Quando ti muore il cane: le minime parabole di Guido Mocellin
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Luigi Accattoli
Guido Mocellin (Bologna 1957) è giornalista, vive a Bologna, è sposato, ha due figli, si occupa di attualità religiosa. È autore, sul quotidiano “Avvenire”, della rubrica trisettimanale WikiChiesa. Collabora con “Il Regno” e con “Jesus”, insegna Giornalismo religioso al Master Giornalismo dell’Università Cattolica di Milano, tiene conferenze sui media e sulla Chiesa.
2 Dicembre, 2023 - 19:04
Luigi Accattoli
Dedica del libretto che Guido ha scritto in punta di penna e stando – io credo – sulle punte dei piedi:
A mia moglie Daniela,
protagonista della mia vita
e di tutte le storie che racconto.
Ai miei figli Giacomo e Andrea,
che le leggono con affetto.
Alle tante altre persone care
che si riconosceranno in queste pagine
2 Dicembre, 2023 - 19:05
Luigi Accattoli
La morte di Pepe è il titolo di uno dei minimi racconti che compongono il libretto: eccolo per intero.
«È dura», «non credevo», andavano ripetendo Barbara e Federico ai loro prossimi mentre, con gli occhi lucidi, annunciavano la morte del cane Pepe. Un meticcio di grossa taglia, che era entrato in famiglia col suo affetto invadente quando i bambini erano ancora piccoli. Ora che i figli erano grandi, con tutta evidenza lui s’era fatto vecchio, ma nessuno in casa era stato disposto ad ammetterlo. E adesso eccoli lì, con un lutto da elaborare, soprattutto mamma e papà. Non era solo il venire meno di una presenza viva, di uno di casa»: guardandosi indietro e scorrendo le foto dovettero prendere atto che, con la partenza di Pepe, volgeva al termine una stagione. Mentre non tutti, tra i conoscenti e neppure tra gli amici e i parenti, sembravano comprendere questi sentimenti, con qualche acida allusione a chi vuol più bene ai cani che ai cristiani», fu lo stesso Federico a farsi la domanda: «Possibile che faccia così fatica ad accettare questa morte?». Se lo chiese anche pensando a Dio e all’aldilà, per quanto fosse un credente tiepido, praticante solo quando i figli si erano preparati a ricevere i sacramenti. Passando in fretta per il parco pubblico dove tante volte aveva passeggiato lo fermò Aldo, un anziano che conosceva come «padrone» di una femmina di labrador che Pepe prediligeva, ma che ricordava anche come catechista al tempo in cui frequentava la parrocchia. «Ho saputo» gli disse, «mi dispiace molto e ti capisco. Ci sono passato anch’io, lei è la terza… Sono creature che Dio ci manda in dono, riflessi del suo amore per noi. Se stiamo male quando le perdiamo, vuol dire che abbiamo custodito il dono, anche senza riconoscerlo. Dammi retta: prenditi un altro cane».
2 Dicembre, 2023 - 19:06
Luigi Accattoli
Dobbiamo tutti molto a Guido Mocellin, collega laborioso, uomo fattivo e umile. La sua rubrica WikiChiesa (Avvenire) è opera d’avanguardia nel giornalismo religioso, in quanto indaga avventure e disavventure del sentimento e delle parole cristiane nelle nuove praterie del digitale. I quadri di questo libretto sono invece come dei selfies nei quali Guido coglie un momento, un gesto, una parola, un canto, una smorfia, un grido di quanto avviene ogni giorno intorno a noi: intorno e dentro le chiese, ma anche sugli autobus e sui marciapiedi, nelle librerie che vanno chiudendo. Sono selfies perché in essi sempre è presente chi li inquadra e li scatta: Guido non si tira mai fuori dal vissuto che racconta. Nulla di quanto ritrae gli è estraneo. E così aiuta il lettore a coinvolgersi.
