“In questa occasione (papa Benedetto sta rispondendo a una domanda sul diaconato, ndr) mi viene in mente una piccola esperienza che ha annotato Paolo VI. Ogni giorno del Concilio è stato intronizzato il Vangelo. E il Pontefice ha detto ai cerimonieri che una volta avrebbe voluto fare lui stesso questa intronizzazione del Vangelo. Gli hanno detto: no, questo è compito dei diaconi e non del Papa, del Sommo Pontefice, dei Vescovi. Lui ha annotato nel suo diario: ma io sono anche diacono, rimango diacono e vorrei anche esercitare questo ministero del diacono mettendo sul trono la Parola di Dio. Dunque questo concerne noi tutti. I sacerdoti rimangono diaconi e i diaconi esplicitano nella Chiesa e nel mondo questa dimensione diaconale del nostro ministero. Questa intronizzazione liturgica della Parola di Dio ogni giorno durante il Concilio era sempre per noi un gesto di grande importanza: ci diceva chi era il vero Signore di quell’assemblea, ci diceva che sul trono c’è la Parola di Dio e noi esercitiamo il ministero per ascoltare e per interpretare, per offrire agli altri questa Parola. È ampiamente significativo per tutto quanto facciamo: intronizzare nel mondo la Parola di Dio, la Parola vivente, Cristo. Che sia realmente Lui a governare la nostra vita personale e la nostra vita nelle parrocchie“: così ha parlato Benedetto XVI durante la conversazione con i preti di Roma il 7 febbraio. In quella conversazione ci sono perle della sensibilità cristiana di papa Ratzinger che metterò in luce nei prossimi post. In questa prima traspare un’accorata consonanza con papa Montini che già segnalavo in un post dell’8 febbraio. Evidenzio anche le parole “intronizzare nel mondo la Parola di Dio” che mi paiono grandi nella semplicità.
Quando papa Montini voleva fare il diacono
69 Comments
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Grazie!!!!!
L’ho girato ai diaconi della mia parrocchia e ….. al mio successore come responsabile provinciale dei giovani DC (fine anni ’80), che sta per diventare diacono anche lui.
Caro Luigi, grazie, anche da parte mia, di cuore.
Non sono riuscito a trovare on line il discorso del papa al clero romano per intero. Qualcuno può aiutarmi?
Buona sera dottor Luigi, buona sera a tutti e un abbracio particolare a Simone il Moralista e puerpera per la nascita della piccola Miriam.
Da pochissimi giorni sono rietrata a Roma dopo un lungo pellegrinaggio in Terra Santa. E’ stata un’esperienza unica per la mia vita spirituale: toccare con mano, vedere i luoghi dove il Maestro ha vissuto e predicato, ogni pietra parla di Lui, anche l’aria, l’acqua del grande lago è pregna della Sua presenza, sarebbe troppo lunga la riflessione -che sto scrivere in un memoriale- vi tedierei se l’approfondissi in questo breve spazio..Posso dirvi tuttavia che, come promesso, ho dedicato una messa speciale interamente a voi tutti (alla signora Lucia, a fabricianus, di tutti ho formulato il nome per tutti un pensiero e una benedizione) proprio lì, sul Monte Delle Beatitudini -dove sorge una bella cappella immersa nel verde a pochi passi dal lago Tiberiade -in quel punto preciso dove il Signore pronunciò il famoso discorso ho messo Lei, dott Luigi, la sua famiglia, la sua intelligenza il suo lavoro di grande Evangelizzatore e divulgatore della Parola, nelle mani di Gesù, affidando ogni sua intenzione al Suo prezioso Cuore che sembra battere, ancora, in quel punto, segnalato da una piccola stele, attorno alla quale i sacerdoti da ogni parte del mondo e latitudine vi celebrano la Liturgia.
Riguardo alla diaconia, cui fa riferimento nel post, ritengo straordinario Benedetto XVI: dimostra essere un pastore attento. Da teologo straordinario qual’è, non fa che valorizzare, con una riflessione audace, il messaggio originale aiutando la chiesa, il popolo di Dio, a ritrovare le chiavi spesso smarrite e ad aprire di nuovo le toppe arruginite a causa dei tanti inquinamenti e obrobri che si sono delineati nel corso del tempo.
La diaconia di cui parla il Santo Padre rende un servizio straordinario alla predicazione, costruendo una forza d’azione davvero potente, un ritorno salutare alla tradizione purgandola da tutte quelle piccole pseudo tradizioni false e ambigue affinché riemerga il Messaggio nella sua purezza, per continuare ad annunciarlo a tutti gli uomini. Un modo eminente per tracciare così una via al rinnovamento, per una dottina più fedele all’evangelo. Per il bene della verità , per mezzo di un esame critico, a partire dal messaggio primitivo, Benedetto XXVI rende un immenso servizio a coloro che sono responsabili non solo della predicazione ma anche della pastorale e dell’insegnamento.
Un saluto affettuoso a tutti..
scusate per quel X in più…Benedetto XVI non me ne voglia !
Di nuovo un abbraccio
Caro ignigo74,
prova a questo indirizzo: magisterobenedettoxvi.blogspot.com/ e buona lettura: io lo trovo formidabile.
Cara Clodine,
abbiamo sentito tutti la tua mancanza. Bentornata! Sarà bellissimo confrontarsi con la carica emotiva e intellettiva che hai sempre avuto, ora rafforzata e chiarita da un’esperienza davvero unica per una cristiana innamorata del Vangelo.
Oggi i cardinali di Santa Romana Chiesa hanno tutti ricevuto la consacrazione episcopale, e la distinzione – che credo rimanga – fra vescovi, preti e diaconi è puramente formale e risale a una realtà di molti secoli fa. Eppure, se al Sacro Collegio potessero realmente accedere, ognuno con la propria esperienza pastorale, anche “semplici” diaconi e preti, forse l’esito non sarebbe poi malaccio… E’ populismo il mio?
Sul tanto bistrattato Avvenire – proprio in uno degli angolini dedicati alla polemica – ho trovato un bel pensiero che sarebbe stato bene in un vecchio post, laddove si parlava di una “auspicata” sparizione delle confessioni non cattoliche:
“Eppure è noto da sempre, a ebrei e cristiani alla pari, che è accetto a Dio – cioè salvo – chiunque pratica giustizia e diritto. Vale per tutti, atei, buddisti, islamici, e anche per gli ebrei. Così da sempre, ma ciò non toglie che nella fede cristiana e cattolica «tutto è stato creato per Gesù Cristo e in vista di Lui», e tutto ciò che è salvo lo è grazie alla sua mediazione. Già: dove c’è amore c’è Dio – anche non conosciuto – e c’è salvezza, e dove c’è giustizia c’è Gesù Cristo – anche non riconosciuto – e c’è salvezza, senza offesa per nessuno. Un cristiano che sa tutto della fede, pratica il culto e si pensa perfetto solo perché osservante e bigotto, ma non ama i suoi simili – scrive Paolo ai Corinzi (c. 13) e conferma durissimo Giacomo (2, 14-19) – non è salvo, anche se prete, vescovo o Papa che eventualmente non voglia amare. Perciò si prega anche per loro.”
