persone che nomino – non chiamo “omicidio” l’aborto o la soppressione di embrioni, benché sappia bene che nella storia vi è stato chi ha qualificato come “omicidio” persino la contraccezione. A chi obietta che così banalizzo l’uccisione del feto rispondo che la parola “aborto” è già abbastanza per dire questo. E ritengo non si debba usare la stessa parola – quale essa sia – per indicare l’uccisione del feto e la soppressione dell’embrione. La disputa accesa, la guerra culturale e i titoli dei giornali di cui essa si avvale, gli scontri nell’aula del Senato tendono all’uso di parole incendiarie che non aiutano la comprensione dei fatti e non allievano la confusione dei cuori. Le parole sono importanti e nella loro scelta dovrò porre lo stesso scrupolo con cui decido le mie azioni. Lo diceva già Cicerone e io lo dico per me.
a questo proposito, credo, segnalo il seguente post:
http://corsaro.splinder.com/post/19811675/Mitezza+e+rispetto
Le parole sono chiodi.
Mi pare l’avessi scritto Luzi.
Concordo con Luigi sull’uso della parola “assassino” e “omicidio”, benchè tali parole siano usate in questo caso anche a livelli “altissimi”, purtroppo.
ed io concordo con Luigi e maioba
D’accordo su “assassinio”, che ha una connotazione aggiuntiva di violenza e odio, in disaccordo completo su “omicidio”, che è l’unico termine di cui la lingua italiana dispone per indicare la soppressione di un essere umano. Esiste l’omicidio per legittima difesa, che esime da responsabilità penali chi lo commette (e in genere non dà luogo neanche a riprovazione sociale); esiste l’omicidio colposo, che non fa di chi lo ha commesso necessariamente un criminale; esiste l’omicidio rituale, verso cui gli antropologi di oggi sono in genere ben disposti …
Sarebbe interessante chiedersi invece perché tanta pruderie sull’uso di un termine così “neutro”?
Ah, dimenticavo: che cosa diavolo significa «trattamento di rianimazione clinica » applicato al caso di Eluana Englaro? Questa sì che è neolingua orwelliana:
Assolutamente d’accordo con Luigi. Più chiaro di così…
Si potrebbero girare queste considerazioni anche a “Avvenire”? I suoi sproloqui sul padre-boia non rappresentano affatto il sentimento (credo) della maggioranza dei cattolici italiani.
Se Sumpontcura fosse stato ancora un avventore di questa mescita, avrebbe potuto ricordarci che padre Cristoforo si inginocchia davanti al fratello dell’uomo da lui ucciso dicendo appunto: io sono l’omicida di suo fratello.
Che bello chiamare le cose con il loro nome!
(e che utile, io penso, aver studiato dai gesuiti, quando ancora non si erano imbastarditi).
Sarei d’accordo con Leonardo, a patto di chiamare “tecnicamente” omicida anche il genitore che rifiuta cure inutili per il figlio malato terminale (la differenza sta tutta nella definizione di cosa sia accanimento terapeutico, cosa cioè distingua il “lasciar morire” dal “procurare la morte” in modo attivo – da questa definizione discendeva anche tutta la mia incertezza – più volte dichiarata – rispetto al caso Englaro).
Insomma, temo che omicidio non sia un termine così neutrale, e temo che non venga usato per esigenze di precisione linguistica, ma con un intento di chiara condanna morale.
“Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno.”
questo deve essere il parlare cristiano anche se il sentimento della maggioranza dei cattolici fosse “mah, non lo so, forse, ni”.
accolgo, con riserva, la “mozione Leonardo”.
La riserva me la tengo per via della “bavetta” che fuoriesce da diverse bocche cattolicissime quando usano le parole come clave o sedie elettriche (tema questo affrontato su questo blo in un bel post di qualche tempo fa).
(e che utile, io penso, aver studiato dai gesuiti, quando ancora non si erano imbastarditi).
——–
Ma come non eri tu il principe dei bastardi?
Oltre ai patti lateranensi.
Oggi la Chiesa celebra la giornata del malato.
E i 150 anni della Madonnadi Lourdes, in tutti gli ospedali italiani e nel mondo i cristiani, nella memoria di Cristo morto e Risorto sono vicini ai sofferenti con la loro presenza, con il pensiero e soprattutto nel silenzio della preghiera.
Anch’io stamani ho pregato con e per loro estendendo la preghiera a voi e ai vostri cari.
Maria salute degli infermi, visita e consola i nostri dolori e insegnaci a sperare nel tuo Figlio Crocifisso e Risorto per la nostra salvezza. Amen!
Un caro saluto a tutti.
Mi riaffaccio dopo un po’ di tempo (nel frattempo venti giorni fa è nato il mio terzo bimbo).
Per il tema di oggi, suggerisco di rileggere i paragrafi 58 e 99 dell’Evengelium Vitae di Giovanni Paolo II.
Il primo tratta proprio della terminologia da usare quando si parla di aborto, senza sconti.
Il secondo è un’esortazione piena di speranza alle donne che hanno abortito.
58. Fra tutti i delitti che l’uomo può compiere contro la vita, l’aborto
procurato presenta caratteristiche che lo rendono particolarmente grave e deprecabile. Il Concilio Vaticano II lo definisce, insieme all’infanticidio, «delitto abominevole».
Ma oggi, nella coscienza di molti, la percezione della sua gravità è andata progressivamente oscurandosi. L’accettazione dell’aborto nella mentalità, nel costume e nella stessa legge è segno eloquente di una pericolosissima crisi del senso morale, che diventa sempre più incapace di distinguere tra il bene e il male, persino quando è in gioco il diritto fondamentale alla vita. Di fronte a una così grave situazione, occorre più che mai il coraggio di guardare in faccia alla verità e di chiamare le cose con il loro nome, senza cedere a compromessi di comodo o alla tentazione di autoinganno. A tale proposito risuona categorico il rimprovero del Profeta: «Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre» (Is 5, 20). Proprio nel caso dell’aborto si registra la diffusione di una terminologia ambigua, come quella di «interruzione della gravidanza», che tende a nasconderne la vera natura e ad attenuarne la gravità nell’opinione pubblica. Forse questo fenomeno linguistico è esso stesso sintomo di un disagio delle coscienze. Ma nessuna parola vale a cambiare la realtà delle cose: l’aborto procurato è l’uccisione deliberata e diretta, comunque venga attuata, di un essere umano nella fase iniziale della sua esistenza, compresa tra il concepimento e la nascita.
La gravità morale dell’aborto procurato appare in tutta la sua verità se si riconosce che si tratta di un omicidio…ecc. ecc.
