“Nell’atto però di chiudere lo scartafaccio, per riporlo, mi sapeva male che una storia così bella dovesse rimanersi tuttavia sconosciuta; perché, in quanto storia, può essere che al lettore ne paia altrimenti, ma a me era parsa bella, come dico; molto bella. “Perché non si potrebbe, pensai, prender la serie de’ fatti da questo manoscritto, e rifarne la dicitura?” Non essendosi presentato alcuna obiezion ragionevole, il partito fu subito abbracciato. Ed ecco l’origine del presente libro, esposta con un’ingenuità pari all’importanza del libro medesimo“: è un brano dell’introduzione ai Promessi sposi, quel testo che finge il ritrovamento di un manoscritto secentesco e inizia con le parole “L’Historia si può veramente deffinire una guerra illustre contro il Tempo”. L’estate è per me la stagione delle letture lente e quest’anno rileggo il romanzo del Manzoni che non ho più ripreso in mano dopo il liceo e mi propongo di trarne uno spunto per ogni capitolo. Parto con questo delle storie che conviene riscrivere perchè abbiano dignità di notizia, che è in buona parte quello che vado facendo con i “fatti di Vangelo”. E’ il primo insegnamento che ho cavato dalla lettura del Manzoni. Il secondo è quello dell’ironia che mette in ogni pagina e che ha qui un bell’esempio nel gioco di specchi tra l’ingenuità e l’importanza della storia: invito i visitatori a darne un’interpretazione comprensibile.
Quest’estate rileggo “I promessi sposi”
46 Comments
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Ottima scelta, Luigi !
Aspetto “al varco” le tue considerazioni.
Buon venerdì !
Roberto 55
Sembra che tu, Luigi, abbia la stessa vocazione di Alessandro Manzoni: far conoscere le belle storie, storie di “fatti di Vangelo”.
Conoscevo un tale che sosteneva che nei Promessi Sposi ci fosse una sintesi di tutti gli insegnamenti cristiani. Aspetto anch’io le tue considerazioni.
Ti è venuta l’ispirazione dopo la citazione dell’innominato da parte del Papa nella messa di Lampedusa? A me a molto colpito quella citazione in bocca a un argentino… non è proprio così scontato che tutti, nel mondo, conoscano i Promessi Sposi…
http://www.avvenire.it/Commenti/Pagine/ilManzonidiBergoglio.aspx
Ogni tanto mi viene in mente anche a me di rileggerli, fui costretta a farlo alle medie e al ginnasio ne ho sempre serbato un ricordo terribile.
Invece mi è piaciuto l’Adelchi (ma forse perchè ero più grande).
Mattlar,
secondo me l’idea è venuta dopo la gita ai luoghi manzoniani, nel Lecchese.
Il Papa non è proprio un “argentino”: è figlio di italiani e magari ha frequentato scuole italiane a Buenos Aires. Ha respirato “italianità” sin dalla culla…
«I promessi sposi l’avrò letto almeno quattro volte. E altrettante la Divina Commedia»: lo dice Bergoglio in “Il nuovo papa si racconta”, p. 115.
«Chi fa il male è responsabile non soltanto del male che ha fatto, ma dei turbamenti nei quali induce l’animo degli offesi».
Un raffinato ragionamento del Manzoni sulle azioni di don Rodrigo e sulle conseguenze nelle intemperanze di Renzo.
Me lo dedico. Per tutte le volte che ho maltrattato qualcuno su questo bel blog.
