Ho passato la giornata a rispondere a richieste di commenti al documento papale. Ora provo a tirare le fila di riflessioni che mi sono trovato a improvvisare in risposta a domande poste con le angolature più varie. A ogni interpellante spiegavo che non mi aspettavo un testo come quello che abbiamo avuto. Qui non ho bisogno di dare questa spiegazione, avendo già fatto due post che chiariscono come mi aspettassi altro. Il nocciolo della mia interpretazione, che svolgerò a passi cauti nei commenti, è il seguente: abbiamo a che fare con un’esortazione post sinodale assai diversa da quelle conosciute fino a oggi. Essa non dà risposta positiva alle richieste di riforma che sono state avanzate ma neanche le respinge. Dunque in sostanza le questioni poste restano aperte. E’ come se il Papa invece di dire “sì” o “no” abbia detto: aspettiamo. Nei commenti provo a dire meglio.
Provo a intendere il no del Papa alle riforme amazzoniche
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Un rinvio a tempi migliori. Non credo che l’esortazione “Querida Amazonia” costituisca una svolta antiriformatrice del Papa argentino, ma certo segnala una battuta d’arresto sulla via delle riforme. O forse – come accennavo nel post – è piuttosto un loro rinvio a tempi migliori.
Quattro richieste senza risposta. Il Sinodo di ottobre aveva chiesto con maggioranze qualificate una manciata di vere innovazioni: l’ordinazione sacerdotale per diaconi permanenti sposati, l’ammissione delle donne al diaconato, la creazione di un rito liturgico amazzonico, l’istituzione di un organismo che riunisca i vescovi della regione che oggi appartengono alle conferenze episcopali di nove paesi.
Il Papa nel documento conclusivo neanche cita queste richieste. Le prime due non le nomina, la terza la richiama di passaggio in una nota dicendola “emersa in Sinodo”, alla quarta allude indirettamente. Nessuno si aspettava questa linea dell’astensione, stante la tendenza di Francesco ad affrontare di petto le questioni.
Non apre e non chiude. Forse Bergoglio nel tirare le somme del lavoro del Sinodo ha avvertito che nessuna di quelle questioni era matura al punto giusto da permettere una decisione normativa, canonica. Forse l’opposizione degli ambienti tradizionalisti gli ha consigliato il rinvio a quando le nespole saranno mature.
Sta di fatto che ha scelto di non entrare nelle “questioni disputate”, come si dice nel linguaggio ecclesiastico. Con questa scelta ha ottenuto – mi pare – un doppio risultato: di allentare – almeno momentaneamente – l’assedio tradizionalista e di mantenere aperte le questioni.
Il documento finale è ancora là. Il punto arduo a intendere è forse questo: dopo la pubblicazione dell’esortazione, le quattro richieste di riforma restano valide, come fossero ancora da affrontare. Nessuna infatti ha avuto risposta, ma neanche è stata cassata. Il documento finale del Sinodo, che le proponeva, il Papa con la sua “esortazione” l’ha raccomandato a tutta la Chiesa perché ne faccia una lettura “integrale”.
Francesco ha scritto anche che quel documento con la sua esortazione ha inteso “presentarlo ufficialmente”. Con gli altri Sinodi mai aveva proceduto così. Dunque le richieste dei “padri” sono ancora valide. Per ora non hanno avuto risposta, ma potrebbero averla domani. E se non da Francesco, magari dal suo successore. Perché si sa che i tempi della Chiesa sulle questioni disputate sono lentissimi.
Rito amazzonico. Provo ad applicare la mia griglia interpretativa a una delle quattro domande di riforma, quella del rito amazzonico. Se il Papa avesse scritto che riteneva buona la richiesta e che avrebbe dato incarico alla Congregazione per il Culto [quella del cardinale Sarah] di istruire la questione, avremmo avuto una risposta positiva. Se avesse scritto che non si poteva, la risposta sarebbe stata negativa. Non avendo detto né “sì” né “no” la richiesta resta in attesa di risposta.
Segnalo due paragrafi. Nell’esortazione ci sono due paragrafi, 104 e 105, posti sotto il titolo “Ampliare orizzonti al di là dei conflitti”, che mi pare invitino ad accogliere positivamente la mancanza di soluzione immediata delle questioni e delle dispute. Li riporto nei due commenti che seguono.