99. Non lasciatevi prendere dallo scoraggiamento e non abbandonate la speranza. Sappiate comprendere, piuttosto, ciò che si è verificato e interpretatelo nella sua verità. Se ancora non l’avete fatto, apritevi con umiltà e fiducia al pentimento: il Padre di ogni misericordia vi aspetta per offrirvi il suo perdono e la sua pace nel sacramento della Riconciliazione. Allo stesso Padre e alla sua misericordia potete affidare con speranza il vostro bambino”.
«Ma come non eri tu il principe dei bastardi?»
Ma no, si figuri! Io scuola statale, laica e repubblicana, dalle elementari all’università. Chi ha studiato dai gesuiti (di una volta) avrà, immagino, un’altra classe.
Auguri Fabrizio! nel vuoto lessicale continua l’incarnazione!
Un abbraccio!
ma da quando è appurato che i gesuiti si sarebbero imbastarditi?
è uscito sull’Osservatore Romano?
ah… sul Foglio.
Scusate, ma l’analogia del caso Englaro con l’aborto a me sembra molto tenue.
Secondo voi è “omicidio” il caso dei genitori che rinunciano a far somministrare una chemioterapia al proprio figlioletto al quale i medici non danno alcuna speranza? [Cito questo caso, che mi fa venire i brividi solo a pensarci, perché è un caso di cui si è già parlato in precedenza]
Tra l’ “omicidio” e l’accanimento terapeutico riconoscibile in modo chiaro c’è tutta una gamma di situazioni “grigie”, rispetto alle quali non è legittimo applicare una griglia bianco/nero. La situazione di Eluana a mio avviso era una tipica situazione “grigia”. Dobbiamo accettare che ci sia il grigio, la situazione di dubbio, e sulla situazione di dubbio non si interviene con i proclami e le scomuniche. Sulla situazione di dubbio si esercita la coscienza individuale. La verità è che assumersi la responsabilità di una decisione su queste scelte tragiche è unache molti (e purtroppo questo accade specialmente nella chiesa) hanno paura di cosa terribile per chiunque, dunque è naturale che preferiamo (specie quando la cosa riguarda altri) una risposta netta, magari preconfezionata.
Da questo punto di vista, anche l’uso delle parole è significativo.
Uff… mi è scappato un copia/incolla. Riscrivo le ultime frasi:
«La verità è che assumersi la responsabilità di una decisione su queste scelte tragiche è una cosa terribile per chiunque, dunque è naturale che preferiamo (specie quando la cosa riguarda altri) una risposta netta, magari preconfezionata.
Da questo punto di vista, anche l’uso delle parole è significativo.»
Auguri a te Fabrizio e a tua moglie!!!!!!! E ben arrivato al tuo piccolino!
Sono anche io contrario a incendiare il dibattito con termini tipo “assassini” o “omicidi”.
Tra l’altro, ho sempre avuto chiaro che nel caso Englaro la battaglia culturale e politica non si potesse comunque fare contro le persone, nè da una parte nè dall’altra, perchè secondo me la strumentalizzazione non è mai stata -nonostante tutto – più forte della buona fede e delle convinzioni sincere.
Semmai, si può dire che “omicida” sia l’ideologia cui si rischia di arrivare, mettendosi sulla china del relativismo, della disinvoltura biomedica, della concezione salutistica e cose simili.
Stigmatizzare fortemente le voghe culturali ed educative, rispettare sempre le persone, soprattutto in fatti drammatici e combattuti per la coscienza di tutti e singoli.
Senza la capacità di poter citare Cicerone, mi limito a un’altra più modesta citazione.
“Le parole sono importanti” lo diceva anche Nanni Moretti nel personaggio di Michele Apicella in “Palombella rossa” (Moretti, 1989) nella memorabile intervista con la giornalista della rivista patinata…
Condivido l’invito, dr. Accattoli.
Con una piccola “riserva”.
Quando mi trovo davanti a frasi come queste:
“Eluana ha rotto l’incantesimo: la vita buona è solo quella consapevole… Ha rotto l`incantesimo della sacralità della vita. Quello secondo cui la vita è un mistero sempre nuovo e imprevedibile, è un dono sempre buono in sé e positivo”.
Come definire il senso di frasi come questa?
Non è la disperata amarezza a parlare (sarebbe comprensibile); è un lucido e conseguente programma politico … nei confronti del quale non troviamo parole e gesti per rispondere.
“Eluana ha rotto l’incantesimo: la vita buona è solo quella consapevole… Ha rotto l`incantesimo della sacralità della vita. Quello secondo cui la vita è un mistero sempre nuovo e imprevedibile, è un dono sempre buono in sé e positivo”.
Sono rimasta a fissare questa frase per alcuni minuti. E’ bella e autentica.
Ma forse dovremmo fare attenzione (e lo dico spesso un po’ tutti) a non far divintare dei princìpi dei prìncipi e pure despoti della nostra pietà e delle scelte altrui dettate – a volte – da semplice umanità.
E ricercare il significato dei termini … beh! … è utile per non “punire con giudizi” chi non la pensa allo stesso modo.
Anche la Carità ha un suo linguaggio.
@ fabrizio – 11 Febbraio 2009 @ 14:12
Mi riaffaccio dopo un po’ di tempo (nel frattempo venti giorni fa è nato il mio terzo bimbo).
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Auguri di cuore per ogni bene dal Signore al tuo bimbo
Marta, scusa, sei consapevole del reale significato di quelle frasi?
E io invece insisto nel dire che non si è rotto nessun “incantesimo”. (A proposito, da dove viene quella frase, Lycopodium?).
Io credo che, attribuendo la buona fede a tutte le “fazioni”, stia proprio qui la distanza. E in fondo è proprio una questione di parole! Volendo essere un po’ schematici, abbiamo
(a) chi vede nel caso Englaro un episodio forse borderline ma tutto sommato “in continuità” con la pratica (comune) di rinunciare all’accanimento terapeutico
(b) che vede in questo caso il primo episodio, ufficialmente sancito da una sentenza, di eutanasia
Tra chi condivide l’interpretazione (b), troviamo le posizioni opposte e speculari di chi si oppone con tutte le sue forze, in nome della violazione della sacralità della vita, e di chi invece dà il benvenuto all’eutanasia stessa. Come già detto più volte, io mi sento di negare questa contrapposizione sposando l’interpretazione (a). Provo a dirlo in un modo ancora diverso: secondo me la questione in gioco riguarda più il modo in cui ciascuno è chiamato ad affrontare la morte che non la contrapposizione vita sì/vita no. Spero di essermi spiegato.
Dunque, non vedo perché, anche oggi, il giorno dopo, non si possa sostenere con fermezza che “la vita è un mistero sempre nuovo e imprevedibile, è un dono sempre buono in sé e positivo”!
Sì, credo di sì … ma la tua domanda mi inquieta un po’. Ma io le prendo nel senso più semplice possibile.
Che c’è che non va?
Un saluto a tutti ed in particolare a Fabrizio, per la nascita del terzo figlio.
Vi invio un articolo molto interessante apparso oggi sulla stampa.
