Papa Francesco in questo momento è prostrato nella Basilica Vaticana in adorazione della Croce. Nell’omelia il padre Cantalamessa lo invita a riformare l’edificio della Chiesa: lungo i secoli, dice, in risposta «alle esigenze del momento» si sono costruiti tramezzi, scalinate, stanze e stanzette ma «arriva il momento quando ci si accorge che tutti questi adattamenti non rispondono più alle esigenze attuali, anzi sono di ostacolo, e allora bisogna avere il coraggio di abbatterli e riportare l’edificio alla semplicità e linearità delle origini». “Abbattere i bastioni” insomma, come scriveva Von Batlhasar nel 1952. Ora il Papa lascia la Basilica percorrendo con il suo passo pencolante, a capo inclinato, con la mitria in testa, la navata centrale. Come un uomo di fatica.
Aggiornamento al 30 marzo: qui un mio articolo sul Papa nuovo che non annuncia riforme ma forse le prepara.
Ha baciato il fianco del crocifisso presentato dal diacono, dopo tre profondi inchini. Poi la mano del papa si è fermata sul volto del Signore, come per una bellissima carezza…
Trascrivo queste tue parole, Luigi: “Già da arcivescovo di Buenos Aires Bergoglio faceva la lavanda nelle carceri, negli ospedale, negli ospizi.”
E così gli piace continuare evidentemente.
Chi arriva al soglio pontificio, se fa dell’umiltà il suo abito quotidiano, continua ad indossarlo, non dimenticando la strada che porta agli ultimi.
Mi piacerebbe che il suo esempio fosse seguito da tanti altri ministri che a parole predicano il Cristo, ma nei fatti ne sono distanti.E scoraggiano quelli ( confratelli e fedeli) che hanno come punto di riferimento Gesù–e lo tengono ben saldo– ma spesso constatano con grande rammarico che l’indifferenza regna un po’ dovunque e che i discorsi dei superiori sono astratti, lontani dai problemi della gente. A molti interessa il carrierismo più che la sequela del Cristo. Anche nel “pianeta” Chiesa.
Mi auguro, ma temo le delusioni, che papa Francesco prosegua su questa via senza intoppi, e che le sue parole e i suoi atti giungano realmente a TUTTO il clero.
È vero e giusto: “l’edificio della Chiesa va riformato, e bisogna avere il coraggio di riportarlo alla semplicità e linearità delle origini».
Il Papa “un uomo di fatica”? Credo proprio di sì.
Quanta fatica ci vuole a reggere un impegno simile! Soprattutto di questi tempi.
Hanno tutte le ragioni gli eletti al papato a piangere nella “stanza delle lacrime” sentendosi gravati di un peso immane.
E che fatica, povero Francesco.
( d’altra parte neanche a noi tocca una passeggiata di rose, a meno che facciamo finta di niente, ci chiamiamo fuori o scappiamo come lepri…per tutti la strada è la stessa, quella che abbiamo sentito oggi).
Von Balthasar ci era arrivato quella sessantina di anni fa…anche con i tempi lenti, fluviali e maestosi della chiesa, i tempi sono arrivati finalmente a maturazione.
Senza contare i bastionacci pieni di crepe e puntellati da ogni lato che ciscuno di noi tiene su con fatica e sprezzo del ridicolo, ciascuno a difesa del suo personale fortino, non si sa piu’ a difendere che cosa.
Bisogna tornare alla struttura semplicissima e alla portata di tutti della croce.
I bastioni di Von Balthasar erano già arrivati a maturazione con il Concilio.
Anzi dopo fece un po’ retromarcia.
In effetti il problema è sempre quello dell’effetto pendolo.
Tra le parole di Cantalamessa c’erano queste: “Sappiamo quali sono gli impedimenti che possono trattenere il messaggero: i muri divisori, a partire da quelli che separano le varie chiese cristiane tra di loro, l’eccesso di burocrazia, i residui di cerimoniali, leggi e controversie passate, divenuti ormai solo dei detriti“
Al termine della Via Crucis, Papa Bergoglio ha parlato così: “Non voglio aggiungere tante parole. In questa notte deve rimanere una sola parola, che è la Croce stessa. La Croce di Gesù è la Parola con cui Dio ha risposto al male del mondo. A volte ci sembra che Dio non risponda al male, che rimanga in silenzio. In realtà Dio ha parlato, ha risposto, e la sua risposta è la Croce di Cristo: una Parola che è amore, misericordia, perdono. E’ anche giudizio: Dio ci giudica amandoci. Se accolgo il suo amore sono salvato, se lo rifiuto sono condannato, non da Lui, ma da me stesso, perché Dio non condanna, Lui solo ama e salva“.
