Fa rumore l’allontanamento diurno dei barboni dal Colonnato vaticano: alcuni facevano lì i loro bisogni. Si dice “che tempi” ma quasi sempre fu così: il Colonnato era il dormitorio dei pellegrini e la loro paglia veniva bruciata per disinfestare l’ambiente. Fare poi i bisogni accanto alle Basiliche era un’attrazione universale, come attesta Carlo Porta per il Duomo di Milano con il glorioso endecasillabo: “Se pò nò, se pò nò!… Ma mì la foo” (1819).
Se pò nò, se pò nò!… Ma mì la foo
11 Comments
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Settimana che vai spillo che trovi. E’ il mio “spillo” di questa settimana, pubblicato a pagina 13 della “Lettura” del Corsera che sarà in edicola fino a sabato. Per il contesto del verso del Porta vai ai commenti seguenti. Per sapere che siano gli spilli, vedi il post del 9 luglio:
http://www.luigiaccattoli.it/blog/accusa-er-papa-a-santuffizio/
Maestro dei disobbedienti. Ecco la sestina di Carlo Porta del 1818-1819, appartenente all’epistola “Il Romanticismo”, da cui è tratto l’endecasillabo dei disobbedienti:
Fan tal e qual che fava quel bon omm
che ghe criaven (che la scusa on poo)
perché el fava i fatt soeu depos al Domm:
Se pò nò, se pò nò!… Ma mì la foo,
el respondeva intant al busseree.
S’el gh’avess tort o nò la diga lee.
“Depos al Domm”, dietro al Duomo: ovviamente il Duomo di Milano. Qualcosa di paragonabile al Colonnato di San Pietro. E paragonabile è il resto. Non mi stancherò di invitare all’ermeneutica della continuità.
Uno slogan per i cortei. Quel verso del Porta lo suggerisco ai “disobbidienti” milanesi, se avessero bisogno di uno slogan per le manifestazioni: composto da monosillabi, si presta a essere ritmato in coro: “Se-pò-nò-se-pò-nò-ma-mì-la-foo”. Secondo me il Porta è sottovalutato.
Il fatto, Luigi, è che gli attuali abitanti di Milano non parlano (e forse neanche capiscono) il dialetto milanese. Quando lavoravo io a Milano, in ufficio si sentivano tutti gli accenti d’Italia e i pochi lombardi (magari di prima generazione) parlavano solo in italiano.
Questa almeno è la mia esperienza.
Anche il dialetto romano, ma quello vero, quello che parlava mia madre o i monticiani ( dicasi quelli del rione Monti, che Luigi conosce bene, in aperta polemica con i Trasteverini con i quali si contendevano il primato della vera romanità) dicevo, non è così facile da comprendere. Solo chi conosce bene l’idioma, lo significato anche recondito di alcuni temini o espressioni all’apparenza innocue, lo può capire. Ad esempio certe esclamazioni: per un romano sono un semplice intercalare, viceversa, chi non lo sa, se ne potrebbe piccare, prendere d’aceto ma di brutto brutto…. A me piacciono tutti i dialetti, Il Veneto, il toscano, l’emiliano, il romagnolo, il piemontese, mi piacciono tanto tutti e mi sforzo di capirli perché, sono una grande ricchezza. Alcuni, come il calabrese ad esempio, il siciliano, hanno forti riminiscenze latine. Il Sardo è una lingua autoctona.
Adoro Gadda, che nasce a Milano e muore a Roma, lo adoro per la capacità che ebbe di interpretare lo spirito dei romani…grande Gadda!
Bellissima questa di Modugno, in dialetto….
https://youtu.be/KRHXM1YpoVY
Il post con lo spillo del 9 Luglio lo rivedo sempre con grande piacere Luigi…
E così, giusto per restare in tema di barboni allontanati dal colonnato, di continuità e di dialetti, credo che una citazione del Belli (1791- 1863) posteriore al Porta (1775-1821) ci azzecchi un po’
“Tristo chi se presenta a li cristiani
Scarso e cencioso.
Inzino pe’ le scale
Lo vanno a mozzica’ puro li cani”.
Bellissimo lo scioglingua in milanese!
Grazie Luigi per lo spunto. Userò i versi di Carlo Porta quando mi troverò in difficoltà.
L’allontantamento dei senza tetto dal Colonnato mi porta a riflettere su come noi, ancora non abbiamo trovato un modo efficace per sconfiggere le fragilità di tante, troppe persone. Si innneggia al decoro per mille e piu’ ragioni. Tuttavia sembra che sia davvero difficile trovare un modo consono per far sopravvivere chi, per svariate coincidenze, ha smarrito la dignità.
La povertà, quando arriva, non guarda in faccia a nessuno e non fa differenza di nazionalità, etnia, credo politico. Nulla resiste alla povertà, neanche l’articolo 3 della nostra Costituzione.
Venia@Reminiscenze.
Hai ragione Giovanna, la sensazione d’impotenza che si prova è veramente struggente. ..un saluto.
Giovanna Oldani un abbraccio: vedi di intervenire ogni giorno con il tuo tono saggio… Luigi