Non ero mai stato a Istanbul, ma l’avevo sempre sognata. Avevo letto anni addietro un bel saggio su Costantinopoli “capitale cristiana” e poi, in più stagioni, storici bizantini e cronache arabe e crociate, racconti di assedi e saccheggi. In preparazione all’incontro con la città che congiunge Europa e Asia mi ero deliziato con il volume Istanbul del premio Nobel Orhan Pamuk, che è due volte bello perchè pieno di foto. Avevo dunque molte immagini della metropoli, ma non la sua veduta. Ci ho dormito due notti e non ho avuto il tempo di visitare granchè ma sono andato avanti e indietro, di giorno e di notte, per le grandi vie che la percorrono lungo le due rive del Bosforo. Me la sono vista intorno e sentita addosso, l’interminabile città che si alza sui colli e si avvalla, chiude e apre orizzonti su se stessa, dispendiosa e maliosa squaderna spettacoli del tutto nuovi a ogni svolta della strada o della riva. La stessa sorpresa agli occhi e all’anima mi era venuta dal primo contatto con Gerusalemme e con Rio de Janeiro, città delle quali pure avevo tante vedute, mitiche e fotografiche e cinematografiche, ma non la veduta che le tiene unite. Per Gerusalemme l’ebbi – quell’immagine viva – salendo sul Monte degli Olivi, per Rio e Istanbul attraversandole. Sono contento di quanto ho visto.
Stregato dalla magia di Istanbul
10 Comments
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.
Davvero bellissima Instanbul: peccato non esserci mai stato. La visita del Papa, tra le altre cose, ha fatto un po’ di sana pubblicità a questa città, così ricca di storia, così significativa. Molto suggestiva di notte, con gli straordinari effetti di luce.
Complimenti per il blog.
Paulus
Un bel saluto a Paulus a nome di tutti i visitatori! Luigi
Benvenuto, Paulus, e un saluto a tutti gli amici di Cattoliciromani.com. Detto questo, penso che certi posti siano davvero luoghi dell’anima. Sono particolari perché quando ci sei di persona, quando arrivi e pensi a quello che è stato, a quello che è narrato, puoi solo dire “Lui c’è, c’è!”. E abbassare lo sguardo.
Una domanda a Fabrizio rientrato dalla Libia: si è visto qualcosa, laggiù, dell’epistola di papa Benedetto ai turchi e ai costantinopolitani? Luigi
Tonizzo è il solito poeta, poeta dell’ambiente (perchè riesce sempre a offrirti uno scorcio, un’angolatura, un piccolo panorama) e – soprattutto – di quel che l’ambiente provoca allo spirito.
Per me, che amo l’eloquenza dei luoghi, e che penso che sia difficile capire una persona se non vedi sotto lo specchio del suo sguardo i luoghi che le sono cari, è sempre molto suggestivo leggerlo.
Sono riuscito a guardare la TV solo Martedì sera, il giorno dell’arrivo in Turchia. In un canale che poteva essere Al Jazeera ho visto in un TG un servizio abbastanza approfondito sull’incontro tra Benedetto e Erdogan. Ignoro ovviamente cosa abbia detto il giornalista, ma il tono della voce mi sembrava abbastanza neutro e comunque non minaccioso. Speriamo bene.
Riguardo a Instanbul, ci sono stato due volte per pochi giorni, riuscendo a vedere molto poco ma rimanendo ipnotizzato dalle stesse sensazioni descritte da Luigi.
Lo scorso febbraio ci sono capitato in mezzo ad una bufera di neve e sembrava ancora più magica e bizzarra, come lo sono tutte le città imbiancate.
Fabrizio
Sì la Turchia è bella , sì Istanbul è bella, e i cristiani hanno largamente conribuito a questa bellezza. Peccato solamente che essi debbano oggi nascondersi per praticare la loro fede, e che le loro chiese debbano nascondersi dietro muri anonimi ! Cari saluti, Luisa
Ma vedi Frank, penso che ogni cosa abbia un’anima. Per gli oggetti è la somma delle anime che l’hanno usato. Per questo ci trasmettono qualcosa e raccontano una storia.
Se tu sei sul monte degli Ulivi, tra le piante secolari, non pensi a Cristo angosciato che ci si appoggia, deterge il sudore e dice: “Padre, questo calice…”? Non lo vedi con la faccia spaurita in piena notte, come me, come te?
Ecco, questa è la forza degli oggetti. E da qui tutto il filone delle mie “poetiche” osservazioni.
Sì, lo vedo, lo vedo.
E vorrei stare lì con Lui, e non addormentarmi, e non lasciarlo mai solo, e gridare forte perchè l’umanità tutta non si volti, non sia colta dal sonno di fronte alla sofferenza e all’angoscia di Cristo, rinnovate oggi e sempre, in ogni luogo.
E piango sempre, quando entro nel Getsemani.
Ecco, credo che ci siamo capiti. Anche se preferisco pensare al sole di Pasqua e la speranza della Resurrezione.