Domani, mercoledì 13 dicembre, ripartono i miei dibattiti sul Papa con Rusconi, che avevano avuto sei appuntamenti mensili tra gennaio e giugno: contiamo di prolungare l’esperienza nei prossimi mesi, fino all’estate. La prima convocazione è per domani sera presso la parrocchia del ‘Sacro Cuore Immacolato di Maria’ a piazza Euclide, su “Amoris laetitia”. Nei commenti la logistica dell’incontro.
Ripartono domani i miei dibattiti sul Papa con Rusconi
33 Comments
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ROMA – PARIOLI
Famiglia e matrimonio in “Amoris Laetitia”
Confronto fra i giornalisti Luigi Accattoli e Giuseppe Rusconi
Parrocchia Sacro Cuore Immacolato di Maria
Sala Rotonda – Piazza Euclide 3
Mercoledì 13 dicembre 2017 – ore 20.45
Così l’appuntamento di domani è rubricato nella pagina “Conferenze e dibattiti” elencata ad apertura del blog sotto la mia foto.
Questo è l’annuncio che ne ha dato Rusconi nel suo blog: http://www.rossoporpora.org/rubriche/papa-francesco/743-francesco-in-bangladesh-qualche-nota-con-premessa-ticinese.html [devi scendere con il cursore alla fine del servizio].
Poi si va al Presepe. L’incontro è promosso dall’Associazione “Gli Amici della Sala Rotonda”. Il dibattito – coordinato da Adriana Elena – sarà seguito da una visita al “Presepe artistico multiscenico” della parrocchia con introduzione dell’architetto Paolo Gioffreda. Giuseppe ed io ringraziamo il parroco padre Pasquale Cenciarelli, claretiano, per aver accettato di ospitare il confronto. E’ la seconda volta in parrocchia: facemmo la terza delle nostre dispute a Santa Maria ai Monti, che è la mia parrocchia, il 13 marzo, nel quarto anniversario dell’elezione di Francesco.
Rusconi e io siamo in contrasto nella lettura del Pontificato di Francesco, io a favore e lui contro, ma siamo convinti che convenga a tutti parlarne. Siamo anche persuasi dell’opportunità che del Papa si discuta nella Chiesa e non solo nei media. Nello svolgimento delle due lettura capita che Giuseppe riconosca aspetti positivi dell’azione e della predicazione papali e io ne indichi i limiti. Dal confronto viene la vera conoscenza.
In Roma e fuori. Fino a oggi i dibattiti sono stati romani ma sia Rusconi sia io siamo disposti a farli altrove se ve ne fosse richiesta.
Sono distratta e mi sono persa i punti in cui Rusconi riconosce aspetti positivi dell’azione e della predicazione papale.
Cristina vicquery
Da Giuseppe Rusconi ricevo questa risposta per Cristina Vicquery: “Gentile lettrice, proprio mercoledì scorso ho avuto modo di precisare in un dibattito su papa Francesco a Teleticino la mia posizione. Ho detto che ‘apprezzo alcune cose di papa Francesco come la sua posizione contro la droga, contro la cultura nefasta dello scarto, le critiche a certe facce della globalizzazione, all’abuso del denaro, alla colonizzazione del gender. Però …’ e qui La lascio, poiché esula dalla risposta che Le dovevo. Se vuole, picchietti pure, per controllare via google, su teleticino.ch. Si aprirà una home page, in cui troverà anche l’icona della trasmissione “I conti in tasca”. Picchietti lì e vedrà (in alto a destra) l’icona della puntata del 6 dicembre. Picchietti ancora e, verso il minuto 3’30” troverà il mio primo intervento… che darà soddisfazione alla Sua richiesta! Con i saluti più cordiali”.
Speriamo che picchiettino in tanti….E’ un raro piacere leggere Rusconi che trova elementi positivi in Papa Francesco e non bisogna privarsene.
Ricambio i saluti cordiali
Cristina vicquery
Il fatto è che, picchiettando dove si è suggerito di picchiettare, si va, per così dire, oltre il “però….” al quale Rusconi si ferma nella risposta a Vicquery.
E non è un bell’andare, purtroppo.
( a parte il fatto che valutare un papa come si valuta la mercanzia esposta dal fruttarolo, mmmm mi vanno le pere , abbastanza le mele, le arance nun me garbano proprio, le rape poi sono pessime, è cosa cttolicamente assai assai bizzarra.
