Appena possibile darò conto di quanto avrò visto e ascoltato. Buona giornata a tutti
Nella mattinata sono a TV2000 per la diretta dell’addio a Papa Benedetto
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Appena possibile darò conto di quanto avrò visto e ascoltato. Buona giornata a tutti
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https://gpcentofanti.altervista.org/il-traboccamento-di-benedetto-xvi/
Così il rogito. “Lottò con fermezza contro i crimini commessi da rappresentanti del clero contro minori o persone vulnerabili, richiamando continuamente la Chiesa alla conversione, alla preghiera, alla penitenza e alla purificazione.
Come teologo di riconosciuta autorevolezza, ha lasciato un ricco patrimonio di studi e ricerche sulle verità fondamentali della fede”:
sono gli ultimi due paragrafi del rogito [atto notarile] che riassume i giorni e le opere di Papa Ratzinger, tumulato con lui nelle Grotte Vaticane. Lo si può leggere per intero qui:
https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2023-01/benedetto-xvi-funerali-rogito-bara-pallio-monete-testo-integrale.html
Vergogna. Sui funerali di Benedetto l’ ipocrisia e le falsita’ di questo papato ha fatto il massimo
.Persino Badilla ,che non e’ certo un ratzingetiano, documenta la vergogna .
http://ilsismografo.blogspot.com/2023/01/vaticano-saltano-gli-altarini-il.html?m=0
Nell’ Omelia ,il nome di Benedetto detto solo una volta all’: ultimo. Nessuna commozione sulla “persona” ,un omelia che poteva andare bene per tutti e per nessuno, sembrava copiata da un libro .Fosse morto suo nonno sarebbe stato piu’ commosso
L’ ultimo sfregio.Per fortuna che papa Benedetto ormai non puo’ piu’ umanamente soffrire per tutti gli schiaffi ricevuti da chi non e’ degno neanche di scioglierli i lacci dei sandali .
Piccola premessa: che stiano “saltando” gli altarini in Vaticano penso sia sotto gli occhi di tutti con particolare riferimento a “Traditionis Custodes” e al “congedo” di Mons. Gaenswein da prefetto della Casa Pontificia mai chiarito ed esplicitato se la memoria non mi tradisce.
Tralascio tutti i commenti su esequie, lutti, celebranti, omelie e altro non perchè meno importanti, ma per non rafforzare troppo la polemica.
Solo una piccola nota: il dott. Badilla non ha certo bisogno che lo difenda e non voglio togliere il mestiere a Luigi: nel link inserito da Maria Cristina Venturi non è Luis Badilla a scrivere, ma la redazione del Blog “Silere non possum” che io leggo e sul quale ognuno liberamente si farà la propria opinione (positiva o negativa) che meglio crede e ritiene.
Di certo, essere ripresi e pubblicati dal Sismografo, probabilmente non è cosa da poco.
Il titolo di “Papa emerito” entra nella liturgia. “Padre clementissimo, affidiamo alla tua misericordia il Papa Emerito Benedetto che tu hai costituito successore di Pietro e pastore della Chiesa, annunciatore intrepido della tua parola e fedele dispensatore dei divini misteri”: è un passaggio della “Ultima commendatio et valedictio” pronunciata in latino da Francesco al termine del rito di stamane. In essa è recepito il titolo di Papa emerito, che Benedetto aveva disposto per sé. Da notare anche il riconoscimento che in questa orazione gli viene tributato di “annunciatore intrepido della tua parola e fedele dispensatore dei divini misteri”.
Bellissima omelia. In questo e nei tre commenti seguenti, riporto per intero – comprese le quattro note – l’omelia di Francesco nella messa esequiale. «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23,46). Sono le ultime parole che il Signore pronunciò sulla croce; il suo ultimo sospiro – potremmo dire –, capace di confermare ciò che caratterizzò tutta la sua vita: un continuo consegnarsi nelle mani del Padre suo. Mani di perdono e di compassione, di guarigione e di misericordia, mani di unzione e benedizione, che lo spinsero a consegnarsi anche nelle mani dei suoi fratelli. Il Signore, aperto alle storie che incontrava lungo il cammino, si lasciò cesellare dalla volontà di Dio, prendendo sulle spalle tutte le conseguenze e le difficoltà del Vangelo fino a vedere le sue mani piagate per amore: «Guarda le mie mani», disse a Tommaso (Gv 20,27), e lo dice ad ognuno di noi: “Guarda le mie mani”. Mani piagate che vanno incontro e non cessano di offrirsi, affinché conosciamo l’amore che Dio ha per noi e crediamo in esso (cfr 1 Gv 4,16).[1]
«Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» è l’invito e il programma di vita che ispira e vuole modellare come un vasaio (cfr Is 29,16) il cuore del pastore, fino a che palpitino in esso i medesimi sentimenti di Cristo Gesù (cfr Fil 2,5). Dedizione grata di servizio al Signore e al suo Popolo che nasce dall’aver accolto un dono totalmente gratuito: “Tu mi appartieni… tu appartieni a loro”, sussurra il Signore; “tu stai sotto la protezione delle mie mani, sotto la protezione del mio cuore. Rimani nel cavo delle mie mani e dammi le tue”.[2] È la condiscendenza di Dio e la sua vicinanza capace di porsi nelle mani fragili dei suoi discepoli per nutrire il suo popolo e dire con Lui: prendete e mangiate, prendete e bevete, questo è il mio corpo, corpo che si offre per voi (cfr Lc 22,19). La synkatabasis totale di Dio.