Paragrafo 104. Accade spesso che, in un determinato luogo, gli operatori pastorali intravedano soluzioni molto diverse per i problemi che affrontano, e perciò propongano forme di organizzazione ecclesiale apparentemente opposte. Quando succede questo, è probabile che la vera risposta alle sfide dell’evangelizzazione stia nel superare tali proposte, cercando altre vie migliori, forse non immaginate. Il conflitto si supera ad un livello superiore dove ognuna delle parti, senza smettere di essere fedele a sé stessa, si integra con l’altra in una nuova realtà. Tutto si risolve «su di un piano superiore che conserva in sé le preziose potenzialità delle polarità in contrasto».[142] Altrimenti il conflitto ci blocca, «perdiamo la prospettiva, gli orizzonti si limitano e la realtà stessa resta frammentata». [143]
Paragrafo 105. In nessun modo questo significa relativizzare i problemi, fuggire da essi o lasciare le cose come stanno. Le autentiche soluzioni non si raggiungono mai annacquando l’audacia, sottraendosi alle esigenze concrete o cercando colpe esterne. Al contrario, la via d’uscita si trova per “traboccamento”, trascendendo la dialettica che limita la visione per poter riconoscere così un dono più grande che Dio sta offrendo. Da questo nuovo dono, accolto con coraggio e generosità, da questo dono inatteso che risveglia una nuova e maggiore creatività, scaturiranno, come da una fonte generosa, le risposte che la dialettica non ci lasciava vedere. Ai suoi inizi, la fede cristiana si è diffusa mirabilmente seguendo questa logica, che le ha permesso, a partire da una matrice ebraica, di incarnarsi nelle culture greca e romana e di assumere al suo passaggio differenti modalità. Analogamente, in questo momento storico, l’Amazzonia ci sfida a superare prospettive limitate, soluzioni pragmatiche che rimangono chiuse in aspetti parziali delle grandi questioni, al fine di cercare vie più ampie e coraggiose di inculturazione.
Carissimo Luigi se il link non va bene non lo inserisca. Ma il papa nei brani che lei evidenzia dice cose che emergono anche nel testo seguente: http://gpcentofanti.altervista.org/nuove-tappe-nel-cammino-della-chiesa/
http://gpcentofanti.altervista.org/nuove-tappe-nel-cammino-della-chiesa/
Da Alessandra Pompili ricevo questo messaggio:
Grazie dei succosi commenti al documento papale sull’Amazzonia. Un raggio di sole in questo nuvoloso mondo del web. Buona serata, Alessandra
Non entro nel merito della esortazione.
Lo fa Luigi, da par suo.
Non nascondendosi lo spiazzamento ma, come sempre, cercando di capire, analizzare e spiegare. Che è la cosa migliore , ma soprattutto l’unica che serva, davanti a un pronunciamento del papa ( qualunque papa) o del magistero.
Il che non significa portare il cervello all’ammasso: tutt’altro, anzi, l’opposto. Significa tenersi le proprie idee, speranze, aspettative, illusioni, insomma i propri ” gusti” in materia di fede & chiesa, ma rendendosi conto che ( grazie a Dio, sai che casini!!!) valgono pura aria fritta, e che la chiesa vera funge in altro modo, con altri tempi, e altre strade. Insomma : se quel che fa/ non fa – dice/non dice -decide/non decide un papa NON mi va, sono affari miei, non del papa , men che meno della Chiesa. Se no, sono uguale ( e rovesciato) rispetto a un Valli qualunque.
Della Chiesa, specie quando va per una strada che è diversa, lontana, opposta alla mia, occorre sempre e comunque fidarsi: senza rinunciare di una virgola ai propri convincimenti e alle proprie eventuali battaglie da fare ALL’INTERNO , ma senza lasciarsi andare nemmeno per un attimo alla deriva seiana del “so tutto mi, faso tutto mi, el cattolico son mi”.
Di quest’ultima genìa, siamo oltremodo inflazionati, ci manca pure che io ci metta sopra il carico da novanta.