🙂
)
Ciao Luigi.
A proposito di Amoris Laetitia: se non erro, pare che il papa abbia dato il suo assenso alla pubblicazione delle linee guida dell’episcopato argentino sull’Esortazione (in particolare del tanto dibattuto cap. 8) sugli Acta Apostolicae Saedis.
Di conseguenza ci troveremmo di fronte a una interpretazione ufficiale con tanto di “bollo” di papa e Segreteria di Stato.
Qui la notizia:
https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/amoris-laetitia-si-applica-cos-via-libera-del-papa
Un abbraccio a Te Luigi e a tutti.
Un cordiale saluto anche al dott. Rusconi.
Fabrizio Scarpino
“Di conseguenza ci troveremmo di fronte a una interpretazione ufficiale con tanto di “bollo” di papa e Segreteria di Stato.”
E tu pensi che questo risolva tutto? Non credo proprio come spiega bene
Magister:
”
Se quella dei vescovi della regione di Buenos Aires è davvero l’unica interpretazione ammessa dal papa, allora che fine fanno le affermazioni solenni scritte sempre dal papa nell’esordio di “Amoris laetitia”, secondo le quali è giusto che “esistano diversi modi di interpretare alcuni aspetti della dottrina o alcune conseguenze che da essa derivano”, per cui “in ogni regione o paese si possono cercare soluzioni più inculturate, attente alle tradizioni e alle sfide locali”?
Che fine farebbero, ad esempio, interpretazioni più restrittive, come quella dei vescovi polacchi o dell’arcivescovo di Philadelphia Charles Chaput? O viceversa interpretazioni più spinte, come quella dei vescovi tedeschi o dell’ancor più spericolato vescovo di San Diego Robert McElroy? Dovrebbero tutte rientrare nei criteri fissati dai vescovi argentini, perché, appunto, “non ci sono altre interpretazioni”?
http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2017/12/13/il-papa-ha-parlato-ma-i-dubbi-non-sono-spariti-e-nemmeno-il-cardinale-caffarra/
Caro Luigi,
sono andato a leggere il testo dei vescovi argentini, ora che è diventato un allegato di una «lettera apostolica», e ne ho ricavato che i divorziati convivano more uxorio secondo loro NON possono fare la comunione. Infatti al punto 6 scrivono:
«En otras circunstancias más complejas, y cuando no se pudo obtener
una declaración de nulidad, la opción mencionada puede no ser de hecho factible. No obstante, igualmente es posible un camino de discernimiento. Si se llega a reconocer que, en un caso concreto, hay limitaciones que atenúan la responsabilidad y la culpabilidad (cf. 301-302), particularmente cuando una persona considere que caería en una ulterior falta dañando a los hijos de la nueva unión, Amoris laetitia
abre la posibilidad del acceso a los sacramentos de la Reconciliación y la Eucaristía (cf. notas 336 y 351). Estos a su vez disponen a la persona a seguir madurando y creciendo con la fuerza de la gracia».
Belle parole, ma in sostanza dicono che che le persone che si trovano nella situazione descritta possono accedere «a los sacramentos de la Reconciliación y la Eucaristía». Ciò significa che possono andare a confessarsi, ricevere l’assoluzione e poi fare la comunione. Perfetto: a noi però hanno sempre insegnato che l’assoluzione sacramentale richiede il “fermo proposito” di non commettere più il peccato di cui ci si è accusati. Quindi Amoris Laetitia non ha cambiato niente rispetto alla dottrina e alla prassi precedente. O è cambiata la confessione e si può essere assolti comunque, ma si sono scordati di dircelo? Oppure volevano dire che i divorziati risposati possono confessarsi (grazie tante!), ma possono anche fare la comunione (a prescindere dalla confessione)? Ah, ma allora non si sarebbe chiarito un bel niente, non ti pare?
Che ne dici?
Caro Leonardo,
In effetti l’ interpretazione di AL dei vescovi argentini,le cui testuali parole hai citato, assurta agli onori come ” unica interpretazione” si presta a sua volta a varie interpretazioni e andrebbe a sua volta ben interpretata, Con discernimento .
Lo scrittore argentino Borges ne trarrebbe un gustoso raccontino: il sentiero dei discernimenti che si biforcano.