Be’, credo che come laici tendiamo tutti a vedere con un occhio di particolare simpatia i diaconi. Forse perché sono il gradino più basso della gerarchia; forse perché sembrano esprimere in modo più limpido l’idea del ministero come servizio; forse anche perché molti di loro sono sposati, e per questo ci somigliano di più.
Mi viene anche in mente che una decina di anni fa, formulando alcune proposte al vescovo a livello parrocchiale, emerse un consenso pressoché unanime tra i fedeli sul fatto che per lo meno il diaconato dovesse essere esteso anche alle donne. Che ingenuità, vero?
Beh, tanto poi si vendicano: fanno le vedove cattoliche…..
😉
A Ignigo74. Nel sito vaticano questo sarebbe il link al citato INCONTRO CON I PARROCI E IL CLERO DELLA DIOCESI DI ROMA:
http://212.77.1.245/news_services/bulletin/news/21647.php?index=21647&po_date=07.02.2008&lang=it
Detto in chiaro: http://www.vatican.va, servizi di informazione (quinta icona in senso orario), bollettino e poi la data del 7 febbraio.
Il mio bentornata a Clodine e un abbraccio per avermi pensato in vista del lago di Tiberiade!
«Evidenzio anche le parole ”intronizzare nel mondo la Parola di Dio” che mi paiono grandi nella semplicità».
Sarebbe opportuna la citazione completa: «intronizzare nel mondo la Parola di Dio, la PAROLA VIVENTE, CRISTO».
Un caro saluto a Clodine ed un caloroso ringraziamento.
Per quanto riguarda i diaconi, io mi auguro che anche i preti possano in futuro potersi sposare, ( una libera scelta), e mi piacerebbe molto che anche le donne potessero accedere al sacerdozio.
LEONE scrive, 15 Febbraio 2008 @ 8:38
io mi auguro che anche i preti possano in futuro potersi sposare, ( una libera scelta), e mi piacerebbe molto che anche le donne potessero accedere al sacerdozio.
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Caro Leone, i tuoi desiderata, non sono di questo secolo………
i tuoi sono desideri di buon senso, ma chi govberna, non la pensa così, presferisce non avere preti, che averne di sposati o di donne,
è come il marito che per far dispetto alla moglie si…….
Tanto la realtà vede l’assottigliamento del sacerdozio ministeriale, e il 40 per cento delle parrocchie del mondo è senza assistenza di un ministro per l’eucarestia, e le comunità laicali si sono organizzate, per la liturgia della parola,
celebrare la liturgia eucaristica è un fatto di potere che deve appartenere ai soli celibi maschi……
Le prossime generazioni/secoli affronteranno il problema, per ora sono ben cechi e sordi…..
ciao a tutti
matteo
Leggersi gli ingerventi del Papa con il clero romano, si rimane basiti, le domande sono tutte del tenore= non sappiamo cosa fare, ci dica Lei Santo padre una parola,
tanto che nel caso, di un diacono, che dava l’impressione di non conoscere il suo servizio diaconale, faceva pessima mostra davanti al Papa, ed è dovuto intervenire Ruini, per dire quale era il lavoro del diacono a Roma, insomma, tutto un lecca lecca al sommo pontefice, ma nessuno che poneva le domande fondamentali, della vera vita sacerdotale e parrocchiale a Roma.
Un incontro perfettamente inutile e di sola facciata. se lo potevano risparmiare.
E se pensate che per caso sto esagerando, leggetevi attentamente l’incontro del papa con il suo clero…….
ciao a tutti
matteo
Preti sposati: ma se c’erano problemi coi cardinal-nipoti…..
per Leone.
Scusa ma di preti sposati non ce ne potranno mai essere.
Ci potranno essere, come ci sono nella chiesa ortodossa e nella chiesa cattolica di rito bizantino, uomini sposati che dopo il matrimonio vengono ordinati diaconi e poi eventualmente presbiteri: cominciamo noi che siamo chiesa ad avere le idee chiare in proposito e smettiamola di dire cose imprecise come “prete sposato”. Nomina sunt consaequentia rerum: pertanto non è una sottigliezza anzi una forza intellettuale e anche una forma di onestà avere le idee chiare in proposito. Il principio teologico che consente nella chiesa ortodossa e – lo ripeto, anche in quella cattolica bizantina cioè orientale, cioè non latina ma pur sempre cattolica apostolica romana – di amministrare il sacramento dell’ordine (ma solo diaconato e poi eventualmente presbiterato, mai episcopato) a uomini uxorati, mette comunque in primo piano IL MATRIMONIO: sono e restano due ministeri differenti quello del celibe ordinato diacono o presbitero e quello dell’uxorato che viene ordinato diacono o presbitero. Non in senso gerarchico o qualitativo, intendiamoci bene, ma proprio in senso ministeriale: l’uxorato – lo sposato – deve in primo luogo badare alla propria famiglia anzi, è proprio vivendo il matrimonio in modo cristiano che annuncia il Vangelo alla comunità e partendo dal sacramento del matrimonio ricevere forza, ricchezza e originalità per il proprio ministero diaconale o presbiterale… è questa la direzione corretta nella quale leggere il diaconato-presbiterato uxorato: dal matrimonio al ministero.
Il celibe diacono o presbitero, non dovendo partire innanzitutto dalla propria famiglia, partirà dalle proprie relazioni comunitarie e dal servizio per queste ma senza mai sentirsi più diacono o più presbitero di chi è uxorato: questa è la bellezza del ministero e anche di quello che diceva Benedetto XVI, che ciascuno lo vive in modo assolutamente unico e irripetibile e pertanto il ministero deve per sua natura essere aperto a molteplici espressioni, seppur sempre riconducibili alla propria natura di servizio al Vangelo mediante la prassi della fraternità.
Infine per Matteo.
Non condivido quasi nulla di quello che dici. Io sono certamente convinto che sia necessario anche ordinare diaconi e presbiteri uomini coniugati, ma qualcuno compie sul versante progressista l’errore che è frequente su quello conservatore: ovvero ritenere che la propria visione delle cose sia la panacea a tutti i problemi e le difficoltà dell’annuncio evangelico. Che ingenuità! Le chiese che hanno mantenuto la prassi di ordinare i coniugati hanno comunque anche loro bei problemoni:
1) gravi difficoltà dei vescovi nel gestire i presbiteri coniugati che non possono essere spostati con molta facilità.