Detto tutto questo, mi permetto di aggiungere due considerazioni.
La prima. Nel metodo e nella forma, questa esortazione mi sembra molto bella e molto diversa da altri documenti. Uno, per quella parte ” metodologica”, appunto quella citata proprio da Luigi.
Il 104 e il 105 sopra riportati integralmente mettono al centro un aspetto – Ampliare l’orizzonte al di là dei conflitti – che mi sempra la vera Provvidenza pura di queste pagine.
Specie in questo tempo di corrida permanente e di chiesabalilla stucchevole, come proprio il coro piagnone dei “delusi da Francesco” , che da ieri dilaga e gronda da ogni loro post e da ogni loro tweet, dimostra in modo lampante. Non esistono solo i deleteri viganidi e vallisti di ogni ordine e grado, ma esitono pure i loro avatar in salsa progressista, pronti a stracciarsi vesti, a sparar paroloni e a individuar torve dietrologie esattamente come i loro gemelli diversi dell’opposto campo.
Che ci si legga, ci si studi, ci si maceri sopra TUTTI, su quel 104 e quel 105.
La seconda. Ancora una volta ci dimostriamo tutti pronti e frementi a far le barricate su questioni di principio che ci riguardano assai poco personalmente (la questione dei viri probati ammessi o no in Amazzonia, quanto incide sulla MIA esistenza personale? e così via) tralasciando due corazzate mastodontiche che Francesco àncora nel mezzo dell’orizzonte cattolico , IL MIO compreso.
E si chiamano : MISSIONE, e LAICI.
Quelle due corazzate sono tali da poter cambiare integralmente, radicalmente e per sempre il modo di vivere ed essere cattolici. Traduco? Il MIO modo di vivere e di essere cattolico.
Se non lo vedo ( e dai commenti,frignanti o esultanti, è evidente che non lo si vede) è perché NON LO VOGLIO VEDERE. Forse perché mi riguarda , mi coinvolge e mi incastra PERSONALMENTE?
Forse perché mi toglie dalle mani il balocco di ciarlare sui ” mali della chiesa”
e mi sbatte sotto il naso l’obbligo di considerare invece quanta grossa parte di quei mali DIPENDE DIRETTAMENTE da come sono cattolico io stesso?
Le reazioni scomposte, da tutte le parti, a questo documento bergogliano han fatto venir fuori in modo plastico quanto sia vera, sotterranea, radicatissima, la piaga del clericalismo che Francesco non si stanca – vanamente – di fustigare ad ogni piè sospinto.
Su una linea sostanzialmente simile a quella di Luigi, mi sembra la spiegzione fornita da Civiltà Cattolica.
“UN CAMMINO ORMAI APERTO
“L’Esortazione dunque non supera il Documento finale, né intende dargli semplicemente il suo sigillo. Francesco lo assume tutto e lo accompagna, guidandone la ricezione all’interno del percorso sinodale, che è in divenire e non può certamente dirsi concluso. Il Papa si esprime perché vuole dare impulso al processo sinodale. Addirittura, Francesco decide questa volta di non citare affatto il Documento perché questo avrebbe dato l’impressione di una selezione dei contenuti”.
(Antonio Spadaro su “Querida Amazonia”, la nuova Esortazione apostolica post-sinodale di papa Francesco)
? Leggi il TESTO DELL’ESORTAZIONE: http://w2.vatican.va/…/papa-francesco_esortazione-ap_202002…
? Leggi il commento di p. Antonio Spadaro: https://www.laciviltacattolica.it/…/commento-alla-esortazi…/
? Leggi tutti gli impegni, le raccomandazioni e le proposte contenute in “Amazzonia: Nuovi Cammini per la Chiesa e per un’Ecologia Integrale, il Documento Finale dell’Assemblea Speciale del Sinodo per l’Amazzonia”: https://www.laciviltacattolica.it/…/proposte-di-nuovi-camm…/“
Non ho ancora avuto modo di leggere interamente il documento papale ma solo alcuni estratti pubblicati da svariati blog. A me pare che sulle quattro questioni principali sollevate: ordinazione di sposati, diaconato femminile, creazione di un rito amazzonico eistituzione di una organizzazione specifica per l’AMazzonia se anche non affrontate di petto ci siano tuttavia delle indicazioni precise. Per il primo punto il papa sembra voler dire che alle motivazioni reali alla base della proposta di ordinazione di viri probati si debba cercare di dare risposte diverse, come ampliamento del ruolo dei laici ( i diaconi permanenti non sono “laici” ) al quale affidare la cura e la organizzazione della Comunità ivi compresa la celebrazione di alcuni sacramenti ( il Battesimo? ) e la Parola, mentre per quanto riguarda il diaconato femminile la chiusura è piuttosto netta ( le donne non vanno clericalizzate ). Per gli altri due punti il “ non accogliere “ esplicitamente le richieste non equivale certamente a “ negarle “ ma potrebbe essere intesocome un volerle “ lasciar cadere “.