E in tutto questo la Congregazione della Dottrina della Fede’ ammutolita ed esautorata probabilmente si è’ data allo studio della foca monaca e dei cambiamenti climatici..
Noto un vero entusiasmo nel porre domande retoriche.
Di quelle già con la risposta incorporata .
Modello “dubia” per capirsi.
Utili più che altro , a marcare dissenso e rottura da parte di chi le pone.Liberissim di farlo, ma non è meglio senza la finzione del dialogo e della conoscenza della opinione altrui?
Le domande sotto il pontificato di Bergoglio sono sempre retoriche, Lorenzo. Nel senso che si sa già’ che non ci sarà’ alcuna risposta, ne verra’ ascoltata sul serio la domanda.
Purtroppo.
Rif. 13 dicembre ore 12.21
Non entro nel merito della novità di un testo non papale diventato “magistero autentico pontificio”, che di fatto ha risolto parecchi o tutti i dubia avanzati. Mi ha interessato, nell’intervento di Lugaresi di ieri, l’accenno alle condizioni e ai momenti di “una buona confessione” (nell’attuale Catechismo, 1450 e ss., sono i 3 atti del penitente: contrizione, cioè dolore e proposito di non peccare in avvenire, accusa, soddisfazione/ penitenza).
Questo schema, presente nei Catechismi collegati al concilio tridentino e nel Catechismo di S. Pio X, ha avuto indubbiamente una enorme validità educativa. Ma è la risultante – pratica – di un modello di celebrazione penitenziale (riconciliazione) tipico di una certa epoca, recente, della Chiesa. Anticamente, e poi in varie altre epoche e zone della Chiesa si sono seguiti altri itinerari. Essendo coinvolto per ministero, mi permetto qualche considerazione.
a) Tale schema rischia di essere applicato oggi con scarsa efficacia anche in “situazioni normali di peccato”. Si sa che molti propositi di osservare il precetto della messa festiva, di non bestemmiare, di ripianare con il perdono conflitti profondi, di rispettare e incrementare nella sue varie forme il “bene comune”, sono, varie volte, solo dichiarazioni formali, senza nessuna o costante applicazione. Ecco perchè forse è un po’ fuori contesto chiedersi se è cambiata “la prassi o la dottrina precedente” sulla confessione.
b) Nel caso dei divorziati/risposati-conviventi lo schema “fermo proposito + assoluzione” non funziona ed è l’unico caso di applicazione impossibile.
Al limite – in foro confessione – lo schema può valere per un serial-killer, per un appartenente mafioso, per chi è dedito all’alcool o ad altra dipendenza da cui discendono colpevolmente alcune gravi infrazioni; per chi commette i due peccati sociali tra i quattro che gridano vendetta al cospetto di Dio. Per questi bastano, in teoria, il “fermo proposito” e la piccola penitenza, con l’assoluzione. Ma del “fermo proposito” non ci si fida nelle situazioni matrimoniali irregolari.
c) L’ accesso ipotizzato ai sacramenti, anche in situazioni matrimoniali irregolari grazie a percorsi penitenziali seri, lunghi, e diretti con saggio consiglio, potrebbe essere una via per proseguire in una pratica sacramentale della riconciliazione più vera, più seria, più comunitaria, più pubblica nel senso che alcuni comportamenti, negativi o virtuosi, avrebbero una maggior rilevanza come è quella di una famiglia diversa da quella – unica – creata nel sacramento.
Discorso serio quello sulla confessione. Peccato che faccia acqua da tutte le parti, come si suol dire. Penso realisticamente che alla confessione si sia fatto ricorso da sempre più per mettersi a posto la coscienza nell’immediato, che per vera contrizione per i peccati commessi, ammesso che fossero “peccati”. Da bambina io e le mie compagne andavamo a confessarci ogni sabato sera con una specie di “lista della spesa”. Sceglievamo il prete conosciuto come il più benevolo sicché di fronte a certi confessionali c’erano lunghe file di “peccatori”, mentre di fronte ad altri se ne vedevano solo due o tre, non di più. E si snocciolavano le solite cosette che di certo erano peccati solo a volerci scherzare; ma il prete sembrava prendere tutto sul serio, biascicava poche parole di ammonizione, prescriveva una certa penitenza, e magari di fronte a certe mancanze, dentro di sé rideva. Le solite cose che dimostravano che la contrizione e il proposito di non peccare più erano andati a farsi benedire. Quasi te li dovevi inventare i peccati per poter accedere alla Comunione dopo esserti confessata “regolarmente”.
