L’intervista dell’arcivescovo Albert Malcolm Ranjith Patabendige Don, segretario della Congregazione per il Culto, pubblicata venerdì da Fides preannuncia nuovi interventi correttivi del papa in materia liturgica: «Molte cose ancora devono essere messe in ordine». Affronto la prima delle “cose” segnalate: comunione nella mano, abolizione delle balaustre e degli inginocchiatoi, introduzione di danze, strumenti musicali e canti “che ben poco hanno di liturgico”, usi impropri delle chiese, omelie politico-sociali. Cito: “La riforma post conciliare non è del tutto negativa; anzi ci sono molti aspetti positivi in ciò che fu realizzato. Ma ci sono anche dei cambiamenti introdotti abusivamente che continuano a essere portati avanti nonostante i loro effetti nocivi sulla fede e sulla vita liturgica della Chiesa. Parlo qui per esempio d’un cambiamento effettuato nella riforma, il quale non fu proposto né dai Padri Conciliari né dalla Sacrosanctum Concilium, cioè la comunione ricevuta sulla mano. Ciò ha contribuito in qualche modo ad un certo calo di fede nella presenza reale di Cristo nell’Eucaristia”. Davvero la comunione nella mano è stata introdotta abusivamente? Paolo VI prima di autorizzare a tale innovazione le conferenze episcopali consultò l’intero episcopato della Chiesa latina dandone conto nell’istruzione Memoriali Domini (1969) e subordinò la decisione alla maggioranza qualificata dei due terzi e alla conferma da parte della Santa Sede. E’ sulla base di quella procedura che la novità è stata introdotta in quasi tutto il mondo, incontrando il gradimento dei praticanti. I vescovi italiani l’approvarono nell’assemblea del 1989 – dopo averci pensato su dieci anni – e il decreto attuativo è firmato dal cardinale Ugo Poletti presidente e dall’arcivescovo Camillo Ruini segretario. Un cambiamento autorizzato da un papa, deciso dai vescovi, confermato da un altro papa e serenamente recepito dai cristiani comuni – che a maggioranza tendono le mani, mentre alcuni si avvicinano con la bocca – può essere definito “abusivo”? E’ una domanda di giornalista, intesa a conoscere e non a polemizzare, che rivolgo all’arcivescovo Patabendige Don al quale va tutta la simpatia che merita un uomo dello Sri Lanka che vive e opera dentro le mura leonine.
Sotto accusa la comunione nella mano
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… ho già avuto modo di commentare altrove… lascio ad altre competenze la risposta per Luigi sulla comunione nella mano (un gesto liturgico bellissimo e “di carne”).
Mi colpisce il passaggio sulle omelie socio-politiche (nel testo mi pare si faccia riferimento ad “omelie poco meditate”. Mi sembra una “gaffe” che denota due generi di cose:
– se le omelie non possono trattare, ogni tanto, ANCHE dei problemi concreti delle persone, come queste troveranno nutrimento per la propria vita quotidiana, nelle proprie scelte, come fa ad incarnarsi la Chiesa nella società?
– temo che allora risultino da biasimare tutte le omelie socio-politiche, di ogni tendenza e colore… O ci sono omelie socio-politiche più meritevoli di qualche deroga?
“La riforma post conciliare non è del tutto negativa” è un’espressione davvero infelice. Gli è uscita proprio male.
Dell’intervista trattengo positivamente la volontà di apportare correttivi al modo in cui si celebra la Messa paolina.
Sono felice che la liberalizzazione di quella tridentina non abbia distolto l’attenzione da quanto si vive e si vede nel rito ordinario.
Quanto alle cose concrete elencate dall’Arcivescovo, credo che ciascuno di noi finisca per scegliere un pò a proprio piacimento e gusto.
Certo, alcune espressioni tradiscono un animo complessivamente non proprio benevolo col Concilio, come fa rilevare Fabrizio…
Vedremo.
soffia vento polare… cingalese.
“La riforma post conciliare non è del tutto negativa”
quindi l’assunto dato per scontato dal quale parte questa affermazione è:
la riforma è negativa… solo allora puoi dire “non del tutto”. Ho capito bene?
Che la riforma sia negativa, quindi, non è oggetto di dibattito, ma una premessa data… nella testa del cardinale. L’importante è esserne coscienti…
Io direi: alcuni effetti della riforma post-conciliare sono indesiderati e negativi.
Ma sarà di sicuro anche la mens dell’Arcivescovo, occorre considerare che la sua lingua non è quella italiana.
Anch’io penso che quella e altre espressioni siano spiegabili con la difficoltà di lingua e forse con la – sempre imperfetta – mediazione dell’intervistatore. Il punto serio è quello che ho evidenziato. Le altre questioni mi paiono attenere alla prassi. La comunione invece ha aspetti canonici e allora come si può parlare di “abuso” in un caso in cui si sono avute autorizzazioni e sono implicate le responsabilità – per l’Italia – di due papi e bizzeffe di cardinali, arcivescovi e vescovi, nonchè il sensus fidelium di milioni di cristiani comuni? Luigi
voglio seguire l’interpretazione di Francesco: la sua lingua non è l’italiano (salvo poi scoprire che lo parla perfettamente).
Ognuno di noi (o almeno io) quando parla in una lingua straniera di getto non ha la padronanza delle sfumature di significato che invece usa nella propria lingua.
Se consideriamo poi che si tratta di un’intervista e non di un testo scritto preparato, l’interpretazione benevola ci può stare.
Riguardo alla riscoperta della messa paolina autentica, temo che il Motu Proprio abbia indirettamente creato un clima un po’ pregiudiziale, perchè qualsiasi intervento correttivo, che pur andasse verso una più corretta applicazione della riforma, verrebbe visto come un tentativo di restaurazione.
Insomma, gli abusi liturgici iniziano ad avere dei nomi.
1) L’eucaristia nelle mani… mamma che abuso liturgico! Un cristiano che con animo riconciliato e mani linde riceve dalle mani del sacerdote il Corpo di Cristo e dalle sue proprie mani ne prende e ne mangia… satanico!
2) l’abbattimento delle balaustre: pensavo che la parrocchia in cui presto il mio servizio di laico (una concattedrale) fosse un covo di estremisti conservatori… il parroco, il cerimoniere vescovile nonchè primicerio dei canonici che ha studiato al seminario romano, il vecchio penitenziere… e invece… anche loro hanno abusato, quando 20 anni fa fecero abbattere circa 4 metri di balaustra facendo apparire più vicina la mensa al popolo che Egli ama.
3) le omelie troppo sociali o politiche. Altro abuso (ovviamente quando il prete è attribuibile a qualcosa che ha a che fare con la sinistra). Ma su questo ha già ben scritto il moralista…
Comunque andiamo pure avanti così… l’ennesimo intervento di un membro della Curia Romana che diffonde sempre di più l’idea di una Chiesa ripiegata su se stessa.
L’intervista è uscita a ridosso dell’udienza del papa all’arcivescovo Ranjith. Come interpretare la cosa? Forse come un viatico dato dal papa alle affermazioni poi espresse nell’intervista? O – al contrario – come la decisione di affidare a un’intervista quello che alcuni avrebbero sperato, invece, come un intervento prescrittivo della commissione Ecclesia Dei (di cui si era sentito parlare nelle scorse settimane, mentre nell’intervista non se ne fa alcun cenno ) sull'”interpretazione” del motu proprio sulla messa tridentina?
Dimenticavo: nel dossier andrà forse inserito anche l’intervento di Bux sull’Osservatore romano, capitato giusto giusto a ridosso dell’intervista concessa a da mons. Ranjith a Fides.
Quanto al problema della lingua, mi sembra più rispettoso, fino a diverso avviso, attribuire a ogni persona la responsabilità di quello che dice e di come lo dice. Fino a prova contraria, nulla ci consente di dire che mons. Ranjith, pur essendo entrato in Congregazione solo nel 2004 – se non sbaglio – si senta così spaesato a Roma.
Sulla comunione nelle mani, direi semplicemente questo.
Si tratta di una innovazione debitamente autorizzata, come ricorda Luigi.
Ma c’è un “ma”.
L’autorizzazione non ha prodotto un’adeguata spiegazione ai fedeli del senso del cambiamento.
Che è stato introdotto spesso surrettiziamente, in forma di prassi, e senza gli approfondimenti e la catechesi necessaria.
Qualche anno fa ero all’Eremo di Fonte Avellana, Messa celebrata da un importante (e da me comunque stimato) Cardinale di Curia.
Al momento della Comunione, il Priore spiega al popolo che la comunione si prende nelle mani, per ragioni tanto suggestive quanto – a mio avviso – debolucce sul piano degli argomenti.
La logica era che l’ostia NON si distribuiva se non così.
Ecco, quando l’innovazione viene introdotta a mo’ di imposizione innocente, e senza darsi carico di offrirne seriamente e diffusamente le ragioni, lì ci troviamo – secondo me – davanti a un abuso.
Di potere, però. Non solo della liturgia.
Secondo me il problema principale non è la comunione in mano, ma il fatto che il card. Ranjith da un po’ di tempo a questa parte sia impegnato (in una tourné europea e interviste in varie lingue) a bacchettare vescovi di mezzo mondo ricordandoli che il loro compito di pastori nella Chiesa si esplica essenzialmente nell’obbedienza alle direttive del Papa.
Questa è la premessa ecclesiologica fondamentale nel pensiero del cardinale cingalese ed è, ahimè, costante e trans-linguistica:
http://eucharistiemisericor.free.fr/index.php?page=0511074_mgr_ranjith
Un vescovo che dissente? “orgoglio e pregiudizio” dice il Cardinale. C’est ca.
Se queste sono le premesse, cosa si vuole che importi il parere di centinaia di vescovi e di milioni di fedeli sulla comunione in mano?
don78, ho letto l’intervista che hai suggerito e la tua interpretazione mi sembra un po’ forzata.
Ranjith non dice che il compito dei pastori della Chiesa è obbedire al Papa, piuttosto mi sembra che dica che l’obbedienza al Papa deve stare alla base del loro ministero.
Secondo me è una cosa un po’ diversa, e quasi ovvia.
Eppure l’intervista non è così ovvia… oserei dire che non è ovvia per niente.
solo dopo mi sono accorto che l’intervista era in italiano originariamente. pardon.
Così tutti possono interpretare direttamente, più o meno forzatamente…
http://www.papanews.it/news.asp?IdNews=3840#a
L’ho letta anche nell’originale e ripeto la mia interpretazione: non dice che il compito dei vescovi è obbedire al papa, dice che l’obbedienza è implicita nel loro ministero.
Spiegatemi meglio: i vescovi non fanno voto (o promessa) di obbedienza al papa ? In questo senso dicevo che il richiamo all’obbedienza è quasi ovvio.
Vado giù terre a terre e già sono pronta a ricevere gli strali.
Oso,coraggio Luisa dopotutto che cosa rischi ?
Più di una volta mi sono posta la domanda : al momento del gesto della pace, quante mani stringiamo? passo sui dettagli …. una cosa è certa , le nostre mani che già linde non erano, alla fine qualche “microbino” in più l`avranno raccolto. Non è un problema, o meglio non sarebbe un problema se poi in quelle mani non ricevessimo il Corpo di Cristo e con quelle dita Lo prendessimo per portarLo alla bocca.
Ciò non mi impedisce di ricevere la santa Ostia nelle mie mani ma personalmente evito di agitarmi e mi limito a stringere le mani di chi mi sta accanto.Rifuggo da quell`agitazione prima della Comunione.
la Cei del resto aveva disposto per la Comunione presa sulle mani:
“5. Si raccomandi a tutti, in particolare ai bambini e agli adolescenti, la pulizia delle mani e la compostezza dei gesti, anch’essi segno esterno della fede e della venerazione interiore verso l’eucaristia.”
È così assurdo pensare che senza una previa istruzione o tout court, la coscienza del gesto che compiamo al momento della Comunione sia “diluita” prendendo la Ostia Sacra nelle mani?