Belle le meditazioni soprattutto quella sull’unità della Chiesa.
Un saluto a Jannacci che ci ha lasciato, proprio oggi.
http://www.youtube.com/watch?v=jUUhWf9flyc
Forse non ho buona memoria, ma mi pare che il predicatore della casa pontificia non abbia mai parlato così. Mi sbaglio?
Se ora si sente più libero o ha cambiato idee me ne compiaccio.
Ho notato che anche dalla Via Crucis del Colosseo sono sparite le traduzioni multilingue delle varie stazioni, dopo l’eliminazione dei saluti in piu’ lingue, e il breve saluto rigorosamente in italiano rivolto ai vari gruppi di pellegrini delle diverse nazionalità al termine della udienza generale…
Un altro piccolo segno per volersi presentare soprattutto come vescovo di Roma (a seguire a piedi fisicamente la croce, e a riceverla alla fine c’era il Vicario Vallini), cosa vicina alle sensibilità delle chiese separate? O pura semplificazione?
BUONA PASQUA al nostro gentile e ineffabile ospite e a tutti i frequentatori del blog.
BUONA PASQUA in particolare ai malati, a quelli che soffrono, a quelli che litigano, a quelli che sono stati offesi, a quelli che hanno lasciato il blog e a quelli che non credono.
Ho letto un articolo di Luigi sulle riforme da fare, devo dire che in un certo senso è la sconfitta della collegialità, la stessa che vidi quando Benedetto lasciò.
Per fare passi in avanti occorre il decisionismo.
Preso atto della liberazione del povero predicatore pontificio, fin qui tenuto alla Bastiglia, suppongo, e finalmente dotato di parresia (Alexandros), trovo interessante l’osservazione del signor Lorenzo (anzi, “lorenzo” che è più umile, secondo lo stile del tempo) sulla scomparsa delle didascalie in altre lingue alla via crucis.
Non lo sapevo: non mi pare che sia una gran semplificazione, perché non c’era niente di complicato, quindi forse la sua interpretazione è quella giusta.
Ora, mi va benissimo anche questa inezia come tutte le altre che abbiamo sentito, però mi chiedo:
quando Francesco sarà riuscito a convicerci ben bene che lui è soltanto il vescovo di Roma e basta;
quando saremo finalmente persuasi anche noi zucconi che “papa” è una parola impronunciabile, che non significa niente;
quando l’idea di questa égalité tra tutti i vescovi del mondo sarà bene impressa nelle nostre menti ottuse (immagino con la correlata liberté per ciascuno di fare quel che gli pare e piace, tanto poi c’è la fraternité ad assicurare l’unità …);
quando tutto questo sarà chiaro anche a noi zotici …
noi che siamo di un’altra diocesi potremo infischiarcene?
“E che fatica povero Francesco!
Strano, questa frase compassionevole non l’ho MAI sentita pronunciare da NESSUNO di questo blog nei confronti di Papa Benedetto XVI.
nessuno ha mai detto che fatica povero Benedetto! Evidentemente Bendetto non era degno di compassione e di affetto.
Insomma anche riguardo ai papi c’è una compassione e un affetto ad personam? .
Anche Benedetto si è prostato ,sdrito sul pavimento ma MAI nessun giornale ha mai pubblicato le foto di Benedetto che si prostava . Come mai?
Scusate ma non c’è nessuna logica, né umana, né cristiana in tutto questo!
C’è solo la logica infernale del “questo mi piace, quello non mi piaceva anche se faceva le stesse cose”
oh, quanto all’infischiarsene, dear mr, franti- così anche lei partecipa della generale spoliazione dei segni e delle maiuscole- è possibile farlo in qualsiasi momento, e anche prima, anche in presenza di autorità papale assoluta(?).
Come tutti noi ampiamente dimostriamo.
Mah, discepolo, la fatica di Benedetto la si è sempre toccata con mano, e io ho l’impressione che sia tutt’altro che finita, povero cristo anche lui. Che poi ci sia una compassione ed un affetto ” ad personam” è evidente e naturalissimo.E’ sempre stato così. Paolo VI venne sempre , al piu’, tollerato, dopo l’ondata di affetto sincero per Giovanni 23. Questa simpatia e questo affetto riguardano la pesrina, piu’ che il papa che quella persona è diventato.