2) Una certa bassa qualità del clero – anche se questa osservazione non è del tutto generalizzabile, però…- ottengo la casa, un “lavoro”, rispetto sociale, tranquillità di vita… quasi quasi mi faccio pope, mi faccio prete anglicano, faccio il pastore…
Questo problema c’era anche nei paesi cattolici quando una facile strada di “sopravvivenza” era il farsi prete (il Rosso e il Nero…)
Ho scritto troppo, attendo le vostre reazioni che sono sempre stimolanti.
Ignigo, non sono d’accordo sulla tua visione del presbitero celibe o uxorato. Secondo me confondi la vocazione fondamentale della persona (alla consacrazione o al matrimonio) e il ministero ecclesiale a cui è chiamato (presbiterato); le due cose invece andrebbero tenute distinte.
La scelta della Chiesa latina è di trarre i preti solo dai celibi, quindi è chiaro che un prete celibe ha una vocazione celibataria, come in Oriente un prete sposato ha una vocazione matrimoniale; ma il ministero cui sono chiamati è lo stesso, e di per sé è compatibile con entrambi gli stati di vita. Del resto dopo mi sembra che tu dica cose simili, quindi forse il problema è solo terminologico?
Caro Ignigo74 amico, la mia riflessione non vuole essere polemica, io mi auguro ancora che i preti possano sposarsi e le donne possano diventare preti.
Ti ringrazio per la precisazione, ma io intendo proprio che anche se un prete è ordinato con il sacramento dell’ordine, gli sia concesso in seguito di sposarsi.
Ci possono essere diverse motivazioni, ma andiamo alla sostanza delle cose, che cosa cambia se uno si è sposato prima o dopo?
Sostanzialmente nulla…,
Nei primi mille anni di vita della nostra Chiesa venivano ordinati uomini sposati come hai precisato bene, poi si deciso di cambiare, magari giustamente, ora non potrebbe esser giunto il tempo di cambiare ancora?
Lo lascio come punto interrogativo per riflettere…
Dal punto di vista pratico e reale, mancano molti preti, e molt eparrocchie rimangono scoperte, e molti preti lasciano il sacerdozio per il fatto di amare una donna, con molte sofferenze, abbandoni ecc.
Io non ho problemi ad affermare che non è questo un problema fondamentale per la mia fede, e che se un prete non è sposato
ha più tempo da dedicare agli altri e che probabilemnte non sarebbe questa la soluzione dei problemi delle vocazioni, (anche se si potrebbero recuperare molte risorse), il mio è un problema fondamentalmente di principio ma anche di buon senso.
La scelta del matrimonio o meno dovrebbe essere libera, a mio avviso, e sul fatto che preti sposati sarebbero meno efficaci dei preti celibi, anche qui si può discutere, può essere anche così, ma può anche essere il contrario, quello che conta è che la proibizione non riguarda dogmi di fede ma solo consuetudini ed attegiamenti che a mio avviso potevano avere un senso molti anni orsono ma oggi meno.
Quanto all’aspetto economico e sociale, non credo che fare il prete sia una scelta economicamente molto valida, soprattutto oggi, uno può fare il professore di religione ma ti assicuro dato che mia moglie ha insegnato fino a pochi anni orsono che lo stipendio non è elevato.
Che i problemi rimangano sono d’accordo, ce ne saranno sempre di problemi, ma questo non ci deve esimere dal porre le questioni che ci stanno a cuore.
Anche per le donne vale la stessa questione, a mio avviso non troverei nessun problema a vedere celebrare la messa da una donna e non vedo problemi di carattere teologico o dogmi di fede, posso capire una certa diversità di carismi ma a mio avviso conta anche molto nella storia, (ed anche nella storia della Chiesa), un certo maschilismo che ha sempre tenuto le donne ai margini ed in posizione subordinata, (salvo poche eccezioni).
Ho conosciuto personalmente una pastore Battista, Lidia Maggi con 4 figli e ci ha fatto riflettere molto quando ha affermato che i suoi 4 figli la ridimensionavano molto e le insegnavano il dono nell’umiltà anche nella sua professione….
Sai quando devi preparare la minestra la sera…….
Per Luca.
Non mi sembra di confondere proprio nulla, scusa.
Insisto: la vocazione fondamentale di un uomo sposato è il matrimonio all’interno del quale si può aprire uno spazio di servizio, di ministero sia diaconale che presbiterale, ma a partire dal proprio stato matrimoniale che è il punto di partenza e il punto di arrivo della sua spiritualità ministeriale: sia chiaro che lo dico proprio per mettere nel giusto grande e immenso valore il sacramento del matrimonio. Certo ministri celibi e uxorati sono chiamati a svolgere gli stessi compiti – sto sintetizzando un pò – ma la presenza di entrambi gli stati, uxorati e celibi, arricchisce il ministero senza gerarchizzarlo in presunte superiorità dei celibi o degli sposati.
Resta il fatto che il diaconato è un ministero, è un grado sacerdotale: le famiglie dei diaconi lo sanno. Il papà diacono difficilmente potrà vivere un week end borghese in coda in auto nell’esodo verso il dogma dello sci, perchè il papà diacono la domenica è in chiesa… (che poi è tutto da dimostrare che sia meglio stare in coda in auto verso Cortina o in casa propria e serenamente mettersi a servizio della comunità… io scelgo di stare a casa…non sono mica Ranzani).
Grazie, Clodine, per il ricordo nella preghiera.
Non sono d’accordo con Leone e Matteo. L’incontro del papa col suo clero non mi è sembrato affatto “di pura facciata”: ho letto gli interventi, e accanto ad alcuni più “formali” ce ne sono altri che pongono questioni significative.