Non posso non pensare alla Cena dei protestanti che prendono con le loro mani il pezzo di pane che presenta loro il pastore, ma per loro è un simbolo non il Corpo di Cristo.,…può essere anche una buona e dolce brioche
Molti, e certamente in buona fede, raccontano di quanto sia bello e quasi commovente ricevere Cristo, nella Sua intera persona, proprio quello stesso Cristo che i Vangeli ci hanno reso amico e maestro, nelle proprie umili mani. Non stento a crederlo. E ne ho personale memoria. Ad un certo punto, però, non ce l’ho più fatta. Non è stata una decisione ragionata, ma la naturalissima conseguenza di una accresciuta consapevolezza di cosa, o meglio Chi, andavo a ricevere, e poi a mangiare.
Quando, come colpito da un fulmine, il mio intelletto ha intuito che con quelle mani con cui 10 minuti prima avevo rovistato nel portafoglio per la questua io avrei tenuto in mano la stessa identica persona che da sempre professo come Dio, e dico Dio, Signore del Cielo e della Terra, non ce l’ho più fatta. Mi son detto: qui il mistero è troppo grande, troppo immenso. Meglio buttar subito in corpo la particola, nella quale la latens Deitas si fa cibo, pane da deglutire e digerire.
Ho appena letto la :
ISTRUZIONE
Redemptionis sacramentum
su alcune cose che si devono osservare ed evitare
circa la Santissima Eucaristia
http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/ccdds/documents/rc_con_ccdds_doc_20040423_redemptionis-sacramentum_it.html
…e leggendola ho rivisto le diverse “creazioni liturgiche” alle quali ho assistito e davanti alle quali sono sovente scappata.
Non voglio controbattere le argomentazioni di chi non è convinto che ricevere la comunione sulla mano sia del tutto proprio, però… vi sottopongo due piccole riflessioni:
1) (con riferimento a quello che diceva Luisa) anche i sacerdoti scambiano il segno della pace e (con riferimento a quello che diceva forzajoseph) anche i sacerdoti hanno un portafoglio (etc etc etc mi fermo qui) e non sarà l’abluzione rituale all’offertorio ad evitare i “microbini”;
2) una volta ho assistito ad una Eucarestia di rito greco ortodosso, con la comunione data sotto le due specie con i cucchiaini… ma allora loro non hanno capito niente?? eppure credo che lo facciano da un po’ di centinaia di anni!!
In conclusione, secondo me si può forse discutere sul fatto se ricevere la comunione sulla mano abbia “contribuito in qualche modo ad un certo calo di fede nella presenza reale di Cristo nell’Eucaristia”, ma non credo che possano essere prevalenti per una decisione positiva o negativa i motivi igienici.
PS non mi permetto di accampare nessuna conoscenza biblica o teologica, però secondo me ricevere la comunione sulla mano avvicina la messa ad una cena (a meno che non siamo considerati tutti bambini da imboccare…)
Leggendo quanto sopra, non posso che trovare … geniale (ma non so in realtà quale ne sia la motivazione profonda) la consuetudine della mia parrocchia di dare la comunione sotto le due specie quasi sempre, la domenica almeno, intingendo l’ostia nel calice – e rendendo quindi impossibile prenderla in mano.
Vista alla luce della discussione in atto in questo post (luce che, ripeto, non so se sia quella corretta per leggere il fatto a cui accenno) sembrerebbe un modo per “rilanciare” su un livello superiore.
Luisa e forzajoseph, posso anche essere d’accordo con voi (anche io mi faccio imboccare) ma, tornando alla domanda di Luigi, non vedo come si possa dire che la comunione nella mano è stata introdotta abusivamente. Spero che anche in questo caso ci sia la poca familiarità con l’italiano dell’arcivescovo.
Sinceramente le parole del Segretario per il Culto Divino mi spaventano!
Sono nata alla chiusura del Concilio e trovo la riforma liturgica bellissima.
Se mai i preti la applicano sciattamete…ma questo è un altro problema.
Bisogna educare, far amare la liturgia. Non rimpiangere le “balaustre”.
angela
Ezio sono d`accordo con lei, quando parlavo del calo della coscienza della realtà della presenza del Corpo di Cristo nella sacra ostia, non la collegavo alla mancanza di igiene..quella era una mia riflessione personale….invece mi domando se il passaggio dalla bocca alle mani è stato sufficentemente preparato spiegato ai fedeli. Ne dubito.
Ho anche visto un sacerdote esitare davanti ad un fedele che domandava di ricevere l`ostia in bocca, l`uomo è restato le mani giunte, la bocca aperta e dopo qualche secondo di esitazione il sacerdote si è deciso a “concedergli” di ricevere il Corpo di Cristo in bocca.
Io ho per abitudine di inginocchiarmi davanti all`Ostia,non c`è problema nella parrocchia che frequento tenuta da religiosi molto attenti alla Liturgia, ma altrove sono l`oggetto di sguardi poco “charitables”….ed è un colmo per chi ha appena comunicato (?) o si appresta a farlo.
Per ritornare al punto sollevato da Luigi,mi sembra aver capito che Paolo VI non era favorevole a questo cambiamento ma che, dopo aver consultato i vescovi, ha cambiato avviso. Ma non sono un`esperta.
Segnalo che Mons Ranjith è stato intervistato dall `Ossevatore romano
http://paparatzinger-blograffaella.blogspot.com/
Ad Alessandro: anch’io ho sempre pensato che l’ostia intinta nel vino sia il più completo e bello dei gesti di comunione, tra quanti ne conosco.
A Luisa e Forzajoseph: la corretta disciplina qui da noi prevede che chi si accosta alla comunione possa scegliere il modo e dunque è rspettata ogni sensibilità. Mi pare lampante l’atteggiamento di intolleranza in chi voglia impedire ad altri di scegliere l’altro modo.
Ma resta il problema di sapere se la comunione nella mano è abusiva o legittima. Papa Benedetto la dà, come la davano i due predecessori della riforma. Dunque non è abusiva, o il mio ragionamento è troppo semplice? Luigi
Io penso che con il Concilio la Chiesa abbia, fra le altre cose, cercato di rendere il sacro, l’intoccabile, un po’ meno sacro, facendone partecipi anche i laici, mentre prima c’era – in realtà c’è ancora – una insuperabile esclusiva dei sacerdoti, unici mediatori autorizzati fra l’uomo e Dio.
Consentire a un semplice fedele di toccare il Corpo di Cristo sottrae, in fondo, un po’ di potere a chi, solo, è in grado di evocare miracolosamente un dio, per di più rinnovandone il sacrificio (anche se la parola sacrificio non mi piace molto).
Stesso discorso per la lingua, non il più il latino, appannaggio dei sacerdoti e per le balaustre (di qua il prete, di là i fedeli).
E che non sia solo una questione di rito lo dimostra anche il fatto che dopo il Concilio tanti preti hanno cercato di colmare la distanza fra loro e i laici, vivendo in mezzo a loro e come loro. In questa logica leggo, ad esempio, il fenomeno dei preti operai e le rivendicazioni riguardandi il celibato.
Un movimento a doppio senso, dunque, che ora pare si sia fermato.
Non lo so se i protestanti fanno la comunione con le brioches. Io mi sono commosso nel vedere, in un funerale della Chiesa di Cristo, il mio intonachista celebrare il rito, sacro.
Leopoldo
In Asia le cose divine si adorano, e gia’ altri prelati indiani fecero notare come, nell’ottica della loro cultura, dare il Corpo del Figlio di Dio sulla mano e’ uno svilimento assai grave. Dottor Accattoli, a lei sicuramente piace il concetto di “inculturazione”, no? E allora perche’ si scandalizza se in alcune culture l’incontro con Dio vivo e vero avviene con gesti di massimo rispetto e adorazione, e non come una passeggiata col gelato in mano? Per il resto, in Grecia, proprio perche’ gli ortodossi danno la comunione col cucchiaino, i cattolici, per disposizione della locale Conferenza episcopale, la danno sotto le due specie e mai – ripeto: MAI – in mano.
Per quel poco che conta, sono d’accordo con loro. Mi sembra repellente prendere il Corpo di Cristo con la mano sudata che magari “sa” di metallico perche’ e’ reduce da un viaggio sul tram.
Mi scusi Luigi ma non mi pare di aver insinuato l’illegittimità della scelta di accogliere NSGC nelle mani. Mi sono limitato a mettere a parte lei ed i suoi lettori della mia personale e perciò limitata esperienza. Oggi non potrei più fare a meno di fare come faccio, ma sono percorsi troppo intimi da farne una bandiera.
Semmai un atteggiamento che davvero mi indigna è quello dei ministri straordinari dell’Eucaristia che ormai, ben lungi dall’attenersi alla loro ontologica straordinarietà, intervengono nella “distribuzione” anche quando non ve ne sia il minimo bisogno, vista l’alta densità di sacerdoti, diaconi o accoliti in certune parrocchie romane. Questo sì è un abuso. Probabilmente però la responsabilità, più che di questi laici volenterosi (e prezzemolini), è dei sacerdoti che – probabilmentre solo per pigrizia – non sanno dir loro un semplice “no grazie, non ce n’è bisogno”.
A Forzajoseph. La domanda sulla liceità non era riferita a lei e a Luisa, ma all’arcivescovo che l’ha sollevata.
A Iginio. Se in India fanno diversamente mi va benissimo, ma l’arcivescovo ha posto il problema a raggio universale. Luigi
Francamente rimango allibito, dopo aver letto l’intervista al cardinale, dopo che ieri ho letto un articolo sul BLOG di Magister sulla vera interpretazione del Concilio, sul principio del PRIMATO DELLA VERITA’ SULL’AMORE, (ma quale verita? E’ questo il punto nessuno e l’ ho già scritto, NESSUNO ha il monopolio della verità, NEANCHE IL PAPA.
Tra l’altro il comandamento di gesù mi pare quello dell’amore, Amerai Dio con tutto il tuo cuore e con tutte le tue forze ed il prossimo tuo come te stesso, mi pare parli di amore più che di verità…
Penso che la Chiesa stia prendendo una brutta piega, si sta sempre più ripiegando su se stessa.
DON 78 INTERVENGA ANCHE LEI…..
PER MATTEO GLI ABUSI CHE CERCAVI ECCOLI: LA RIFORMA LITURGICA E LA COMUNIONE NELLE MANI…
Se una persona come noi avesse detto le cose che ha detto il Cardinale, sulla riforma e sull’abuso, ci saremmo chiesti, ma che cosa ha fumato questo, roba tagliata male? Dato che è un cardinale anch’io cerco dimoderarmi..
A quelli a cui crea problemi il prendere l’eucarestia nella mano, (ed io personalmente la prendo in bocca perchè preferisco così), dico, ma scusate ma nell’ultima cena, Gesù mica si è messo ad imboccare gli apostoli o no?
Hanno spezzato il pane e poi lo hanno mangiato e poi hanno bevuto il vino, quindi lasciamo un po’ di autonomia alla gente e spero che la Chiesa si occupi di più dei problemi veri delle persone.
Io rispetto Mons. Ranjith. Forse avrebbe potuto girare le sue frasi altrimenti, mettere un pò di lubrificante , ma credo che all`Ecclesia Dei devono vederne di tutti i colori, devono essere sommersi dalle segnalazioni, non solo delle disobbedienze al Motu proprio ma anche dalle segnalazioni di abusi di ogni sorta,
devono veramente aver voglia non solo di denunciare,ma anche di cercare di arginare se non porre fine a quella credenza di troppi sacerdoti di essere padroni della Santa Liturgia.
Avrebbe potuto essere più fine diplomatico ? Forse. Quello che dice è inesatto? Forse. Ma a me piace il suo linguaggio diretto, senza fronzoli,ci vuole un certo coraggio per andare contro il pensiero dominante ma non unico che si è imposto nel clero.
E vorrei che non si dimenticasse che la Chiesa non si ferma all`Italia, ciò che è vero in Italia non lo è ovunque.
Mons.Ranjith ha una visione globale della situazione e fino a prova del contrario penso sia meglio informato di noi.
Enzo Bianchi
Dove finisce l’autorità della chiesa.