Ma è sempre stato così, a dire il vero, anche per gli adulti, quasi tutti; per cui capisco bene il discorso fatto dal p.Amigoni sul “fermo proposito”.
E capisco anche che molti cristiani praticanti non frequentino molto il sacramento della Riconciliazione. Anche su questo tema è opportuno, a parer mio, che la Chiesa riprenda il discorso facendo qualche aggiornamento.
Che senso ha andare davanti al prete per confessare i soliti peccati individuali, mentre i peccati veri sono quelli COLLETTIVI di una umanità INDIFFERENTE ai problemi GRAVI di molta gente nel mondo? C’è qualcuno che si è posto qualche volta questa domanda?
Qua però c’è qualcuno che assai seriosamente, e polemicamente, ritorna sui dubia riguardanti l’ Amoris Laetitia, e confesso che mi viene un po’ da ridere.
Le situazioni matrimoniali irregolari per le quali, seguendo i canoni del catechismo cattolico, non è possibile l’assoluzione sacramentale,, andrebbero vagliate attentamente, perché è verissimo che molte unioni che agli occhi dei superortodossi cristiani sono irregolari e peccaminose, di fatto sono del tutto assimilabili ai matrimoni fatti in chiesa e in essi di peccato non c’è ombra. E viceversa, naturalmente. Se poi il peccato viene visto nella sessualità di chi convive, allora proprio non vale la pena soffermarcisi neppure per un istante.
Il discorso sarebbe assai lungo, ma qui non è proprio il caso di farlo.
Ma, vedi Venturi, io mi stupisco mica più di tanto! Qualche elemento di fisica ancora me lo ricordo: se, poniamo, scaravento dalla guglia più alta del Duomo, siamo a più di cento metri sicuro, un macigno. Ebbene, quanto più si avvicinerà al suolo tanto più acquisterà velocità, e maggiore sarà il peso specifico tanto più distruttivo sarà l’impatto al suolo. In fisica questo dinamismo si chiama “motus in fine velocior”.
Stessa locuzione citata da Bergoglio in un’intervista rilasciata ad “Avvenire” nella quale campeggia in neretto la frase :”non svendo la dottrina, seguo il Concilio”, di cui l’AL, ovviamente, rappresenta lo schianto finale [ e forse neppure l’ultimo] .
Bergoglio espone il concetto candidamente, senza scomporsi punto: “non fa che seguire il Concilio” e, aggiunge, che la Chiesa non è un’Istituzione o un incontro con Cristo (remando contro lo stesso Benedetto XVI che appena un anno prima aveva parlato della Chiesa in termini diametralmente opposti) ma udite udite, un cammino [per andare dove solo lui lo sa] poiché, sostiene, la Dottrina, la Pastorale, i Dogmi, non essendo “Vangelo” diventano un freno a mano per quel “movimento” in divenire iniziato 60 anni prima e giunto ormai a maturazione ( “motus in fine velocior”)
Un concetto tutto suo che impone, anche con una certa veemenza, senza possibilità di confronto. Lo si evince dalla maniera con la quale snobba i cardinali, glissa ogni richiesta di chiarimento circa le divergenza dell’ Amoris laetitia” che sconfina nel disconoscimento della la dottrina Rivelata, definita infallibilmente dalla Chiesa sui sacramenti del Matrimonio, della Penitenza e dell’Eucarestia e, aggiunge in quell’intervista della Falasca del 2016, una frase che ritengo inconsistente. Dice, riferendosi ai cardinali :” essi, ndr] continuano a non comprendere, o bianco o nero, anche se è nel flusso della vita che si deve discernere” Parole senza capo né coda che, francamente, fanno cadere le braccia per cui se da un lato riprende l’insegnamento della Lumen Gentium sulla Collegialità episcopale dall’altro lo smentisce: svaluta il diritto canonico ( legalismo) squalifica la teologia che ha condotto per mano la Chiesa nel suo bimillenario incedere al rango di ideologia, riduce la Chiesa, l’Episcopato monarchico gerarchicamente voluto da Cristo per esaltare la concezione spirituale della “comunità dei credenti in cammino” . Concetto che indica un movimento, qualcosa in divenire dal sapore tutto protestante in quanto l’anima della Chiesa è la fede che unisce, nei sacramenti, i battezzati in Cristo Signore senza la quale non esisterebbe né l’anima né il corpo. Senza quei 12 articoli ,o verità di Fede rivelate da Dio, non c’è neppure la Salvezza.