Comunque, io dico: diamoci da fare noi a demolire steccati, sovrastrutture, abbattere bastioni e portar via detriti. Ne abbiamo una tal quantità, nelle nostre vite e nei nostri modi personali di essere cristiani, che la fatica dei papi rischia di impallidire davanti alla nostra. Sempre che ci vogliamo metter mano una buona volta….
Gli steccati da abbattere sono dentro di noi non nelle strutture.
Sarà che sono appena stata cacciata da un abbassoibastionibastachelapensicomeme che di ricominciare a litigare spostando solo i motivi dei litigi mi vien male.
Non solo Benedetto XVI si sdraiava prono davanti al Sacro altare, come ricorda discepolo, e lo fece fintanto potè prima che il fisico infiacchito dalle tante pene, ancorché dalla senescenza, glie lo impedì.. Ma altri pontefici prima di lui , direi tutti; è un gesto che rientra nella consuetudine. Proverbiale il giacere ore ed ore sul nudo pavimento di Pio XII, ad esempio, come pure i suoi proverbiali digiuni al limite della sopravvivenza; Non credo che questa “allergia” in merito al titolo di Pontefice come pure ricusare un determinato codice comportamentale o il desistere dall’essere ingessato dentro al cliché cui tutti siamo abituati corrisponda ad una forma di rifiuto o abbia motivi reconditi. Non lo credo….Penso invece voglia mantenere intatta la sua personalità tipicamente latina che dista anni luce da quella teutonica: sono due papi semplicemente diversi, per linguaggio, impostazione, formazione,carattere.
E’ anche vero, almeno credo, che a Papa Bergoglio poco importi dell’arte, o della musica però -almeno dal poco che abbiamo visto- ama la Liturgia, sobria, certo, ma bella e ben costruita…Vedete che, è tutto troppo “fresco”, il vino è ancora “mosto” e il seme non ancora gettato. Attendiamo… e …preghiamo.
Buon giorno Amici, auguro a tutti una santa Pasqua, nel nome di Gesù Risorto.
Dio ci benedica e ci preservi da ogni male.
Discepolo, è molto probabile che Papa Benedetto non sarà ricordato per le sue prostrazioni, così come è altamente improbabile che Papa Francesco venga ricordato per i suoi scritti e i suoi trattati che tanto sono preziosi per la Chiesa di oggi! Non credo che stia mancando la devozione per Benedetto!
Luciano Menia che piacere sentirti! Buona Pasqua, ti benediciamo.
Luigi Franti, ti esorto a fidarti del Papa, anche se ti appare sconvolgere molti equilibri: non posso pensare che in soli 8 anni, dall’elezione di Papa Benedetto, 100 cardinali elettori su 115 siano stati affascinati dai venti della rivoluzione dell’89 (…1789, intendo..)….
O.T a tutti meneghini del blog, concittadini di Enzo Jannacci porgo un affettuoso abbraccio e un grazie alla città di Milano per averci regalato una così bella persona, un artista grande che mi divertiva da morire, quanto mi faceva ridere quando cantava cn Gaber, Cochi e Renato, il modo in cui si muoveva, una presnza scenica incredibile. Di lui conoscevo tutte le canzoni che cantavo a squarciagola specialmente “El purtava i scarp de tennis, el g’aveva du occ de bun l’era il prim a mena via, perche’ l’era un barbun”…
E’ morto ieri, Venerdì Santo.
Un fiore e una preghiera da parte mia. Riposi in pace
-ma che dico: starà già facendo il pazzoide tra le nuvole-
A Luciano un caloroso abbraccio pasquale.
Avrei una domanda per il dottor Luigi, a proposito del suo interessante articolo di oggi sul Corriere, dove sostiene la tesi che nella chiesa le riforme si fanno solo se i papi le decidono per conto loro, in solitudine e possibilmente senza parlarne con nessuno. Cito: «Gli storici della Chiesa descrivono spesso una legge non scritta che può essere formulata così: il
Papa ha il pieno potere decisionale ma riesce a usarlo solo se non attiva consultazioni o istruttorie e mette tutti davanti al fatto compiuto. Il Concilio convocato mezzo secolo addietro da papa Giovanni e la «rinuncia» di papa Benedetto sono le verifiche più recenti di quella legge. Pio XI e Pio XII studiarono per anni la possibilità di convocare un Concilio, consultarono l’uno l’intero episcopato mondiale, l’altro i metropoliti e ambedue non ne fecero nulla. Papa Roncalli non consultò nessuno, diede l’annuncio come un fulmine a ciel sereno e il Concilio si è fatto. I papi Pacelli, Roncalli, Montini e Wojtyla fecero studiare l’opportunità della propria «rinuncia» al Pontificato, una volta appurate le invalidità e i malanni della vecchiaia, ma ne furono sconsigliati e rimasero al loro posto. Ratzinger non ha consultato nessuno e la sua rinuncia è stata subito un fatto».