“Rispetto il papà: ha voluto provocare le coscienze”
intervista a Mons. Giancarlo Maria Bregantini a cura di Giacomo Galeazzi
in “La Stampa” dell’11 febbraio 2009
«Sono vicino a Peppino Englaro che invece di ricorrere a sotterfugi è sempre stato corretto e ha
creduto nella giustizia. Bisogna apprezzare la sua rettitudine». L’arcivescovo Giancarlo Maria
Bregantini, 60 anni, trentino, commissario Cei del Clero e della vita consacrata, per tre lustri presule
anti-clan a Locri e due anni fa promosso alla guida dell’arcidiocesi di Campobasso, tende la mano
al papà di Eluana che, invece, secondo Avvenire «si è fatto giudice e boia».
Peppino Englaro «boia», come attacca il giornale della Cei?
«Ora è proprio il caso di abbassare i toni e riflettere con maggiore pacatezza ed equilibrio. E senza
dimenticare mai che la misericordia è la nota dominante che permea tutto il Vangelo. Come credenti
dobbiamo stringerci attorno alla famiglia Englaro che per 17 anni ha sofferto un atroce calvario e
ora sperimenta il dolore più lancinante. Sul piano soggettivo e a livello personale, dobbiamo tutti
comprendere una situazione altamente dolorosa che si è conclusa in modo triste. Io avrei preferito
che Eluana fosse affidata sempre più alle suore e continuare a starle vicino accompagnando questo
padre così provato e meritevole di profondo rispetto».
Qual è il merito del papà di Eluana?
«Peppino Englaro è stato grande nell’aver voluto una soluzione legale senza mai cercare scorciatoie
sotto banco. Personalmente non avrei trasferito Eluana a Udine, ma non pronuncerò mai condanne
contro la famiglia Englaro né farò campagne. Va rispettato il dolore personale, soggettivo di un
padre che si è fidato della giustizia ed è stato esemplare nel rifuggire dai sotterfugi. Di tanti casi
simili a quello di Eluana non si è mai saputo nulla perché si sono fatte le cose di nascosto. Al
contrario, Peppino Englaro, con la sua rettitudine, ha voluto provocare le nostre coscienze, perciò
merita rispetto sul piano personale e della modalità d’azione. Ci ha posto di fronte ad un macigno
sul quale bisogna riflettere».
Oltreché contro Peppino Englaro, le associazioni cattoliche puntano l’indice contro
Napolitano per la mancata firma sul decreto «salva-Eluana». E’ d’accordo?
«No. Il Capo dello Stato aveva motivazioni certamente fondate per non firmare. Era la sentenza dei
giudici a non essere accettabile per la morale cattolica, non certo la mancata firma del presidente
Napolitano. Piuttosto il Parlamento poteva essere più lungimirante e assumersi prima il compito di
legiferare sul fine vita e non pretendere di risolvere tutto in poche ore. Adesso bisogna cogliere la
provocazione positiva di Peppino Englaro. Ha anche chiesto la benedizione di Eluana, che va
accolta con grande misericordia tra le braccia della Chiesa. Avremmo dovuto camminare più
insieme alla famiglia Englaro, accompagnarla di più in questi anni. Eluana potrebbe essere la nostra
mamma, la nostra sorella, una persona a noi cara. Non dobbiamo lasciare sola la famiglia Englaro».
Fin da bambino ho pensato che l’aborto fosse una cosa terribile, molto triste. Fin da bambino pensavo alle mamme che avevano vissuto questo e mi sembrava che fossero in lutto. Sapevo che erano state responsabili di una scelta precisa (ma i margini di scelta a volte sono condizionati da molti fattori, questa è una riflessione da adulto…), ma prevaleva in me un senso di tristezza per loro. La parola “aborto” mi fece subito impressione. E anche oggi mi sembra la parola più adeguata. Non mi persuade affatto l’espressione “interruzione di gravidanza”, ma troverai innaturale anche l’espressione “omicidio”. Soprattutto non ne sento il bisogno. Anche culturalmente la parola “aborto” è da sempre la più precisa. E non mi sembra affatto “debole”.
Sul caso Eluana, invece sono perplesso. Non userei mai la parola “omicidio” riferendomi alla scelta del papà (anche perchè le intenzioni di un gesto significano quel medesimo gesto), ma rispetto a noi, rispetto al dibattito sul testamento biologico mi chiedo quali siano le parole giuste per definire delle politiche che sposano la possibilità dell’eutanasia. Mi chiedo cioè: avvallare la totale autodeterminazione degli individui sul tema della vita e della morte pone lo stato, la società in quale situazione? Che cosa deve fare lo Stato? Che cosa deve fare un medico? Se non impedisco a qualcuno di farsi male, di procurarsi la morte, se anzi lo assecondo o lo favorisco…che cosa sto diventando? Che cosa stiamo diventando? Non userei la parola “assassini”, sia chiaro. Ma complici di un delitto, questo sì.
Marta e MassimoD, l’autore è Maurizio Mori. Penso di aver detto tutto.
Mi spiace, non so chi sia Maurizio Mori. Dovrei? Ora mi informo.
Chiunque sia, come dicevo, non condivido affatto la sua affermazione.
don Mario: condivido tutti i tuoi dubbi sulla questione del “fine vita”, eutanasia e testamento biologico. Bisognerà certamente essere molto chiari nel non estendere la possibilità di scelta all’eutanasia.
Insisto infine sul fatto che siamo in una zona grigia, e dobbiamo accettare che non esisterà legge in grado di dare la risposta migliore in tutti i casi senza ambiguità. A me sembra importante che sia chiaro il principio, e su questo non c’è formulazione migliore di quella del Catechismo della Chiesa cattolica, già riportata giorni fa in questo blog.
Ma più in generale: siamo sicuri che la soluzione possa trovarsi nelle parole “impedire” ? È possibile “impedire” a qualcuno di lasciarsi morire di fame, di morire se non vuole vivere? Possiamo al massimo stargli vicino e magari fargli desiderare la vita, ma costringere a vivere può essere anch’essa una forma di violenza.
Gentile signora Marta: la frase che le è tanto piaciuta:
«Eluana ha rotto l’incantesimo: la vita buona è solo quella consapevole… Ha rotto l`incantesimo della sacralità della vita. Quello secondo cui la vita è un mistero sempre nuovo e imprevedibile, è un dono sempre buono in sé e positivo»
nel suo unico senso possibile, significa che quando la vita non è consapevole non è buona, non ha valore (quindi gli incoscienti si possono sopprimere), che la sacralità della vita è solo un incantesimo (quindi si ne può disporre come di qualsiasi altro bene: ad esempio si può vendere, comprare ecc. ecc.), che la vita non è un mistero (quindi gli uomini – alcuni uomini, quelli intelligenti – sono in grado di comprenderla perfettamente, di dominarla e di prevederla), che non è un dono sempre buono (quindi o non c’è nessun donatore o c’è un donatore cattivo che fa regali avvelenati).
