Sesto dibattito: dove va la Chiesa di Francesco?

Il sesto incontro con Rusconi su Francesco, avvenuto ieri nell’auditorium della Cappella Universitaria della Sapienza, ha avuto una buona presenza e buone domande. Nei commenti i link alla registrazione audio e un mio tentativo di risposta alla domanda finale di Rusconi: riforma bene, ma per andare dove?

23 Comments

  1. Luigi Accattoli

    Eravamo 36. Nel momento di maggiore presenza eravamo 36: e dunque quello di ieri tra i sei incontri è stato il secondo per partecipazione dopo quello del 13 marzo alla Madonna dei Monti, dove arrivammo a 90. I padri Gesuiti della Cappella ci hanno invitati a tornare in autunno, in una data più propizia alla partecipazione studentesca rispetto a questo periodo d’esami e sicuramente lo faremo. Qui di seguito due link alla registrazione audio delle nostre parlate iniziali e del dibattito.

    28 Giugno, 2017 - 16:39
  2. Luigi Accattoli

    Riforma per l’uscita. Quando io affermo che Francesco vuole una Chiesa in uscita e una riforma della Chiesa per attrezzarla all’uscita Rusconi mi chiede “per andare dove” e io rispondo: dove si trova l’umanità di oggi. Essa non è più nell’ovile e dunque bisogna cercarla dove si trova, parlando se possibile la sua lingua. Per poterlo fare è necessaria una profonda, totale innovazione, dalla parrocchia al Papato. Ma è possibile uscire dal botta e risposta necessariamente sommario e indicare con migliore approssimazione verso dove Francesco voglia guidare la barca di cui è stato fatto nocchiero? Certo che è possibile. Provo a farlo nei commenti seguenti.

    28 Giugno, 2017 - 16:39
  3. Luigi Accattoli

    La stella polare della riforma perseguita da Francesco è la “Lumen Gentium”: Francesco riprende il cammino riformatore per applicare la costituzione conciliare e lo riprende lì dove Paolo VI lo fermò a seguito dei contrasti provocati dall’avvio stesso delle riforme, nel 1967-1968. Di questo cammino restato a metà Francesco ha parlato il 17 ottobre 2015 nel cinquantesimo dell’istituzione del Sinodo dei vescovi:

    http://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2015/10/17/0794/01750.html

    Quel discorso va letto insieme a quello che nella stessa circostanza tenne – per incarico del Papa – il cardinale Schönborn:
    http://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2015/10/17/0795/01758.html

    I due testi delineano un cammino di Chiesa sinodale ed ecumenico che Francesco sta attuando con tenacia e che io spero abbia il tempo di completare. Si tratta di un itinerario di riforma ecclesiologica che mira alla realizzazione di quella “piramide capovolta” che allora evocò e che spesso ritorna nelle sue esortazioni a rivedere le strutture e le idee ricevute.

    28 Giugno, 2017 - 16:40
  4. Luigi Accattoli

    Trasformazione missionaria. Accanto a quel discorso, l’altro e più importante testo base del programma riformatore bergogliano, è il capitolo primo della “Gioia del Vangelo”, intitolato “La trasformazione missionaria della Chiesa”. Il testo interpretativo del programma riformatore di Papa Francesco che io preferisco è un saggio di Roberto Repole, torinese, presidente dal 2011 dell’Associazione dei teologi italiani, intitolato “Per una Chiesa a misura di Vangelo. L’ecclesiologia nel magistero di Papa Francesco”, contenuto nel volume di AAVV, “Papa Francesco quale teologia?”, pubblicato l’anno scorso dalla Cittadella. Repole (teologia sistematica) e Maurizio Gronchi (teologia morale) sono a mio parere i due teologi italiani più utili a leggere per intendere i propositi di Francesco.