Fin dall’inizio , il gioco di specchi è dichiarato. Specchi multipli, rovesciati, che si rimandano l’un l’altro. Tra l’ingenuità della motivazione di raccontare la storia e l’importanza della storia raccontata, ad esempio. Ma sotto ce ne sta un altro: perché la motivazione riportata con dichiarata ingenuità, non è la motivazione vera, così come è illusione riflessa l’artificio dello scartafaccio; e d’altra parte la dichiarata “importanza della storia” è tale non perché a Manzoni freghi qualcosa in particolare di quella specifica storia, mentre gli frega assai di quello che la storia stessa gli permette di poter dire.Ma quello che gli permette di poter dire, non ha nulla a che fare con la storia in sè, che diventa un pretesto perfetto per analizzare la psicologia umana in relazione alla presenza del divino , al suo modo di reagire davanti ad essa, alla scoperta della Provvidenza in quello che succede…Ma tutto questo viene taciuto assolutamente, nella illusoria dichiarazione d’intenti del narratore all’inizio del romanzo, quando invece nella realtà è ben presente e costruito a tavolino. Il che non toglie che, in questa costruzione a tavolino,il piacere e il gusto puro di scrivere e di raccontare saltino fuori di continuo, con dei personaggi e dei ” quadri” che, indipendentemente dal quadrone generale, stanno lì a vivere quasi di vita autonoma, delle specie di piccole storie a se stanti nella storiona-fiume del romanzo , che a sua volta è un pezzetto di Storia ufficiale, che a sua volta rimanda, per assonanze e contrapposizioni, alla Storia successiva .
Insomma, tutto un intricato casino di piani di scrittura diversi e, volendo, di piani di lettura diversi.Io trovo sempre bellissimo , in questo casino, l’omogeneità del libro. E poi il modo di raccontare puro: le scene quasi da teatro, i dialoghi, ma anche i grandi quadri, le scene di massa, e poi le introspezioni notturne.
Quello che mi piace sempre un po’ meno è il moraleggiare, il tromboneggiare, il predicozzare … un po’ pallosetto, in questo, ma è parere strettamente personale.
Ciao Roberto55, mi fa piacere il tuo ritorno sul blog.
Beh, caro Luigi, vedrai quante cose incredibili ci (ri)troverai! Sempre meno insegnanti sanno ‘richiamare in vita’ i classici e ‘schierarli di nuovo in battaglia’, soprattutto quando i loro autori utilizzano quasi scientificamente ironia e umorismo. Aspetti che differenziano il moralizzatore ‘pallosetto’ dal grande moralista (seicentesco) e che si acquisiscono solo col tempo. Insieme all’altro su cui ci interroghi. Crescendo nell’età e negli anni di insegnamento mi appare sempre più evidente la necessità di ‘coprire’, ‘proteggere’, con quest’ingenuità, levità direi, la profondità di certi argomenti, esempi, concetti che senza delicatezza (mitezza?) risulterebbero dirompenti. In questo senso vedrei delle non casuali analogie tra certi atteggiamenti di Francesco bollati come ‘ingenuotti’ e le sue approfondite letture dei Promessi Sposi. Certo si rischia di essere banalizzati – come è avvenuto anche ai Promessi Sposi -, ma qui c’è tutta la difficile differenza tra semplice e semplicistico.
PS @ Lorenzo : d’accordo con quasi tutto, penso solo però che a Manzoni interessasse molto “quella specifica storia” non riducibile a “pretesto”. Già nella scelta di quella storia c’è un (mascherato) giudizio storico-politico sul proprio tempo, fondamentale poi per l’operazione che tu ben descrivi. Altrimenti Manzoni sarebbe uno ‘gnostico’ e non un ‘cattolico’ molto ben ‘incarnato’ nella storia…
Buona lettura, Luigi.
Ti renderai conto, a tanti anni di distanza dalla prima lettura fatta quasi per costrizione, della straordinarietà del Romanzo manzoniano. In tutti i sensi.
Solo con la piena maturità la si può cogliere.
Per me è semplicemente la PERFEZIONE.
E va centellinato.
“Me lo dedico. Per tutte le volte che ho maltrattato qualcuno su questo bel blog.”
Non mi pare (o mi è sfuggito) che tu, Marcello, abbia mai maltrattato qualcuno. Oltretutto entri raramente.
Un saluto.