Gentile signora, è proprio sicura che le piaccia? Davvero non avverte quanto essa sia radicalmente e totalmente anticristiana?
Luigi lo sapeva che non avrei resistito all’esca di una logomachia come questa, quindi dovrà mettere in conto a se stesso anche la mia petulanza nel chiedergli nuovamente da quale ripostiglio abbia tirato fuori un’espressione incredibile come questa: «porre fine o meno a un trattamento di rianimazione clinica iniziato tanti anni addietro», per descrivere ciò che è stato fatto a Eluana. Prima dissi “neolingua orwelliana”, ora aggiungo langue de bois della peggior specie.
lycopodium
ahhhh! ecco … ma io l’ho solo inteso questa sacralità della vita come valore (ma è riduttivo come termine) al di là di quale vita si parli.
Una sacralità che continuo a non pensare sia un incantesimo, ma un dato di fatto portato avanti da Gesù stesso.
Personalmente ho vissuto da vicino certe situazioni (compreso quello dell’aborto di un’amica da cui è stata segnata a vita), ma non mi sono mai sognata di imporre la mia convinzione, proponevo – certo, perchè non ho mai rinnegato nulla – ma poi ho sempre cercato di accompagnare nel dolore della scelta e anche dopo a scelta fatta.
Te l’ho detto, l’ho presa come semplice frase che ha in sè una grande verità, difficile da ingoiare, se vuoi, ma sempre verità!
Il peso delle parole è molto importante e spesso vengono utilizzate a sproposito solo per avere ragione, come il termine antisemita. In questo contesto però (la morte di Eluana) vengono utilizzate invece per alleggerire una problematica e far passare principi innaturali. Per esempio il termine testamento biologico per me è inappropriato: questo potrebbe indicare la volontà di donare gli organi al momento della morte in quanto qualsiasi testamento si perfeziona con la morte.
Invece viene utilizzato per legalizzare una pratica che è un mandato preventivo all’ omicidio. Neanche la parola eutanasia (dolce morte) è corretta in quanto morire di stenti, di fame e di sete non è per nulla doce.
Spesso le parole vogliono nascondere la nostra ipocrisia.
Ieri ho visto un’ imbarazzante prete (mi sembra della Pontificia accademia delle scienze)a Ballarò aver difficoltà a delineare il suo pensiero quando gli hanno chiesto se era omicidio quello che era successo ad Eluana.
Non si è capito molto di quello che voleva dire proprio perchè aveva paura ad utilizzare i termini giusti.
In questi momenti di sbando etico e di confusione nella nostra società la Chiesa anche a costo di non ingraziarsi le simpatie (sembrava molto divertito dalle prese ingiro neanche troppo divertenti) deve porre un discrimine, che poi magari non sarà accolto e accettato da molti, ma che funga da baluado e da faro per ognuno che si voglia direzionare a lei
Nooo Leonardo, non l’ho intesa nella sua prima parte, ma nella sua seconda parte.
Ho puntato gli occhi su SACRALITA’ solo su quella e per quella io lotto. Figurarsi proprio io!
Mi dispiace ci sia stato questo malinteso, ma avevo completamente tolto di mezzo l’inizio della frase:
la vita buona è solo quella consapevole che è un’autentica bestemmia contro l’uomo, contro la libertà e contro Dio.
Mi dispiace!
… ma non darmi del “lei” … mi fai sentire una cariatide!!!
Passavo solo per un saluto, non potendo partecipare alla discussione per la elevatezza, almeno per me del tema trattato, la giustizia umana ha detto che non è stato assassinio o omicidio altrimenti non lo avrebbe autorizzato, la giustizia divina la conosceremo quando ci saremo davanti.
E …, ai posteri l’ardua sentenza.
Un caro saluto
auguri a Fabrizio, prima di tutto, per il suo terzo figlio. l’esperienza di un figlio nuovo, di una nuova vita è sempre una delle più belle e più profonde incursioni di Dio nella storia che una persona possa provare. Godiamo, dunque, con te, caro Fabrizio, e grazie di averci resi partecipi di questa bellezza.
Sui dubbi di Don Mario rispetto a testamento biologico ed eutanasia, a me sono parse convincenti alcune considerazioni di Rodotà, nel senso che nella vita e la morte sono indisponibili a una disciplina di diritto. non possono essere regolate, nel senso che nessuno può imporre o vietare ad altri di vivere o morire. si tratta di sfere estremamente personali intoccabili da chiunque salvo la persona stessa titolare della propria vita e della propria morte. se sono sfere personalissime, il diritto così le deve trattare lasciando libertà di autodeterminazione. Al mio avviso di cristiano, questo non comporta per me sposare l’eutanasia, né aderire all’idea che la morte sia meglio della vita, ne sponsorizzare l’idea che in certi casi sia meglio morire che vivere. Sono aperto alle vostre letture, ma per me significa solamente non imporre niente a chicchessia in questo ambito. Non è nel nostro potere di uomini impedire ad altri di sbagliare, peccare; coartare una volontà nella direzione che a noi sembra più giusta.
Anzi, io da questo riesco proprio a ricavare il compito e la sfida affidati a me, alla mia fede, alla mia capacità di rispondere e testimoniare e alla chiesa. Quello di rendere le persone profondamente convinte della bellezza della vita e della scelta di viverla in pienezza, di non sprecarla in nessun modo, di non deformarla, non deturparla, non disprezzarla, ma anzi di amarla e rispettarla anche là, dove non sembra più essere una vita, laddove non sembra più esserci spazio per la dignità; quello di testimoniare che la c’è chi ha vinto la morte; c’è chi è più forte della peggiore delle disgrazie possibili. Siamo noi che dobbiamo riempire di significato questa dignità, queste esistenze che non hanno più speranza, amore, fiducia. Altrimenti, che ci stiamo a fare? questo possiamo fare con la testimonianza della nostra vita personale, ma certamente anche con le parole, con la persuasione e tutte le arti e i carismi che il Signore ci ha affidato. Non credo con la forza e il potere; non credo con la legge. certamente, io tratterrei anche con la forza e una qualche energia qualcuno che stia tentando di suicidarsi. ma forse non potrei entrare nella sua vita fino al punto di coartarlo, legarlo, costringerlo a non viverla più purché egli risponda al mio desiderio che egli viva.
@ Mattlar
Se si ammette, come sembra ammettere Rodotà parlando di “sfere estremamente personali intoccabili”, vale a dire di una specie di “analogo laico” del PRINCIPIO cristiano e umanistico dell’ “indisponibilità dell’essere vivente”, ciò non è senza conseguenze.