Omelia 2. Dedizione orante, che si plasma e si affina silenziosamente tra i crocevia e le contraddizioni che il pastore deve affrontare (cfr 1 Pt 1,6-7) e l’invito fiducioso a pascere il gregge (cfr Gv 21,17). Come il Maestro, porta sulle spalle la stanchezza dell’intercessione e il logoramento dell’unzione per il suo popolo, specialmente là dove la bontà deve lottare e i fratelli vedono minacciata la loro dignità (cfr Eb 5,7-9). In questo incontro di intercessione il Signore va generando la mitezza capace di capire, accogliere, sperare e scommettere al di là delle incomprensioni che ciò può suscitare. Fecondità invisibile e inafferrabile, che nasce dal sapere in quali mani si è posta la fiducia (cfr 2 Tim 1,12). Fiducia orante e adoratrice, capace di interpretare le azioni del pastore e adattare il suo cuore e le sue decisioni ai tempi di Dio (cfr Gv 21,18): «Pascere vuol dire amare, e amare vuol dire anche essere pronti a soffrire. Amare significa: dare alle pecore il vero bene, il nutrimento della verità di Dio, della parola di Dio, il nutrimento della sua presenza».[3]
E anche dedizione sostenuta dalla consolazione dello Spirito, che sempre lo precede nella missione: nella ricerca appassionata di comunicare la bellezza e la gioia del Vangelo (cfr Esort. ap. Gaudete et exsultate, 57), nella testimonianza feconda di coloro che, come Maria, rimangono in molti modi ai piedi della croce, in quella pace dolorosa ma robusta che non aggredisce né assoggetta; e nella speranza ostinata ma paziente che il Signore compirà la sua promessa, come aveva promesso ai nostri padri e alla sua discendenza per sempre (cfr Lc 1,54-55).
Omelia 3. Anche noi, saldamente legati alle ultime parole del Signore e alla testimonianza che marcò la sua vita, vogliamo, come comunità ecclesiale, seguire le sue orme e affidare il nostro fratello alle mani del Padre: che queste mani di misericordia trovino la sua lampada accesa con l’olio del Vangelo, che egli ha sparso e testimoniato durante la sua vita (cfr Mt 25,6-7).
San Gregorio Magno, al termine della Regola pastorale, invitava ed esortava un amico a offrirgli questa compagnia spirituale: «In mezzo alle tempeste della mia vita, mi conforta la fiducia che tu mi terrai a galla sulla tavola delle tue preghiere, e che, se il peso delle mie colpe mi abbatte e mi umilia, tu mi presterai l’aiuto dei tuoi meriti per sollevarmi». È la consapevolezza del Pastore che non può portare da solo quello che, in realtà, mai potrebbe sostenere da solo e, perciò, sa abbandonarsi alla preghiera e alla cura del popolo che gli è stato affidato.[4] È il Popolo fedele di Dio che, riunito, accompagna e affida la vita di chi è stato suo pastore. Come le donne del Vangelo al sepolcro, siamo qui con il profumo della gratitudine e l’unguento della speranza per dimostrargli, ancora una volta, l’amore che non si perde; vogliamo farlo con la stessa unzione, sapienza, delicatezza e dedizione che egli ha saputo elargire nel corso degli anni. Vogliamo dire insieme: “Padre, nelle tue mani consegniamo il suo spirito”.
Omelia 4. Benedetto, fedele amico dello Sposo, che la tua gioia sia perfetta nell’udire definitivamente e per sempre la sua voce!
Note. Quattro passaggi dell’omelia sono tratti o rimandano a testi di Papa Benedetto. Ecco le quattro note:
[1] Cfr Benedetto XVI, Enc. Deus caritas est, 1.
[2] Cfr Id., Omelia nella Messa Crismale, 13 aprile 2006.
[3] Id., Omelia nella Messa di inizio del pontificato, 24 aprile 2005.
[4] Cfr ibid.
https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2023/01/05/0008/00019.html
Fedele amico dello Sposo. Nell’insieme del rito e dell’omelia il Papa emerito Bendetto è stato nominato come:
– fedele dispensatore dei divini misteri: orazione dopo la comunione
– annunciatore intrepido della tua parola: valedictio
– Come le donne del Vangelo al sepolcro, siamo qui con il profumo della gratitudine e l’unguento della speranza per dimostrargli, ancora una volta, l’amore che non si perde; vogliamo farlo con la stessa unzione, sapienza, delicatezza e dedizione che egli ha saputo elargire nel corso degli anni: omelia
– Benedetto, fedele amico dello Sposo, che la tua gioia sia perfetta nell’udire definitivamente e per sempre la sua voce: omelia
A questi appellativi e riconoscimenti vanno aggiunti quelli altrettanto impegnativi contenuti nel rogito del quale ho parlato e che ho linkato – sopra – nel secondo commento.
Maria Cristina Venturi probabilmente ha guardato un funerale diverso e cosi ascoltato una omelia differente oppure era tutto filtrato dal suo solito ” detesto tutto quello che fa papa Francesco”
Cristina Vicquery
Mi dispiace di non poter partecipare come una volta per problemi di vista. Spero che le cure che sto facendo mi aiutino.
Io credo che Benedetto XVI, nella dimensione assolutamente incommensurabile in cui si trova, non provi particolare piacere ad essere utilizzato come una clava contro il suo successore. Vedo parole fuori misura, ragli d’asino, dichiarazioni eccessive, in un momento in cui ci sarebbe solo bisogno di silenzio e preghiera. Per alcuni la morte dell’emerito sembra invece il momento in cui dare inizio a un regolamento di conti.
Alberto Farina