Giohi di specchi tra realtà e finzione sono la tessitura stessa dei Promessi Sposi, il “parlo a suocera perché nuora (i 25 lettori) intenda” dell’autore. E poi l’ironia, sempre a fiior di labbra, sempre detta con la faccia sera. Quelle dette con la faccia seria, la faccia di bronzo, sono le battute più micidiali. E Manzoni, si vede, ne sapeva fare ottimo uso. In privato quest’uomo doveva essere uno spasso, un tipo vivo e arguto.
“E badate che questa è politica vecchia, di quella fine”. “I nostri soldati sono bravi a menare le gambe”. “Uh, corvaccio!”. Vogliamo parlare del matrimonio clandestino? E poi la figura di don Abbondio, per Sciascia il vero protagonista del romanzo. Sciascia veramente tratta il nostro parroco in maniera davvero cattiva: lo dipinge come una specie di vigliacco, quasi un parassita, che però alla fine sopravvive a tutti i drammi del romanzo. E trionfa: trionfa su don Rodrigo e i bravi morti, fra Cristoforo morto, Renzo e Lucia sposati ma che se ne vanno, e così via. Lui resta. Tronfio. Resta là, col suo breviario e le sue passeggiate per quel ramo del lago di Como.
Considero “I promessi sposi” un libro fondamentale per la mia esistenza. Ne ho un’edizione commentatat da Piero Nardi usata da mio zio Nicola nel ’70 quand’era in seminario a Catanzaro, sottolineata da lui e annotata con le spiegazioni a lezione. Semplicemente magnifica. E qualche anno fa, alla domanda: “Qual è il libro che ti ha salvato la vita?”, non ho esitato a rispondere: “I promessi sposi”. Precisamente i capitoli da XI a XIV: la notte di Renzo, con il passaggio dell’Adda e: “La c’è la Provvidenza” parlano anche di me. Caro Luigi, grazie per quest’invito alla rilettura.
Dal punto di vista delle prose poetiche, alcuni incipit sono da mandare a memoria. La notte dell’Innominato è fantastica, spassosissimo il don Abbondio su e giù per il castello del quale. I capitoli di Tonizzo mi coinvolgono nello spirito, da non poter dire. Ma quella che “fisicamente” ricordo di più è la descrizione della “meccanica della rivolta” milanese (che rivedo in tante assemblee studentesche dei miei anni di ginnasio-liceo).
Un personaggio che mi è sempre piaciuto è don Ferrante. “Non gli piaceva né di comandare né d’ubbidire”. Chiuso tra i libri, ossessionato da una moglie insopportabile … lo trovo proprio simpatico.
Al passaggio dell’Adda da parte di Renzo penso ogni venerdì sera / sabato mattina quando il treno “Frecciabianca” partito dalla Stazione Centrale di Milano mi riporta verso le terre venete per il fine-settimana.
Per quel che riguarda, amico Tonizzo, la figura ed il carattere di Alessandro Manzoni, credo fosse tutt’altro che persona spassosa, ma, al contrario, di temperamento ombroso, umorale, irascibile (così mi par d’aver inteso): pensa te.
Ricambio di cuore il caro saluto dell’amico Fabricianus.
Buon sabato a tutti !