Infatti implica:
1) la presa d’atto della subordinazione di ogni criterio “qualitativo”
2) un sobrio e responsabile uso delle deroghe al principio stesso
3) e, ultima ma non irrilevante, la consapevolezza – anche politica – del carattere “preventivo” di tale principio, nei confronti di ogni suo possibile sovvertimento, da parte di istanze individuali, lobbyistiche o statali.
Il “ciascun per sé decida” è presupposto illimitato o illimitabile?
Non possiede, invece, “vincoli strutturali” che – quando non rispettati – lo vanificano nella definizione e nell’esercizio?.
Non mi sembra inutile rifletterci.
Caro Fabrizio,
auguri di cuore.
@ Mattlar
Sono naturalmente convinto che il nostro prino compito come Chiesa sia quello di educare le coscienze, perchè ciascuno arrivi con intelligenza e nel pieno della sua libeertà a scegliere una cultura della vita. Ma questa cultura non esonda da una dimensione individuale per diventare proposta (anche politica) per un’intera società. La società non ha l’onere di occuparsi del bene degli individui al di là delle disposizioni del singolo individuo? Un esempio, mi rendo conto, di altro livello: il proibizionismo. Una società che vieti l’uso delle droghe sta ledendo i diritti individuali dei suoi cittadini?
L’esempio non vuole essere polemico. Mi inquieta l’idea che il diritto non possa esprimersi se non per avvallare le istanze di un singolo individuo. Credo che la Legge abbia un compito formativo nella società. E su questo punto parlo come cittadino, che ha una certa idea di stato.
Mi è sfuggito un punto interrogativo, scusate!
“Ma questa cultura non esonda da una dimensione individuale per diventare proposta (anche politica) per un’intera società?”
Scusate tutti, ma visto che è l’11 febbraio, giornata del malato e della Madonna di Lourdes, propongo a tutti una preghiera particolare per la mamma di Eluana che è gravemente malata, per il papà di Eluana che deve accompagnarla in questa lotta e per tutti quanti sono nella sofferenza … anche quelli che assistono impotenti a tante malattie senza scampo.
E, nel caso qualcuno avesse ancora qualche dubbio, per me (e spero per tutti) che vale è questa affermazione la vita è un mistero sempre nuovo e imprevedibile, è un dono sempre buono in sé e positivo.
Ma sono con don Mario sull’ educare le coscienze con la nostra stessa vita.
Sempre a proposito di parole.
In questi giorni si è parlato in lungo e in largo del diritto costituzionale a rifiutare le cure, brandito da alcuni come fondamento di un preteso diritto a morire che sarebbe inscritto, almeno implicitamente, nel nostro ordinamento.
La costituzione, poverina, è come la pelle della maletta (si direbbe dalle mie parti) e ognuno la tira dalla parte che vuole. In realtà, l’art. 32 tante volte citato recita:
«Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge».
Dunque una disposizione di legge che obblighi ad un determinato trattamenro sanitario è perfettamente costituzionale, salvo il limite previsto nel successivo comma: «la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana».
(Non ho studiato i lavori della costituente, ma ci scommetto che i padri fondatori, poverini, quando scrissero questo articolo non pensavano certo a gente che rifiuta le cure perché vuole morire; pensavano alle vittime dell’eugenetica e dei mostruosi trattamenti ‘sanitari’ fatti nei lager)
ma clodine, che hai fatto? dove sei?
nel messaggio del presidente Napolitano a proposito dell’epilogo della vicenda Englaro, leggo un invito al silenzio dovuto a “un naturale rispetto umano”. Faccio notare che il “rispetto umano” è una caratteristica moralmente negativa: è il silenzio omissivo, dovuto a paura dell’opinione altrui, quando invece si dovrebbe denunciare un fatto moralmente censurabile. Ogni commento è superfluo.
Peraltro non è la prima volta che nei messaggi presidenziali si leggono strafalcioni, come quando Gramsci fu definito “martire del fascismo”.
Ciò a prescindere dal contenuto del messaggio in questione e dalle opinioni del presidente Napolitano, sulle quali il sottoscritto, come decine di milioni di persone, esprime le più ampie riserve.
Be’, non so cosa pensassero i padri costituenti, così ad inventare sono bravi tutti. Forse qualche costituzionalista potrebbe spiegarcelo basandosi sui documenti. Ma il fatto che il sovrano debba rispettare l’integrità del corpo dell’individuo è principio radicato in tutti gli ordinamenti liberali (probabilmente non lo è nelle teocrazie o nei regimi dispotici). Mi spaventa che qualcuno voglia rimetterlo in discussione in Italia; lo attribuisco ad una certa vena autoritaria e illiberale che serpeggia anche da queste parti. Se questa è la posta in gioco, l’imposizione delle cure, dico che l’abbiamo scampata bella, e che forse i “laici” non hanno tutti i torti a vedere un pericolo in certe posizioni cattoliche. Bisogna essere vigili. Ma confido il fatto che la posizione di Leonardo sia isolata anche nel mondo cattolico.
Se poi si arriva a considerare il “rispetto umano” un valore negativo, allora siamo a posto.
Rispondo anche al ben più stimolante commento di don Mario, che mette in campo il valore educativo della legge, quello che i giuristi chiamerebbero valore espressivo della norma. Stando attenti a non cadere in certe forme di “stato etico” e di paternalismo, e tenendo conto del pluralismo delle posizioni, credo che abbia ragione. È importante che la norma enunci il principio generale, e su questo rimando ancora una volta al Catechismo della Chiesa cattolica (2278); non riesco ad immaginare che si possano invece risolvere i singoli casi per via legislativa (o per via giudiziaria).
Ignigo, ma perchè dici che il “rispetto umano” è “silenzio omissivo”? Ti pare che nel Vangelo ci sia “silenzio omissivo”? Eppure di “rispetto umano” ce n’è un’infinità.
Ma oggi devo essere partiolarmente handicappata, mi fraintendono tutti … è non è un buon segno, considerando che è l’11 febbraio.
«Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge».
Senza evocare scenari drammatici, basta pensare alle vaccinazioni obbligatorie. In ogni caso, come insegnavano i vecchi filologi ellenistici, Omero va interpretato innanzitutto con Omero.
Curioso che il riferimento dell’art. 32 al rispetto («la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana») si sia intrecciato con l’osservazione di Iginio: “Faccio notare che il “rispetto umano” è una caratteristica moralmente negativa”.
Se fossi più lucido mi piacerebbe chiedere aiuto a sciogliere un mio dubbio su come conciliare l’appello generico “alla vita” e la frase del Vangelo: “Io sono la vita”.
Su canale 5 sta iniziando una puntata di AMICI che si preannuncia particolarmente interessante.
La De Filippi ha appena detto che è una puntata particolare perchè c’è un video di Celetano e Paltinette ha chiosato da par suo.
Ah eppoi c’è la prova “sogni” o “soldi” non ho capito bene.