    28 Giugno, 2017 - 16:41
  5. picchio

    Grazie Luigi per i suggerimenti di lettura e anche per le informazioni sul dibattito
    Cristina vicquery

    28 Giugno, 2017 - 16:46
  6. maria cristina venturi

    ripropongo un ottimo articolo di Padre Scalese:

    http://querculanus.blogspot.it/2017/05/quale-programma.html

    Quale programma? riforme in uscita verso dove?

    Secondo me come ha detto papa Francesco stesso rispondendo a Enzo bianchi neppure lui sa dove si indirizzano le sue novità e le sue riforme: gli importa solo di avviare processi e che non si possa più tornare indietro.

    “Un giorno gli [= al Papa] è stato chiesto in una situazione confidenziale: «Ma, Santità, porterà a termine tutte queste riforme che annuncia?». La sua risposta è stata: «Io non pretendo; voglio che si inizino processi, e voglio che quel tanto di cammino che facciamo insieme non si possa piú tornare indietro».

    28 Giugno, 2017 - 16:51
  7. maria cristina venturi

    Che non si possa più tornare indietro.
    questo il suo unico vero programma che implica questa ideologia. che tutto quello che sta dietro sia negativo e che il progresso sia per forza di cose positiva, che la tradizione sia negativa mentre la novità sia positiva. Non importa in ultima analisi il contenuto della novità basta che sia una novità.
    NON IMPORTA SE LA RIFORMA RENDE LA SITUAZIONE PEGGIO DI QUELLA CHE ERA PRIMA L’IMPORTANTE è CHE NON SI POSSA PIù TORNARE INDIETRO.

    Queste sono parole pronunciate da papa Francesco stesso: prendiamole sul serio! Questo dell’avviare processi e del non tornare indietro è la sua stessa visione delle cose e non una interpretazione che può dare un commentatore.
    e’ lui stessa che da’ la cifra del suo pontificato: avviare processi e non tornare più indietro.
    la domanda : ma verso dove ? Ma quale è il programma? sono inutili.
    non sono i contenuti che interessano a papa Francesco. in questo non può essere definito ne’ conservatore ne’ progressista; è un incendiario, un guastatore, un sovvertitore. Spinto dall’ideologia: la novità, qualunque essa sia, è meglio del passato.

    28 Giugno, 2017 - 16:57
  8. Fabrizio Scarpino

    Luigi, grazie per le informazioni.

    Una piccola osservazione:

    premetto che negli anni di Paolo VI io non ero nato, (venni alla luce infatti sotto Papa Luciani) e quindi ciò che conosco sul pontificato montiniano l’ho appreso dalle letture personali e dalla narrazione di altre persone che invece l’anno vissuto, durissima e forse ai limiti della calunnia fu la contestazione di diversi ambienti tradizionalisti cattolici verso Paolo VI.
    Se papa Francesco si rifà per il suo pontificato al Beato Paolo VI, ora tutto mi torna.

    28 Giugno, 2017 - 17:26
  9. Enrico Usvelli

    Leggo che eravate in buon numero e non era scontato. Per anni sono stato co-organizzatore di incontri, dibattiti ecc. e ho imparato che è bene non andare oltre i primi di maggio, dopo è più fatica richiamare gente.