Tutto è all’insegna del cambiamento dal monento che è “il cammino del Concilio, che va avanti, s’intensifica, e Bergoiglio lo dice apertis verbis “ma è il cammino [del Concilio, ndr], mica io”.
Certo, mica è lui, è il Concilio.
“Sì sì no no,”, il più che viene dal maligno: parole, parole parole..
Bianco, nero = nero, bianco, neo? chissà, forse rosso, o viola. Di fatto, tutto ciò che è stato definito in termini di verità Aristotelico Tomista è nel sacco, la dialettica di Blondel è più friccicarella, ci piace. A noi contemporaneo resta difficile accettare la verità oggettiva di “non commettere adulterio” occorre ricorrere al discernimento. Parbleau! La realtà oggettiva (Legge naturale e divinamente Rivelata) esula dal nostro pensiero pragmatico e dissacrante, alieni a parole come “obbedienza della fede”. Tutto evolve e per me noi, hic et nunc, è di gran lunga più esaltante commettere adulterio dal momento che non è più ascrivibile ai 10 comandamenti secondo i quali, trasgredirli, si incorreva in peccato mortale. Ah, dimenticavo, parlare di peccati, oggi, si fa peccato! Una sola parola è consentito proferire: misericordia!
Ci volevano tre interventi per riscaldare una minestra scotta da sessantanni?
C’è chi, banalmente, è anticonciliare e da sessant’anni rosica e produce sterile bile.
In questi casi, si sa bene dove rivolgersi.
E’ vero che ” motus in fine velocior”
Ma c’ e’ un altro proverbio molto saggio: tutti i nodi vengono al pettine. Tutti i ” nodi” del Concilio Vaticano II stanno venendo al pettine. Tutti nodi devono essere sciolti in un modo o nell’altro altro. La situazione e’ giunta al suo culmine: coloro che avevano scelto di ” temporeggiare” di sperare che col tempo si appianassero le difficolta’, ‘ i fautori dell’ ermeneutica della continuita’ quelli che gettavano acqua sul fuoco sono stati sconfitti: il loro campione papà Benedetto che ha tentato fino all’ ultimo di ricomporre le lacerazioni scatenate dalllo ” Spirito del Concilio” , che persino in uno dei suoi ultimi discorsi prima di dimettersi ha parlato di Concilio reale e Concilio mediatico, e’ stato sconfitto. La linea della continuita’ e’ stata sconfitta. Ora con Bergoglio si ricomincia a parlare di ” rottura” del Concilio Vaticano II con tutti i concili precedenti, di rivoluzione, di nuova chiesa, ” Indietro non si torna” proclamano i novatori.
Dunque si è’ arrivati al punto cruciale: tutti i nodi appunto sono venuti al pettine.
Curioso modo di lettura.
Già questo modo di ragionare in termini di “sconfitti” e vincitori la dice lunga (la dice lunga da 60 anni) sull modo di consideare il Concilio. L equivoco pelosamente alimentato è stato quello di scambiare il rigore puntualizzante di Gpii e di Benedetto x la speranza di mettere il Concilio in naftalina.Bubbole. Francesco semplicemente lo da per quel che è : acquisito.I nodi vengono al pettine x chi deve decidersi finalmente se stare o uscire.Hanno avuto 60 anni….che si decidano. 🙂
Vorrei riprendere un momento, quanto espresso dai vescovi argentini di cui al mio post del 13 dicembre 2017 e così rispondere anche ai dubbi espressi dal sig. Leonardo.
Sulla confessione non ho nulla da aggiungere a quello che in maniera chiara è stato affermato dal p. Amigoni.
In relazione al documento dei vescovi argentini vorrei sottolineare questi punti che costituiscono la summa inviata dai vescovi ai presbiteri.
(In un successivo post inserirò qualche mia considerazione).