Roberto 55
Insomma “la storia siamo noi”, dice Manzoni- un po’ come Gianni Minoli nel suo programma-però, mi domando, come posso, io, con il mio banale quotidiano [ la preghiera,la S.Messa, il lavoro, la passeggiata solitaria la domenica, il solito entourage] entrare nella storia (?) entrare nella storia. Io, un’ anonima tra gli anonimi. Un capo di governo, un principe, un uomo di potere egli si che può: ha in mano i destini di tutti noi!! Egli si che fa la differenza e capovolge, in positivo o in negativo, le sorti di un popolo di una Nazione. invece NO! Dice Manzoni: noi, testimoni del nostro tempo, siamo responsabili. Noi, con le nostre piccole storie possiamo cambiare la storia consegnandola nelle mani di un pazzo e divenire addentellati di un “meccanismo” mefistofelico. Possiamo accettare supinamente l’arroganza del potente o combatterla;consegnarci come pecore al macello e, senza accorgercene, assecondare un sistema iniquo che spara pallettoni di fango sull’innocente, oppure impedirlo. La “Colonna Infame” è la stessa ieri oggi e sempre. Ma perché allora l’umanità non impara dal passato. Perchè alla prima guerra mondia ne segue un’altra e a questa quella fredda. Perchè assecondiamo questo attuale sistema economico che vampirizza intere strutture, e porta i popoli alla fame. Perché l’umanità non impara dagli errori . La barbarie appartiene ad ogni tempo, non meno alla nostra attuale cosidetta “modernità”…
“Quando, tra vili case e in mezzo a poche
Rovine, i’ vidi ignobil piazza aprirsi.
Quivi romita una colonna sorge
In fra l’erbe unfeconde e i sassi e il lezzo,
ov’uom mai non penetra, però ch’indi
genio propizio all’insubre cittade
Ognun rimove, alto gridando: lungi,
O buoni cittadin, lungi, che il suolo
miserabile infame non v’infetti ”
Parini
Perchè non riusciamo più ad indignarci, perché, perché perché???
Insomma, perché l’indignazione che ha interpellato cittadini di ogni tempo sotto al cielo non ci appartiene più ….perché? Mentre, per un micidiale gioco degli specchi più che “indignazione” siamo diventati fautori della “degnazione”! «Indegnazione» anzi “Santa indignazione” è citata quattro volte dal Manzoni [in relazione alla morale di fra Cristoforo circa il sopruso di Rodrigo ai danni di Lucia. Del padre guardiano del convento di Monza,quando legge la lettera di fra Cristoforo e accoglie Lucia;. la «disperata»indignazione di quest’ultima davanti all’innominato, prima della conversione e di quest’ultimo sulle proprie passate malvagità]Forse che nel nostro DNA è inscritta la sindrome di “don Abbondio”, incapaci di reagire, capaci solo di dare giudizi a posteriori sicchè si giudica l’operato di un politico, di un capo di stato solo da morto e col tempoooo…. Ma finché è vivo, sia questi innominato, o arcivescovo, o ricchissimo e illustre, gli si fa dire e fare quel che gli piace? Perché solo in pochi rispondono all’indignazione, perché..è una domanda destinata a non trovare risposta…
Marilisa, grazie.
Sei buona.
Qualche volta l’ho fatto e me ne sono accorto, ma altre volte l’avrò sicuramente fatto senza accorgermene.
Roberto sapevo anche io che Manzoni non fosse ilari, anzi soffriva pure se non sbaglio di attacchi di panico.
Ci sono credo anche forti venature gianseniste nel suo lavoro.
http://archiviostorico.corriere.it/2008/settembre/09/Manzoni_gli_attacchi_panico_co_7_080909008.shtml
Buon giorno.
Buon giorno anche a lei, signor Menia. Di tutto cuore.
Ricambio anch’io.
“Sani”, Luciano !
Roberto 55
Sign.Luciano, un forte abbraccio…
O’Scia’, Caro Luciano.
Buon giorno Luciano, che sia una giornata colma di benedizioni.
Ciao Luciano, buon sabato.
Cara Clodine, l’umanità ” non impara dal passato” perché quelli che ci sembrano gli errori e gli orrori del passato sono quelli che abbiamo dentro pure tu ed io, ce li portiamo dietro e si manifestano, con le varianti del caso, ad ogni generazione.
Quella che tu chiami barbarie, io ce l’ho dentro. Temo, pure tu.