La Repubblica, 3 aprile 2007
“Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini” (Atti 5,29). Questo grande principio biblico sull’obbedienza ha un carattere profondamente liberante. Nella visione biblica, infatti, l’obbedienza è inscindibile dalla libertà: solo nella libertà si può obbedire, e solo obbedendo al vangelo si entra nella pienezza della libertà. Ma come si declina questa obbedienza resa a Dio e alla sua Parola contenuta nelle Scritture, unica norma normans dell’obbedienza cristiana? Come si discerne se il comando che viene “dagli uomini”, da un’autorità preposta, è conforme al vangelo o lo contraddice? Risolvere la questione come fece il cardinal Bellarmino – “Se anche il papa errasse comandando dei vizi e proibendo delle virtù, la chiesa è tenuta a credere che i vizi siano buoni e le virtù cattive” (De Romano Pontifice IV,2) – significherebbe commettere una gravissima omissione di responsabilità cristiana e imboccare la strada dell’idolatria. Ben altra l’indicazione offerta da Francesco d’Assisi ai suoi: “i frati obbediscano ai loro ministri in tutte quelle cose che hanno promesso a Dio di osservare e che non sono contrarie alla coscienza e alla regola” (Regola bollata 10).
Per cogliere il proprium cristiano dell’obbedienza è allora opportuno ricordarne l’aspetto antropologico. Vi è infatti un’obbedienza fondamentale che ogni uomo è chiamato a fare alla propria storia, alle proprie origini, al proprio corpo, alla propria famiglia, insomma a una serie di situazioni e persone, tempi e luoghi, eventi e condizioni che l’hanno preceduto, fondato, e su cui egli non ha avuto alcuna presa o possibilità di scelta e di decisione. Si tratta dei bagagli che la nascita fa trovare già pronti a chiunque viene al mondo e che lo accompagneranno nel cammino dell’esistenza. Un credente legge questa obbedienza come “creaturale” e vi riconosce quell’accettazione dei limiti che è costitutiva della creatura di fronte al Creatore e che consente all’uomo di diventare uomo fuggendo la tentazione della totalità, cioè di ergersi a Dio. Il senso del racconto della Genesi sulla proibizione di mangiare i frutti dell’albero della conoscenza del bene e del male è esattamente questo: l’essere umano è tale nella misura in cui non ambisce il tutto. Il limite, il finito è l’ambito della sua relazione con Dio.
Allora si capisce come l’obbedienza cristiana sia “una” in quanto si radica all’interno di quest’unica alleanza con Dio, nella relazione di ascolto del credente nei confronti del suo Dio a dare il tono all’obbedienza. Ora, per il Nuovo Testamento l’ascoltare, inteso nel senso di percezione della volontà di Dio, si realizza veramente solo quando l’uomo, con la fede e l’azione, obbedisce a quella volontà. Come coronamento dell’ascoltare (audire) nasce dunque l’obbedire (obaudire) che consiste nel credere, un obbedire che trova il suo proprium nell’obbedienza del Cristo stesso, centrata sulla relazione filiale vissuta da Gesù con il Padre e con al suo cuore l’amore per il Padre e per i fratelli, gli uomini: questa obbedienza amorosa dà senso al vivere e al morire di Gesù, anche alla sua morte di croce, e ne fa un atto di libertà!
Qui l’obbedienza cristiana trova la sua “misura” e l’articolarsi in diverse forme, tutte plasmate dallo Spirito santo, che obbliga il credente a viverla con creatività e responsabilità, nella libertà e per amore. Sì, il criterio dell’obbedienza cristiana è lo Spirito santo che interiorizza in ciascuno le esigenze del vangelo e lo porta a viverle come espressioni della volontà del Signore assunte fino a farle proprie. Alla luce di questa obbedienza fondamentale, si possono comprendere, accettare e vivere le altre obbedienze alle istanze mediatrici della volontà di Dio. Così nella chiesa le diverse articolazioni dell’autorità sono di ordine “sacramentale” in quanto rimandano al loro unico fondamento che sta in Dio e nel popolo a lui legato dall’alleanza. Vi è allora un’autorità istituzionale, i vescovi, ve n’è una nell’ordine della competenza, i teologi, una nello spazio del carisma, i profeti. In rarissimi casi queste tre tipologie di autorità arrivano a coesistere in un’unica persona o istanza, mentre normalmente vanno pazientemente armonizzate nell’unico corpo ecclesiale: del resto, proprio il dato che nella chiesa non vi è istituzione autentica senza la presenza dello Spirito fa sì che esista una costante tensione di innovazione e riforma che impedisce la sclerosi.
Anche nella vita monastica e religiosa – che in occidente è giunta a formalizzare in un “voto” l’esigenza evangelica dell’obbedienza – le forme che questa assume possono essere diverse, a seconda delle varie forme di “autorità” che la richiedono: autorità di tipo “monarchico” nella formulazione del comando, come nel monachesimo benedettino; autorità della comunità che si esprime attraverso il “capitolo”, l’assemblea dei fratelli, come nella vita cenobitica di ispirazione basiliana e domenicana; autorità funzionale a un progetto apostolico cui si deve sacrificare la volontà propria sottomettendo il proprio giudizio a quello del superiore, come nella tradizione gesuitica. Ma in ogni caso l’autentica obbedienza cristiana nella vita religiosa tiene conto della vitale dinamica circolare tra regola, autorità e comunità, cioè tra il “patto” della vita comune, l’autorità che lo attualizza nell’ascolto della comunità concreta e quest’ultima che nell’obbedire progetta e rinnova giorno dopo giorno la vita secondo il vangelo.
Su ogni forma e tipologia di obbedienza cristiana deve sempre e comunque regnare il vangelo e tutto deve essere sottoposto al criterio decisivo del vangelo: se ciò che viene comandato è contrario a questa unica norma normans, se le mediazioni della volontà di Dio (autorità ecclesiastiche, dottrine teologiche, regole monastiche, riti cultuali, ecc.) si sostituiscono a Dio e pretendono obbedienza per se stesse, allora al cristiano si apre la strada che da un “dissenso leale” può giungere fino all’obiezione di coscienza. Dissenso leale significa innanzitutto cercare di fare propria una decisione ascoltando per quali vie chi l’ha assunta dice di averla fatta derivare dalla sorgente evangelica; se poi questo sforzo si rivela infruttuoso, è allora necessario manifestare apertamente, con parresia, umiltà e carità le motivazioni che inducono a ritenere quello specifico comando come contrario al vangelo; se, nonostante questo, il comando permane e permane anche la sua inconciliabilità con la propria coscienza, il cristiano compirà il gesto nobile e drammatico dell’obiezione di coscienza, un mettere in gioco tutto se stesso, accettando anche di pagarne le conseguenze. Un gesto di cui forse oggi si parla con troppa facilità, anche da parte di chi in tempi non lontani lo considerava insubordinazione inaccettabile: ma così si rischia di banalizzarlo – applicandolo ad ambiti in cui non è in gioco l’essenziale della fede cristiana e della morale espresse dal vangelo – o di spostarne il peso sugli altri. Un gesto, quello dell’obiezione di coscienza che per sua natura è personalissimo, estremo e non può quindi essere programmato in anticipo o in via generale, né tanto meno “comandato” da un altro. Sì, perché “bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini”.
Enzo Bianchi
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Leone…Mons.Ranjith non è ancora cardinale……
E le cose che Mons Ranjith ha detto in molti le dicevano già da tempo, quello che cambia è che finalmente un prelato importante osa alzare la voce o meglio dare voce a chi ha sofferto e molto di tutti gli abusi che, inutile di fare dell`ironia, sono stati e sono reali!
Posso fare mie le sue parole, e credimi non amo fumare roba tagliata bene o male!
Luisa, ma quando si fa la comunione, è più importante la disponibilità dell’animo o se usi la mano o la bocca?
Sull’obbedienza, mi pare che molti in Vaticano e non solo lì vorrebbero la Chiesa fatta di soldatini che ubbidiscono sempre e comunque.
Enzo Bianchi mi pare molto eloquente su questo punto, non trovi?
Che cosa ci vuoi dire Leone con i testi di Bianchi?
Vuoi giustificare chi disobbedisce al Santo Padre?
Conosciamo certe posizioni di Enzo Bianchi, ecco cosa dice S. Magister sul contributo di Enzo bianchi alla Rivista del clero italiano.
“In stridente dissonanza con i precedenti autori, il priore di Bose, Enzo Bianchi, svilisce senza misericordia non tanto i lefebvriani, quanto i cattolici in comunione con la Chiesa che desiderano celebrare la messa col rito antico, come autorizzato da Benedetto XVI. In 14 pagine, non c’è una sola riga di rispetto e di comprensione nei loro confronti. Mentre ve ne sono parecchie in cui Bianchi mette in dubbio la loro stessa sincerità. Nel nome di una “risposta evangelica” alle questioni poste da questi fedeli.”
per poche ore che ho mancato di leggere il blog,
ho già trovato un po’ di vivacità,
Certo Leone,
adesso, possiamo scrivere con i dati alla mano,
spero nella tua gioia.
Io non cerco lo scandalo,
io cerco Cristo, nella formula benedettina dell’eterno Quaerere Deum,
non ho motivo di gioire di certi mezzucci di dozzina,
La mia fede si nutre della sola unica certezza, LA RESURREZIONE
tutto il resto E’ mutevole,
come l’uomo,
e con santa Teresa
prego
che
“nulla mi turbi, nulla mi spaventi, per chi ha Dio nulla manca, Dio solo basta”
Grazie frate Leone per la tua chiamata,
La Chiesa è immensamente più grande.
Vai pure avanti, io resto con gli ultimi,
con la vecchiettina che si porta in chiesa,
col tossico, che va bussando alle chiese del nostro centro (Roma)
Immagino sempre il crocifisso di don Camillo, che sta parlando,
chi ha senso…. provi ad ascoltare… sta parlando…..
Vorrei dirti che prima anche del Santo Padre viene sempre e questo lo dice anche la Chiesa il primato della propria coscienza, questo principio non l’ho inventato io è ancora vivo e presente nella Chiesa.
Quanto a Magister è a mio avviso un cristiano assolutamente di parte, con questo rispetto le sue posizioni come la tue ma posso non condividerne almeno alcune?
Matteo condivido con te che bisogna stare umili e con gli ultimi e che l’obbedienza è ancora una virtù, soprattutto oggi.
Ma anche parlare franco lo è e poipregare per sè stessi e per gli altri.
Ti ho chiamato in causa perchè su certi argomenti ti ho sentito molto vicino.
Leone puoi citarmi dei testi ufficiali della Chiesa che istituiscono il primato della propria coscienza ? Grazie.
Dal Catechismo della Chiesa cattolica dal punto n. 1776 in avanti, ma soprattutto il punto 1790:
” L’ESSER UMANO DEVE SEMPRE OBBEDIRE AL GIUDIZIO CERTO DELLA PROPRIA COSCIENZA. SE AGISSE DELIBERATAMENTE CONTRO TALE GIUDIZIO, SI CONDANNEREBBE DA SE’.
MA ACCADE CHE LA COSCIENZA MORALE SIA NELL’IGNORANZA E DIA GIUDIZI ERRONEI SU AZIONI DA COMPIERE O GIA’ COMPIUTE.”
e poi in avanti…
1791 Questa ignoranza spesso è imputabile alla responsabilità personale.
Ciò avviene “quando l’uomo non si cura di cercare la verità ed il bene, e quando la coscienza diventa quasi cieca in seguito all’abitudine del peccato”
In tali casi la persona è colpevole del male che commette.
Leone era meglio se coglievi l’occasione per farmi i saluti o magari gli auguri, da un po di giorni ho compiuto gli anni, e ci evitiamo tanta aria fritta che su questo tema si sta facendo….
perchè nel frattempo
in tante parrocchie, compresa la mia dove sono attualmente in periferia, si sta vivendo,
cioè si fa catechesi, c’è l’incontro AC, c’è insomma un sacco di vita ecclesiale,
tutto il resto, anche se viene da bocche prelatizie….e’….
non mi ricordo l’espressione di Califfano,
Io sono nella Chiesa e con la Chiesa di tutti i giorni,
il resto le lascio a chi non ha cose serie,
per adesso ci serve di pregare,
per le vocazioni,
per le conversioni,
per i malati,
e chi piu’ ne ha più ne metta,
figuriamoci se mi vado ad impelagare in discorsi da corridoi, di prelati che non hanno nemmeno di che preoccuparsi di che mangiano stasera,
perchè la suorina ha già provveduto,
mentre in tante parrocchie si vive di VERA provvidenza
altro che ciaccole.