Questi i punti principali indicati dai vescovi dell’Argentina:
1) Innanzitutto vogliamo ricordare che non è opportuno parlare di “permesso” per accedere ai sacramenti, ma di un processo di discernimento accompagnati da un pastore. Questo discernimento è «personale e pastorale» (300).
2) In questo percorso, il pastore deve porre l’accento sull’annuncio fondamentale, il kerygma, che stimoli all’ incontro personale con Gesù Cristo vivo o a rinnovare tale incontro (cfr. 58).
3) L’accompagnamento pastorale è un esercizio dalla «via caritatis». È un invito a seguire «la via di Gesù, che è quella della misericordia e dell’integrazione» (296). Questo itinerario appella alla carità pastorale del sacerdote che accoglie il penitente, lo ascolta attentamente e gli mostra il volto materno della Chiesa, mentre, contemporaneamente, accetta la sua retta intenzione e il suo buon proposito di leggere la propria vita alla luce del Vangelo e di praticare la carità (cfr. 306).
4) Questo cammino non finisce necessariamente nell’accesso ai sacramenti, ma può anche orientarsi ad altre forme di integrazione proprie della vita della Chiesa: una maggior presenza nella comunità, la partecipazione a gruppi di preghiera o di meditazione, l’impegno in qualche servizio ecclesiale, etc. (cfr. 299)
5) Quando le circostanze concrete di una coppia lo rendono fattibile, in particolare quando entrambi sono cristiani con un cammino di fede, si può proporre l’impegno di vivere la continenza sessuale. Amoris lætitia non ignora le difficoltà di questa scelta (cfr. nota 329) e lascia aperta la possibilità di accedere al sacramento della Riconciliazione quando non si riesca a mantenere questo proposito (cfr. nota 364, secondo gli insegnamenti di san Giovanni Paolo II al card. W. Baum, del 22/03/1996).
6) In altre circostanze più complesse, e quando non si è potuta ottenere la dichiarazione di nullità, l’opzione appena menzionata può di fatto non essere percorribile. Ciò nonostante, è ugualmente possibile una percorso di discernimento. Se si giunge a riconoscere che, in un determinato caso, ci sono dei limiti personali che attenuano la responsabilità e la colpevolezza (cfr. 301-302), particolarmente quando una persona consideri che cadrebbe in ulteriori mancanze danneggiando i figli della nuova unione, Amoris lætitia apre la possibilità dell’ accesso ai sacramenti della riconciliazione e dell’eucarestia (cfr. nota 336 y 351). Questi, a loro volta, disporranno la persona a continuare il processo di maturazione e a crescere con la forza della grazia.
7) Ma bisogna evitare di capire questa possibilità come un semplice accesso “allargato” ai sacramenti, o come se qualsiasi situazione giustificasse questo accesso. Quello che viene proposto è un discernimento che distingua adeguatamente caso per caso. Per esempio, speciale attenzione richiede «una nuova unione che viene da un recente divorzio» o «la situazione di chi è ripetutamente venuto meno ai propri impegni familiari» (298). O, ancora, quando c’è una sorta di apologia o di ostentazione della propria situazione «come se facesse parte dell’ ideale cristiano» (297). In questi casi più difficili, i pastori devono accompagnare le persone con pazienza cercando qualche cammino di integrazione (cfr. 297, 299).
8) È sempre importante orientare le persone a mettersi in coscienza davanti a Dio, e a questo fine è utile l’«esame di coscienza» che propone Amoris lætitia (cfr. 300), specialmente per ciò che si riferisce a «come ci si è comportati con i figli» o con il coniuge abbandonato. Quando ci sono state ingiustizie non risolte, l’accesso ai sacramenti risulta di particolare scandalo.
9) Può essere opportuno che un eventuale accesso ai sacramenti si realizzi in modo riservato, soprattutto quando si possano ipotizzare situazioni di disaccordo. Ma allo stesso tempo non bisogna smettere di accompagnare la comunità per aiutarla a crescere in spirito di comprensione e di accoglienza, badando bene a non creare confusioni a proposito dell’insegnamento della Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio. La comunità è strumento di una misericordia che è «immeritata, incondizionata e gratuita» (297).
10) Il discernimento non si conclude, perché «è dinamico e deve rimanere sempre aperto a nuove tappe di crescita e a nuove decisioni che permettano di realizzare l’ideale in modo più pieno» (303), secondo la «legge della gradualità» (295) e confidando sull’aiuto della grazia.