Questo non significa abbandonarcisi bestialmente. Ma sapere che non c’è nessuna delle cose piu’ orrende e nefaste che la Storia, e pure la cronaca, ma proprio nessuna, che io stesso non sarei in grado di compiere, in determinate circostanze. Indignarsi è molto bello e salutare. Puo’ anche essere molto comodo e incredibilmente autoassolutorio, però. C’è sempre qualcuno con cui prendersela al di sopra, o aldilà di noi. Indignarsi con i politici: che pacchia! E’ gratis, mi scarica la coscienza, mi permette di appuntarmi al bavero la coccarda di buon cittadino. In buona sostanza: indignarsi è buono, è necessario anche: ma se mi limito a quello, serve a un tubo.
Io dico: ho un tempo, ho un posto, ho un luogo.
Non sono qui per me. So di essere la bestia che sono, eppure con la potenzialità inista di fare robe da santo. Questo vale per tutti quelli che sono qui con me. Dal Papa all’ateo: bestie potenziali, con l’impronta di Dio ben attiva.
Il passato è da tener presente, ma è concluso. Il futuro è il pane di domani, ma non esiste. Il presente è qui, adesso, èd è l’unica mia misura.
Tu chiedi: come posso, io, con il mio banale quotidiano [ la preghiera,la S.Messa, il lavoro, la passeggiata solitaria la domenica, il solito entourage] entrare nella storia (?) entrare nella storia. ..
Gesù Cristo mi ha scelto e piazzato qui.
Da qui, senza di Lui, non posso niente, parola sua.. Con Lui, posso cambiare il mondo, la mia storia, e pure la Storia: parola sua. A patto che lasci fare a Lui, e spalanchi una buona volta ‘ste mie braccia chiuse in difesa di non si sa bene cosa e lasciarmi piazzare in croce.
Cavolo, se possiamo farne di roba.
La croce con la quale sovente t’intrattieni, lorenzo, se l’è presa Lui, Gesù Cristo sulle Sue spalle, per tutti….per i giusti e per i peccatori ed è per quella Croce che saremo salvati, non per le nostre piccole o grandi croci, non t’illudere…le nostre croci raramente le sopportiamo, mentre Lui solo l’ha portata volontariamente mentre noi lo invochiamo per liberarci dal peso della nostra .
La barbarie poi, non è appannaggio dei più, come pensi tu erroneamente, ma di coloro che non riescono ad elaborare i fatti ,e così ogni catastrofe e carneficina consumata sotto il cielo a danno dei deboli resta in superficie. I Crimini più atroci restano “fuori” dalla propria coscienza anaffettiva come qualcosa che “non riguarda”, non ci riguarda, è “affar vostro”. Così’ gli accadimenti [stragi, terremoti, alluvioni] sono solo accidens che colpiscono gli altri. Questa cosidetta ” memoria“fluida” è incapace di tracciare confini ben definiti, non “schematizza”,non classifica dentro una scala di valori ma si pone fuori dagli eventi–Intanto cerchiamo di svegliare dall’oblio la memoria storica e allora sveglieremo assieme agli orrori anche l’immensa mole di tesori incomparabili che i grandi del passato ci hanno lasciato. ll punto è che un avvenimento, per essere ricordato, necessita non solo,e non tanto, di essere semplicemente conservato , ma trasmesso…
La storia nostra è storia della nostra anima; e storia dell’anima umana è la storia del mondo.
Benedetto Croce,
1938
Cara Clo, ti dirò come la penso io. Parere personale.
Penso che ci piacerebbe molto che il “discorso croce” avesse riguardato e riguardasse solo JC.
Ci ha già pensato lui, no? Ci è già salito lui, per noi e per tutti, salvando e liberando tutti…
Vero.
Io da solo, manco salendo su tutte le croci del mondo , sarei in grado di salvare un’ unghia di me stesso.
Più che vero.
Tranquillizzati: al riguardo, nessuna minima illusione da parte mia. 🙂
C’è una certezza sola. Senza di lui, “posso” una mazza. Fossi ben- ragiono per assurdo- un pozzo di scienza, uno specchio di virtù, un eroe senza paura? Una mazza, lo stesso.
Con lui, posso “tutto”. Anche se sono la bestia che sono? Anche se sono capace di amare il male? Anche. “tutto”.
