Da un mese ho avviato un nuovo esercizio della felicità: ritrovare le poesie imparate a memoria e poi dimenticate. In liceo mandavo a mente – come si dice dalle mie parti – il più gran numero di poesie e prose: da Cecco Angiolieri a Sandro Penna, una decina di testi per una cinquantina d’autori. Ma poco è restato dopo la grandine e il sole di tante stagioni. Qualche pagina di Dante e di Leopardi, che mi hanno tenuto compagnia in notti senza sonno. Ora che la bella memoria inizia a fallare, ho deciso di reagire riprendendo in mano i tre volumi dell’antologia di letteratura italiana del Liceo (era quella di Mario Apollonio) e di restaurare la mia memoria di ogni testo già segnato con l’asterisco – che voleva dire “memorizzato” – e di aggiungere una nuova memorizzazione a ogni memoria recuperata. Per ora mi fermo qui. Ma tornerò su questo esercizio e farò esempi e dirò la felicità che me ne viene. Il primo ampliamento è stato con il “Cantico delle creature” di Francesco d’Assisi. Un acquisto bellu e radiante cum grande splendore.
Poeti a mente e felicità
3 Comments
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Per chi ha tempo–e tu, Luigi, devi averne parecchio– è un ottimo esercizio.
Se riprendi ad imparare a memoria, le dai nuova vita.
Umberto Eco consiglia di tenere in allenamento la memoria imparando ogni giorno qualche versetto o paginetta( breve) a memoria.
Penso che sia davvero utile.
Oggi non si usa più, nella scuole, far imparare a memoria le poesie.
Lo ritengo uno sbaglio dei tempi moderni.
Quando una poesia piace veramente si finisce in modo quasi naturale per impararla a memoria.
Mi viene in mente una poesia che sapevo a memoria:
Così percossa attonita
La terra al nunzio sta