Siamo innanzitutto pastori. Per questo vogliamo fare nostre queste parole del papa: «Invito i pastori ad ascoltare con affetto e serenità, con il desiderio sincero di entrare nel cuore del dramma delle persone e di comprendere il loro punto di vista, per aiutarle a vivere meglio e a riconoscere il loro proprio posto nella Chiesa (312)
Qualche mia breve considerazione.
Scriveva San Giovanni Paolo II nella Familiaris Consortio:
Come Maestra, la Chiesa non si stanca di proclamare la norma morale che deve guidare la trasmissione responsabile della vita. Di tale norma la Chiesa non è affatto né l’autrice né l’arbitra. In obbedienza alla verità, che è Cristo, la cui immagine si riflette nella natura e nella dignità della persona umana, la Chiesa interpreta la norma morale e la propone a tutti gli uomini di buona volontà, senza nasconderne le esigenze di radicalità e di perfezione.
Come Madre, la Chiesa si fa vicina alle molte coppie di sposi che si trovano in difficoltà su questo importante punto della vita morale: conosce bene la loro situazione, spesso molto ardua e a volte veramente tormentata da difficoltà di ogni genere, non solo individuali ma anche sociali; sa che tanti coniugi incontrano difficoltà non solo per la realizzazione concreta, ma anche per la stessa comprensione dei valori insiti nella norma morale. Un soggetto, pur conoscendo bene la norma può avere grande difficoltà nel comprendere valori insiti nella norma.
Quanto espresso da San Giovanni Paolo II viene ripreso da Amoris Laetitia al paragrafo 301 cap 8:
Per comprendere in modo adeguato perché è possibile e necessario un discernimento speciale in alcune situazioni dette “irregolari”, c’è una questione di cui si deve sempre tenere conto, in modo che mai si pensi che si pretenda di ridurre le esigenze del Vangelo. La Chiesa possiede una solida riflessione circa i condizionamenti e le circostanze attenuanti. Per questo non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta “irregolare” vivano in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante. I limiti non dipendono semplicemente da una eventuale ignoranza della norma. Un soggetto, pur conoscendo bene la norma, può avere grande difficoltà nel comprendere «valori insiti nella norma morale»[339] o si può trovare in condizioni concrete che non gli permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa. Come si sono bene espressi i Padri sinodali, «possono esistere fattori che limitano la capacità di decisione».[340] Già san Tommaso d’Aquino riconosceva che qualcuno può avere la grazia e la carità, ma senza poter esercitare bene qualcuna delle virtù,[341] in modo che anche possedendo tutte le virtù morali infuse, non manifesta con chiarezza l’esistenza di qualcuna di esse, perché l’agire esterno di questa virtù trova difficoltà: «Si dice che alcuni santi non hanno certe virtù, date le difficoltà che provano negli atti di esse, […] sebbene essi abbiano l’abito di tutte le virtù».[342]
Il testo citato contiene tre motivazioni che esimerebbero la persona dall’essere in condizione di peccato mortale:
1-una eventuale ignoranza della norma;
2-grande difficoltà nel non comprendere i valori insiti nella norma morale;
3- condizioni concrete che non… permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa, fattori che limitano la capacità di decisione;
Il primo e il secondo punto richiedono grande attenzione e discernimento; in relazione al terzo punto ricorro a una breve storia, facendomi aiutare dall’importante volumetto del card. Coccopalmerio Presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, interamente dedicato al cap. VIII di Amoris Laetitia.
La breve storia è la seguente: una donna va a convivere con uomo sposato canonicamente e abbandonato dalla moglie con tre bambini ancora piccoli. Questa donna ha salvato l’uomo da uno stato di profonda prostrazione, ha allevato i tre bambini e dalla loro unione decennale è nato un nuovo figlio.
La donna di cui stiamo parlando ha piena coscienza di essere in stato irregolare, vorrebbe cambiare vita, ma non può. Se infatti lasciasse l’unione l’uomo tornerebbe nella condizione di prima, i figli resterebbero senza mamma. Lasciare l’unione significherebbe non adempiere alcuni importanti doveri e creare una nuova colpa.