@ MassimoD
Una semplice, spero non censurabile, curiosità intellettuale.
Trovi o meno “una certa vena autoritaria e illiberale” anche nel mio intervento delle ore 19.04?
Memore delle numerose discussioni iniziate e non proseguite,
un cordiale saluto!
@ Targum
Interessante rilievo, a proposito della “vita”. Che dubbi hai in proposito?
Colpa mia. Ci sono ricascato: avevo promesso “d’ora in avanti solo cazzate”, e invece mi sono lasciato adescare da una ghiotta disputa nominalistica e scivolando fino a proporre una piccola considerazione che si riferiva unicamente al fatto che in questi giorni si è sentito citare l’art. 32 della costituzione facendogli dire quello che probabilmente non dice, e qualcuno mi prende per un attentatore dell’integrità dei corpi dei sudditi. Propongo di non offendervi mai più e di fuggire le occasioni prossime di ragionamento.
@ Lycopodium
Non mi riferivo al tuo intervento.
Però, se devo essere sincero, quell’intervento, che pure mi sembrava interessante e meritevole di riflessione, non l’ho capito molto bene. Volevo chiederti se potevi riformularlo in modo più esteso.
Ok, Leonardo, in effetti hai ragione: nel tuo intervento non hai affermato quanto ti ho rimproverato nel mio successivo. Facevi una legittima considerazione su quanto scritto nella Costituzione. Chiedo venia. (Sarà anche la febbre che nel frattempo mi è venuta)
Ma siamo d’accordo che l’imposizione di cure, salvo cause di salute pubblica (vaccinazioni) sia un principio da difendere? Spero di sì.
Vedete la febbre? Volevo dire che “l’impossibilità di imporre le cure, salvo ragioni di salute pubblica, sia un principio da difendere”.
Ora mi faccio “imporre” una cura di tachipirina dalla moglie…
Scusate, ma come mai qui tutti prendono la febbre? E’ l’argomento o vi contagiate via blog? Quasi quasi cambio sito o mi metto la mascherina…:-)
Nicol … mah! magari è una partecipazione empatica … e sarebbe una bella cosa, molto bella davvero!
Il principio della “indisponibilità dell’essere vivente” – i cristiani direbbero “sacralità, intangibilità, integrità” – sembra nonstante tutto patrimonio anche di una parte del pensiero laico, laddove sfugge alle sirene del laicismo radicale.
Per essere coerenti con tale principio, anche da un punto di vista politico-legislativo, ci si deve rendere conto che:
Se l’essere umano è indisponibile, l’interesse verso la c.d. “qualità della vita” non può essere estremizzato, fino al punto di da farne un’affermazione di valore: l’indisponibilità dell’essere umano impedisce di assolutizzare ogni discorso del tipo “quale vita è degna di essere vissuta?”, e nega intransigentemente il correlato, ancorchè nascosto, discorso su “quale essere vivente è degno di vivere”.
Se l’essere umano è indisponibile, significa certo che è indisponibile agli altri, ma anche che è, in un certo qual modo, indisponibile a se stesso: il legislatore deve essere perciò prudente e vigilante, non solo nei confronti delle “espropriazioni” altrui (Stato compreso), ma anche alle “autoespropriazioni”.
Questo è il vero principio “liberale”, che nasce dalla consapevolezza della necessità che la libertà stessa non può prendersi, perdonatemi la battuta, “troppe libertà”, pena tramutarsi in schiavitù autogestita.
@ Lycopodium
Ora è chiaro cosa volevi dire. Sono d’accordo su molte delle cose che affermi. Ad esempio sul fatto che un’applicazione coerente del principio liberale impedisce di valutare alcune vite come “non degne”.
Non sono però convinto che dalla indisponibilità per gli altri segua anche l’indisponibilità a se stesso. Alla base dell’idea liberale mi pare invece che ci sia il principio che il soggetto è (l’unico) sovrano riguardo ad una sfera personale di diritti.
Anch’io credo opportuno evitare parole “pesanti”, che possono istigare all’odio. Nella realtà dei fatti, comunque, si tratta dell’elimazione di una vita umana: e non è neanche giusto “nascondere” questo fatto. Parlerei quindi non di “assassinio” (espressione troppo forte), né di “interruzione” (troppo debole), ma di di “soppressione di una vita”. Per me la morte di Eluana è purtroppo un passo verso la legalizzazione dell’eutanasia. Temo (spero di sbagliarmi) che vedremo presto ulteriori passi in quella direzione. E Maurizio Mori è il tipico esponente di una cultura che spinge in quella direzione.
A Leonardo che mi chiede che diavolo significhi «trattamento di rianimazione clinica» nel caso di Eluana Englaro. Posso dirti che cosa intendevo io con quelle parole, ad eco di quanto letto in questi giorni, essendo ignorante di medicina. Le lesioni cerebrali dell’incidente la mandano in coma. Nel reparto di rianimazione dell’ospedale di Lecco il trattamento cui la sottopongono riesce in parte: dopo un mese Eluana si risveglia, riapre gli occhi, respira da sola. Può essergli tolta la cannula della respirazione che le era stata inserita con una tracheotomia quattro giorni dopo l’incidente, ma le resta il sondino dell’alimentazione. I tentativi di ottenere un risveglio completo continuano per due anni, in cliniche di Lecco e Sondrio, ma non danno risultati. Nel 1994 arriva la diagnosi definitiva dello stato vegetativo persistente. Togliere il sondino dell’alimentazione – ciò che hanno fatto a Udine nella giornata di venerdì 6 – viene dunque a rappresentare l’ultima rinuncia a un trattamento di rianimazione durato due anni nella fase attiva e altri sedici in quella di attesa di un risveglio autonomo. Questo intendevo dire. Se tra i visitatori c’è un medico mi aiuti o mi corregga. O vedi tu.
marta ti faccio notare che ignigo74 e iginio sono due persone differenti.
Scusate, sono rimasto molto impressionato dalla testimonianza di questi carcerati di Padova:
http://www.ilsussidiario.net/articolo.aspx?articolo=12204
Raffaele,
il mondo spinge in quella direzione tanto temuta, ma spinge – e questo è il mio grande timore – ad una sorta di obbligo all’eutanasia e alla sospensione di cure mediche (e di qualsiasi altra cura) parametrandolo alla “qualità della vita” intesa come vita produttiva, che non crea problemi, sana (nei limiti consentiti). E’ una mentalità che spinge nel mondo d’oggi (basta vedere le cure degli anziani ed il progressivo relegarli in “case di cura”). E’ questo che temo tanto che è ciò che – scusate il paragone – si fa con gli animali (che per me è già mostruoso).
Questo è il vero pericolo. Anche perchè toglie qualsiasi libertà, obbliga ad essere ciò che magari non è possibile esserlo.