    28 Giugno, 2017 - 18:07
  10. Beppe Zezza

    Gentile Luigi Accattoli
    Ho letto i due testi che lei ha proposto come risposta al quesito : “Riforma bene ma per andare dove?” posto da Rusconi al termine dell’incontro di ieri.
    Da questi testi si evince che la direzione auspicata dal Papa è quella di una Chiesa “ Comunità di comunità “ – tenuta insieme dal “vincolo di comunione” costituito dal partecipare tutti al medesimo Spirito.
    Quindi c’è una idea precisa verso la quale il Papa vuole indirizzare la Barca di Pietro.
    Nel post che ho scritto sul thread “Domani con Rusconi sul Papa alla Sapienza” ho ipotizzato che il Papa si orientasse verso un Chiesa “confederazione” di Chiese locali : il termine “confederazione” è decisamente non “ecclesiale” (e quindi improprio) ma sottolinea l’ aspetto della necessità in un qualunque raggruppamento umano, in una qualunque “comunità” , di “regole” condivise . Regole vuol dire “dottrina”
    Che ruolo ha la “dottrina” in questa visione papale?
    Vero che nella storia bi millenaria della Chiesa ci si è accapigliati di brutto per questioni dottrinali ( anche se, forse nella maggioranza dei casi, le questioni “dottrinali” erano solo delle foglie di fico dietro le quali si nascondevano interessi assai più concreti ) e le “definizioni” separano invece di unire pur tuttavia una “base” comune è indispensabile.
    Va bene “sognare” ma, poiché non siamo angeli, accanto alla Sacra Scrittura, per il funzionamento su questa terra della struttura “Chiesa” sono anche necessari il Codice di diritto Canonico e il Catechismo
    E’ sulla posizione della “dottrina” in questa Riforma, io penso, l’aspetto più critico.
    Riforma della struttura della “Chiesa”? Va bene.
    Riforma del linguaggio ? Va bene.
    Riforma del Papato e della Curia? Va bene.
    Riforma della dottrina e della morale? ???????

    28 Giugno, 2017 - 19:16
  11. Luigi Accattoli

    Visitatori belli: nel blog e nel primo commento ho inserito ora due foto e la registrazione audio dell’incontro. ;Mi scuso per il ritardo: la calda giornata papale tra Cisl, ultima udienza in piazza prima della sospensione di luglio, Concistoro e visite di calore mi hanno impedito di provvedere con l’abituale speditezza.

    28 Giugno, 2017 - 22:26
  12. Luigi Accattoli

    Beppe Zezza: “E’ sulla posizione della dottrina in questa Riforma, io penso, l’aspetto più critico”. E’ vero. Ripago questa sua battuta con una del vescovo di Novara Giulio Maria Brambilla ascoltata ultimamente dalla sua bocca: “La dottrina è una vecchia signora che se è trascurata si prende le sue vendette”. Brambilla è il vescovo che ha avuto il secondo piazzamento nella terna per la scelta del presidente della Cei, dopo Bassetti e prima di Montenegro. Ma attenzione, Beppe Zezza: il Papa e Schönborn e Repole e Gronchi non hanno mai parlato di “Riforma della dottrina e della morale”. Né l’ho fatto io narrando di loro.

    28 Giugno, 2017 - 22:38
  13. Beppe Zezza

    È quello che mette in allarme.
    Non se ne parla….ma si fa!

    28 Giugno, 2017 - 23:37
  14. Fabrizio Scarpino

    Scusate per il gravissimo errore dovuto alla fretta: un a senza la h davanti nel mio commento delle 17.26.

    28 Giugno, 2017 - 23:43
  15. Enrico Usvelli

    Fabrizio,
    io ne ho fatto uno ancora più grave: non me n’ero accorto! 🙂

    29 Giugno, 2017 - 11:37
  16. Fabrizio Scarpino

    Un abbraccio Enrico.