Alla stregua di quanto esposto unitamente alle linee guida dei vescovi argentini, a mio modestissimo avviso e ad illustrissimo avviso del card. Coccopalmerio penso si possa affermare:
La Chiesa potrebbe ammettere alla penitenza e alla Eucaristia i fedeli che si trovano in una unione non legittima i quali però verifichino due condizioni essenziali: desiderano cambiare tale situazione, però non possono attuare sul momento tale desiderio. Queste condizioni sono essenziali.
E’ “automatico” il passaggio Confessione-Comunione Eucaristica??
Nella maniera più assoluta no, le condizioni di cui sopra dovranno essere sottoposte ad attento e autorevole discernimento da parte dell’autorità ecclesiale. (Il parroco).
Il discernimento che, come ci dicono i vescovi argentini è sempre dinamico.
La dottrina è rispettata?
Certamente.
-Le unioni sono comunque sempre considerate come non legittime.
-la dottrina del sincero pentimento anche: le persone che si trovano in una situazione irregolare ne hanno piena consapevolezza e vorrebbero mutare la loro condizione, ma al momento non possono farlo anchè perchè ciò potrebbe creare una nuova colpa e ledere altre persone.
-la dottrina della grazia santificante come necessario requisito per essere ammessi al sacramento dell’Eucaristia è anche rispettata, perchè i fedeli in discernimento anche se non sono arrivati a un reale cambiamento di vita a motivo dell’impossibilità di farlo, hanno però il proposito di attuare tale cambiamento.
Un caro saluto a tutti.
Per approfondire:
Francesco card. Coccopalmerio
“Il capitolo ottavo dell’Esortazione Apostolica Post Sinodale Amoris Laetitia”
Editrice LEV.
Complimenti, davvero, all’amico Fabrizio per l’esauriente e chiara spiegazione: a questo punto, e come avrebbe detto Sherlock Holmes, “il caso é chiuso” (ammesso che potesse ritenersi aperto).
Roberto Caligaris
Il caso non è chiuso, nel senso che c’è gente che ancora non è d’accordo. E provocano nei fedeli quella cosa di cui accusano Francesco: confusione. Parecchie associazioni ed esponenti pro-life di diversi Paesi hanno prodotto un documento in cui manifestano fedeltà alla Chiesa ma non ai pastori che sbagliano (Francesco ovviamente). Tra di loro c’è in prima fila LifeSiteNews, il cui co-fondatore, ho scoperto ora, prende anche in giro il Papa con canzoncine che viaggiano in rete. Tra i firmatari italiani il più noto è probabilmente Roberto De Mattei con la sua Fondazione Lepanto.
Anche secondo me Fabrizio ha fatto un bel lavoro. Se non ricordo male in una delle interviste il card. Muller parlava di casi in cui una persona divorziata convivente avrebbe potuto accedere ai Sacramenti (previo discernimento ovviamente).
Ottimo, lodevole, circostanziato e preciso il lavoro di Fabrizio.
Da memorizzarsi e utilizzarsi , se lui consente.
🙂
Ringrazio di cuore per i loro riscontri, gli amici Roberto, Enrico e Lorenzo.
@Lorenzo: certo che consento.
Pro Fabrizio Scarpino
a) Arrivo, buono ultimo (e mi scuso), ad esprimere il consenso e per il servizio informativo di Scarpino (ore 21.03 del 17 dicembre e ss.) e per l’intervento, davvero preciso e assolutamente non accomodante, dei vescovi argentini.
Ritengo che sia davvero da prendere sul serio la constatazione del n. 301 della AL: “La Chiesa possiede una solida riflessione circa i condizionamenti e le circostanze attenuanti”. Basti pensare a tutti i distinguo, morali oltre che legali, sul quinto comandamento (omicidio colpevole, colposo, preterintenzionale; e poi: legittima difesa personale, difesa contro ingiusto aggressore, ecc. …).
b) A conferma poi della tradizione della Chiesa circa la pratica assolutoria, riporto un pensiero di don Lorenzo Milani in Esperienze pastorali (p. 266). Riferendosi a una divergenza con un confessore venuto in parrocchia (probabilmente religioso) e rifacendosi al libro ufficiale di morale e al professore di morale in seminario, scrive: “Si assolve chi è disposto e non si assolve chi non lo è, siano o no consuetudinari o recidivi”. Aggiunge che sono parole del professore, prese forse da sant’Alfonso.
Grazie p. Luigi.