E che è sto ” tutto” ? Seguirlo sulla sua stessa strada. Di quella strada lui mi ha ficcato in mano indicazioni dettagliatissime: lasciar perdere me stesso,via dal mio ombelico riverito e osannato; prendermi addosso un po’ di sofferenza che incontro ogni giorno ,quelle degli altri prima ancora delle mie, andargli dietro senza tante storie.
La destinazione : mia consumazione , mia liberazione, mia “gloria”.
Non mi è mica chiesto di far l’eroe, di non profferir lamento, di citare salmi e scritture a macchinetta sotto il peso della croce; non mi è mica chiesto di ” sopportarla” con santa rassegnazione.E non c’è niente di male nel chiedergli un aiuto e , anche, una ” esenzione”. L’ ha fatto Gesù nell’orto, potrò ben farlo io, la bestia riottosa che sono!
Però una cosa è chiarissima, e mi stupisco sempre come la si voglia nascondere sotto tante altre robe: la croce è roba mia, affar mio, mia strada e mio destino libero, mia completa liberazione e mia salvezza.
Altra strada, Gesù Cristo NON mi propone, né mi prepara.Non è che ” mi prepari ” la “mia croce”. La croce= sofferenza e male, esiste già ovunque: e che razza di crociona pazzesca!!! E interessa e riguarda tutti quanti…
Lui mi propone di prendermela addosso. E’ quello, che mi libera e mi salva, mica il crocione in sé…
La cosa che è consolante un casino, confortante e fortissima, è questa: che non è centrale la mia “virtù” ( ma de che?!) i miei eventuali ” meriti” ( ma ndò sarebbero),l’intelliggenza, la preparazione, le penitenze accumulate con la tessera punti dei fioretti ecc ecc.Tutta roba bella e santa. Ma per andare in croce, la laurea, per capirsi, non è richiesta. Anzi, in molti casi, è una zavorra che rallenta e che ritarda e che mi fa baloccare….
Sulla ” barbarie ” condivido assolutamente il discorso della elaborazione e della coscienza storica. Della conservazione e della trasmissione ecc ecc.
Parole perfette.
Però sorrido sempre davanti alla tentazione di parlare della “barbarie” in generale, o di una delle sue infinite manifestazioni, come di un fenomeno passato sotto la lente dello studioso.Studiamolo pure. Indignamoci pure.
A patto di studiare anche me e di indignarmi prima di tutto con me.
Resto dell’idea che sia dentro di me, e dentro tutti.
Quello che fa la differenza puo’ essere, ad esempio, Gesù Cristo: restarci cocciutamente abbarbicati, puo’ aiutare a tenere almeno la testa a galla, quando infuria fuori e dentro – specie dentro- la tempesta. Ma la fede in lui, “da sola” (!) non bonifica, non vaccina, non ci garantisce. Come insegnano peraltro le esperienze di tutti i santi, le colonne- Pietro e Paolo- in testa.
Ci aspetta un battaglione quotidiano, campassimo novecentonovananov’anni.
E questo ci riporta al tuo intervento di partenza, come posso innestare la mia storiina nella storiona del mondo, senza essere irrilevante?
Beh. Gesù Cristo, che per noi è Dio, mi chiama personalmente ( me come tutti) a collaborare con Lui. Collaborare con Dio. Come si puo’, se questo accade, essere irrilevanti, avulsi e ininfluenti sulla SToria? Addirittura, trattandosi del nostro Dio, della storia della salvezza?
Naturalmente, questo( la collaborazione ) deve accadere.
E il “prezzo”, per così dire, è la mia vita – tutta intera: non la mia morte, la mia vita tutta intera.
Se no, non succede nulla.
Sul fatto che riguarda me ok, però il cristianesimo non riguarda solo me, altrimenti ci ridurremmo a tante isole individualistiche. (vedi ecclesiologia di comunione).