    🙂 🙂

    29 Giugno, 2017 - 12:40
  17. Amigoni p. Luigi

    Non ho sentito ancora il dibattito Rusconi-Accattoli. Ho però riletto i due testi, segnalati da Accattoli, del Papa e di Schonborn, del 17 ottobre 2015, sui 50 anni di vita del Sinodo dei vescovi.
    Una premessa: Schonborn (scrivo senza dieresi sulla prima o), raffinato teologo domenicano, lanciato di fatto in carriera dal suo maestro Ratzinger, ha assunto anche in quel caso, per volere del papa, il ruolo autorevole che aveva Ratzinger grazie alla stima di Giovanni Paolo II.
    In quell’intervento Schonborn parla anche del metodo sinodale “che non è questione secondaria di carattere organizzativo, ma contribuisce in modo decisivo che il sinodo conduca al fine”. Il sinodo dei vescovi ha sempre avuto limiti organizzativi e di procedure, riconosciuti dai papi, ma solo con Bergoglio qualcosa è cambiato in meglio.
    Con buona pace di Biffi – che lamentava l’esperienza democratica di Dossetti nel far trovare un metodo adatto alle discussioni conciliari – lo Spirito santo dei vescovi chiede per arrivare a buoni risultati assembleari la collaborazione intelligente di chi vuol bene alla Chiesa.
    Riguardo alla “Chiesa in uscita”: c’è certamente aperto – a monte – anche qualche aspetto dottrinale, toccato ma non risolto nellla costituzione conciliare sulla Chiesa, per intendere in quale modo la Chiesa deve essere, sempre, una, apostolica e cattolica (oltre che santa). La battuta del vescovo Brambilla è felicissima, degna di una sede episcopale di primo rito. Comunque l’esperienza secolare gesuitica (un ordine da sempre unitario, con una solida compattezza di spiritualità e di comando) non depone per il pregiudizio, della arrabbiata destra ecclesiale, di un intento disgregatore della unità ecclesiale, nel papa.
    Sul piano empirico ha ragione Accattoli: Chiesa in necessaria uscita verso l’umanità, per ascoltare e farsi ascoltare nel linguaggio di oggi. Non saremo mai abbastanza riconoscenti al papa per le sue coraggiose prospettive.
    Quanto al “non tornare indietro” nella Chiesa: purtroppo si dimostra che si può tornare indietro in alcuni settori (vedi le inutili concessioni liturgiche ai sedicenti nostalgici). Ma su alcuni punti essenziali è sacrosanto che non si deve tornare indietro. La prima grossa crisi della Chiesa, sulla salvezza dei pagani non disgiunta da quella degli ebrei (con la circoncisione da non imporre ai primi) è stata risolta una volta per tutte (cfr. Atti degli apostoli). Non si è più tornati indietro su questo. Ed è molto augurabile oggi, per esempio, che non si torni più indietro sulle conseguenze della convinzione di fede che la misericordia non è un lusso “quasi sportivo” di Dio, ma è Dio stesso.

    29 Giugno, 2017 - 15:12
  18. Gerry

    Che Francesco sia il Pontefice che porta a conclusione il programma di Paolo VI, (come indica Luigi e come riprende Fabrizio Scarpino) ho davvero qualche dubbio e non solo in relazione alle differenze umane, di carattere e di sensibilità, così evidenti che mi sembra persino inutile parlarne: non potrebbe esserci distanza maggiore!
    Paolo VI fu certamente un uomo moderno e iniziò a modernizzare Curia e strutture, in fedeltà al Concilio, ma fu anche fortemente ancorato all’essenziale della fede. Per lui la Chiesa aveva una certo rispettosa, ma forte funzione docente, non nella presunzione di poter sanzionare ogni peccato o ogni colpa sociale, ma per indefettibile fedeltà alla parola del Maestro: gli sarebbe stato molto facile fare dell’Humanae vitae una cosa molto diversa, ma non lo fece. Non era certo tipo per slittamenti di senso fatti in una nota a piè di pagina!
    Paolo VI ebbe sempre, al di là della gentilezza nel tratto, il senso profondo (direi drammatico) del suo ruolo, sapeva quanto pesante da portare fosse quella Croce e la portò, sfidando il mainstream e ricordando agli uomini l’esigenza di osservare, anche in una materia così delicata, le norme della legge naturale, interpretata dalla costante dottrina della Chiesa. Oggi parlare di natura, fuori dall’ambito ecologico, è diventato molto difficile.

    Non era certo un conservatore (fu attaccato specularmente da “destra” e da “sinistra”), ma non lo era in ciò che non era fondamentale e la legge naturale, che poi è il piano di Dio per l’uomo e la donna, lo era. Dovette indurire il suo viso e sopportare gli strali, le irrisioni e le contumelie che gli vennero (anche dall’interno della Chiesa) dall’essere rimasto fedele, senza curarsi di un mondo che non capisce, non può più capire quelli che per la vulgata corrente ormai sono solo ideali per pochi (o per nessuno).