Avrei delle riserve sul paragone tra i due casi, ma non è questo il punto che ora mi interessa. L’obiezione è: ma se le cose stanno così, una volta che sarà stato reinterpretato il primato petrino nel senso di un primato d’onore “inter pares”, di decisioni (nel senso forte della parola) non se ne prenderanno più. Eterogenesi dei fini: la riforma del papato porterà alla fine delle riforme. Un magma di bozze, documenti, consultazioni, commissioni, compromessi assembleari perché tutto alla fine resti come prima. Come in tutti gli assemblearismi che si rispettino.
E comunque è paradossale: io che considero provvidenziale l’accentuazione in senso monarchico dell’esercizio dell’autorità papale disapprovo che tale autorità venga esercitata, dal papa pro tempore, in base alla “sua ispirazione”. Luigi il collegiale, intriso di spirito conciliare, presenta come due esempi luminosi due atti d’imperio papali, presi senza consultare nessuno.
Terza e ultima annotazione: c’è un altro caso, che mi stupisce il dottor Luigi non abbia considerato, ed è invece il più significativo. Quello in cui il papa, dopo aver consultato tutti, decide secondo coscienza e contro il parere della maggioranza. Come fece Paolo VI con l’Humanae vitae.
P.S.: tornando a quello che sostenevo qualche giorno fa, se «Pio XI e Pio XII studiarono per anni la possibilità di convocare un Concilio, consultarono l’uno l’intero episcopato mondiale, l’altro i metropoliti e ambedue non ne fecero nulla», non sarà che, appunto, ci avevano pensato per bene?
Io che sono collegiale non amo pensare ad un Papa che agisce in solitaria e in arbitrio.
Anche decidesse come desidero io mi spiacerebbe pensare ad un’imposizione.
Sono convinta che le gerarchie siano spesso più “avanti” della base e magari qualche scossone ci voglia.
Però, però..
p.s. Clodine non credo che Bergoglio disprezzi l’arte, nel libro che ho citato nomina diverse volte film o artisti, o scrittori.
Come Borges (http://www.avvenire.it/Chiesa/Pagine/quando-ci-porto-borges-in-classe.aspx).
E a proposito di Jannacci e del venerdì santo ieri sera mi è tornata in mente questa intervista letta anni fa.
http://www.avvenire.it/Cronaca/Pagine/intervista_jannacci_nazzareno.aspx
Sarebbe il caso anche di vedere come ai tradizionalisti più incalliti papa Francesco non va a genio per niente, ( i commenti agli articoli fanno paura):
http://rorate-caeli.blogspot.com/2013/03/the-official-end-of-reform-of-reform-by.html
Mi chiedo spesso di che cosa accusiamo “gli altri” se i cattolici siamo così!
Che fatica davvero!pone lo Spirito Santo sulle spalle dei Papi chiamati a guidarci!
Le considerazioni di Franti sono molto interessati.
Specialmente quando afferma “io che considero provvidenziale l’accentuazione in senso monarchico dell’esercizio dell’autorità papale disapprovo che tale autorità venga esercitata, dal papa pro tempore, in base alla “sua ispirazione”. Luigi il collegiale, intriso di spirito conciliare, presenta come due esempi luminosi due atti d’imperio papali, presi senza consultare nessuno”. Io credo che lui colga prprio nel segno ed effettivamente lo riscontro in tante espressioni di questi giorni: non credo che ci sia esemplificazione più plastica di quanto stia agendo lo Spirito santo….
A Sara e Franti: grazie per la considerazione in cui avete tenuto quel mio articolo, ma non esagerate: noi giornalisti siamo occasionali e pretestuosi, senza contare che dietro abbiamo dei redattori capo che ci dicono: “scrivi qualcosa su questo”.