Sto estremizzando, è vero, ma alla fine la mentalità corrente è “c’è un problema? Lo eliminiamo subito.” … e lo si vede anche nelle aggressioni fisiche, nelle aggressioni verbali, nelle aggressioni psicologiche, nelle aggressioni in ambito lavorativo ed anche – ahimé – ecclesiale … lo si vede e lo combatto con quanta forza ho in corpo.
E credo si sia visto toppando in pieno la frase di Mori di cui ho tenuto conto la seconda parte quella del valore e miracolo di qualsiasi vita. Mori l’ha detta in senso polemico cercando di enfatizzare la prima parte, io ho polemizzato la prima parte enfatizzando sulla seconda.
Forse è solo una questione di occhi e di vistadi Dio.
Sì, Ignigo74, lo so ho sbagliato solo a digitare il nome. Scusa!
don Mario, grazie … anch’io sono rimasta impressionata da queste parole!
Marta09/Lidia,
Ignigo74, da buon gentiluomo, non te l’ha fatto pesare, ma, in realtà, gli devi profondissime scuse per l’errore di persona.
Buona notte a tutti.
Roberto 55
Uffa! Ma lo sapevo che che sono due persone diverse, ho solo sbagliato a scrivere il nome e poi … era una domanda su un commento, niente di più!
Vabbé, Ignigo74, … testa cosparsa di cenere, va bene?
Roberto55, che dici, posso sperare in un perdono o sarò punita sulla pubblica piazza?
marta09, forse non hai colto a chi era rivolto il sarcasmo di roberto55.
Come precisato anche da Ignigo74 («marta ti faccio notare che ignigo74 e iginio sono due persone differenti.»). Almeno per quello che ci è dato di vedere, sono invero MOLTO differenti.
E dai!!!!
Rendiamo “soft” la cosa!
buon lavoro a tutti!!!
condivido le riflessioni di Marta e non sono d’accordo sul richiamo per l’uso della parola “omicidio” nei confronti di Eluana Englaro così come nei confronti degli embrioni abortiti e nemmeno lo distinguerei troppo da “assassinio” perché, se non c’è una connotazione di odio, quanto meno quella di ‘non-amore’ o un senso di amore molto materialista e superficiale e di violenza (alla natura, oltre che alla persona) ci stanno tutte…
@ Lyco e a tutti
una domanda che non ricordo più se ho già fatto, ma sicuramente non ha avuto risposta.
Si discute su qualità della vita e si dice: questo criterio è illiberale perchè ci sarebbero delle vite “non degne” di essere vissute.
Son d’accordo, a patto che senza alcuna ipocrisia e perbenismo ci si impegni a difendere TUTTE le vite, TUTTE,e non a dire, come uno dei nostri stupendi politici che “d’ora in poi in Italia nessuno più morirà di fame e di sete”.
Dicevo: si discute su “qualità della vita”, ma non su “quantità della vita”. Per esempio quale sarebbe il criterio per dire che un uomo di novant’anni ha condotto una vita migliore rispetto ad un bimbo di nove?
La fede cristiana ci ha insegnato un’altra cosa mi pare…
Infine, e la domanda è legata alle due riflessioni precedenti, quando la scienza medica e soprattutto la tecnologia arriva a livelli impensabili, dove è lecito fermarsi e accettare il corso di una malattia o di un incidente devastante?
L’unico criterio è la nutrizione?
Attenzione: non voglio essere provocatore né superficiale, quindi le mie domande sono serie e fatte da ignorante
P.S.: sul concetto di “vita non degna di essere vissuta” son d’accordo e basta.
Ho limitato con un “a patto che”, non perchè in caso contrario non sarei più d’accordo, ma perchè ritengo che insieme all’impegno sui malati terminali o gravi ci sia anche l’impegno sui vivi, che invece… siccome sono totalmente autosufficienti, che se la cavino da soli….
di Marcello Pera
Tratto da La Stampa del 11 febbraio 2009
Per decidere sul caso Eluana e sui molti altri simili se sia lecito togliere alimentazione a un individuo in coma permanente tutti si sono appellati all’art. 32 della Costituzione.
Ho ragione di credere che non sia stato letto con attenzione, perché quell’articolo, assieme a quelli che lo sostengono, porta a concludere esattamente nel senso opposto a ciò che è accaduto. L’art. 32 fissa tre punti. Primo: esiste libertà di scelta della terapia o di rifiuto delle cure: «Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario». Secondo: la libertà terapeutica può essere regolata per legge: «… se non per disposizione di legge». Terzo: qualunque legge sulla libertà terapeutica o di rifiuto delle cure ha limiti invalicabili: «La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona». A questi limiti invalicabili la nostra Costituzione dà più di un nome, tutti con significato equipollente: all’art. 32 il nome del limite è la «persona umana», all’art. 41 il nome è la «dignità umana». E poi c’è l’art. 2, che apparentemente nessuno legge più. È così lapidariamente bello l’inizio di questo articolo che conviene citarlo: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo».
Sono parole e concetti pesanti. Se la Repubblica questi diritti li «riconosce», allora essa non li crea: esistono prima della Repubblica stessa, indipendentemente dallo Stato, anteriormente allo Stato. Se sono «inviolabili», allora nessuno li può toccare né può disporne: né il malato, né i suoi congiunti, né la magistratura, né il Parlamento. E infine se sono diritti «dell’uomo», allora competono a lui in quanto uomo, sono propri della sua essenza di uomo, innati nella sua natura umana.
Il problema che i casi Eluana ci pongono è: togliere alimentazione a un malato terminale viola il diritto intoccabile alla vita e alla dignità dell’uomo? Alcuni rispondono: no, non lo viola perché quella non è più vita e non ha più dignità. Ma è un errore. Il malato terminale, quell’individuo in coma permanente che non ha più plausibili speranze di riprendersi, è ancora una persona, ha ancora la sua intrinseca dignità. Perché è soggetto dell’attenzione di chi lo cura e assiste, il quale soffre con lui e per lui. Perché emana affetto, chiede pietà, reclama solidarietà, instaura una relazione di comunità fra sé e noi. Perché è un uomo simile a noi, anche se le sue condizioni sono disperate. Ma allora, se costui è un uomo, è protetto dall’art. 2 della Costituzione sui diritti dell’uomo: il suo diritto alla vita è intoccabile e non gli si può negare alimentazione.
Altri dicono: togliere alimentazione è sì provocare la morte, ma questo lo si può fare per rispetto alla sua «libertà personale». Anche questo è un errore: togliere alimentazione è togliere la vita e togliere la vita è togliere il presupposto stesso della dignità dell’uomo. Ma questo è proibito proprio dall’art. 2 della Costituzione. E poi: che razza di concetto è mai questo della «libertà individuale»? Che cosa vuol dire libertà? Vuol dire arbitrio, discrezionalità sconfinata, licenza capricciosa, gratuita, illimitata? Può esserci libertà senza responsabilità e perciò senza limiti? Ancora un errore.
