Pietra fiori api lungo il fiume Giordano nella Basilica dei Santi Cosma e Damiano
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Luigi Accattoli
Veduta dell’insieme del catino absidale. Il particolare che ho ingrandito nella foto del post è sulla destra, per chi guarda, del piede sinistro dell’apostolo Pietro, che è la terza figura del mosaico a contare da sinistra.
18 Maggio, 2023 - 17:50
Luigi Accattoli
Timothy Verdon dixit. Il mosaico absidale della Basilica dei santi Cosma e Damiano – commissionata dal papa Felice IV (526-530) – rappresenta una vera e propria boa per il percorso storico artistico che attraversa i secoli della tarda antichità, nel senso che esso costituisce la meta conclusiva della cultura figurativa paleocristiana, ma anche la soglia di avvio per l’esperienza bizantina e tutto questo in termini e moduli ancora sensibili alla grande tradizione romana, seppure immagini e cose appaiono calate in un’atmosfera sospesa, in un sogno concreto per usare un paradosso.
L’imponente figura del Cristo – vestito di tunica e pallio dorati, con il rotolo nella sinistra, mentre con la destra fa il gesto della parola – appare librata su una scala di nubi azzurrate e rosee e sovrintende a tutta la scena, ambientata in paradiso, come dimostrano due palme che chiudono, alle estremità, la scenografia ed il fiume Giordano che corre in basso.
In questa lucida redazione della Maiestas Domini che affonda le radici nelle antiche maestà dell’arte aulica religiosa e profana, si possono apprezzare tutte le innovazioni introdotte dalla materia apocalittica che declina in forme teofaniche le immagini dell’adventus imperiale. Qui si respira, oramai, un linguaggio nuovo e, pur rispettando i parametri della cultura figurativa della più genuina tradizione romana, almeno per quanto attiene alla costruzione delle figure, all’equilibrio dei gesti, ai rapporti tra le parti, già si possono indovinare i primi segni di un ritmo più cadenzato, di una rappresentazione di apparato più gelida, meno coerente nelle interrelazioni figurative, più vicina a quell’immaginario bizantino che è già sopraggiunto anche a Roma e che formulerà il linguaggio artistico dei secoli a venire.
Timothy Verdon, L’arte cristiana in Italia. Origini e Medioevo, San Paolo 2005, p. 88s
Veduta dell’insieme del catino absidale. Il particolare che ho ingrandito nella foto del post è sulla destra, per chi guarda, del piede sinistro dell’apostolo Pietro, che è la terza figura del mosaico a contare da sinistra.
Timothy Verdon dixit. Il mosaico absidale della Basilica dei santi Cosma e Damiano – commissionata dal papa Felice IV (526-530) – rappresenta una vera e propria boa per il percorso storico artistico che attraversa i secoli della tarda antichità, nel senso che esso costituisce la meta conclusiva della cultura figurativa paleocristiana, ma anche la soglia di avvio per l’esperienza bizantina e tutto questo in termini e moduli ancora sensibili alla grande tradizione romana, seppure immagini e cose appaiono calate in un’atmosfera sospesa, in un sogno concreto per usare un paradosso.
L’imponente figura del Cristo – vestito di tunica e pallio dorati, con il rotolo nella sinistra, mentre con la destra fa il gesto della parola – appare librata su una scala di nubi azzurrate e rosee e sovrintende a tutta la scena, ambientata in paradiso, come dimostrano due palme che chiudono, alle estremità, la scenografia ed il fiume Giordano che corre in basso.
In questa lucida redazione della Maiestas Domini che affonda le radici nelle antiche maestà dell’arte aulica religiosa e profana, si possono apprezzare tutte le innovazioni introdotte dalla materia apocalittica che declina in forme teofaniche le immagini dell’adventus imperiale. Qui si respira, oramai, un linguaggio nuovo e, pur rispettando i parametri della cultura figurativa della più genuina tradizione romana, almeno per quanto attiene alla costruzione delle figure, all’equilibrio dei gesti, ai rapporti tra le parti, già si possono indovinare i primi segni di un ritmo più cadenzato, di una rappresentazione di apparato più gelida, meno coerente nelle interrelazioni figurative, più vicina a quell’immaginario bizantino che è già sopraggiunto anche a Roma e che formulerà il linguaggio artistico dei secoli a venire.
Timothy Verdon, L’arte cristiana in Italia. Origini e Medioevo, San Paolo 2005, p. 88s
https://gpcentofanti.altervista.org/dipendenza-autarchia-liberta/
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