Per quanto riguarda il sacerdozio femminile, alcuni dei motivi addotti in passato (anche da teologi autorevolissimi come Tommaso d’Aquino) sono superati (come l’argomento dell”inferiorità femminile in quanto la donna sarebbe “in statu subiectionis”); altri restano a mio avviso validi. Balthasar ha fatto belle osservazioni sul “principio mariano” e sul “principio petrino”: la Chiesa si regge su entrambi; come sul carisma libero e sull’istituzione, realtà distinte ma non contrapposte.Maria è più importante degli apostoli, ma non è “apostola”. Fonti medievali definiscono la Maddalena “apostola apostolorum”, ma in senso spirituale, carismatico, non in senso ministeriale.Si può valorizzare la donna senza farle fare le stesse cose che fa il maschio. Certo, il ministero presbiterale va sempre più visto come servizio e non come “potere”; e non c’è ragione di escludere le donne dal servizio della Parola. Ma sul piano della teologia eucaristica credo che dobbiamo considerare il simbolismo nuziale della Scrittura (per cui il prete agisce “in persona Christi”, ed anche lo sposo è per Paolo figura di Cristo, mentre la donna è figura della Chiesa: vedi Efesini) come carico di valori teologici, non come un semplice “rivestimento” sovrastruitturale e mitico, che possiamo togliere quando vogliamo.Certamente però dobbiamo valorizzare di più la donna sotto tanti aspetti nella Chiesa, per poter essere credibili se non le concediamo il sacerdozio ministeriale: altrimenti saremo sempre sotto il “sospetto” di voler perpetuare un clericalismo maschilista.
Non sono in grado di argomentare in modo adeguato rispetto alla legittimità del sacerdozio femminile, anche se sono convinto che sia una di quelle cose ineluttabili la cui accettazione è solo questione di tempo. Tuttavia, posso dire di trovare poco persuasivo l’argomento di Raffaele Savigni a partire dalla contrapposizione tra Maria e Pietro. Mi sembrava un’acquisizione molto importante e bella quella per cui Maria non è modello per la donna ma per il cristiano tout cour. Se è vero che i due carismi sono distinti, non mi pare che segua in alcun modo che questa distinzione debba proiettarsi su quelle tra uomini e donne nella chiesa. E ancora: il fatto che tutti gli apostoli fossero uomini può ben essere il portato della cultura dell’epoca piuttosto che un aspetto da cui dedurre un’intenzione di escludere le donne. È ovvio ad esempio che all’ultima cena debbano esserci state delle donne, anche se l’evangelista, immerso nella mentalità del I secolo, avrà considerato questo dettaglio insignificante.
Non vorrei apparire scortese, ma dell’ultimo intervento di MassimoD salverei proprio la prima frase, fino … alla virgola.
Ops! Sembra proprio scortese. Ritiro tutto, salvo il netto dissenso.
“tutti gli apostoli fossero uomini può ben essere il portato della cultura dell’epoca”
… e le Vestali? la Pizia? Possibile che il cristianesimo che si è così tanto confrontato col mondo classico (tanto che noi chiamiamo Pontefice l’omino in bianco) non abbia recepito aspetti così forti?
“ovvio ad esempio che all’ultima cena debbano esserci state delle donne”
Perchè allora menzionare (Atti, 1, 14) Maria come parte del gruppo che è logico pensare sia lo stesso presente alla Pentecoste?
Ammetto che sia un bel rompicapo/”scandalo” per la mentalità corrente che le donne siano escluse dal sacerdozio, ma forse bisogna battere altre strade per discuterne.
Che il Cristo nasca da donna, che la sua Risurrezione sia annunciata per prima a una donna, che l’assemblea dela Pentecoste sia sempre raffigurata come presieduta da Maria, che la Madonna stessa appaia a bambinelle ignoranti… sono fatti altrettanto scandalosi per la mentalità attuale – e non solo – che mi fanno pensare che ci sia una ragione superiore per il fatto che il sacerdozio sia negato alle donne, non strettamente legati al contesto storico.
Canelli defensor fidei (ma non come Enrico VIII, se no le prende in casa)!
… ossignur! …. lasciamo perdere!!
Caro Raffaele, non è d’accordo con me sul sacerdozio femminile, va bene,
lei sa che sono per la pruralità di opinioni,
vorrei avere anche la sua opinione sul celibato dei preti..
Grazie e saluti.
Caro Leone (ma dammi del tu…), sul matrimonio del clero sarei più possibilista. In questo caso non esiste una tradizione ininterrotta, ma solo una disciplina canonica, in quanto tale modificabile, tanto più che anche le Chiese cattoliche di rito orientale hanno preti uxorati. Fa tuttavia pensare il fatto che la Chiesa ortodossa, che ammette (come è noto) al sacerdozio uomini coniugati (ma non consente ai preti di sposarsi dopo l’ordinazione!), scelga i propri vescovi tra i monaci, o comunque tra i celibi. Sarei quindi favorevole a un’apertura della normativa canonica a favore dei “viri probati” (ciò consentirebbe- è un’utopia? – di valorizzare indirettamente anche i carismi femminili attraverso la moglie del prete, che dovrebbe dare il suo consenso, e quindi sarebbe in qualche modo coinvolta nella sua scelta, come avviene oggi per i diaconi sposati), conservando però una scelta preferenziale per il celibato. Ignigo ha fatto osservazioni importanti in proposito, che condivido (anche se bisognerebbe approfondire la riflessione): per il coniugato ammesso in seguitpo al sacerdozio la “priorità” è il matrimonio; per il celibe ordinato prete è la donazione totale di sé a Cristo e alla comunità (e questo spiega la non ammissibilità di un successivo matrimonio).
Non concordo quindi con la tua affermazione: “che cosa cambia se uno si è sposato prima o dopo? Sostanzialmente nulla”. Le tue osservazioni restano comunque stimolanti.
Grazie Raffele, per il prficuo scambio di opinioni.
Sul ragionamento di cosa cabia se sposarsi prima o dopo l’ordinazione, io intendevo dal punto di vista umano, un prete può innamorarsi anche dopo l’rdinazione, a quel punto non saprei come giustificare una proibizione se non con i motivi che hai riasunto tu e Ignigo, motivi che con rispetto non mi convincono completamente.
Devo scrivere un po’ più piano per non fare errori…
non sono io a dirlo, ma s.Alfonso maria de’Liguori, portare in se più vocazioni sono una grande grazia da Dio.
Sacerdozio e matrimonio sono si contrappongono,
ma se per la vostra coscienza questo è un problema,
non vi preoccupate,
ci penserà la storia dei prossimi secoli a risolverlo.
Voi arroccatevi pure tranquillamente nel vostro rifugio castello dell’anima…..
Il Signore della storia ha sempre avuto tempo ….per fare sorprese…. e non saremo noi poveri umani a fargli cambiare il senso della storia.
con rispetto.
matteo
“Anche i preti potranno sposarsi, ma soltanto a una certa età”.
Mi sa’ che il tipo, non la pensa più tanto così …
Ribadisco, saggi gli ortodossi allora a non avere sacerdoti sposati in posizioni di vertice. Secondo me ne sanno più degli altri, visto anche il carattere sanguigno dei pope.
Pensate, in Italia, dove tutti tirano a far fare il proprio mestiere anche ai figli, cosa potrebbe succedere.