A chi non ne sa nulla, questo è il link all’articolo: http://www.luigiaccattoli.it/blog/?page_id=11263
Nei prossimi commenti qualche tentativo di risposta alle vostre convergenti osservazioni.
Il primo punto è questo: io non dico che quello della decisione papale autonoma e autoritativa sia una via buona, ma osservo che è quella che funziona.
Un secondo aspetto riguarda la questione del governo collegiale. Il governo tradizionale era monarchico, il Vaticano II lo ha accompagnato con il ruolo del “collegio episcopale” ma questa compresenza non è stata moderata, e neanche attivata. Al momento è solo affermata in dottrina. E dunque al momento ogni decisione è – come cento anni addietro – in mano al Papa. Curia ed episcopati, ordini religiosi e congregazioni, università e sinodi posso suggerire o frenare, ma non decidere. Quando la materia è scomoda solo la decisione autonoma e autoritativa passa davvero.
Sicuramente, visto in che secche si trova il parlamentarismo democratico, un certo decisionismo sembra aver la meglio, però mi illudo sempre che si possa trovare la strada di mettersi d’accordo senza dover invocare l’autorità. (magari in me è giusto un’aspirazione).
Un terzo aspetto riguarda le decisioni del Papa su pronunciamenti di altri Papi o sul suo stesso “ministero”. Tra gli esempio di decisioni autonome e autoritative c’è quella del “mea culpa” wojtyliano: entrava in questione il rapporto del Papa con i suoi predecessori e dunque nell’attuale sistema cattolico solo il Papa poteva agire.
Lo stesso imbuto o strozzatura del processo decisionale si presenta – forse – ora per l’aggiornamento della figura papale alla quale pare che Papa Francesco voglia procedere: nessuno ha autorità sul papa e dunque solo lui può provvedere. L’inerzia del sistema comporterebbe un’avvolgente e irresistibile opera di dissuasione se egli promuovesse una qualsiasi consultazione.
Più che inerzia del sistema da quello che capisco si tratta di dare la direzione al cambiamento, essendo in atto uno scontro tra chi vuole riformare la Curia in senso restaurativo (modello autoritario monarchico) chi invece vuole promuove dialogo apertura e appunto collegialità.
Inoltre che farà Francesco di certe decisioni autonome (e autoritative) del suo predecessore, come il Summorum Pontificum o il rapporto con i lefebvriani?
Facevano meglio i Papi che consultavano sull’indizione del Concilio o fece meglio chi andò avanti da solo?
E Benedetto che da solo ha deciso la rinuncia?
E Paolo VI che decise sull’Humanae Vitae contro la maggioranza dei consultati?
E Giovanni Paolo che fece il mea culpa nonostante le opposizioni interne?
Sono questioni che mi superano da tutte le parti. Mi cullo in questa prospettiva salomonica: finchè il governo della Chiesa sarà tutto in mano al Papa, dobbiamo disporci ad accettare che all’occasione il Papa decida da solo; quando sarà temperato da un più efficace accompagnamento da parte del collegio dei vescovi, la possibilità di questa autonomia decisionale sarà necessariamente ridotta. E io auspico che questo avvenga.
ok su questo sono d’accordo e in questi giorni tocco con mano la differenza tra chi “obbedendo” fiducioso ha accettato il nuovo Papa, anche se non perfettamente in linea con i propri desideri, e chi si sta ostinando nel rifiuto.
Da questo punto di vista che ci sia chi sulle controversie ha l’ultima parola non è un male.
Sara devi scusarmi: io continuavo nella mia tirata senza badare a niente, come fossi un Papa, e mi avvedo ora che tu intercalavi giudiziosi commenti. Però mi pare che qualche cosa di rispondente alle tue sollecitazioni io l’abbia detto. Non credo che Francesco ritoccherà quanto fatto da Benedetto per il rito antico, che fu saggia decisione terapeutica e osmotica; e neanche quanto fece per gli ex anglicani, sapiente presupposto per future decisioni in materia di clero celibatario e/o uxorato. Lo dico al lume del mio corto naso.
Premesso che il problema di fondo è la confusione che molti fanno tra collegialità e democrazia, per cui parlano dell’una ma in realtà intendono l’altra, se si trattasse solo di una faccenda umana ammetto anch’io che il principio democratico potrebbe essere in effetti il meno peggiore. Noi semplici sappiamo che quattro occhi vedono meglio di due, due teste capiscono più cose di una testa sola eccetera e questo ci basta. Se c’è il monarca, e il monarca è pazzo o scemo, possono essere dolori per tutti. Quanto ai “migliori” è meglio non farli governare mai, perché di solito combinano disastri inenarrabili. Tutto sommato ci sembra che la conta dei mediocri potrebbe essere il sistema meno dannoso.
