Roberto Timpano, 50 anni, impiegato delle poste e collaboratore del Giornale di Lecco (dove scrive di alpinismo), entra nell’ospedale Manzoni di Lecco il 28 febbraio e convive per due mesi con la minaccia della morte. Dimesso il 24 marzo avrà la diagnosi di guarigione solo il 21 aprile. Nei commenti alcuni passaggi dell’intervista che dà il 7 maggio 2020 a primalecco.it.
Roberto scopre che un esercito di gente pregava per lui
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Cinque giorni con il casco. Roberto timpano 1. Ricoverato il 28 febbraio, sono stato portato in terapia intensiva il 5 marzo e ne sono fortunosamente uscito dopo tre settimane, con sedici chili in meno, la massa muscolare annichilita e i polmoni sfiatati, ma vivo. I primi giorni in ospedale, i tamponi erano negativi ma il professore che mi seguiva era sicuro che fosse Covid-19 e ha cominciato a somministrami antivirali. Aveva ragione. La Tac ha poi rivelato la polmonite bilaterale interstiziale che mi stava consumando. Ho passato cinque giorni con il casco C-Pap in testa. Una cosa che credo si possa sopportare solo se si è in stato di completa incoscienza. Io invece ero molto lucido e mi dava fastidio tutto, dall’elastico attorno al collo al rumore della ventola. Fatichi a respirare, non riesci a dormire. Sei vivo in una condizione di prostrazione assoluta.
Io non sapevo cosa stesse succedendo. Ma c’è stato un giorno, quando cominciavo a sentirmi meglio, che mi sono accorto che medici e infermieri erano come spariti attorno a me. Ho allungato l’occhio e li ho visti che correvano avanti e indietro come disperati, dandosi da fare attorno a letti e lettini. Ricordo una sera, quando sono entrati da me due medici. Erano a fine turno, esausti. Ma dovevano ancora fare il giro di chiamate quotidiane ai famigliari dei pazienti per informarli sulla situazione. Io stavo meglio. Uno dei due mi ha guardato e mi ha chiesto: “Vuoi chiamarla tu tua moglie?”. Con quella telefonata ho capito che l’avevo scampata.
Terribile gravità. Roberto Timpano 2. Mi ritengo superfortunato per come ho vissuto questa esperienza: grazie all’umanità rassicurante dei medici e delle infermiere che si sono presi cura di me, non ho mai avuto percezione della terribile gravità della mia condizione. L’ho realizzata dopo e mi sono anche accorto di un’altra cosa: c’era un esercito di gente che pregava per me, persone che mi hanno sostenuto tutti i giorni con messaggi di incoraggiamento. Per chi crede, questo è importante. Tornato a casa, per tre settimane ho vissuto confinato nella mia camera da letto, con mia moglie e mio figlio che dormivano in un’altra stanza. Li vedevo dall’alto delle scale. Ci siamo ricongiunti solo a Pasqua. Mio figlio ha sofferto tantissimo questa situazione, non vedeva l’ora di riabbracciarmi. Adesso, appena può, mi si appiccica addosso. Ora per me è importante tornare pian piano in pista. Con la consapevolezza che la nostra vita non potrà più essere quella di prima, per nessuno.
https://primalecco.it/cronaca/la-testimonianza-di-uno-dei-primi-contagiati-dal-coronavirus-a-lecco-sono-fortunato-ad-essere-qui-senza-fiato-ma-vivo/?refresh_ce
Quarantasei storie. Questa di Roberto Timpano è la quarantaseiesima vicenda da Covid – 19 che racconto nel blog. Per vedere le altre vai al capitolo 22 “Storie di pandemia” della pagina “Cerco fatti di Vangelo” elencata sotto la mia foto:
http://www.luigiaccattoli.it/blog/cerco-fatti-di-vangelo/22-storie-di-pandemia/
Sì, la preghiera cambia le carte in tavola.
https://gpcentofanti.altervista.org/programmati-per-il-crollo/
https://commentovangelodelgiorno.altervista.org/commento-vangelo-21-ottobre-2020/