E ricordatevi che (alla faccia di Dan Brown) tutti i monarchi musulmani sono discendenti del Profeta.
Insomma, le diocesi diventerebbero affari di famiglia.
E allora viva il sano cinismo controriformista cattolico.
Quello che regola anche il matrimonio, con il criterio del rato e consumato e pochissimo spazio al romanticismo.
A proposito dei figli del reverendo: e se poi questi fossero di grave imbarazzo allo stesso? Pensate a tutti i figli degeneri di pastori del mondo anglosassone.
E per finire, a chi ama il rithm & blues, potrei citare “Son of the preacher man”, magari cantata dalla figlia del pastore Franklin, Aretha.
Lycopodium, si può anche argomentare senza essere arroganti.
Le obiezioni di Canelli mi pare rispondano solo parzialmente alle mie osservazioni (che poi come è ovvio non sono farina del mio sacco, ma argomenti sostenuti anche autorevolmente nel dibattito ecclesiologico).
Comunque lasciamo perdere. Riprendo quanto scrive matteo: “se per la vostra coscienza questo è un problema, non vi preoccupate, ci penserà la storia dei prossimi secoli a risolverlo.”
Grazie Clodine, per avermi ricordato nella Preghiera, in Terra Santa. Grazie veramente di cuore!
Con stima e affetto,
Fabrizio.
La storia come criterio, mi sembra dicano Matteo e Massimo: potrebbe essere interessante discuterne.
Ovvero: se esiste un movimento della storia guidato dalla provvidenza che posa anche “contraddire” le scritture.
In fondo potrebbe essere giustificatorio, ad esempio, della elevazione all’episcopato in campo anglicano/luterano di donne etc.
Ma allora quale sarebbe il criterio di giudizio? Lo spirito dei tempi?
Quale criterio potrei adottare per discernere il vero dal falso, la direzione giusta da quella sbagliata?
In fondo le donne sono state più potenti ai vertici quando lo erano meno nella società: Elisabetta I, Caterina di Russia, Maria Teresa D’Austria, Matilde di Canossa. Sono rari gli esempi attuali di donne altrettanto singolarmente potenti. Se il papato – o il vescovato – fosse stato ereditario (fantascienza) sarebbe stato sicuramente più facile avere papesse.
Scusate, non è giusto porre il quesito ccome l’ho posto sopra; meglio dire:
“se esista un evoluzione della storia guidata dalla Provvidenza che possa anche “dare la corretta chiave interpretativa” delle scritture.”
PS: altra categoria di donne potenti sparite nel mondo moderno erano le badesse e le madri superiore del mondo medioevale.
Perchè, giusto per fare un esempio un po’ assurdo, Scolastica, a cui viene attribuita persino la conoscenza della magia bianca, non accede al sacerdozio?
MassimoD,
1. mi sono già scusato … non maramaldeggi (pax Domini, sit semper nobiscum);
2. troppo facile profetizzare sui prossimi secoli (visto che il XXI non ci ha visto nascere ma, salvo Neo-gerovital e contro ogni statistica, ci vedrà morire): in merito, ha ragione Canelli, lo “spirito dei tempi” non è lo Spirito Santo (cfr. http://www.30giorni.it/it/articolo.asp?id=71);
3. il sacerdozio maschile è un’invariante della Chiesa; il magistero si è espresso anche recentemente, in forma di fatto ultimativa; inoltre le opinioni dei pochi teologi contrari, confondono abilmente i piani (generando così, in chi li segue, rancore e frustrazione): altro è l’offerta del proprio “sacrificio esistenziale”, che coinvolge tutti; altro quella del “sacrificio rituale”, secondo l’istituzione divina.
In merito alla questione del celibato dei preti, ecco l’opinione del nuovo presidente della conferenza episcopale tedesca…. non proprio l’ultimo pinco pallino:
http://www.spiegel.de/politik/deutschland/0,1518,535708,00.html
ndr: nicht notwendig = non necessario
Ah! Se il presidente della CEI fosse anche lui eletto!… e mi fermo qua che è meglio…
ps: per versioni in italiano basta clickare su google news “zollitsch”
Mi sa tanto che “ist nicht notwendige” la Cei tedesca.
Ma sì lyco! che ce ne facciamo dei vescovi! e soprattutto di quelli tedeschi!
Infatti…
Basta che ci sta o sole,
Basta che ci sta o mare….
Beh, “na nénna a core a core” (ad oggi) non te la puoi proprio permettere. Invidioso!
p.s. Un “pastore tedesco” tu sai che lo ammiro molto (spero anche tu); e il padre De Lubac non aveva un’alta opinione delle “conferenze episcopali”; per il resto, io spero sempre che il tuo 78 sia in onore del 16/10.
Per Lycopodium
Non sono molto esperto di questo argomento, la mia sensazione era ed è che anche le donne possanoessere ordinate sacerdote.
Mi sono stupito però leggendo su internet che nei primi secoli le donne erano ordinate diaoconesse, me se questo è vero allora cadono molte delle considerazioni sopraespresse.
Allego alcuni testi che ho trovato ilprimo della rivista Popoli ed ul secondo da un sito di un liceo
Donne diacono, un tema dibattuto
Secondo il magistero della Chiesa cattolica, ribadito anche in recenti documenti, le donne non sono ammesse al ministero del diaconato. Una posizione direttamente legata alla norma canonica secondo cui esiste solo un sacramento dell’ordine, con tre gradi: diacono, prete e vescovo. Colei che non può diventare prete o vescovo, non può nemmeno diventare diacono o diaconessa. La questione rimane però dibattuta, anche all’interno del cattolicesimo, soprattutto dopo il Concilio Vaticano II. Particolarmente controverso è il significato da attribuire alle figure di donne diacono di cui parlano gli Atti degli Apostoli e di cui si trovano tracce nei primi secoli del cristianesimo. La loro ordinazione aveva valore sacramentale? Secondo le Commissioni teologiche istituite dal Vaticano la risposta è negativa. Proprio questo fatto – secondo alcuni commentatori – non escluderebbe un’«apertura» sul tema del diaconato femminile per il futuro.
La figura della diaconessa
Subito dopo l’età apostolica, la Chiesa ha conosciuto le diaconesse. Ci sono stati dei dubbi sul fatto che le donne in questione fossero mogli dei sacerdoti, vedove oppure diaconesse. Durante i primi secoli, la confusione nella terminologia e nelle funzioni rimase. E’ probabile, in ogni modo, che i tre ruoli siano stati piuttosto distinti. E’ solo nel terzo secolo che la Chiesa ha chiarificato la posizione delle diaconesse con maggiore precisione, probabilmente a causa dei problemi con una minore organizzazione delle vedove.