    Domani sarà l’anniversario di un altissimo scritto del Beato Paolo VI, la sua “Professione di Fede”, pronunciata il 30 giugno 1968 a conclusione dell’«Anno della Fede», nel centenario del martirio degli Apostoli Pietro e Paolo:

    http://w2.vatican.va/content/paul-vi/it/motu_proprio/documents/hf_p-vi_motu-proprio_19680630_credo.html

    Credo utile ricordarlo, anche perché la fede, non altro, è quello che oggi sembra più mancare.
    Gerardo Dixit Dominus

    29 Giugno, 2017 - 19:51
  19. Clodine-Claudia Leo

    Bravo Gerry, non credo potrei aggiungere qualcosa di più …se non che oggi non solo manca la fede, ma ci si vergogna pure di affermare che solo Cristo salva, che solo La Chiesa fondata su Cristo Gli Apostoli e la Traizione salva, e che non vé salvezza al di fuori, che non è vero che tutte le religioni si equivalgono e non esistono i cristiani anonimi, è una menzogna! Si rinuncia ad evangelizzare per timore che derive inducano al proselitismo, si realitivazzano i sacramenti.
    Che dire, preghiamo affinchè, quando giungerà il momento di sciogliere le vele possiamo dire come con L’apostolo nella seconda lettera a Timoteo “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione” (Tim 2; 4-8

    29 Giugno, 2017 - 21:51
  20. Victoria Boe

    “sapeva quanto pesante da portare fosse quella Croce e la portò, sfidando il mainstream e ricordando agli uomini l’esigenza di osservare, anche in una materia così delicata, le norme della legge naturale, interpretata dalla costante dottrina della Chiesa. Oggi parlare di natura, fuori dall’ambito ecologico, è diventato molto difficile.”

    Per come ne parli, Gerry, parrebbe che altri papi, prima e dopo di lui, non fossero consapevoli né del ruolo né della Croce da portare. La stanza delle lacrime o del pianto sta lì ad indicare quanto venga temuta dai cardinali in conclave quella “Croce”.
    Tutti i papi, poi, si sono trovati a fronteggiare degli oppositori. C’è da restare annichiliti di fronte alle divisioni che sempre ci sono state nel mondo della curia vaticana e in qualsiasi altra curia.
    Altro che le divisioni politiche di cui ci si lamenta sempre!
    Permettimi di dirti, però, che la lettura che fai, tu come altri, della legge naturale della procreazione, vista come unica e categorica nel piano di Dio per l’uomo e la donna, è sbagliata, così come lo era quella di Paolo VI enunciata nella Humanae Vitae; ed è dovuta ad un conservatorismo retrivo e inaccettabile. Perché seguendo la legge naturale arrivano delle sorprese non di poco conto. Coppie ultracinquantenni che non sentivano proprio il bisogno di avere altri figli, e si trovano a fare i conti con un nuovo pargoletto. Bello quanto vuoi ma non desiderato.

    30 Giugno, 2017 - 14:14
  21. Victoria Boe

    L’Humanae Vitae fece fare a Paolo VI un brutto passo indietro rispetto alla modernità da te evidenziata con enfasi. Fra l’altro in quell’enciclica ci sono dei passaggi che si contraddicono. Segno che il Papa non aveva le idee tanto chiare in proposito.
    Egli aveva convocato una commissione di studio.Buona parte della Commissione si mostrò a favore della “pillola” ed evidentemente i motivi c’erano, ma una parte fu contraria appellandosi alla “legge morale” che sarebbe stata violata. Paolo VI appoggiò questa motivazione perché con l’uso degli anticoncezionali la coppia avrebbe diviso la dimensione unitiva da quella procreativa. Una visione medioevale dell’atto coniugale, derivata dalla teologia agostiniana che metteva sotto tappeto la dimensione corporea dell’essere umano e demonizzava, ovviamente, il piacere ( che brutta parola, signori miei!).
    Ma il sublime Cantico dei cantici, dove il corpo viene esaltato quanto lo spirito, lo avevano letto Agostino e Paolo VI e gli altri papi precedenti? E perché il loro pensiero IMPURO veniva scambiato per “verità di Dio”? Ed ancora:forse che Dio può volere che si trasmettano, tramite legge naturale e senza contraccettivi, malattie contagiose e distruttive? Io non credo proprio.
    Smettiamola di camminare sul pianeta degli alieni, per favore. Basta con l’andare fuori dalla realtà nella quale l’uomo è stato posto come essere umano, senza che abbia le ali dell’angelo asessuato.
    La fede non si giudica sulla base dell’osservanza di certe disposizioni magisteriali che sono state obiettivamente improponibili e perciò stesso non seguibili alla luce della ragione.
    E infatti moltissimi fedeli di vera fede cattolica se ne impiparono altamente delle parole di Paolo VI. E seguirono, e seguono, in piena libertà la “loro” legge naturale.