Se qualcuno poi ha problemi con il foro della coscienza,
accidenti ci sono una enormità di professori pronti alla bisogna.
AUGURI
il santo Natale si avvicina,
e Cristo, continua a dirmi che ha ancora bisogno di farsi bambino, di farsi quella cosina piccolina, senza difese, persino senza balaustre…
oh, Mio Dio.
Grazie Leone, ho avuto voglia di ritrovare e me lo rileggerò tranquillamente dopo ,” L`elogio della coscienza” di Joseph Ratzinger
per chi è interessato:
http://www.ratzinger.it/modules.php?name=News&file=article&sid=16
Ma io non ho ben capito una cosa, che nessuno ha spiegato.
Si parla tanto delle ragioni contrarie a prendere l’ostia consacrata nelle mani.
Quelle a favore, invece, quelle che hanno introdotto e autorizzato tale pratica, quali sarebbero?
Guardate che non le conosce nessuno, salvo abbandonarsi a una prassi più simpatica.
Buon compleanno Matteo un po’ in ritardo.
Scusa Francesco, forse non hai letto i miei post sopra, ma nell’ultima cena, gesù non ha spezzato il pane? E non ha versato in un bicchiere il vino?
E non hanno mangiato e bevuto insieme?
Non è tutto molto semplice?
forse era troppo semplice ai tempi di Gesù, che c’era bisogno di complicare un pochettino…..
Luisa, l’articolo di Ratzinger è splendido.
Grazie,
merita di esser messo sul Blog.
(qui era riprodotto il testo ratzingeriano che può essere letto con il link offerto tre commenti indietro da Luisa… la cancellazione è stata fatta da Luigi il 23 novembre)
Francesco mi sembra aver letto che l`iniziativa è partita dalla Chiesa in Olanda e poi si è diffusa.
Probabilmente mi sbaglio, ma mi sembra evidente l`influenza protestante.
Buon Luigi, stavo parlando con una mia amica dei tempi di quando eravamo impegnati a san Vito, e accidenti come ti ricordava, io ho una memoria che fa acqua da tutte le parti…..
Ma mi fa piacere sapere che gli altri ti ricordano, e mi vergogno di me che faccio più fatica… ma i miei neuroni stanno già scioperando!!!!!
Leone,
ti prego,
tutto l’elogio della coscienza! è fantastico,
ma hai riempito l’intero blog,
che fai ti approfitti che l’altri so’ piu’ piccoli?
CHIEDO SCUSA HO ESAGERATO………………..
PER UNA VOLTA CHE SONO D’ACCORDO COL PAPA…………….
Leone, durante l’ultima cena Gesù spezza il pane, e lo distribuisce.
E’ vero.
Credo anche che non indossasse la pianeta, il camice e l’amitto, che non ci fossero altari e tantomeno balaustre, che non stendesse le mani o facesse altri gesti.
Nè, credo, si ponesse il problema del rito tridentino o di quello ordinario.
Con questo modo di argomentare, lo capisci da te, tre quarti delle discussioni e dei confronti che si fanno su queste pagine non avrebbero alcun senso.
E pure un paio di millenni di teologia e di tradizione della Chiesa, tutto sommato, potremmo derubricarle a lieto (…) passatempo.
Invece io ho passione per i significati, e vorrei che i cambiamenti (che non aborro, anzi) mi venissero spiegati per bene.
Se domani, ad esempio, non si celebrasse più coi paramenti, ma in abiti borghesi, io mi domanderei il perchè.
Gesù, però, indossava i suoi abiti di tutti i giorni, durante l’Ultima Cena.
Come mai noi abbiamo fatto diversamente da secoli?
Su questo concordo Francesco, penso anch’io anche che le decisioni vadano spiegate, solo che su questo argomento a me pare la cosa molto semplice, tra il toccare l’eucarestia con le labbra e la bocca e toccarla prima con le mani non mi pare che cambi nulla.
Mi viene in mente un episodio che mi accade da bambino, il prete mi diede 2 particole in un’eucarestia ed io andai a confessarmi perchè come sai non si poteva fare la comunione die volt e pensavo fosse un peccato…,
poi il sacerdote mi rincuorò…..
A me è venuto in mente quest’episodio su questa discussione, quello che conta mi sembri che sia la predisposizione dell’animo più quale partedel corpo tocchi l’eucarestia.
Poi io la comunione la faccio di solito in boccaed in questo mi sento vicino a forzajoseph ma non vedo non solo niente di male che uno la prenda in mano,ma nemmeno un calo di spiritualità.
Lo sapevo che si entrava in un trattato di manualistica teologica…….!!!!!!!
comunque, per carità, la vita per fortuna continua,
e nemmeno Albert Malcolm Ranjith Patabendige Don,
la cambierà di tanto.
Buon per lui.
Io comunque ho fiducia nello Spirito Santo,
checchè ne vogliate dire.
L’Ultima Cena e’ avvenuta prima della Passione di Gesu’ e del Suo Sacrificio, che la Messa riattualizza, dunque non e’ proprio la stessa cosa della Messa, se non sbaglio.. All’Ultima Cena partecipavano i dodici Apostoli, compreso Giuda: paragonarsi a loro mi sembra un po’ azzardato…
Piu’ in generale, certi toni del genere: “il Vaticano sta sulle nuvole, noi si’ che siamo cristiani concreti” mi sembrano un po’ patetici. Ma a nessuno viene in mente che magari uno preferisca non toccare il Corpo di Cristo con le sue mani sporche, per un gesto di amore? No, secondo certi lo fa solo perche’ gliel’hanno ordinato i cardinali tanto cattivi… Scusate, ma tra la Chiesa secondo Jovanotti e quella secondo Cristo e i suoi “apostoli” (“inviati”), preferisco quest’ultima.
Dire poi che Magister e’ “di parte” mentre invece Enzo Bianchi ha capito tutto, e’ altrettanto grottesco… Uno diventa “di parte” solo quando non la pensa come noi? Un vero cristiano cattolico e’ colui che riconosce la Chiesa come Madre e Maestra, e nella Chiesa il ruolo di maestro spetta a chi ne ha ricevuto l’ordinazione, non a chi ha piu’ diplomi universitari, scrive sui giornali (per giunta laicisti, e gia’ questo induce al sospetto per lo meno sulla buona fede di chi pubblica certi articoli…) o a chi va a scandalizzare “i piccoli”, per usare una ben nota espressione di Gesu’.
Per il dottor Accattoli: se in India fanno in un certo modo e da noi alll’opposto, uno dei due ha torto: e’ una semplice questione di logica, non di imposizioni dei soliti reazionari cattivoni.
Per Igino
Dire che uno è di parte non implica automaticamente un giudizio negativo.
In mote occasioni ho apprezzato Magister in molte altre no.
Se essere ogni tanto in divergenza con il Vaticano significa essere patetici,
va bene ogni tanto sono patetico così sei contento.
Piuttosto dire le proprie opinioni in sincerità e parresia per ricordare un termine caro al nostro comune amico Enzo Bianchi mi sembra un esempio sincero di scambio di opinioni tra credenti.
Quanto ai giornali laicisti sai, anche Don Tonino Bello scriveva sul Manifesto negli ultimi anni di vita perchè probabilmete era talmente scomodo e profetico che nessun giornale cattolico allineato come quelli che ami tu aveva il coraggio di pubblicarlo, e comunque Bianchi scrive anche su Famiglia Cristiana altro giornale di sinistra…….
Tra l’altro scrivere anche su giornali laici può essere estremamente positivo Martini docet, in quanto penso che possa avvicinare alla fede ed a argomenti di spiritualità anche chi normalmente non se ne occupa, per così dire è un cercare di seminare, starà poi a qualcuno più grande di noi di far eventualmente germogliare il seme.
Quanto allo scandalo dei piccoli stai tranquillo che i “piccoli” se sono saldi nella fede sono molto più solidi di molti intellettuali.
Accidenti è bastato un Ranjith
per fare 60 commenti in qualche briciolo d’ora…..
e se il Papa indicesse un nuovo Concilio per vedere cosa pensa la Intera Ecclesia,
che succede nel blog di Luigi,
il finimondo!
Tranquilli, non succede!
Benedetto non è Giovanni,
Tranquilli,
Dormite sonni tranquilli,
midiverte il pensiero di tutti quegli altari da rivoltare e quanto costeranno…….
a proposito chi paga?
l’8xmille?
aah!
non contate su di me,
io i miei soldi solo a Calcutta
Noto che alcuni hanno timore di inginocchiarsi innanzi all’Altissimo !
Oggi il rito della Comunione…..sembra la fila alla cassa del supermarket.
Michele come ti capisco, ma da quanti anni ti comunichi? Passi dai domenicani di santa Maria Maggiore, prima della comunione a confessarti?
L’ Eucaristia nelle mani: cosa significa?
Torniamo sempre alla questione dei gesti e degli atteggiamenti: quali sono quelli veramente originari e fondanti? In un’altra parte del blog, la questione è rimasta indefinita; qui sta forse prendendo una piega polemica che non le giova.
Il “prendete” di Gesù che tipo di “prendere” è?
Innanzitutto è azione inserita nella celebrazione eucaristica. Per cui sarebbe bene non dimenticare che è articolata su tre grandi “processioni” (ecco un altro gesto originario e fondante) di ingresso, offertorio e comunione, che culminano nelle preghiere presidenziali di colletta, super oblata, post-communio.
Processioni in realtà duplici: da un lato quelle dell’assemblea (che giunge in chiesa e vi si riunisce, porta l’offerta del pane e del vino, si reca a ricevere il corpo di Cristo), dall’altro quelle di colui che celebra “in persona Christi” (che fa il suo ingresso, riceve l’offerta, distribuisce l’Eucaristia ai fedeli). Processioni il cui snodo, punto d’incontro, è delicatissimo, cruciale, che viene svilito se manca la cd. “mistagogia”, l’iniziazione alla complessità del rito (che è anche iniziazione attraverso il rito stesso).
Senza mistagogia, si rischia non soltanto l’eresia ma anche e soprattutto la banalizzazione, il fraintendere il gesto sacro (antico, medievale, tridentino, post-conciliare), espellendolo dal proprio contesto teologico/liturgico e antropologico/rituale.
Si è così dimenticato spesso che lo “stare in piedi” può avvenire solo all’interno dell’universale “prostrarsi” del fedele davanti al Dio tre volte santo: non è la tronfia autosufficienza dell’uomo che si fa idolo a se stesso e rifiuta di inchinarsi al suo Dio, ma il privilegio dei risorti in Cristo.
C’è uno stare seduti riverente, un alzarsi riverente, un genuflettersi riverente e … un “ricevere riverente”: il ricevere il Corpo di Cristo (ed il Sangue) sta tutto nella consapevolezza del “non sum dignus” e nella gioia dell’essere salvato (“sanabitur”).
L’approccio adorante, i gesti di riverenza devono così sostanziare entrambi i modi previsti di accostarsi all’Eucaristia: un dono dato e non preso, una familiarità di figli non rivendicato ma ricevuta, un approccio gioioso, reso legittimo dalla perenne efficacia del Sacrificio (parola bellissima) di Cristo, cui siamo incorporati nel mistero liturgico.
Era lo stesso spirito che animava le Catechesi Mistagogiche di Cirillo di Gerusalemme.
PS. Di balaustre ed altro si parlerà un’altra volta.
per le curiosità di Matteo: per gli anni di comunione calcola quarantacinque, di poi dalle mie parti i domenicani non stanno a Santa Maria Maggiore, quindi non so che dirti.
peccato, Michele, i miei Domenicani a s.Maria Maggiore sono famosi,
sono molto bravi a far conververtire in vista della comunione…..,
ti perdi veramente molto,
visto che tutti abbiamo bisogno di conversione….
Quello che mi stupisce domenica dopo domenica è vedere i banchi svuotarsi completamente al momento della Comunione .Effettivamente tutti in fila.
E qui non posso non pormi la domanda, che cosa è diventata la confessione? Come è recepita oggi? È mai possibile che tutti proprio tutti si ritengano degni di ricevere Cristo…”Signore non sono degno …ma dì solo una parola e sarò salvato”, ai miei tempi…e non sono ancora matusalemme, la confessione era un bisogno,se non una necessità per sentirsi pronti, degni di accostarsi alla Santa Comunione.