Mi è parso inoltre che il papa abbia voluto anche continuare la sua battaglia contro il “ clericalismo “ – le osservazione sul “potere”:del sacerdote all’interno della Comunità , sul la possibilità di ordinazione delle donne e su comunità cristiane marcatamente laicali vanno in questa direzione
Si potrebbe anche dire i tempi non sono maturi per il fatto che certe proposte sono improprie nel merito e nel metodo, e sicuramente non adeguate ad affrontare i problemi posti. Come si possono affrontare questioni rilevanti, come il celibato e il sacerdozio femminile attraverso un Sinodo nato e pensato per una “estrema periferia” del mondo e del mondo cattolico in particolare?
E’ evidente che siamo di fronte ad una forzatura alla quale il Papa non si è prestato.
Per essere meno mondani: una forzatura che lo Spirito Santo non ha permesso.
Luigi sostiene che la risposta di papa Francesco equivalga a dire “aspettiamo”, ma se consideriamo le attese della vigilia, l’eco dei media, le fortissime pressioni di tutto il mondo catto-progressista (specialmente nel cuore dell’Europa e in America Latina) e (per quanto indebitamente) del mondo non cattolico, e che praticamente tutti TUTTI tutti, non solo Luigi, avevano “scommesso” sul nulla osta del Papa, questa “non risposta” suona molto più simile ad un “blocco” definitivo piuttosto che a un “rinvio” a tempi migliori.
Te Deum laudamus.
Vangelo 14 febbraio 2020
Lc 10, 1-9
In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa!. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: È vicino a voi il regno di Dio».
Il venirci incontro di un inviato di Dio è in mille modi il segno di un nuovo avvicinarsi stesso del Signore nella nostra vita. Lo sguardo di Gesù è lungo, attento alle sfumature. Lui vede una messe abbondante dove altri vedrebbero solo miscredenza, indifferenza. E appunto il dono dello Spirito, la conversione, in una persona possono significare per esempio un semplice nuovo sorridere alla vita, non necessariamente un divenire una specie di san Francesco in un attimo. Pregare è la chiave decisiva perché Dio mandi operai, cioè suoi piccoli servi, secondo la sua sapienza. Chi erano i settantadue? Possiamo forse immaginare che fossero anche persone chiamate ad una vita laicale. E i doni, la grazia, che portano può fare molto riflettere. Cristo poi forma ad una sequela di bene ma anche prepara a conoscere il possibile male. E così vediamo che la prudenza, la povertà, la ponderatezza, consigliate sono per esempio anche difesa da eventuali cattiverie, calunnie…
Caro Luigi ti propongo un bell’articolo Sull’esortazione scritta da un prete di Bergamo.una bella dissertazione sul discernimento e la libertà
https://ilpopolodellasenape.blogspot.com/2020/02/querido-francesco.html?spref=fb&fbclid=IwAR2aUke-BO39Q46OdTBAsAkv34eqikA3ZgXyeBv9o342xB2AhBAb1zxyJKM
Ciao , Cristina Vicquery
e qui l’interpretazione che da di QA l’iperconservatore Radio Spada
https://www.radiospada.org/2020/02/colpo-da-maestro-modernista/?fbclid=IwAR3SGiHXncyQJvTSp9HqlhakjeduTFUeVz9LfeG8YpFSM1ECESSy8wihgZU
interessante…
cristina vicquery