    30 Giugno, 2017 - 14:15
  22. Gerry

    La «”loro” legge naturale» è una (voluta) contraddizione in termini. Oggi in ogni campo (gender, vita, morte) il limite di natura e di legge naturale viene totalmente superato da un soggettivismo e da un relativismo che non ha messo in soffitta, tra il ciarpame ormai inutile, “solo” Dio, ma la stessa ragione.
    Non voglio convincere nessuno, io non ho di queste velleità (credo di non averne proprio nessuna di velleità), so bene che il rapporto con il mondo è l’aspetto più divisivo nella Chiesa di oggi, ormai compiutamente rahneriana e – io credo – anche sostanzialmente decattolicizzata, almeno nel senso che (con buona pace del povero Benedetto XVI) l’ermeneutica della continuità è stata spazzata via, nonostante tutti i Papi prima di Francesco l’avessero fatta propria (a partire dallo stesso Paolo VI, quanto meno dalle chiare ed equilibrate parole pronunciate l’8 dicembre 1966, in occasione del primo anniversario della chiusura del Concilio Vaticano II). Sul rapporto tra la Chiesa di oggi e il mondo credo che pochi abbiano parlato con maggior chiarezza rispetto a un laico, Claudio Magris, in un suo intervento sul Corriere della sera del 23 novembre 2016.

    Non si tratta di essere alieni (anche se a volte confesso che vorrei alienarmi), si tratta di avere o meno fede nel fatto che le parole del Signore valgono sempre, oggi come ieri e che sono (se rettamente intese) non solo un cammino possibile (e non un vago ideale), ma soprattutto un cammino liberante. Certo se gli enunciati tradizionali della fede non hanno più niente da dire all’uomo del ventesimo e del ventunesimo secolo, allora resta qualcosa d’altro, che somiglia tanto al Dio dei filosofi e che può andar bene per tutti (e che meno è definito meglio è). Nell’eterno contrasto tra ragione e sentimento resta solo il sentimento.
    Questo sempre con buona pace di Benedetto XVI, che nel suo discorso di Ratisbona (un testo che prima o poi riemergerà, nella sua grandezza) ci ricorda, citando Manuele II Paleologo, che “non agire secondo ragione, non agire con il logos, è contrario alla natura di Dio”.
    Potrei continuare, ma a che pro?
    Gerardo Dixit Dominus

    30 Giugno, 2017 - 18:31
  23. Victoria Boe

    Le parole “soggettivismo” e “relativismo” che rimbalzano come palle, hanno il tanfo del già vecchio. Sono proprio usurate.
    Neanche io ho la pretesa di convincere nessuno.
    Chi ha deciso di restare incollato nel terreno di una tradizione impossibilitata a superarsi, poco o molto, proprio in nome della ragione più razionale, nessuno mai riuscirebbe a convincerlo. E va bene così.
    Ma dire che certi assiomi fanno parte del linguaggio di Gesù, questa è falsità. Alla quale si può credere, perché no? Ma resta sempre una falsità.

    30 Giugno, 2017 - 21:42

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