Proprio tutti fanno un esame di coscienza e si pentono?
Non lo so ma spesso ho l`impressione di assistere ad un rituale che fa parte della messa….ad un momento ci alziamo andiamo in fila prendiamo l`ostia e ritorniamo, ma quanto è reale e viva la coscienza di CHI riceviamo ? di CHI ci prepariamo a ricevere quando siamo in fila ?verso CHi andiamo? CHi andiamo ad incontrare?
Nota bene che ciò vale anche per me,sopratutto per me…ma scusatemi mi sono allontanata dalla discussione.
Posso solo testimoniare che recentemente mi sono talmente innervosita davanti ad un`aberrazione liturgica che non mi sono sentita di ricevere Cristo in un cuore abitato dalla rabbia.Ho chiesto perdono, sono uscita e sono andata alla messa la sera…finalmente calma e pronta a ricevere Cristo.
Grazie Luisa per le tue testimonianze.
A volte mi domando se il Segretario della congregazione per il culto divino, sappia quanto va a dire nelle diverse interviste…sembra uno sprovveduto…ma siamo sicuri che è un esperto di litutgia…a volte sembra che ne sappia men di un idraulico…
Giusto, cosa ne può sapere un povero cingalese della liturgia RIFORMATA (questa mi è scappata dalla tastiera).
L’abuso liturgico si annida nei luoghi più insospettabili. Per saperne di più leggete http://www.pentagras.it .
suvvia. Albert Malcolm Ranjith Patabendige Don, è stato vescovo di decine di milioni di cattolici nello Sri Lanka, ha sempre dovuto confrontarsi con tutte le multiformi relatà del cattolicesimo nel suo paese. Non è uno sprovveduto.
Raffaele, un vescovo anche se dello Sri Lanka è sempre l’erede degli Apostoli, non è che uno se lo ricordi solo quando gli fa piacere! Daiiii!
ci alziamo andiamo in fila prendiamo l`ostia e ritorniamo, ma quanto è reale e viva la coscienza di CHI riceviamo ? di CHI ci prepariamo a ricevere quando siamo in fila ?verso CHi andiamo? CHi andiamo ad incontrare?
Ma perchè ognuno non parla per se,
invece di fare l’esame dio coscienza agli altri, che mi sembra anche niente affatto cristiano?
Che bel vezzo!!!!!!
http://eucharistiemisericor.free.fr/index.php?page=0511074_mgr_ranjith
ho letto tutta l’intervista,
lho trovata interessante,
spero che sia veritiera,
è l’esatta visione di un vescovo di una chiesa particolare, ed in questo caso dello Sri Lanka,
allo stato attuale mi è veramente difficile capire se è la stessa visione
che avrebbe un vescovo di un’altra parte del mondo.
Mi rimetto alla clemenza del Signore.
L’arcivescovo Albert Malcolm Ranjith Patabendige Don, 60anni a novembre, originario dello Sri Lanka, è stato nominato segretario della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti il 10 dicembre dello scorso anno. Benedetto XVI lo ha richiamato in Curia per quella che è stata la seconda nomina di rilievo del suo pontificato, dopo quella di William Joseph Levada a prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. Insieme al neoinsediato cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, monsignor Ranjith fa parte quindi della cerchia degli stretti collaboratori della Curia romana, personalmente scelta da papa Ratzinger.
Come mai a 60 anni non è più vescovo diocesano? E’ giovane!
Date Age Event Title
15 Nov 1947 60.01 Born Polgahawela, Netherlands
29 Jun 1975 27.6 Ordained Priest Priest
17 Jun 1991 43.6 Appointed Auxiliary Bishop of Colombo, Sri Lanka
Albert Malcolm Ranjith Patabendige Don
17 Jun 1991 43.6 Appointed Titular Bishop of Cabarsussi
31 Aug 1991 43.8 Ordained Bishop Titular Bishop of Cabarsussi
2 Nov 1995 48.0 Appointed Bishop of Ratnapura, Sri Lanka
1 Oct 2001 53.9 Resigned Bishop of Ratnapura, Sri Lanka
1 Oct 2001 53.9 Appointed Official of the Congregation for the Evangelization of Peoples
29 Apr 2004 56.5 Appointed Apostolic Nuncio to Indonesia
29 Apr 2004 56.5 Appointed Apostolic Nuncio to Timor-Leste
29 Apr 2004 56.5 Appointed Titular Archbishop of Umbriatico
10 Dec 2005 58.1 Appointed Secretary of the Congregation for Divine Worship and the Discipline of the Sacraments
Per quanti anni è stato vescovo diocesano effettivo?…………………….
Ha scritto Iginio: “se in India fanno in un certo modo e da noi alll’opposto, uno dei due ha torto: è una semplice questione di logica”. E’ vero solo in questioni essenziali, non in quelle secondarie. Il modo di ricevere la comunione non è essenziale, così almeno hanno ritenuto Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI per quanto risulta dal fatto che dà la comunione sia in bocca sia sulle mani. Il senso della disciplina introdotta nel 1969 è proprio quello della possibile diversificazione a giudizio dell’episcopato locale. Se l’episcopato dell’India decide in un modo e quello dell’Italia in un altro, abbiamo due modi ugualmente buoni. Luigi
Caro Matteo, sul post precedente a me pare che luisa volesse coinvolgerci in un’esortazione che faceva prima di tuttaa se stessa, perchè bisogna sempre partire da se stessi.
Un’esortazione che possiamo sempre fare nostra, quella di metterci sempre in discussione.
Per Igino, al di là delle posizioni che nella Chioesa ci sono e sono diverse su molti temi che non sono dogmi di fede e sui quali è legittimo, anzi doveroso discutere, anch’io sono di parte non lo nascondo, anche se non mi riconosco automaticamente negli schieramenti ipersemplificatori dei mass media, ma apprezzo anche Padre Pio, e Ratzinger come per l’articolo sopra.
Così leggere senza pre-giudizio anche Bianchi penso possa arricchire, e poi è legittimo dissentire ma su quello che dice Bianchi o Martini, non perchè scrive su Repubblica o perchè dice alcune cose nonsempre in sintonia con il Vaticano.
Per Francesco73
L’appassionante questione delle vesti di Gesù durante l’Ultima Cena … direi lasciamola ai biblisti per i super dettagli. Se rimaniamo nell’ambito nostro, che è la liturgia, gli studiosi individuano una sorta di regola (non so quanto aurea): ad un primissimo uso funzionale se ne sovrappone prestissimo uno strutturale, dove avviene una specializzazione ed un emergere di significati (dove ha posto primario l’evocatività – che giustamente è termine che ti piace tanto: vedi traduzioni liturgiche).
Questo emergere non rappresenta, tuttavia, nè un fraintendimento nè una intromissione di elementi estranei, come spesso noi abbiamo interpretato.
Io sarei ancora più radicale: struttura e funzione emergono “insieme” e quando non emergono è per pura contingenza storica.
E’ chiaro che se pensiamo in una logica di rottura tra fede e religione, tutto va a catafascio. Ma quella cattolica è la logica della continuità, come ama dire un tale in alto loco.
Leone grazie delle chiarificazioni.
Mi rendo anche conto che il nostro, pur appassionato, diventa un pour parler,
Se alcuni prelati volessero ripristinare consuetudini pre-conciliari, vedremmo svuotarci le chiese di tanta gente e sopratutto giovani, null’altro perchè è il luogo dove cerca il proprio senso del vivere.
Se la Chiesa diventa il centro della formalità a qualsiasi titolo sia giusta o meno causa, tantissimi se ne fregherebbero dei vari teologismi, in molti siamo abituati alle vesti tipo taizè con la stola sopra, a molti interessa l’atto sacramentale,
se se ne comincia a fare una questione di abitus, di forma, Signori, non illudetevi, parlatevi addosso di teologia e preparatevi ad aiutare a chiudere le chiese.
Ma veramente credete che i milioni di giovani GMG, stiano appresso a queste questioni,
ci siamo ormai abituati ad una Chiesa che cammina con il passo che accompagna l’uomo oggi e non ieri.
Per carità, discutetene tutti,
se ne riempiano i topic,
discutere è questione di intelligenze che interagiscono, fa anche piacere….
ma io non mi illudo.
Cominciate a cambiare questa forma di Chiesa, conquitatata in questi decenni,
ritornate indietro,
e allora chiudete bottega,
ne saranno felici taluni puristi,
ma la Chiesa non è una esclusiva loro,
la Chiesa è per tutti,
perchè Cristo si è fatto uccidere ed è diventato vittima di salvezza per tutti gli uomini,
non soltanto per alcuni puristi.
Forse ci saranno altri, tipo il vescovo originario dello Sri Lanka,
altri diranno………….
ma da piccolo cristiano che sono
continuero’, nella mia Chiesa di sempre,
che guarda avanti,
che affronta i tantissimi problemi che ogni giorno bussano alla porta,
che non aspettano certo i puristi di turno.
Grazie della pazienza e aspettero’ che la buriana passi.
Tanto deve passare.
“Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce… ma il Signore non era nel vento” (1Re 19,11).
Ti ringrazio Leone per aver letto con attenzione il mio ultimo post.
Non posso che constatare che sono profondamente e definitivamente antipatica a Matteo. A più riprese mi sono sentita dire che ho comportamenti o pensieri poco cristiani, non ho mai risposto e non risponderò alle sentenze di Matteo che è libero di pensare di me quello che vuole.
Se avesse letto con attenzione il mio post avrebbe visto che la mia riflessione partiva da me, è così che vado avanti nella vita da un mucchietto di anni, sempre partendo da me, ho anche esitato a dare la mia testimonianza che sapevo intima e personalissima,ma faccio fiducia agli amici di questo blog che sono sempre stati rispettuosi anche nella diversità delle loro opinioni.
Spero poter continuare a farlo, quanto al mio essere più o meno buona cristiana ne lascerò il giudizio il giorno del definitivo faccia a faccia a Colui verso il quale la mia vita aspira con tutti i suoi limiti e le sue incapacità.
Nomino Lycopodium mio Litugista personale (queste pagine sono un’Accademia, già mi sono scelto don78 come teologo).
E non solo per la competenza unita alla semplicità e comprensibilità di esposizione.
Ma anche perchè ha notato che amo il concetto di “evocatività”.
Deve avermi letto più volte, e questo ingigantisce il mio Ego, già piuttosto ipertrofico e ingombrante…
🙂
Cari Luisa e Matteo,
vi stimo molto anche se siete – almeno da quanto appare qui – così diversi. Scrivete entrambi con sincerità e passione, a partire da esperienze e idee che sono sicuramente diverse, mettendovi in gioco in prima persona. Penso che entrambi abbiate molto da imparare l’uno dalla diversità dell’altro, e molto da insegnare a noi. Vorrei chiedere – vi prego di credere che non lo faccio con superbia – a Luisa di essere più aperta al buono che c’è nelle idee altrui, e a Matteo di privilegiare l’incontro rispetto allo scontro. Nella Chiesa c’è abbondante posto per entrambi, e sicuramente anche su questo blog.
Luca accetto volontieri il tuo suggerimento , anche se essere aperti al buono che c`è nelle idee altrui parte pur sempre da un`apprezzamento personale e soggettivo. Quello che forse tu trovi buono non lo è per me.
Io preferisco essere, e credo esserlo, aperta alla persona, con i suoi pensieri, sentimenti e emozioni e comportamenti. Non è perchè non condivido certe sue idee che mi chiudo a lei, chiudo la porta del mio ascolto.
Poi per discutere bisogna essere in due e se l`altro definitivamente non ascolta, lascio cadere perchè la discussione si trasforma in un monologo, interessante forse a livello di osservazione psicologica, anche di se stessi quando si sente che diventa più arduo ascoltare, che si sente la resistenza farsi viva…resistenza che può allora prendere la forma della fuga o dell`agressività. Dipende….
Ma ammetto volontieri che sono esigente e talvolta intransigente su ciò in cui credo fermamente…. ma siccome solo gli imbecilli non cambiano mai idea, non sono ottusa, rifletto e credimi le riflessioni altrui “camminano” in me.