Può trattarsi di una liturgia senza il prete, nella quale vengono distribuite le ostie già consacrate “come il Venerdì Santo”, o della benedizione pasquale affidata a una donna, o del soccorso portato sull’altare a un giovane e inesperto celebrante africano, o del tremore di chi è chiamato alla seconda lettura, o della diligente parrocchiana che infine dice basta alla modalità passiva della sua presenza in comunità, o del confessore che si confessa al penitente.
Ritrae anche, il nostro autore, quadretti di vita marginale rispetto alla grande comunità, ma anche questi li ritaglia con simpatia: il papà divorziato che porta la sua bambina al catechismo, il parrocchiano che non si confessa dall’anno dei tre papi.
Guido non giudica. Simpatizza anche quando non approva: gli oranti che corrono nel pregare come se temano di perdere il treno, l’inutile ricerca di una chiesa aperta nella pausa pranzo, il messaggio che arriva al prete sull’iPad proprio durante l’omelia.
Nel libretto c’è chi scopre che “a Dio se esiste non importa nulla di lui” e chi – alla pagina seguente – si vergogna di aver assimilato “Dio, se c’era, a un pallone rotondo che rimbalza nella vita degli uomini e delle donne”.
In queste pagine trovi il quotidiano che spesso porta un riflesso dell’eterno. La scrittura di Guido – sempre antiretorica – non è mai minimalista, come potresti credere se poco poco ti distrai. Essa è piuttosto sensitiva. Coglie e restituisce più di quanto dichiari.
2 Dicembre, 2023 - 19:07
Guido Mocellin
Luigi carissimo, le tue parole sono l’ennesimo regalo che questo libretto mi sta facendo. Grazie di tutto cuore a te, che considero mio maestro e che mi onori di tanta amicizia, per averle scritte
Qualche tempo fa avevo scritto pure io qualche parola sul bel volumetto dell’amico Guido https://www.vinonuovo.it/cultura/officina-del-pensiero/tutti-a-lavorare-per-chi-per-cosa/
e nella mia recensione, se così vogliamo chiamarla, mi sono permesso di citare, ad sensum, un pensiero del nostro padrone di casa, il caro Luigi.
Una bella risonanza di pensieri e parole con quelli che reputo due fratelli maggiori.
Guido Mocellin (Bologna 1957) è giornalista, vive a Bologna, è sposato, ha due figli, si occupa di attualità religiosa. È autore, sul quotidiano “Avvenire”, della rubrica trisettimanale WikiChiesa. Collabora con “Il Regno” e con “Jesus”, insegna Giornalismo religioso al Master Giornalismo dell’Università Cattolica di Milano, tiene conferenze sui media e sulla Chiesa.
Dedica del libretto che Guido ha scritto in punta di penna e stando – io credo – sulle punte dei piedi:
A mia moglie Daniela,
protagonista della mia vita
e di tutte le storie che racconto.
Ai miei figli Giacomo e Andrea,
che le leggono con affetto.
Alle tante altre persone care
che si riconosceranno in queste pagine
La morte di Pepe è il titolo di uno dei minimi racconti che compongono il libretto: eccolo per intero.
«È dura», «non credevo», andavano ripetendo Barbara e Federico ai loro prossimi mentre, con gli occhi lucidi, annunciavano la morte del cane Pepe. Un meticcio di grossa taglia, che era entrato in famiglia col suo affetto invadente quando i bambini erano ancora piccoli. Ora che i figli erano grandi, con tutta evidenza lui s’era fatto vecchio, ma nessuno in casa era stato disposto ad ammetterlo. E adesso eccoli lì, con un lutto da elaborare, soprattutto mamma e papà. Non era solo il venire meno di una presenza viva, di uno di casa»: guardandosi indietro e scorrendo le foto dovettero prendere atto che, con la partenza di Pepe, volgeva al termine una stagione. Mentre non tutti, tra i conoscenti e neppure tra gli amici e i parenti, sembravano comprendere questi sentimenti, con qualche acida allusione a chi vuol più bene ai cani che ai cristiani», fu lo stesso Federico a farsi la domanda: «Possibile che faccia così fatica ad accettare questa morte?». Se lo chiese anche pensando a Dio e all’aldilà, per quanto fosse un credente tiepido, praticante solo quando i figli si erano preparati a ricevere i sacramenti. Passando in fretta per il parco pubblico dove tante volte aveva passeggiato lo fermò Aldo, un anziano che conosceva come «padrone» di una femmina di labrador che Pepe prediligeva, ma che ricordava anche come catechista al tempo in cui frequentava la parrocchia. «Ho saputo» gli disse, «mi dispiace molto e ti capisco. Ci sono passato anch’io, lei è la terza… Sono creature che Dio ci manda in dono, riflessi del suo amore per noi. Se stiamo male quando le perdiamo, vuol dire che abbiamo custodito il dono, anche senza riconoscerlo. Dammi retta: prenditi un altro cane».