La polemica contro i sacerdoti donna ebbe inizio nella Chiesa dei Franchi nel 511, quando i vescovi vennero a sapere che due preti bretoni celebravano l’eucarestia con conhospitae. Il sacerdote e la sua assistente viaggiavano per le campagne dicendo la messa e distribuivano la comunione nelle capanne dei contadini. Ai vescovi dava fastidio il fatto che le conhospitae inquinassero il sacramento offrendo il calice ai comunicandi e dormendo sotto lo stesso tetto del sacerdote. L’assorbimento del diaconato in un ordine di vedove fu decretato in un concilio di Epaon e di Orléans, rispettivamente nel 517 e 533. In quel periodo era ormai riconosciuto che la diaconessa fosse una vedova e la legislazione del concilio di Epaon stabiliva che la consacrazione delle vedove dette diaconesse, consistesse perciò solo in una benedizione data loro in quanto penitenti. Tutto questo era per evitare che le diaconesse reclamassero il loro status clericale. Ma il concilio di Orléans andò oltre, tolse alle donne qualsiasi ufficio religioso e degradò lo stato vedovile all’interno della Chiesa franca. Il sinodo tenuto ad Auxerre, verso la line del VI secolo, in seguito dichiarò che le donne erano impure per natura, motivo per cui dovevano portare dei veli e non potevano toccare niente di consacrato. Probabilmente, il declino del diaconato femminile è stato causato dai seguenti motivi: la paura della “impurità rituale” dovuta ai periodi mestruali, e il declino del battesimo degli adulti. Ciò determinò un minor bisogno delle diaconesse, come descritto negli antichi rituali Siriani.
Non possiamo escludere che nel VII secolo sia ricominciata la consacrazione delle diaconesse. Le diaconesse esistevano anche a Roma nel 799, quando ricevettero il papa Leone III che entrò nella città dopo la sua tremenda ordalia. Abbiamo notizie di diaconesse presenti nello stesso periodo in Italia meridionale. Nella Francia carolingia, però, quel titolo riappare solo nel terzo quarto del IX secolo. Il concilio di Worms riconfermò la quindicesima regola di Calcedonia, che stabiliva che le donne oltre i quaranta anni potessero accedere al diaconato. Questa regolamentazione può essere stata suggerita dall’esigenza di trovare un titolo adeguato per le regine e le principesse che si ritiravano in conventi all’interno dei quali già esisteva una badessa. Il titolo può essere stato utile anche per quelle badesse laiche che, come gli abati laici, dirigevano delle comunità per concessione reale. Esiste anche una glossa in cui si afferma che il titolo di diaconessa andava identificato con quello di badessa. Intorno al 940, Attone da Vercelli spiegò che la diaconessa era una badessa, pur ammettendo che nel passato le diaconesse avevano officiato riti ecclesiastici. Ai tempi delle conversioni, le diaconesse battezzavano le donne. Nel Medioevo poche persone erano ormai a conoscenza dell’importanza che il diaconato femminile aveva avuto nella Chiesa delle origini.
Gli esercizi delle donne diacono
Come nel caso dei sacerdoti e dei diaconi maschi, i compiti assegnati alle donne diacono sono anch’essi variati nel corso dei secoli. I compiti seguenti sono, in ogni modo, chiaramente documentati dagli archivi storici:
# Assistenza al battesimo delle donne: Le diaconesse avevano un compito importante durante il battesimo: ungere le donne con l’olio santo sopra tutto il loro corpo e compiere parte del battesimo con l’immersione nella fonte battesimale;
# Cura delle donne nelle assemblee liturgiche: Le diaconesse controllavano l’ammissione delle donne sconosciute alle riunioni liturgiche, esattamente come i diaconi maschi controllavano l’ammissione degli uomini. Le diaconesse avevano il compito di mantenere l’ordine tra le donne nella chiesa, e ciò si traduceva per loro nell’assunzione di responsabilità pastorali;
# Apostolato delle donne nelle loro case: Le donne diacono assistevano le donne inferme e bisognose. Avevano il carico delle vedove nella parrocchia. Istruivano i catecumeni per il battesimo;
# Servizio in Chiesa: Sebbene le diaconesse non assistessero il Vescovo all’altare nella stessa maniera dei diaconi, esse avevano accesso alla chiesa per altre vie. In particolare, potevano prendere il Sacramento dal tabernacolo e distribuire la comunione santa, in particolare alle donne costrette a rimanere a casa.
Le diaconesse nella tradizione orientale
Le tradizioni più interessanti sono quelle greco-bizantine e siriaca (nestoriana, monofisita, maronita). Nella “Didascalia degli Apostoli” appaiono non solo come gruppo nettamente distinto dalle vergini e dalle vedove “costituite” ma anche come ministero nella chiesa locale, dal compito pastorale e Liturgico nettamente determinato, descritto in parallelismo al ministero dei diaconi, anche se con funzioni più ristrette. Le mansioni della diaconessa si restringono, infatti, al ministero presso le donne nei casi in cui la decenza naturale o di costumi e di ambiente, non consente facilmente al vescovo, al presbitero o al diacono di avvicinarle.
Il compito liturgico è in rapporto al battesimo delle donne. Prima del battesimo tutto il corpo viene unto con olio. Per le donne il vescovo unge il capo e la diaconessa compie le restanti funzioni. Ella non può pronunciare le parole del battesimo; ma quando le battezzate salgono dalla piscina vengono ricevute dalla diaconessa, alla quale spetta l’incarico di istruirle intorno ai loro obblighi morali e di santità. Il compito pastorale della diaconessa riguarda l’assistenza caritativa delle donne cristiane bisognose e malate. Nelle Costituzioni apostoliche la funzione delle diaconesse rimane anzitutto quella di aiutate il vescovo o il presbitero nel battesimo delle donne; in oltre viene loro assegnato un compito attivo nell’assemblea liturgica: quello di accogliere le donne che entrano in chiesa, prendendo cura specialmente delle forestiere e delle povere ed assegnando ad ognuna un posto. Il compito è condiviso con gli ostiari ed anche con i suddiaconi e diaconi. Si insiste sulla proibizione per le donne di insegnare o di battezzare. L’uomo è capo della donna, è eletto per il sacerdozio. E’ contro natura permettere alle donne di compiere “azioni sacerdotali”; è l’errore dell’empietà pagana e non già la legge di Cristo. Il compito pastorale delle diaconesse rimane principalmente l’assistenza delle donne credenti; ma si aggiunge un altro ministero extra-liturgico: quello di fare la mediatrice, accompagnando le donne quando devono parlare con il diacono o con il vescovo; in questo compito la diaconessa è considerata come immagine dello Spirito Santo: come non si può credere a Cristo senza l’insegnamento dello Spirito Santo, così senza la diaconessa nessuna donna si rechi dal diacono o dal vescovo.