Ecco allora che la Costituzione ci offre gli strumenti giuridici e culturali per trattare i casi Eluana. Non occorre invocare la religione, né rivolgersi alla Chiesa, né ancor meno occorre la supponenza di insegnare alla Chiesa come essere Chiesa. Ai laici autentici è sufficiente la religione dell’art. 2: tutti gli uomini sono uguali in dignità e hanno gli stessi diritti inviolabili rispetto alla loro dignità. Certo, i laici autentici sanno qual è il nome della religione dell’art. 2 della Costituzione. È il cristianesimo. E sanno che senza il cristianesimo non ci sarebbe mai stato l’art. 2. I laici anticristiani si dimenticano invece sia il nome che la cosa. Perciò chiedono che sia autorizzata la morte, perciò sollecitano che sia interrotta l’alimentazione, perciò polemizzano contro la Chiesa. Altro grave errore.
Ai laici sinceri, ripeto, basta la religione dell’art. 2, la sua intangibilità. Chi vuole disfarsi anche di questa pietra miliare per assecondare la «libertà individuale» non è solo fuori della pietà cristiana, è – e ciò per un Parlamento laico conta assai di più – contrario alla Costituzione italiana.
Riporto qui di seguito un mio commento che erroneamente ho inserito in un post precedente.
L’Avvocato Massimiliano Campeis di Udine, che difende gratuitamente Beppino Englaro, intende denunciare quanti hanno dato dell’assassino al suo assistito e al dott. Da Monte. L’intento è di costituire una fondazione dedicata a Eluana nella quale affluiranno i risarcimenti per calunnia e diffamazione, così da costituire un fondo da destinare a borse di studio per chi vorrà diventare neurologo e per istituire in Friuli una cattedra di medicina palliativa, che in Italia non c’è.
Invito a rivolgersi all’avv. Campeis quanti, coerentemente, vogliano confermare davanti a lui i giudizi di assassino qui espressi nei confronti del sig. Englaro, e così contribuire al ricordo del nome di Eluana e a quanto di benefico sarà fatto nel suo nome.
Che bella ventata di Spirito Santo.
Questa mi mancava.
Grazie Luigi.
Marta/Lidia, non te la prendere ! MassimoD. t’ha spiegato al meglio, mi pare, il senso della mia “boutade”.
A proposito: bravissimo, Lazzaro, e complimenti ! “Avanti, c’è posto” a tutti coloro che in questi giorni hanno (“pacatamente”, per carità !) strillato di “assassinio”, “omicidio”, etc. !
Buona notte !
Roberto 55
12 Febbraio 2009 @ 14:52
Che cosa c’è di “Spirito Santo”, in una umanan, troppo umana adesione al dio-Mammona?
Grazie a tutti per gli auguri.
Si dorme poco ma la gioia fa impallidire la stanchezza.
caro fabrizio, come ti capisco 🙂 ma è una bellissima avventura. Auguri!
Lyco e don mario sollevano questioni molto interessanti, che suscitano i miei sinceri interrogativi. Vi chiedo scusa fin dal principio se non riuscirò a toccare tutti temi sollevati.
Lycopodium, io non credo che il principio dell’indisponibilità laico e cristiano coincidano del tutto. infatti il secondo parte da presupposti totalmente diversi. per quanto io ne possa capire, il primo contempla la centralità dell’essere umano, questi solo per il giudice di tutto della sua vita; il secondo non vede l’uomo al centro dell’universo, ma Dio, il creatore-redentore o quanto meno il rapporto tra Dio e l’uomo. questa differenza a mio avviso giustifica dei precipitati che non coincidono. Nel primo caso l’uomo è la misura ultima della qualità della sua propria vita per i laici, ma non certamente per i credenti. è lui che decide su se stesso il sobrio e responsabile uso delle regole del termine; è evidentemente difficile che riconosca il “carattere “preventivo”.
Don Mario si chiede “Ma questa cultura non esonda da una dimensione individuale per diventare proposta (anche politica) per un’intera società?”.
Non saprei rispondere su due piedi a questo interrogativo. probabilmente è così: vi è senz’altro nella nostra fede un’esigenza di proposta politica per l’intera società, affinché questa sia conformata quanto più possibile al bene, al buono, al vero, al bello è per noi cristiani a tutto ciò che viene da Cristo. Tuttavia, credo che esista un limite fisiologico tutto questo, anche perché società interamente cristiane, o cristianamente conformate e organizzate, non credo che esistano né possono esistere su questa terra.
Mandis ha detto:
“Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno.”
questo deve essere il parlare cristiano anche se il sentimento della maggioranza dei cattolici fosse “mah, non lo so, forse, ni”.
Da non cristiano, sono perfettamente d’accordo con Mandis.
Ce ne fossero, di persone cosi chiare nel parlare….
Un saluto
“L’Avvocato Massimiliano Campeis di Udine, che difende gratuitamente Beppino Englaro, intende denunciare quanti hanno dato dell’assassino al suo assistito”
Non condivido la scelta di chi ha usato la parola “assassino”. Ma questo avvocato mi sembra un azzeccagarbugli che propone un’azione molto, molto meschina.
Proprio così! … molto, molto meschina.
non posso non accostare la sorte di Eluana a quella della chiesa oggi.
La chiesa, come Eluana, viene tenuta in vita artificialmente dalle acrobazie di Benedetto XVI, padre Livio e tutti coloro che non vogliono saperne del ritorno del Signore dal momento che si trovano tanto bene sul trono di questo mondo. Ma la chiesa è morta…come sta scritto debba morire…come sta scritto debba seguire il suo Signore nella sua morte e risurrezione.
La chiesa è morta da quando l’ha abbandonata lo spirito santo…
vergini addormentate svegliarevi viene lo sposo…andategli incontro.
@ 14 Febbraio 2009 @ 5:55
Crux Sancti Patris Benedicti
Crux Sacra Sit Mihi Lux
Non Draco Sit Mihi Dux
Vade Retro Satana
Numquam Suade Mihi
Vana Sunt
Mala Quae Libas
Ipse Venena Bibas
Per Sandro:
Una precisazioene: non ci sono stati sproloqui di Avvenire sul padre-boia ma piuttosto c’è stata una forzatura di Repubblica che ha deformato una frase di un giornalista per fargli dire una cosa diversa ed avere così lo spunto per attaccare Avvenire.
La vicenda la trovi spiegata qui:
http://www.avvenire.it/Commenti/Basta+una+parola.htm
Per avere un’idea più ampia di come Repubblica non sia nuova a deformare la realtà gettando fango sull’altrui operato, può essere utile leggere il libro “La vera questa – Analisi critica di un’inchiesta giornalistica” che puoi scaricare gratuitamente qui:
http://www.avvenireonline.it/shared/laveraquestua/la%20vera%20questua.pdf
Salutissimi
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