Ma il governo della chiesa è anche affare di Spirito Santo. Che però ha scelto di fare i conti con la libertà umana. Vista da questa prospettiva la cosa cambia totalmente, perché si capisce che se lo Spirito deve confrontarsi con un uomo solo, che per esempio diventa papa, se lo lavora ben bene e comunque sia partito lo rimedia: ma vai tu a raddrizzare la testa di cinquemila vescovi!
Per questo non riesco a non considerare come provvidenziale il fatto che da 150 anni almeno, cioè da quando il papa ha smesso di essere anche il reuccio di un piccolo stato europeo ed è immensamente cresciuto in autorità spirituale, prestigio e incidenza di governo nella vita della chiesa, abbiamo avuto una serie ininterrotta di pontefici tutti degni, molti santi e alcuni grandi. E non posso fare a meno di paventare come un gran male lo scivolamento verso forme di governo democratico della chiesa. Per questo mi dispiace tanto l’ostentata forzatura di papa Francesco nel volersi presentare esclusivamente come vescovo di Roma.
Il vero problema del governo monarchico papale è la curia, anzi le curie, cioè le burocrazie ecclesiastiche. Ma la democrazie non le elimina, anzi le moltiplica.
“Primus inter pares”.
Può significare collegialità come anche autonomia. L’una non esclude l’altra. E poi come si faceva notare l’importante è decidere.
Riguardo poi ai “tradizionalisti”, quelli un po’ così (non i “tradizionali che è diverso…) non hanno mai avuto il senso della lungimiranza e del giudizio.
Azzardo previsione: con Papa Francesco forse c’è grossa possibilità che offici una Messa EF o che vi assista (e probabilmente entro l’anno pure).
Qui lo dico e …
Anzi Luigi, sbagliavo io parlando un po’ da sola, ma ci siamo intesi tutti mi pare di buon grado.
.-)
Che poi , non capisco Franti come altri.
“Per questo mi dispiace tanto l’ostentata forzatura di papa Francesco nel volersi presentare esclusivamente come vescovo di Roma.”
Si presenta benissimo. Il “vescovo di Roma” è Papa (lo so che lo sa Franti, ma allora perchè teme? Vede agli “Ortodossi -che poi sono orientali- bastano certe sottigliezze… e subito si riducono a miti consigli).
Sai, Luigi? Quando il “collegio” è diviso tra diverse opinioni che bloccano ogni decisione, la cosa migliore da fare è che il primus inter pares prenda lui le decisioni. A patto che si tratti di una persona che sia equilibrata ed abbia vivo il senso del giusto. Allora, molti indecisi saranno contenti che uno di loro abbia preso l’iniziativa per superare lo stallo.
L’equilibrio è un dono magnifico che non tutti hanno, ma se qualcuno ce l’ha, è in grado di risolvere tanti problemi.
Ci sarà però sempre qualche persona malevola che, magari per invidia, avrà da ridire e da condannare. Questo è un ostacolo che viene messo nel conto da una persona davvero intelligente. È impossibile, infatti, accontentare tutti.
A discepolo, che lamenta il fatto che nessuno, o quasi, abbia notato e si sia espresso circa le fatiche di altri papi prima di questo, faccio osservare semplicemente che ciò che si è detto ora ha preso spunto dall’ espressione di Luigi “come un uomo di fatica”. Il che non significa che nessuno avesse preso in considerazione la fatica dell’impegno enorme di ogni papa.
Io, per esempio, ho sempre visto nel papato un incarico e una missione faticosi e per niente invidiabili.
Per lo stesso motivo sostengo che anche i papi come i vescovi, arrivati ad una certa età, sarebbe bene che lasciassero.
E per lo stesso motivo ho giustificato in pieno le dimissioni di Benedetto XVI.
Un caro saluto al mio conterraneo Luciano Menia, ed un pensiero speciale ad Enzo Jannacci, che, di lassù, stara cantando “Quelli che ……….”.
Buon sabato Santo a tutti !
Roberto 55
Io onestamente non auspico la piena collegialità. La verità non coincide con la più ampia diffusione delle opinioni. Un bilanciamento tra i due poli è sempre necessario