Due napoletani hanno appuntamento per una via di Roma. L’uno aspetta l’altro all’automobile, in piedi accanto alla portiera che tiene con le due mani, guardando ogni tanto desolato verso l’alto. Finalmente quello arriva e il primo gli dice: “Mannaggia a ‘tte! Si aspettavo ‘na femmina aspettavo chiù meno”.
Si aspettavo ‘na femmina aspettavo chiù meno
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Mi piace questa cosa della femmina ,non c’ho mai pensato ma, questo termine latino, caduto in disuso ma usato dal popolo partenopeo, non indica la donna, ma la donna giovane da qui il famoso proverbio “ad altare sgarrupato nun s’appìcciano e cannele”, ovvero: alle donne avanti con gli anni non si fanno moine.
Mi ha sempre affascinata quest’idea: il femmineo maliardo, evocativo di fertilità di quel potere assoluto, invincibile scettro di quella giovinezza spavalda che sembra eterna nel momento in cui la possiedi. Il passaggio da femmina -genere comune a tutte le specie animali- al sostantivo “donna” è notevole e non facile, un traguardo da raggiungere direi che impegna non poco. Difficile di questi tempi proprio come arrivare puntuali ad un appuntamento quando ci si imbarca in vettura per le strade di Roma: uno slalom tra buche semafori motorini, centauri, pedoni impazziti, turisti ed immigrati, monnezza e malaffare caos e smog in cui il peggio regna sovrano. Anche Roma è femmina,ehmm, e anche il sindaco lo è, femmina. Stiamo inguaiati. Come dicono a napoli: ” a femmena ‘o ciùccio e ‘a crapa, tèneno tutt’ ‘a stessa capa”!
Non so il napoletano, ma è bella l’immagine dello spasimante che attende a lungo (magari perchè è arrivato in anticipo e muore dalla voglia di incontrare la sua bella) e della ragazza che ritarda perchè non finisce più di prepararsi e di farsi bella per lui.
Qualcosa di simile lo abbiamo vissuto un po’ tutti, o no?
All’Università di Princeton stanno da anni studiando cosa faccia mia moglie dal momento in cui dice “andiamo!” fino al momento in cui effettivamente esce di casa.
Io oramai non ci casco più e quando lei dice “andiamo”, resto fermo dove sto. I primi anni di matrimonio ho passato parecchio tempo in attesa sulla soglia di casa.
Ovviamente io amo mia moglie e lei ama me; so, quindi, che qualunque cosa faccia lo fa per amore.
Odio i ritardatari seriali! Li detesto dal profondo.
Caro Marcello, dal nome a me tanto caro desta, tutto si sopporta per amore dici tu ?
Ariconsolamose co l’ajetto!
@ desta non pochi ricordi (Marcello era il nome di mio fratello)
Un caro saluto
Clodine
Grazie della “dritta”, Marcello: anch’io, quasi quasi, potrei commissionare all’Università di Princeton analoga ricerca su mia moglie (spero solo non costi troppo ……….).
Ciao a tutti.
Roberto Caligaris