Io e la mia croce a farci compagnia, alla fine a forza di insistere sul me la sensazione è quella.
Il senso della croce mi sembra anche l’uscire da sé il donarsi agli altri, sinceramente non riesco mai a mettere a fuoco questo crocecentrismo.
Ok lorenzo…ho capito cosa intendi….va bene…
Un caro saluto, buona domenica!
Clo
Ho capito cosa intende dire lorenzo…io la penso come te sara1, però…ciascuno vive il tema della memoria storica secondo il proprio orizzonte e la propria personale vicenda.
Esattissimo, Sara!!!
Il senso cristiano della croce è proprio quello: uscire da sé e darsi agli altri.
Per quello dico che la croce è l’unica vera liberazione da se stessi e l’unica vera salvezza.
Se in croce ci vado per fare l’eroe, e mostrare il mio valore, per dire, mi rinchiudo e mi blindo dentro di me, e non vado da nessuna parte. Prigioniero, anzi, piu’ che mai.
Il gradino “prima” del prendere su di sé la croce è SEMPRE quel dimenticare te stesso. Senza quello, c’è il paracarrume sterile .
Vorrei anche dire a Sara, che – a forza di sentirmene parlare- mi immaginerà a questo punto come un ” fissato” della croce, una specie di severo flagellante che si autopunisce di continuo…Tutte palle.
Scarsissimo alla voce penitenze. Per natura e per indole piuttosto ascrivibile ai gaudenti. pessimo in rinunce e fioretti volontari. Nessuna particolare simpatia e propensione per le privazioni.Nessuna vocazione al sacrificio.
Molto banalmente, mi piacciono tutte le cose piacevoli e divertenti della vita.Posso serenamente dire: tutte, nessuna esclusa. Rinunciarci, quando è il caso, mi costa e mi pesa e non mi piace proprio per niente.
Detesto le “sublimazioni” eroiche, ho una soglia del dolore ridicola, ho una fifa boia del male fisico e psicologico. Non mi esalto per chi stringe i denti per non lamentarsi, non trovo niente di cristiano nell’esaltazione del dolore, trovo estremamente fastidioso, per non dire irritante, tutta la retorica della croce: dai santini, alle preghiere baroccheggianti.
Considero la croce vera, quella su cui hanno appeso Cristo e qualche altro centinaio di uomini, quello che è: uno schifoso patibolo. Mi sforzo di ricordarlo, ogni volta che sento gente che ne fa un’astrazione teologica, una bandiera di appartenenza, o, piu’ superficialmente, un talsimano portabuono e antisfiga.
Non sono per niente d’accordo con tutto l’armamentario che vorrebbe essere consolatorio della croce data per il tuo bene, della croce data insieme alle forze per sopportarla, della croce ” ognuno ha la sua, fatta su misura”, e altre piacevolezze del genere.
Rabbrividisco anche davanti a chi , stolidamente, butta là due paroline di conforto e di consolazione pret- a- porter per chi sulla croce c’è per davvero.
Preferirei fare casino 24h/24 come ho sempre fatto, e come continuo a fare come posso , a ridere , scherzare e fare caciara.
tanto per la cronaca…..
🙂
E’ normale che sia di indole gaudente, altrimenti non scriverebbe croce così spesso.
🙂
No, seriamente, io al contrario ascetica, masochista, mortificante di mio devo sempre fare lo sforzo contrario per ricordarmi che la vita è bella.
Per questo in fondo preferivo la via pulchritudinis di Benedetto all’ascetismo di Francesco.
Ma ognuno ha appunto la sua esperienza e ci stanno tutte in fondo.
La croce è oggi il grande simbolo della religione cristiana. ma non è sempre stato così ,Nei primi secoli del cristianesimo, prima di Costantino, nei mosaici e sulle tombe non c’era rappresentata la croce ma o il Buon Pastore, cioè un giovinetto imberbe dai lunghi capelli e la veste succinta dei pastorelli greci , con sulle spalle un agnello, o l’Agnello stesso con un libro aperto sotto la zampetta o il Pesce ( famoso acronimo in greco di Gesù Cristo Figlio di Dio ).
