Su Roma l’alto grido dei gabbiani. E’ un endecasillabo e può bastare.
Su Roma l’alto grido dei gabbiani
23 Comments
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.
Su Roma l’alto grido dei gabbiani. E’ un endecasillabo e può bastare.
Devi essere connesso per inviare un commento.
“Su Roma l’alto grido dei gabbiani”:
siamo in zona Ungaretti, Sentimento del tempo.
Si potrebbe aggiungere:
“È un endecasillabo e mi basta” virando un po’ verso l’antinovecentismo.
Sei quasi pronto per la plaquette con prefazione del famoso critico.
I tuoi amici gabbiani. Ogni tanto tornano.
Me li ricordo bene, nelle loro precedenti apparizioni.
Una volta (quando?), “persi nella loro faccenda del guardare più in là”, ci mostrarono “come si guarda lontano”.
Un’altra, “Levate il capo”, sembravano gridare. “Non vedete?”.
E a loro, ancora prima (quando?) (Ma non è importante sapere quando),
chiedevi: “Gabbiani chi siete?”.
Buona festa dei Santi Pietro e Paolo.
“E questo endecasillabo mi basta” è un endecasillabo.
C’è molto silenzio in questo blog e molto rumore nel mondo. Gli endecasillabi, anche sciolti, non li usa più nessuno e – del resto – questo non è il momento di parlare, ma di essere e di agire, di rispondere con la vita e non con le parole alla domanda di Gesù, su chi sia Lui per noi.
Ci troviamo nel mezzo della parabola della zizzania ( http://www.vinonuovo.it/index.php?l=it&art=67 ): ci resteremo a lungo, forse non vedremo più altro, perchè il Nemico ha fatto un grande lavoro.
Buona festa dei Santi Pietro e Paolo: abbiamo bisogno di loro.
Un grazie a giulio mozzi, la sua proposta è molto migliore.
«Su Roma l’alto grido dei gabbiani
e questo endecasillabo mi basta»
direi che va benissimo. Metterebbe la virgola dopo gabbiani?
(lo so, Gerry, che è un po’ come comporre acrostici indolenti vedendo passare les grands barbares blancs … o belges, se vuole …)
Con l’aiuto di Leonardo il grammatico e di Mozzi maestro di metrica potrei avventurarmi oltre il distico. Chissà.
“è un po’ come comporre acrostici indolenti”:
A volte è il meglio che si possa fare. E, in ogni caso, “le sfide dell’epoca attuale sono certamente al di sopra delle capacità umane”, diceva il Papa ieri sera.
Certo, si potrebbe imprecare (“Guai a te Corazin, guai a te Betsaida!…E tu, Cafarnao, sarai innalzata fino al cielo? Fino agli inferi sarai precipitata!”). Io non ho questo dono. Posso solo rallegrarmi quando in qualche voce lo sento risuonare esplicitamente. O implicitamente, ma in modo non meno efficace, in altre.
A me l’alto grido dei gabbiani su Roma fa venire in mente l’ordinazione del gesuita turco Antuan, che ho conosciuto tramite questo blog. Ho letto la cronaca dell’ordinazione sacerdotale su “Avvenire” e mi è molto piaciuta. Qussto giovane si leva veramente in alto come i gabbiani:
Mi vengiono anche in mente i versi di Alcmane, che cito a memoria:
“Non più. o fanciulle dal dolce canto e dalla voce soave/ mi reggono le ginocchia/. O io fossi, io fossi il cerilo/ che sul fiore dell’onda si libra con le alcioni / sereno nell’animo, sacro uccello colore del mare”.
Dedico questo ricordo ad Aristide Colonna, mio professore /e maestro) di letteratura greca. Il suo allievo e mio compagno di studi Francesco Benedetti disse in una commemorazione che Aristide Colonna era il cerilo, noi sue alunne le alcioni. Il cerilo è il maschio delle alcioni, che quando è vecchio, viene sostenuto nel volo dalle alcioni; così il nostro vecchio e ormai defunto professore vola ancora sulle ali delle sue alunne. Ma purtroppo ora anche noi alcioni siamo attempate! Chi ci sosterrà nel volo?
Su Roma l’alto grido dei gabbiani
sacri uccelli dal colore di mare.
Infatti “sacri uccelli colore del mare” è più bello, ma è un decasillabo.