Dico la mia. Sull’argomento la penso come Luigi. Come qualcuno ha aggiunto, gli ortodossi concedono ai fedeli di accostarsi al pane e al vino da secoli, fedeli al comando di Cristo “prendete e mangiatene, prendete e bevetene… tutti”, da noi stiamo ancora a discutere se prendere la comunione in mano o solo in bocca; ai tempi del catechismo mi diceva la suora che l’ostia non va toccata nemmeno con i denti, forse in segno di rispetto….: curioso, Il Signore vuole farsi cibo per noi e non possiamo mangiarlo ma solo “deglutirlo”: le abitudini farisaiche sono dure a morire, stiamo “filtrando il moscerino e ci ingoiamo il cammello” (cf. Mt 23,24)!!! Quanto all’obbedienza al papa qualsiasi cosa dica, per chi vuole intendere, il discorso di E. Bianchi è assai chiaro. Il Papa non è un monarca assoluto, un Dio in terra al quale dobbiamo obbedire per sé stesso: sarebbe idolatria! E anche qui forse dobbiamo recuperare la tradizione ortodossa più attenta alla collegialità (belle e confortanti le recenti dichiarazioni del patriarca di Costantinopoli Bartolomeo sul “primato” del vescovo di Roma che aprono spiragli di unità). Basterebbe ricordare inoltre la disputa di Antiochia tra Pietro e Paolo, citata nella lettera ai Galati: “Ma quando Cefa venne ad Antiochia, mi opposi a lui a viso aperto perché evidentemente aveva torto” (Gal 2,11) e infatti gli fece cambiare idea circa il comportamento da assumere verso i pagani convertiti: chissà, oggi il cardinale cingalese direbbe: “ma insomma chi è questo Paolo che osa opporsi all’autorità di Pietro? Come si permette questo convertito di dare lezioni al principe degli apostoli…?”
Mi sa che Mons. Ranjith finirà per diventare cardinale ma per il momento non lo è.
Trovo comunque molto irrespettuosa la maniera in cui alcuni si esprimono su di lui. C`era il pastore tedesco, c`è il Papa tedesco, adesso c`è il “cardinale” cingalese” e nessuno di questi aggettivi è da intendersi positivamente.
Petit….petit.
Riporto qui qualche passagio dell`omelia pronunciata da Benedetto XVI il 29 giugno scorso.
“Fratelli e Sorelle amati dal Signore e amati in Cristo anche da me, Servo dei servi di Dio; noi oggi siamo nella gioia perché celebriamo il martirio dei santi Apostoli Pietro e Paolo, che hanno edificato la Chiesa di Roma, la nostra Chiesa: Pietro è stato la roccia posta come fondamento alla Chiesa, Paolo la voce data al Vangelo nella sua corsa tra le genti…
…. Gesù afferma di voler edificare “su questa pietra” la sua Chiesa e, in questa prospettiva, conferisce a Pietro il potere delle chiavi (cfr Mt 16,17-19). Da questi racconti emerge chiaramente che la confessione di Pietro è inseparabile dall’incarico pastorale a lui affidato nei confronti del gregge di Cristo….
… Il parallelismo tra Pietro e Paolo è suggestivo, ma non può sminuire la portata del cammino storico di Simone con il suo Maestro e Signore, che fin dall’inizio gli attribuì la caratteristica di “roccia” su cui avrebbe edificato la sua nuova comunità, la Chiesa. “
Bene bene, vero Francesco, Questo blog è una miniera 🙂
Se l’ho capito bene, mi è piaciuto molto l’intervento di lycopodium, su strutturale e funzionale… al quale aggiungerei, secondo me sulla stessa linea, la dialettica popolare\istituzionale: nella storia della liturgia (e anche della teologia dommatica) si riscontra sempre questo vicendevole arricchirsi (e anche scontrarsi) tra centro\periferia, gerarchia\popolo.
Il mio prof di storia diceva sempre che le proteste e la fede e la devozione popolare della gente nel IV secolo contribuì alla definizione di Maria Theotokos; così potrei fare l’esempio della devozione al S.Cuore, o di altre forme di devozione, nate in qualche monastero o beghinaggio o ricca casa borghese del Nord Europa (terra della devotio moderna), che poi è arrivata ad essere riconosciuta festa liturgica a livello universale; più vicino a noi prendete Padre Pio, altro esempio di come dal popolare si passi all’istituzionale.
Quindi, pensare che la comunione in mano, solo perchè nasce da una pratica popolare periferica (sempre nel Nord Europa… ) non possa essere poi sposata dal centro e ufficializzata, significa ignorare che molti dei gesti liturgici non nascono nelle rubriche ma nella pratica (storica, culturale, popolare, antropologica…). Credo che il contributo di lycopodium si riferiva proprio al nuovo significato che nella liturgia tali gesti assumono. Seguendo questo bimillenario processo dialettico, detto in soldoni, riusciamo a colmare la distanza che c’è tra la nostra Messa e l’Ultima Cena.
Sull’obbedienza anch’io la penso come Bianchi. E’ chiaro che il Motu proprio abbia indebolito di molto l’autorità dei vescovi locali e questo è un passo indietro rispetto al discorso sulla colleggialità, creando un ponte diretto tra fedele\prete e Papa, bypassando (de facto) il vescovo. Anch’io condivido con Sandro l’auspicio che l’avvicinamento agli ortodossi ci renda come cattolici più consapevoli della colleggialità episcopale e ci aiuti a non ridurre i vescovi a dei soldatini intruppati. Spero così anche di aver risposto a Francesco che mi chiedeva della promessa di ubbidienza.
A Luisa: è chiaro che ognuno ha le proprie idee, non ti sto certo chiedendo di rinunciarci ma solo di sforzarti di entrare nel punto di vista dell’altra persona. E’ un esercizio non sempre facile, ma terribilmente utile.
P.S. Le avete sentite le reazioni all’intervista di mons. Ranjith? Finora, silenzio di tomba. …
Mi fa piacere che don78 accenni anche al problema “istituzionale”.
Io penso che sia un tema cruciale, nella Chiesa e non solo.
A tal proposito, mi permetto di suggerire a tutti la lettura di un ritratto di Giuseppe Dossetti fatto da Raniero La Valle.
Spiega molto bene l’importanza che Dossetti attribuiva al concetto e alla funzionalità dell’Istituzione, al suo senso e significato, nella Chiesa e nella società.
Lo trovate in Raniero La Valle, Prima che l’amore finisca, Ed. Ponte alle Grazie, 2003.
(Oh, per quel che vale, io non sono lavalliano nè in politica nè in teologia; e nemmeno dossettiano, anche se stimo e apprezzo alcuni contenuti delle loro esperienze).
chiedo scusa. collegialità con una “g” 🙂
“Ma a nessuno viene in mente che magari uno preferisca non toccare il Corpo di Cristo con le sue mani sporche, per un gesto di amore? ” Quando un gesto è motivato dall’amore è sempre un gesto – mi verrebbe da dire – pienamente liturgico. E questo vale per tutti. Io normalmente ricevo il Corpo di Cristo tra le mani e mi sconvolge ogni volta di tenerezza la realtà di questo Amore così grande che si fa così piccolo (spogliò se stesso…). Ma altre volte, quando vado alla Comunione con i miei bimbi, ricevo l’Eucarestia in bocca, e penso: “Signore, non ho mani libere per venire da te, i miei bimbi me le tengono occupate. Tieni Tu, ti prego, le mie”. Vorrei dire però una cosa a chi si preoccupa molto, con cuore sincero, dell’igiene delle proprie mani e di quelle altrui. Attenzione: per quanto possiamo lavarle le nostre mani saranno sempre sporche prima di incontrare Gesù. E’ Gesù che lava le nostre mani, non noi. E più sono sporche – scandalo dell’Amore – più le ama. Ricordiamo il Giovedì Santo, l’Istituzione dell’Eucarestia, la Lavanda dei piedi. Quale gesto più “anti-igienico” e “anti-farisaico” di quello. Non a caso Pietro si ribella un bel po’. E anche noi – sempre un po’ farisei – fatichiamo tutt’ora ad accettarlo. Ma ricordiamo la risposta di Gesù: “Se non ti laverò, non avrai parte con me”. E’ sempre Cristo che purifica e lava. A noi spetta di mostrare i nostri piedi nudi e sporchi. Ma ci vuole per questo un gran coraggio, una grande umiltà.
Caro Luca, non ho bisogno di sforzarmi per entrare nel punto di vista dell`altro, diei anzi che lo faccio quotidianamente e che sono stata “formata” per farlo.
Ma una volta ascoltato l`altro, veramente ascoltato, e avere riformulato ciò che ho capito, e dare lo spazio all`altro per correggere la mia percezione, c`è lo spazio per ribadire la mia opinione. Su certi temi è molto difficile trovare un accordo, si può solo constatare il disaccordo , talvolta questa constatazione è dolorosa.
Perdonami LUISA, per questa confidenza che mi prendo con te.
METTITI IL CUORE IN PACE.
NON MI SEI NEL MODO PIù ASSOLUTO ANTIPATICA.
per essermi antipatica, ci dovremmo conoscere personalmente, aver preso almeno un caffe’ insieme, aver incontrato i nostri volti, recepito le emozioni che i corpi naturalmente trasmettono in una comunicazione visiva.
Ebbene tutto questo non c’è stato.
Sei una conoscenza virtuale nel pianerottolo di casa Luigi,
e in questo non puo’ esservi assolutamente nè antipatia, nè simpatia.
Non sono obbligato a condividere le tue opinioni, e altrettanto vale per te.
E’ normale rapporto virtuale.
Ti prego di non fare contrapposizioni che nella MIA TESTA NON ESISTONO.
Se poi vuoi ragionare su queste categorie mentali di rotture fatte di antipatie/simpatie, ti lascio completamente da sola,
NON MI APPARTIENE.
FINE DELLA PARTITA.
continueremo a frequentare il blog perchè mi fa piacere,
continuero’ a commentare anche quello che tu dici, perchè fa parte di questa libertà,
e finchè ti esponi, stai al gioco di questa libertà,
accettala
e mettiti il cuore in pace.
Se poi Luigi che è il padrone di casa giudica che i miei modi sono irrispettosi, incapaci di rispettare la libertà altrui, incapace di rispettare una normale dialettica democratica e mi chiederà di uscire,
io tranquillamente usciro’
mantenendo tutto il mio rispetto sincero vero per Luigi
Trasformare il gesto generoso del Santo Padre che conferisce una più grande libertà ai fedeli e ai sacerdoti, in una perdita di potere dei vescovi mi stupisce molto.
Da una parte vedo un cuore generoso e aperto di padre e Pastore e dall`altra parte certi cuori che si chiudono,davanti a certi fedeli, e si rivoltano contro una parcella di potere perduto.
Se questi vescovi avessero fatto prova di una più grande generosità davanti alle richieste dei fedeli forse non ci sarebbe stato bisogno di questo Motu proprio.
Quanto ai “soldatini intruppati”, non hanno forse scelto di fare parte della truppa o sono stati arruolati di forza ? Sono persino saliti nella gerarchia della truppa, nominati dal terribile capo che li sta intruppando….nessuno li ha obbligati, e se non vado errata, hanno promesso fedeltà e obbedienza al loro capo, il Santo Padre. O mi sbaglio?
Per memoria ecco qualche passaggio della lettera ai vescovi scritta da Benedetto XVI per accompagnare il Motu proprio.
“In conclusione, cari Confratelli, mi sta a cuore sottolineare che queste nuove norme non diminuiscono in nessun modo la vostra autorità e responsabilità, né sulla liturgia né sulla pastorale dei vostri fedeli. Ogni Vescovo, infatti, è il moderatore della liturgia nella propria diocesi (cfr. Sacrosanctum Concilium, n. 22: “Sacrae Liturgiae moderatio ab Ecclesiae auctoritate unice pendet quae quidem est apud Apostolicam Sedem et, ad normam iuris, apud Episcopum”).
Nulla si toglie quindi all’autorità del Vescovo il cui ruolo, comunque, rimarrà quello di vigilare affinché tutto si svolga in pace e serenità. Se dovesse nascere qualche problema che il parroco non possa risolvere, l’Ordinario locale potrà sempre intervenire, in piena armonia, però, con quanto stabilito dalle nuove norme del Motu Proprio.”