Le diaconesse sono ordinate mediante imposizioni delle mani, come il vescovo, il presbitero, il diacono, il suddiacono, il lettore. L’ordinazione è fatta in pubblico e ai piedi dell’altare e all’interno del santuario come quella dei vescovi, dei presbiteri, dei diaconi. La formula usata è quella della ordinazione del vescovo, del presbitero, del diacono: “La divina grazia, che guarisce sempre ciò che è debole e supplisce a ciò che è difettoso promuove N a diaconessa. Preghiamo dunque per lei, affinché venga sopra di essa la grazia del santissimo Spirito”. La diaconessa è assimilata al diacono anche dalla stola diaconale datale dal vescovo alla fine del rito, messa intorno al collo, sotto il velo. Infine dopo l’ordinazione alla diaconessa viene data la comunione come ai diaconi, cioè ricevendo il calice dalle mani del vescovo, con la differenza che, mentre il diacono va poi a portare il calice ai comunicanti fuori dal Santuario, la diaconessa ricevuto il calice, lo depone sull’altare. Dopo il sec. IV, nell’area greca, la posizione della diaconessa raggiunge il suo massimo sviluppo, prima della sua decadenza definitiva verso i sec. XI-XII. Con il venir meno del battesimo degli adulti, venne meno anche l’istituto delle diaconesse e dove continuò ancora per qualche tempo, diventò puramente onorifico, conferito a donne di alto rango (purché vergini o vedove monogame) o concesso a monache e ad abbadesse di monasteri.
Caro AlessandroCanelli,
vedo solo adesso i tuoi intereventi di ieri sera. Mi trovi in totale sintonia. Anzi, se vuoi facciamo intervenire anche un altro che la pensava così: il grande Giuseppe Gioachino Belli.
Un popolano, a proposito dell’opportunità di sposarsi: “E si fusse la moje cosa bona /ciavrebbe di per sé già messo l’ogna / sta razzaccia de preti buggiarona”.
Un altro popolano, cercando di spiegare perché il Papa “nun pija moje: / pe’ nun mette a sto mondo antri papetti: sennò a li cardinali, poveretti, / je resterebbe un c…. da riccoje!”.
(Per i non romani: “l’ogna” sono le unghie. “Buggiarona” è un insulto generico: forse. “Papetti” ha un doppio significato: “papi piccoli, figli di papa”, ma anche nome popolare di monete, in corso nello Stato Pontificio. “Riccoje” vuol dire raccogliere, cioè mettere in tasca.)
Per Leone.
Il vincolo strutturale è il sacramento dell’Ordine e qui “Roma locuta est”.
Il resto sono, per dirla col Belli, chicchi di caffè nel macinino dei gusti e delle private opinioni.
ahahah! 1) sì sì, tutti invidiosi! Da Zollitsch in giù… perchè nella testa dei più clericali tra i laici tutti possono parlare e straparlare del celibato dei preti meno che i diretti interessati… complimenti.. che fine argomento teologico quello delll’invidia!
2) la razza dei pastori tedeschi è varia… e spesso è molto più preparata in teologia della corrispettiva razza italiana.. quindi.. lunga vita ai pastori tedeschi!
3) Le opinioni di De Lubac, anche se rispettabilissime, sono di un tantino meno vincolanti delle direttive di un concilio ecumenico… di questi tempi conviene ricordarlo sempre che c’è stato il Vaticano II… non si sa mai..
4) La speranza è vana perchè il 78 è il mio anno di nascita ed è solo una felice coincidenza il fatto che sia anche l’anno dei tre papi e che faccia parte della generazione che è cresciuta con Giovanni Paolo II. Poi mi spiega di grazia il termine “spero” a tal riguardo. Danke schoen.
Alessandro, tanto per chiarire, non sposo in generale il principio de “la storia come criterio”. Quello che volevo dire è che sul tema della donna c’è un indubbia evoluzione storica, che reputo in buona misura ineluttabile, in direzione di una eguale dignità che si traduce anche (come potrebbe essere diversamente?) in eguale opportunità di accesso a ruoli. Un secolo fa le donne non votavano, né mai avevano votato prima, ma oggi chi sostenesse una tale posizione verrebbe preso per pazzo. Questo per dire che il richiamo alla tradizione nel senso del “si è sempre fatto così” mi sembra un argomento debole, almeno in questo caso. Sì, anche per la Chiesa.
Ovviamente dire -come ho fatto- che la storia mi darà ragione è un’affermazione non verificabile; era una boutade, prendetela come un invito a ragionare con un orizzonte lungo, guardandosi indietro e proiettandosi in avanti.
E magari allargando la prospettiva al cammino dei fratelli separati (What about Anglicanism? Should we simply dismiss them as heretic?).
Ultima osservazione, per Lycopodium: sappiamo bene che la posizione “ultimativa” su questo punto non ha i crismi per essere tale fino in fondo (leggi: dogma).
Ops, don78.
Ho dato del tu … non me ne voglia; in passato cmq ci siamo trattati meglio.
1. Se la battuta (tale era) non va, doppio ops.
2. Io sono un laico, tutt’alto che clericale (come vede, litigo con i preti e i diaconi: lo so che è vecchia e loffia, non si arrabbi).
3. Lunga e santa vita a tutti quanti, compresi i presenti; e spt a Quel “pastore tedesco” (il primo della filiera).
4. Leggo in ginocchio i testi del CV II.
5. 1978? allora ci sta bene questa:
«Aus einem jungen Mund
gehen harte Worte
und trotzige Reden,
aber sie sind gesegnet
mit dem Segen der Widerrufliehkeit. leh zume dir nicht,
bin freudigen Herzens, und ich harre
und erwarte
die Gepriesenen, die da kommen».
Con immutata simpatia.
«Ultima osservazione, per Lycopodium: sappiamo bene che la posizione “ultimativa” su questo punto non ha i crismi per essere tale fino in fondo (leggi: dogma)».
Questa è la privata opinione di alcuni.
Errata corrige
(e che don78 e Hofmannstahl/Strauss mi perdonino):
«Aus einem jungen Mund
gehen harte Worte
und trotzige Reden,
aber sie sind gesegnet
mit dem Segen der Widerruflichkeit.
lch zürne dir nicht,
bin freudigen Herzens,
und ich harre
und erwarte
die Gepriesenen,
die da kommen».
ok lyco,
aridiamoci del tu… con simpatia…
nel frattempo continuo a parlare “hart” e “trotzig”…
tanto avrò tempo per “widerrufen”..
come, del resto, ha fatto il pastore di cui sopra.
