Ataturk, fondatore della Turchia moderna, aveva trasformato nel 1934 Santa Sofia da moschea a museo perchè fosse di tutti e non di una sola religione. Erdogan oggi la rivuole musulmana, assicurando che resterà accessibile a tutti ogni giorno e solo riservata ai musulmani per la preghiera del venerdì. Tra i commenti e le proteste del mondo e dei cristiani dò la palma alla proposta venuta dal Patriarca serbo Irinej: come ospiterà la preghiera musulmana il venerdì, Santa Sofia ospiti anche la liturgia cristiana la domenica. Nei commenti riporto le parole di Irinej, un’idea somigliante venuta dal vescovo gesuita Paolo Bizzeti vicario apostolico dell’Anatolia, una mia considerazione.
Sto con il patriarca serbo Irinej: Santa Sofia sia per tutti
12 Comments
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Patriarca serbo Irinej. Se lo status di Santa Sofia dovrà infine mutare, penso che l’unica soluzione giusta sarebbe di mantenere lo status di museo e autorizzare a svolgervi atti di culto sia da parte dei musulmani sia da parte dei cristiani. La chiesa è abbastanza spaziosa da offrire spazio a tutti per pregarvi senza intralcio.
https://orthodoxtimes.com/patriarch-of-serbia-on-hagia-sophia-give-permission-for-worship-not-only-to-the-muslims-but-to-the-christians-too/
Vescovo Paolo Bizzeti. Circa il 70% della popolazione turca, secondo gli ultimi sondaggi, ha approvato questa decisione del presidente Erdogan, un dato di cui bisogna tenere conto. Nel suo discorso, tenuto venerdì 10 luglio, Erdogan ha ribadito che il luogo sarà aperto a tutti e non si pagherà più il biglietto di ingresso. Sarà da vedere come verrà allestito e se è previsto uno spazio dinanzi ai mosaici dell’antica cattedrale bizantina. Inoltre, i riferimenti alla fede e alla preghiera fatti da Erdogan nel suo discorso mi fanno sperare che possa venire concessa la possibilità di pregare ai profughi cristiani, permettendo anche di aprire cappelle nel territorio turco. Da uomo di fede e di religione qual è, il presidente potrebbe concedere questa possibilità ai cristiani che non abitano a Istanbul dove invece ci sono molte chiese. In altri luoghi non c’è nemmeno una piccola cappella dove radunarsi e pregare. Se la preghiera e la fede sono importanti, allora che si conceda questa opportunità a persone che, all’inizio, si pensava fossero in transito mentre sono anni che sono in Turchia. Una di queste piccole chiese è a Tarso, oggi adibita a museo, ma dove è possibile celebrare e incontrarsi. Un luogo ben tenuto dalle autorità, messo in sicurezza e pulito […]. In gioco c’è anche il riconoscimento giuridico della Chiesa cattolica. Credo comunque che sia fondamentale, al di là dei fatti giuridici, permettere alle persone di ogni fede e religione di potersi esprimere.
https://www.agensir.it/quotidiano/2020/7/13/turchia-santa-sofia-moschea-mons-bizzeti-anatolia-dolore-condiviso-con-il-papa-concedere-possibilita-di-pregare-ai-profughi-cristiani/
Basilica moschea museo: e ora? Per più di nove secoli Santa Sofia è stata una basilica cristiana. Poi per quasi sei secoli è stata moschea. Infine per 86 anni è stata museo. Rifarne una moschea vuol dire tornare in guerra. Mantenerla museo aperto a tutti con la possibilità che vi si esprimano le due fedi sarebbe andare alla pace. Non si può cancellare la storia che la costruì basilica e tale la tenne per quasi un millennio, nè si può cancellare il fatto che poi in essa risuonò per oltre mezzo millennio l’invocazione coranica. Il museo nulla cancellava ma tutti silenziava. La soluzione indicata dal patriarca Irinej permetterebbe di convivere senza silenziare le invocazioni.