Cari Fratelli, con animo grato e fiducioso, affido al vostro cuore di Pastori queste pagine e le norme del Motu Proprio. Siamo sempre memori delle parole dell’Apostolo Paolo dirette ai presbiteri di Efeso: “Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posti come Vescovi a pascere la Chiesa di Dio, che egli si è acquistata con il suo sangue” (Atti 20,28).
Caro Luigi, rispondo anch’io alla tua domanda. Il cambiamento circa il modo di ricevere la comunione non sarà abusivo, giacché le procedure sono state seguite, ma dal mio punto di vista è qualcosa di peggio: è inutile e immotivato. Non se ne sentiva nessun bisogno, così come di molte altre innovazioni della riforma liturgica post-conciliare, nate a tavolino dalle elucubrazioni dei liturgisti e non da una reale esigenza del popolo cristiano.
La cosa grave, comunque, anzi lo scandalo è la pratica disobbedienza al papa da parte di così tanti vescovi, se sono vere le notizie che si leggono (il che tuttavia è da dimostrare). Per fare un solo esempio, se fosse vero che un vescovo italiano, ex collaboratore di mons. Bugnini, ha pubblicamente affermato dopo l’uscita del MP che quello era uno dei giorni più tristi della sua vita, una frase così ridicola, grottesca e miserevole si spiegherebbe solo con l’orgoglio ferito (il “fetido orgoglio”, direbbe Leopardi) di chi vede messa in discussione ‘l’opera delle sue mani’.
Il punto è questo: tenere di più al proprio individuale punto di vista che all’obbedienza alla volontà del Signore, almeno presuntivamente espressa attraverso l’azione del Santo Padre. Credimi, Luigi, se oggi fosse papa il cardinale Martini, io farei di tutto per seguirlo devotamente, anzi cercherei di ‘martinizzarmi’, cioè di immedesimarmi nelle ragioni e nello ‘spirito’ delle parole e dei suoi atti (e non mi sarebbe facile).
P.S. con franchezza, data la profonda stima che ho di te, devo però dirti che, se l’ho interpretata bene, non mi è piaciuta l’ultima espressione che hai adoperato: «la simpatia che merita un uomo dello Sri Lanka che vive e opera dentro le mura leonine». Mi ha ricordato una frase infelicissima di Lazzati a proposito del cardinale Gantin che, essendo africano, certe cose non le capiva …
… eh, vabbè… ma del commento di Alessandro Iapino, che pensate?
E non lo chiedo solo perchè è mio amico… 🙂
Per questo avevo detto che l’autorità dei vescovi è stata ridotta “de facto”, come chiunque può costatare paragonando la situazione pre e post Motu proprio. Altrimenti perchè la necessità di accostare il Motu proprio alla lettera di accompagnamento ai Vescovi? forse per tranquilizzarli con quelle frasi che sono state riportate in questo blog? Che bisogno c’è di dire così chiaramente che non si vuole ridurre l’autorità del vescovo? Forse perchè ci si rende conto che tale pericolo aleggia? E poi, perchè non si è tenuto conto delle obiezioni di tanti vescovi?
Continuo poi a manifestare il mio disaccordo con concezioni della obbedienza di tipo militare (di lì il termine intruppato). La chiesa è veramente molto di più di una caserma con a capo un generalissimo. Quindi per cortesia non riduciamo la promessa di obbedienza ad una barzelletta. Non se ne esce facilmente dalla vexata questio sul rapporto tra Papa e Collegio dei Vescovi, c’è già una grande discussione teologica a riguardo, quello che qui potremmo fare è cmq evitare gli estremi “dell’uno senza l’altro”. Tale riduzione sarebbe sì petite …petite.
Infine, anche l’ “agreement about the disagreement” è un passo avanti nella comunicazione.
Allora lei don78 che ha promesso obbedienza mi può dire ,che cosa intende con questo termine?
Sono d`accordo con lei l`obbedienza non è una barzelletta , è una promessa solenne ,un impegno che penso il sacerdote prende davanti a Dio e davanti agli uomini.
L`obbedienza , come la capisco io, cammina mano nella mano con l`umiltà.
Mi potrebbe don78 dire quale è la formula che il prete e il vescovo pronunciano nel momento della loro consacrazione? Non è un”volo” ?
Che cosa diventa quel “volo” cammin facendo?
O già nello spirito del consacrato c`è una riserva sull`obbedienza? stile …su questo vedremo …
Leonardo, volevo dire che fa fatica non che non capisce! Luigi
per Luisa,
rimando al già postato articolo di Enzo Bianchi sull’obbedienza.
Altre interpretazioni semplicistiche e militaresche le lasciamo alle caserme e alle barzellette. Come quelle che mettono sullo stesso piano l’assenso che si deve al Credo, ad un Dogma proclamato in maniera infallibile, ad una Costituzione Conciliare, ad un Motu proprio, ad un Angelus e ad un’intervista al Prefetto di Congregazione. Questo dal punto di vista del mittente… poi c’è la variabile del destinatario (vescovo, fedele, religioso, teologo…)… ognuno secondo carismi, funzioni, uffici e vocazioni diverse chiamato all’obbedienza in forme diverse.
Capisco che è un discorso complesso… ma la strada più semplice spesso non è la migliore.
No è molto semplice: se io sono un cardinale e un vescovo e non sono d’accordo con una decisione che il papa intende prendere ho certamente la possibilità (e il dovere) di fargli presente, anche con forza, tutte le mie obiezioni. Ma se il papa, sentite tutte le mie ragioni, quella decisione la prende ugualmente, io non devo fargli la fronda. Mi fido (cioè faccio prevalere l’amore all’unità della chiesa attraverso l’obbedienza alla sua autorità ultima) e cerco di seguire (certo, come posso: sarà difficile pretendere un’adesione entusiastica). Punto. La teoria della complessità, per quanto suggestiva possa essere, è una coperta sotto la quale ciascuno fa quel che gli pare.
Grazie don78 per la risposta.
Forse è una domanda troppo intrusiva e personale dunque si senta libero di non risponermi.Ma a me non è tanto quello che pensa Enzo Bianchi che interessa ma quello che lei don78 sacerdote, pensa personalmente sull`obbedienza che ha promesso, come la vive,come la pratica.
Non penso che il suo sia stato un volo …sed….
Anzi ne sono sicura.
Grazie Luisa per il beneficio del dubbio 🙂
Io ho promesso “filiale rispetto ed obbedienza” al mio vescovo e ai suoi successori, prego il Signore perchè mi conservi sempre in tale promessa pienamente voluta e accettata. Fino ad oggi non ho creato delusioni nè preoccupazioni in tal senso al mio vescovo, sono andato dovunque mi ha mandato a svolgere il mio ministero (parrocchia es tudio), a volte ero d’accordo altre volte meno, ma ci sono andato e ho cercato di dare il meglio.
Nella predicazione e nella catechesi mi sforzo sempre di comunicare il Vangelo e l’insegnamento autorevole della Chiesa, certo, è un opera di mediazione che in tutte le persone è condizionata da caratteristiche personali e culturali, ma a queste siamo tutti soggetti… l’importante è rendersene conto e non credersi puri e infallibili.
Il fatto poi di essere alle porte, spero :), del dottorato in teologia mi ha insegnato ad avvicinarmi anche in maniera “critica” al Magistero, ma spero che sia sempre una critica teologicamente fondata e costruttiva, perchè possa essere strumento di comunicazione, come prete e teologo(?), di Verità sempiterne all’uomo di oggi, accogliendo e non fuggendo le sfide che arrivano da una società mutevole e pluralistica.
Ci riuscirò? Siamo tutti nelle mani di Dio. Io ci provo.
Dai, don78, dove ti addottori? In cosa, particolarmente?
Su, non negarci qualche dettaglio innocente.
Grazie don78 per la risposta.
Ma perche’ l’obbedienza al Papa sarebbe condizionata, mentre quella a Enzo Bianchi no? In altre parole, perche’ se il Papa, che avra’ pur sempre una certa cognizione di quello che succede in tutto il mondo, raccomanda qualcosa, tutti a brontolare, se Enzo Bianchi scrive un articolo su “Repubblica” (e ribadisco: gia’ questo e’ abbastanza sospetto o, tutt’al piu’ divertente 🙂 ) bisogna meditarlo con ciglio serioso e aspetto compunto?
Tra l’altro, si dimentica una cosa: quando la nuova Messa fu introdotta, le tante perplessita’ furono superate proprio facendo leva sull’obbedienza al Papa di allora, Paolo VI, che peraltro si guardo’ dal seguire i “riformatori” in tutte le loro proposte e mantenne alcuni momenti del vecchio rito anche nel nuovo (ad es. il sacerdote che si lava le mani: questo lo ricordo a chi mi ribatteva a proposito delle “mani pulite”!).
Non sapevo che don Tonino Bello scrivesse articoli sul “Manifesto”: mi dispiace per lui, probabilmente credeva alla favola del comunista buono che lotta per i poveri (infatti dove comandano i comunisti, tutti sono poveri tranne i pezzi grossi), oppure si vede che non conosceva il lettore-tipo di quel giornale, tutto parolacce e bestemmie (e parlo per diretta conoscenza di lettori del “Manifesto” in diverse parti d’Italia: ce ne sono persino che rimpiangono Stalin). Dove don Tonino Bello e’ adesso, avra’ un quadro piu’ preciso della situazione.
E non mi si venga a dire che sono irriverente (non lo sono affatto, peraltro). Certi commenti verso il “vescovo cingalese” che ho letto qui sopra trasudano disprezzo e arroganza, tanto piu’ assurdi tenendo conto che giungono da gente che, ci scommetto, e’ pronta a strillare che gli immigrati hanno sempre ragione e l’Occidente e’ tanto cattivo e arrogante. Un po’ di coerenza non guasta, ogni tanto, e soprattutto non guasta un po’ di serieta’, chiedo scusa per la parolaccia orrenda che dal ’68 in poi e’ sparita dal lessico delle persone per bene.
Per il Moralista e per Alessandro Japino: molto, molto bello il post di commento, l’amore di Gesù lava le nostre sporcizie.
Grazie per commenti così.
Per Iginio: scrivere su un giornale di sinistra non significa esser comunisti,
personalmente non sono mai stato comunista e penso che ilcomunismo sia stato un fallimento totale, (non che il capitalismo vada molto meglio, se circa 3 miliardi di persone vivono con mneo di due euro al giorno).
Sicuramente dal paradiso avrà un quadro più preciso della situazione.
Scusate per molti Luisa, ecc. ma cingalese non è un aggettivo esatto?
Cosa c’è che non va nel termine?
Grazie a tutti
Se può mandare avanti la già ricca e profonda discussione, segnalo che in Lettonia, patria di mia moglie e meta di vacanze estive, la liturgia sta a metà strada fra il pre e post conciliare. In quelle chiese dove i pochi preti ruotano da un paesello all’altro, non lontano dal confine russo, c’è ancora l’aspersione dopo il Kyrie, ma ci sono le tre letture post riforma. C’è il segno della pace, ma la comunione avviene in ginoccchio alla balaustra. E debbo riconoscere, io che sono cresciuto nella riforma liturgica e scafato da vari studi, una fortissima partecipazione, un grandissimo fervore di popolo, un sentimento religioso e sacro ricco di canti e di preghiere, che spesso manca nelle nostre celebrazioni.Sulle omelie non posso pronunciarmi per ovvie difficoltà linguistiche,
Allora un bel complimento ai nostri fratelli d’Estonia.
cingalese vuole dire che viene dallo Sri Lanka… a meno che non venga dal Bangladesh, perchè altrimenti trattasi di bengalese… il mio amico del phone center proprio sotto casa non si offende se gli dico che è un cingalese… però è musulmano… che faccio, ci parlo ancora?
Mi pare che nessuno abbia risposto alla lecita e ficcante domanda di Luigi.
Può mons. Ranjith definire ‘abusiva’ una pratica come la ‘comunione nella mano’ autorizzata da un papa, decisa dai vescovi e confermata da un altro papa? Io direi che non può. Punto e basta.