Su Roma l’alto grido dei gabbiani
e questo endecasillabo mi basta
pensar non vo’ ai tanti pescecani
che l’Urbe Eterna se so’ messi in tasca…
“Su Roma l’alto grido dei gabbiani
e questo endecasillabo mi basta,
anche perchè, amici miei romani,
è notte, e voglio dormir fino a domani”.
Roberto 55
Su Roma l’alto grido dei gabbiani.
Che mai della monnezza son paghi.
Perché l’apocope di “sono”?
Semmai ci vuole nell’ultimo verso di Roberto 55: “vo’ ” al posto di “voglio”.
Sulla contaminazione tra italiano e romanesco avrei delle riserve, lodo invece con calore la comparsa della rima.
La poesiai che preferisco, in tutta la poesia italiana del Novecento (di quel poco che ne conosco, ovviamente) è questa, perfetta, di Sandro Penna:
Amore, amore
lieto disonore.
Al secondo posto viene questa, di un mio compagno di università:
Quando Alessandro morì
di febbri, in Babilonia
grande pianto s’udì
per ogni strada.
Quando la mia gattina,
ch’era tempo sentì,
disparve tra i comignoli
la luna la rapì.
Caro Leonardo, la parola affascina (ed io sono affascinato dalle sue, dagli acrostici indolentemente composti) come un clavicembalo ben temperato, come rifugio sicuro del nostro piccolo mondo, o del nostro mondo piccolo, talvolta. Certo le attuali sfide sono al di là delle forze umane, ma resto convinto che non sia questo il momento di suonare le cetre, forse quello di farle oscillare al triste vento. Per voto.
Su Roma l’alto grido dei gabbiani
e questo endecasillabo mi basta;
se no, pensando ai sacri deretani,
temo la digestion che mi si guasta.
(declino ogni responsabilità: in zona Pasquino mi ci avete portato voi)
(hai ragione Gerry, queste son grullerie: per la battaglia ci vogliono rosari, digiuno, confessioni e comunioni più frequenti e serie, e chi ha suggerimenti per nuove forme di guerriglia li dica … io da tre mesi ho ripreso a dire tutte le mattine la preghiera di Leone XIII a san Michele Arcangelo … …)
Almeno nell’essenziale con Leonardo si va d’accordo…
la forma di amore per la chiesa e per il prossimo di impegno che proporrei è tanta preghiera alla Divina Misericordia (Coroncina), l’ora della Misericordia (le tre del pomeriggio), e tanto impegno d’amore per il prossimo…
perchè oggi più che mai c’è bisogno della Divina Misericordia…
chiedere a Dio che faccia ravvedere i peccatori…
che discenda abbondante su noi tutti la Sua Grazia…
quindi che io mi ravveda…
che noi ci ravvediamo…
lavoriamo su noi stessi…
… la “bastonatura” che desidero di più…
… la “fermezza” che desidero di più…
è quella della Divina Misericordia…
“Forse che io ho piacere della morte del malvagio – dice il Signore Dio – o non piuttosto che desista dalla sua condotta e viva?”
@ Leonardo: la gattina della poesia, sentendo compiuto il suo tempo, sparisce tra i comignoli…Mi ricorda, con molta tenerezza, Prévert (in “Rappelle-toi Barbara”) e i suoi cani che vanno a imputridire lontano:
“(…) Oh Barbara
Il pleut sans cesse sur Brest
Comme il pleuvait avant
Mais ce n’est plus pareil et tout est abîmé
C’est une pluie de deuil terrible et désolée
Ce n’est même plus l’orage
De fer d’acier de sang
Tout simplement des nuages
Qui crèvent comme des chiens
Des chiens qui disparaissent
Au fil de l’eau sur Brest
Et vont pourrir au loin
Au loin très loin de Brest
Dont il ne reste rien”.
qui, in italiano:
“(…) Oh Barbara
Piove senza tregua su Brest
Come pioveva prima
Ma non è più cosi e tutto si è guastato
È una pioggia di morte desolata e crudele
Non è nemmeno più bufera
Di ferro acciaio sangue
Ma solamente nuvole
Che schiattano come cani
Come cani che spariscono
Seguendo la corrente su Brest
E scappano lontano a imputridire
Lontano lontano da Brest
Dove non c’è più niente”.
p.s. onore al Maestro Luigi 😉
[…] Smaghi Draghi Monti Tremonti: era un pezzo che non mi veniva un endecasillabo – vedi Su Roma l’alto grido dei gabbiani – così carico di rime interne e di scongiuri. Ne tiro auspici per i destini collettivi. Non […]