E ascoltando le parole del Papa ll’ultimo Angelus “Dio vuol misericordia e non sacrifici” forse l’idea dei primi cristiani che simboleggiava Cristo nel buon Pastorello si rifaceva a questa frase .
Come dice Sara nella religione cristiana ci stanno “tutte le esperienze” e io direi ci stanno tutti i simboli . La Croce stessa può essere però interpretata in vari modi : non semplicemente simbolo della sofferenza del Giusto, e di ciò che ogni buon cristiano dovrebbe fare (prendere la sua croce) ma anche simbolo dell’unione nel tempo e nello spazio del Divino e dell’Umano: i due bracci della croce rappresentando quello verticale la Trascendenza, quello orizzontale l’immanenza, Dio e il mondo , il Divino e l’umano , i due bracci si uniscono in un unico e solo punto, e quel punto all’intersezione dei due bracci è Cristo, Dio e uomo, e in quel punto ed unico punto c’è la salvezza. .
Sulle lapidi funebri,
prima dell’arrivo del cristianesimo,
era d’uso disegnare l’immagine del buon pastore.
IL BUON PASTORE è DI ORIGINE dalle religioni dell’ IMPERO ROMANO,
pre-cristiano.
Come Caronte che trasporta le anime.
Un po di archeologia pre-cristiana,
aiuterebbe molto
a
capire le origini dei simboli
di cui il cristianesimo
ad ogni buon conto
si è appropriato
mutuando dai riti, dalle simbologie RELIGIOSE romane pre-cristiane.
Nell’impero Romano erano ammesse pluralità di fedi religiose,
libertà
che
venne abolita con il cristianesimo che diviene religione di stato.
Bei tempi !
Attendo con gioia i ricorsi storici.
Siamo all’apologia del paganesimo.
Soprattutto siamo all’ignoranza peggiore (quella che è convinta di sapere perché ha letto quattro cose).
Caro Matteo , certo che i cristiani si sono appropriati ANCHE di simboli che potevano essere quelli della civiltà loro contemporanea. ma è il modo in cui li interpretavano , questi simboli che è diverso! Chi vede i primi mosaici cristiani colla figura del BUon Pastore non può scambiali per una mentalità pagana!
Altrimenti, caro Matteo, si potrebbe dire che Cristo è equivalente ai vari dèi delle mitologie che in forma umana sono stati uccisi e poi sono risorti ( come Osiride. Dioniso, Mitra )
Questa lettura e interpretazione della religione cristiana niente altro che come “mito” in concorrenza coi miti del suo tempo è un lettura tipica di un certo pensiero ateo dell’inizio del ‘900.
Ma non credo che tu pensi che Cristo sia un “mito”come Osiride, o Dioniso, o MItra! E che i suoi primi seguaci, i primi cristiani, avessero la stessa mentalità dei seguaci di Dioniso o Miitra!
Certo che i primi cristiani si esprimevano coi simboli del loro tempo! Cosa c’è di strano? Ma Cristo ha vinto ed oggi ancora è adorato e glorificato mentre di Osiride e Mitra chi sente più parlare?
la differenza fra il “mito” e la verità la dice Gesù stesso nel Vangelo:
Dai loro frutti li riconoscerete
E Cristo ha portato molti frutti e li porta ancora duemila anni dopo che è vissuto!
Comunque la discussione (tra Lorenzo e Sara) verteva sul simbolo della Croce .
Io volevo solo dire , come contributo alla discussione, che la Croce non è sempre stato l’unico simbolo della religione cristiana
( veramente , piu’ che come simbolo, per me prendere su di sè le croci fino a salire sulla nostra , è la cifra esistenziale del cristiano)
Ottima idea scegliere di rileggere “I promessi sposi” di Alessandro Manzoni. Un ottimo romanzo.