Per la signora Luisa: leggendo uno dei suoi commenti – che trovo spesso vivaci e interessanti – mi sembra di aver avvertito l’idea che per ricevere il sacramento della Comunione bisogna prima necessariamente confessarsi. Non credo sia corretto stabilire questo automatismo.
Psico, relativamente al tuo intervento su comunione e confessione mi trovi d’accordo, le due cose non hanno assolutamente alcun automatismo pur confermando che è profondamente importante ricevere la s.Comunione dopo essersi riconciliati con Dio, i fratelli, tutta la chiesa nella confessione
L’architettura liturgica postconciliare è sostanzialmente ispirata all’idea della totale frattura tra “santo” e “sacro”, tra “fede” e “religione”, tra “esistenza” e “rito”. C’è stato chi estremisticamente negava la necessità stessa di un luogo liturgico; ma anche i meno radicali sono stati condizionati pesantemente dall’ipoteca funzionalista (la chiesa cd. “contenitore dell’adunanza dei fedeli”).
Il pregiudizio funzionalista si è concretizzato nella unificazione degli interni, con l’eliminazione di tutti gli elementi pensati in contrasto con l’unitarietà dell’assemblea.
Ciò ha comportato la sostanziale cancellazione di molte evidenze simboliche, già etnologicamente emergenti nella loro evocatività, ma poi trasfigurate e ricapitolate in Cristo crocifisso e risorto: l’altare ridotto a mensa e piano d’appoggio polivalente (e non sto parlando di croce e candelieri), l’ambone a leggio, il battistero a semplice catino, le gerarchie dei poli celebrativi smentite e invertite: così il primato di fatto della sede presidenziale, che spesso sormonta e domina l’altare, e via dicendo.
Non sto evidentemente parlando né dei testi canonici, né del livello dogmatico della questione: ma in questo ambito, come in tanti altri, all’ufficialità della Chiesa docente si è sostituito il magistero parallelo di alcuni esperti.
Anche nel blog è purtroppo emersa questa posizione di frattura.
I più avvertiti studiosi (Ries, in primo luogo) hanno comunque avviato una positiva riconsiderazione del “sacro”: che non è primariamente interdizione e separazione, ma specifica elezione – da parte di Dio – di persone, cose e luoghi: manifestazione che suscita incontro.
Così come, recentissimamente, anche liturgisti per nulla vicini a posizioni tradizionaliste (penso ad un Roberto Tagliaferri) hanno rilevato le carenze teoretiche e realizzative dell’architettura liturgica, evidenziando con forza “le direttrici simboliche del luogo sacro cristiano”: iniziatica, escatologica, ecclesiologico-etnica, apotropaica, ludico-spirituale.
Non spaventi l’apparente complessità dei termini: perché in essi è qualificato il “genio” delle più belle chiese-edificio che la Tradizione, di cui siamo eredi un po’ immemori, ci ha fatto dono.
Traduco e semplifico: quelle non sono -dal punto di vista architettonico – vere chiese cristiane. Naturalmente, una volta che ci sono sarebbe un peccato buttarle giù … però per favore eccellentissimi vescovi non fatene costruire più di quel genere. (In generale: non fatele ideare agli architetti. Parafrasando Clemenceau si potrebbe dire che una casa è una cosa troppo seria per lasciarla fare agli architetti).
Molte chiese moderne fanno schifo.
E’ interessante vedere come alcune delle riflessioni postate qui si ritrovino anche sul blog di Andrea Tornielli! Vorrei anche io dire la mia ma mi sembrano che 113 commenti siano già a sufficienza…
Andrea
..in quanto a chiese moderne noi a La Spezia non siamo secondi a nessuno, visto che abbiamo la cattedrale più brutta d’Italia (spero di cuore che non ce ne siano altre di paragonabili alla nostra).
adesso vi faccio inorridire (ah, che bello)… io sono cresciuto in una parrocchia la cui chiesa è figlia di un architetto di quelli che dite.
Vista dall’esterno è effettivamente discutibile, sembra un’astronave (è la descrizione più riferibile tra quelle che ho sentito, in realtà credo che dall’alto sembri una specie di colomba), ma all’interno a me piace tantissimo, anche per come via via è stata curata e adornata… è fatta ad emiciclo (i transetti tradizionali sono stati “reinterpretati”), intorno all’altare sopra il quale (nell’abside appena abbozzata) campeggia una bellissima “deesis” scritta/dipinta da una iconografa della comunità parrocchiale, molto stimata ubicumque. La quale (credo) ha anche realizzato un bellissimo crocifisso pendente (e molto evidente) sul’ambone.
C’è anche un tabernacolo molto particolare (che a me piace). Infine (un dettaglio tra i tanti) ci sono tre stanzette con porta a vetri che fungono (ORRORE) da confessionali. All’interno le trovo semplici, ma accoglienti. Cè la grata (per chi vuole), ma anche un tavolo con due sedie. Sembra di parle con tuo… padre.
A me piace… ce la faranno quei parrocchiani a restare cristiani in siffatto orrore? Ammiro sicenramente e faccio tesoro delle conoscenze di lycopodium, ma certi elementi che lui cita (diciamo di geografia spirituale, riportata quasi cartograficamente nell’archiettetura delle Chiese) mi ricordano molto le piramidi egizie. Va bene il valore del “segno”, che è la chiave di ogni liturgia… ma è davvero così determinante e assente anche nelle nuove architetture?
Per vedere con i propri occhi la parrocchia/astronave del Moralista, ecco il link: http://www.sanfrumenzio.org/chiesa/parrocchia.asp
Io mi ci sono sposato. La liturgia fu così bella e ‘partecipata’ (non per me, che ero rigido come un salmone surgelato) che alla fine – non lo dimenticherò mai – mio zio prende da parte me e mia moglie e con gli occhi lucidi e la voce strozzata (stiamo parlando di un omone, ex ingegniere di livello internazionale, divorziato e risposato con prole, sempre fiero e pieno di sè – gli voglio un gran bene) ci dice “Grazie per quello che mi avete fatto vivere…non sapete quanto vi invidio…”. Si può dire liturgia efficace quella che comunica concretamente al cuore degli uomini la grazia di Dio?
… e vabbè, allora diciamo che mi ci sono sposato pure io… comunque io risponderei “sì” alla domanda del mio ormai “svelato” compare Iapino…
ps. piccola vanità: perchè continuate a scrivere Moralista, con la M, e non moralista (come è)? Guardate che nella semiotica paranoide del mio blog… il Moralista (con la M) sarebbe il Principale… io ho solo la “m”…
Per il moralista: ma che Egitto d’Egitto! Io non sostengo nulla di esotericamente deteriore. Certo auspico mistagogia, vorrei iniziazione, ma questi sono concetti cristiani.
L’altare / ambone / battistero … sono, come dire?, nuclei di irradiazione dello spazio liturgico e si qualificano divino-umanamente: sono luoghi di incontro con Cristo (ciascuno a suo modo).
Ed ad essi non si accede senza superare, in qualche modo, delle soglie simboliche: in chiesa non tutto è immediatamente accessibile, nè equivalente (né lo deve essere). Quando usciamo, non siamo più gli stessi di quando siamo entrati; è la liturgia che fa la Chiesa, lì ri-diventiamo ritualmente quelli che siamo, ma siamo solo se lo ri-diventiamo ritualmente.
La tua chiesa è certamente bella, ma certi elementi mi inquietano: salva mia incomprensione, perchè mai la croce, che teologicamente e liturgicamente è unita all’altare, è sospesa sull’ambone?
quella sull’Egitto era una ovvia ironica provocazione per farmi intendere.
… non saprei perchè la Croce sia sospesa sull’ambone… direi, da profano, perchè altrimenti non avrebbe senso avere la deesis dietro all’altare… se il Crocifisso pendensse sull’Altare, la “coprirebbe” (oddio…), e coprirebbe il Cristo assiso in centro (credo di ricordare che sia il Cristo Maestro… ma sono veramente scarso in materia). Se fosse posto in piedi accanto all’altare… durerebbe poco… la parrocchia di S. Frumenzio è una delle poche parrocchie di Roma con le messe “family friendly”… quando mi sono sposato avevamo un bambino intorno che perlustrava l’altare maggiore… scusate la battuta, ma mi scappa proprio: sarà valido il matrimonio???
Comunque i commenti di lycopodium mi aprono un mondo semi-sconosciuto…
Per Lycodium e il mistero della Croce sull’ambone. Credo che la risposta sia…che l’iconografa ha litigato col parroco (quello di prima)…forse proprio (ma non solo) per questo motivo. E’ che la nostra umanità si infila dappertutto…forse per ricordarci che tutti i nostri santi pensieri e propositi debbono incontrare sempre la nostra carne?
Comunque sia, sulla necessità di una riscoperta della mistagogia e dell’iniziazione sono – per quanto vale – d’accordissimo con te
ps. Iconografa ed ex parroco sono tra le persone più sante – passatemi il termine – e spirituali che conosca. Ma se litigavano pure Pietro e Paolo, La Pira e don Sturzo…
Lycopodium e non Lycodium! Scusa
[…] Prendete Sto cercando senza successo un articolo di Athanasius Schneider pubblicato qualche giorno fa sull’Osservatore Romano che, a quanto mi dicono, verte sul modo di distribuire e ricevere la comunione. Già nel novembre scorso, l’argomento era stato messo in evidenza, in un intervista rilasciata a Fides, da Albert Malcolm Ranjith Patabendige Don, segretario della Congregazione per il culto (sul blog di Accattoli ne seguì un’interessante discussione anche nei commenti). […]
Grazie a Prendete per la citazione! Chi cercasse quell’articolo lo trova a p. 4 dell’OR del 9 gennaio.
Salve a tutti, sono nuovo del blog e contento di averne trovato uno su mille che difende il Concilio e le decisioni che lo Spirito Santo ha suggerito alla Chiesa. Sono talmente tanti i siti di tradizionalisti anticonciliari che fanno tantissima disinformazione e terrorismo religioso alimentando paure di vario genere che c’è da preoccuparsi sul serio. Ho provato a dire la mia, ma sono stato rapidamente lapidato (virtualmente per fortuna).
Circa la Comunione sulle mani, segnalo che Schneider ha recentemente pubblicato per Libreria Editrice Vaticana il libro Dominus est, con prefazione di Ranjith, dove ripete le tesi riportate nel blog.
Anastasio benvenuto nel blog! Il tuo commento appare solo ora perchè la prima volta che uno si affaccia è necessario che sia da me “moderato”, ma gli altri commenti entrano in automatico. Per farti conoscere dai bloggers dovrai lasciare un commento all’ultimo post, che è sempre il più frequentato.
Ho incrociato casualmente il vostro blog. Vedo che si disquisisce animatamente, con argomenti molto profondi, e ci si divide volentieri, su cose alla fine semplici.
Comunione nella mano, comunione nella bocca. Abbiamo provato per decine di anni quella sulla mano (do per scontata la fede di tutti i bloggers), e, qualora ci venisse chiesto ufficialmente di tornare a quella nella bocca, che cosa ne andrebbe della nostra dignità di figli di Dio?
In queste cose la Chiesa non stabilisce dogmi, ma di volta in volta aggiusta il tiro a seconda di quelle che le sembrino eventuali derive. Adesso – e anche a noi capita di rilevarlo – c’è una certa abitudinarietà a ricevere l’Eucaristia senza fare bene attenzione al mistero: e va bene, proviamo anche a riconsiderarne il recupero riutilizzando qualche attitudine introduttiva, abbandonata per un po’. Che male c’è? Un’obbedienza di questo tipo dovrebbe forse fare i conti con l’implacabile rimorso del nostro forum interno?
Perdiamo meno tempo e stiamo all’essenziale! Un saluto a tutti.
Viacolvento si abbia il mio benvenuto nel blog: ma attenzione, qui non la vede nessuno, a parte me che sono il “moderatore” e dunque autorizzo la pubblicazione del primo commento (d’ora in poi i suoi commenti entreranno in automatico). Se vuole interloquire con gli altri visitatori, deve lasciare un commento all’ultimo o a uno degli ultimi post. Essendo la sua osservazione sensatissima ho deciso di farne oggetto di un nuovo post: ci rivediamo là!