Un abbraccio al padre Paolo. Approfitto di questa mia preghiera su Santa Sofia per un saluto al caro vescovo Paolo Bizzeti di cui sono amico: il Signore benedica la sua missione in terra d’islam.
Alcune domande con affetto e stima in un dialogo sincero ma sereno perché crede al bene profondo cercato dall’altro.
http://gpcentofanti.altervista.org/valori-di-carta-pesta/
https://commentovangelodelgiorno.altervista.org/commento-vangelo-16-luglio-2020/
Sono pienamente concorde con queste riflessioni. “Il museo nulla cancellava ma tutti silenziava.” In situazioni conflittuali tra due parti ridurre tutti al silenzio può essere l’unica via d’uscita a disposizione di un arbitro terzo. Ma ordinariamente la via da perseguire è che le voci di fede si compongano, o si alternino, a seconda delle circostanze. E le religioni, se sono incapaci di vivere in regime di coesistenza, finiscono per dare ragione a quanti, non credenti, ritengono che siano esse un problema in più, e non un’opportunità di vita più piena, con una dimensione in più.
In risposta a Centofanti riguardo alla ipotetica convivenza di cristiani e musulmani in Santa Sofia. Una tale coabitazione sarebbe certamente fuori luogo se programmata per un nuovo edificio, ma non mi pare affatto inopportuna se arrivasse come frutto di una storia imperiale bimillenaria. Proposte simili apparentemente impensabili la storia delle fedi ne conosce. Nella moschea degli Omayyadi di Damasco, che inizialmente era una chiesa cristiana, da sempre cristiani e musulmani pregano gli uni accanto agli altri davanti al memoriale di Giovanni il Battezzatore che è venerato dalle due fedi. Vi pregò anche papa Wojtyla nel 2001. Altrettanto avviene da sempre sulla tomba dell’apostolo Tommaso a Madras in India. Ero tra i giornalisti ammessi ai due luoghi in occasione delle visite di Giovanni Paolo II: a Madras il 4 febbraio 1986 e a Damasco il 6 maggio 2001. Nel cortile della moschea, dominato dal “Minareto di Gesù”, ritrovai il padre Paolo Dall’Olio, conosciuto a Roma.
Grazie.
Nell’intervento precedente riporto tra l’altro alcuni esempi del discernimento non intellettualista, astratto ma ricco di sfumature, dal vivo, di Gesù. Caccia i mercanti dal tempio perché la casa del Padre suo sia casa di preghiera. Parla di abominio della desolazione nel tempio e di adorazione di Dio in spirito e verità. Rivela che Egli, pane di vita, non caccerà fuori chi andrà a Lui. Così possono darsi occasioni in cui uno stesso tipo di luogo sia usato per celebrazioni cattoliche, di altra religione o per una partita di calcio. Il cuore può trovare un via via adeguato rapporto tra identità ed incontro. Senza appiattire schematicamente l’identità in un mero incontro e senza rendere l’incontro un parlare tra sordi a causa di identità formali, chiuse. Vanno pienamente sviluppate le identità, nei tempi e nei modi adeguati fin dalla scuola, e solo in ciò sarà possibile un vero incontro, fonte di maturazione per le identità. Due diverse famiglie si incontreranno meglio vivendo, nel lungo periodo, ciascuna a casa propria che in una convivenza stabile che finisca per annullarle. Il razionalismo può tendere a non vedere le situazioni nella loro ricchezza: barricati in identità irrigidite o per sfuggire da ciò svuotati in un mero incontro dove ci si dimentica che l’identità va sviluppata.
Caro Luigi qui sopra ho riportato al volo un testo dal mio blog. Sono d’accordo con te sul criterio di non fermarsi a teorizzazioni astratte ma di cercare il discernimento di Gesù, in tutte le sue sfumature, nelle situazioni specifiche. E le tante sfaccettature emergono proprio nella condivisione dei contributi.
A sette giorni dalla preghiera di venerdì scorso, un mio pensiero ispirato anche dalle parole del nostro ospite Luigi,
http://www.diocesimolfetta.it/luceevita/gli-spazi-e-i-processi-a-proposito-di-santa-sofia/