Tschau
ps: l’importante è non usarli come inginocchiatoio… i testi del CV II.
Grazie a Dio, l’ha fatto.
ps. per usare il refrain di Canelli, anch’essi sono come il dito che indica la Luna.
C’è sempre tempo, Grazie a Dio.
Mc. 13, 33-37
Cmq non parlavo di me…
ma ad ogni modo… tiè!
leggo solo ora… grazie a Clodine.
Sono certo che siamo stati nella tua preghiera.
per Lycopodium.
Santità, l’ho riconosciuta sa??
Bene, se mi hai riconosciuto, ti devo ricordare il 4° voto.
per S.S. Lycopodium
Santità, forse l’hanno informata male…
sono un secolare, pertanto nessun IV voto…
Ok, sono un laico anch’io (licenziamo gli informatori!!!!!!!!!!!), cmq meglio secolare che secolarizzato. Piuttosto, invece che continuare a punzecchiarmi, mi ricordi nelle sue preghiere, davanti alla SS. Eucaristia (rigorosamente maiscolo).
Lycopodium il tedesco e gli errata – don78 Ignigo74 sua santità e il quarto voto – sono un secolare – sono un laico e il licenziamento degli informatori. Qui si va avanti per enigmi e io non ho capito un accidente. Ma sono contento di vedere che voi vi divertite. Spero solo che non spaventiate gli altri visitatori. Più che un pianerottolo questo ormai è un rebus. Immagino che Syriacus si stia mangiando le mani.
Il nuovo presidente dei vescovi tedeschi si esprime senza giri di parole
di Michel Verrier
in “La Croix” del 18 febbraio 2008 (nostra traduzione)
Appena assunto l’incarico, il nuovo presidente della Conferenza episcopale tedesca, Monsignor
Robert Zollitsch, vescovo di Friburgo, si esprime sul matrimonio dei preti, il liberismo e
l’ecumenismo.
Cosa dice il presidente della Conferenza episcopale di Germania?
In un’intervista al settimanale Der Spiegel (in data di oggi), ripresa dalla Radio vaticana, Monsignor
Robert Zollitsch, vescovo di Friburgo e nuovo presidente della Conferenza episcopale di Germania,
si dice ostile ai “divieti di pensare” e dichiara che “il legame tra il sacerdozio e il celibato non è un
imperativo teologico”.
Riconoscendo che si tratta di un “dono inestimabile” per la Chiesa cattolica latina, senza il quale il
prete non si porrebbe così intensamente la questione del suo impegno, qualifica la fine del celibato
come “rivoluzione che una parte della Chiesa non accetterebbe”.
Ai suoi occhi, una simile decisione richiederebbe “la convocazione di un concilio poiché
metterebbe in questione la vita interna della Chiesa”.
D’altra parte, Monsignor Zollitsch sceglie anche di prendere le distanze da alcuni dei suoi omologhi
più conservatori, ostili alla nuova immagine della famiglia tedesca che favorisce l’attività
professionale delle donne e lo sviluppo di infrastrutture pubbliche per facilitarne il compito.
“Abbiamo bisogno di asili, semplicemente perché molti genitori ne sentono la necessità”,
sottolinea.
Sul piano politico, Monsignor Zollitsch guarda in modo critico alle recenti evoluzioni del partito
democratico-cristiano: “Benché difenda ancora molti valori cristiani come li intendiamo noi, la
CDU si è ulteriormente avvicinata alle tesi neoliberiste, e rischia di non prestare la stessa
attenzione al sociale, all’economia sociale di mercato.” Ai suoi occhi, la sua convergenza con la
Chiesa cattolica si è così “ridotta”, mentre la SPD e i Verdi “si preoccupano sempre più di temi
che ci sono cari”. Infine, sempre nella stessa intervista, il vescovo di Friburgo conferma il suo
desiderio di rafforzare i legami con la Chiesa protestante, mortificata dalle dichiarazioni di Roma
che le contestano il titolo di Chiesa a tutti gli effetti. “La Chiesa protestante è una Chiesa, non
posso toglierle questo”, afferma nettamente.
Come intendere queste dichiarazioni?
Monsignor Zollitsch è stato eletto martedì scorso a capo della Conferenza episcopale di Germania,
in sostituzione del cardinal Karl Lehmann, dimissionario per motivi di salute. In questo fine
settimana le sue dichiarazioni sono state riportate da diversi giornali (Der Spiegel, Bild am Sonntag.
…) e dal canale televisiovo ZDF. La Conferenza episcopale tedesca ha una tradizione di conflitto
con Roma. Nel 1998, per esempio, il cardinal Lehmann aveva applicato controvoglia le indicazioni
di Giovanni Paolo II che aveva esigito che i consultori cattolici tedeschi cessassero di fornire
certificati che permettevano, dopo un colloquio, di depenalizzare un aborto. Per Monsignor
Lehmann, sostenuto dalla grande maggioranza dei vescovi tedeschi, era in questi centri che le donne
incinte trovavano l’ultimo sostegno per la preservazione della vita del bambino.
D’altro canto, nella Repubblica federale di Germania, le Chiese cattolica e protestante hanno una
influenza equivalente e mantengono stretti rapporti. In questo contesto, il documento reso pubblico
all’inizio di luglio 2007 dalla Congregazione per la dottrina della fede – che riprendeva la
dichiarazione Dominus Jesus del settembre 2000 e che ricordava che “l’unica Chiesa di Cristo
sussiste nella Chiesa cattolica” – era stata accolta piuttosto male dai vescovi tedeschi, come una
ferita per l’ecumenismo. D’altronde, la questione del matrimonio dei preti, o dell’accesso delle
donne al sacerdozio, sono tanto più sensibili per i cattolici in quanto già risolte per i protestanti.
Non era il Motu Proprio che voleva rottamare il Concilio Vaticano II ?
e dopo il presidente della conf. episcopale tedesca, anche i preti del Brasile:
http://www.repubblica.it/news/ired/ultimora/2006/rep_nazionale_n_2925719.html?ref=hpsbdx4
ps. Chiedere un nuovo Concilio significa rottamare il precedente??? Ma non erano proprio i sostenitori del Motu Proprio quelli che difendevano la continuità? Altrimenti sarebbe vero che il CV II ha rottamato Trento!
Troppi millenarismi ci lasciano un Millennium (o un mellonium); teniamoci stretti XP (chi-ro), non c’è nient’altro in Vista.