Dobbiamo tutti molto a Guido Mocellin, collega laborioso, uomo fattivo e umile. La sua rubrica WikiChiesa (Avvenire) è opera d’avanguardia nel giornalismo religioso, in quanto indaga avventure e disavventure del sentimento e delle parole cristiane nelle nuove praterie del digitale. I quadri di questo libretto sono invece come dei selfies nei quali Guido coglie un momento, un gesto, una parola, un canto, una smorfia, un grido di quanto avviene ogni giorno intorno a noi: intorno e dentro le chiese, ma anche sugli autobus e sui marciapiedi, nelle librerie che vanno chiudendo. Sono selfies perché in essi sempre è presente chi li inquadra e li scatta: Guido non si tira mai fuori dal vissuto che racconta. Nulla di quanto ritrae gli è estraneo. E così aiuta il lettore a coinvolgersi.
Può trattarsi di una liturgia senza il prete, nella quale vengono distribuite le ostie già consacrate “come il Venerdì Santo”, o della benedizione pasquale affidata a una donna, o del soccorso portato sull’altare a un giovane e inesperto celebrante africano, o del tremore di chi è chiamato alla seconda lettura, o della diligente parrocchiana che infine dice basta alla modalità passiva della sua presenza in comunità, o del confessore che si confessa al penitente.
Ritrae anche, il nostro autore, quadretti di vita marginale rispetto alla grande comunità, ma anche questi li ritaglia con simpatia: il papà divorziato che porta la sua bambina al catechismo, il parrocchiano che non si confessa dall’anno dei tre papi.
Guido non giudica. Simpatizza anche quando non approva: gli oranti che corrono nel pregare come se temano di perdere il treno, l’inutile ricerca di una chiesa aperta nella pausa pranzo, il messaggio che arriva al prete sull’iPad proprio durante l’omelia.
Nel libretto c’è chi scopre che “a Dio se esiste non importa nulla di lui” e chi – alla pagina seguente – si vergogna di aver assimilato “Dio, se c’era, a un pallone rotondo che rimbalza nella vita degli uomini e delle donne”.
In queste pagine trovi il quotidiano che spesso porta un riflesso dell’eterno. La scrittura di Guido – sempre antiretorica – non è mai minimalista, come potresti credere se poco poco ti distrai. Essa è piuttosto sensitiva. Coglie e restituisce più di quanto dichiari.
Luigi carissimo, le tue parole sono l’ennesimo regalo che questo libretto mi sta facendo. Grazie di tutto cuore a te, che considero mio maestro e che mi onori di tanta amicizia, per averle scritte
Qualche tempo fa avevo scritto pure io qualche parola sul bel volumetto dell’amico Guido
https://www.vinonuovo.it/cultura/officina-del-pensiero/tutti-a-lavorare-per-chi-per-cosa/
e nella mia recensione, se così vogliamo chiamarla, mi sono permesso di citare, ad sensum, un pensiero del nostro padrone di casa, il caro Luigi.
Una bella risonanza di pensieri e parole con quelli che reputo due fratelli maggiori.