Pietra fiori api lungo il fiume Giordano nella Basilica dei Santi Cosma e Damiano

Foto che ho fatto ieri sera durante una visita guidata alla Basilica dei Santi Cosma e Damiano offerta ai clienti da Massimo di Giovenale, promotore finanziario della Fineco. Il mosaico del catino absidale lo vedi vicinissimo, unico caso tra tutte le chiese romane del periodo antico – questa è del VI secolo – perchè in seguito il pavimento fu rialzato di otto metri. La visita comprendeva l’accesso alla chiesa inferiore, normalmente chiusa ai visitatori e permetteva l’osservazione privilegiata del mosaico dal Coro che è dietro l’altare maggiore, anch’esso inaccessibile al semplice turista. Un’opportunità della quale ringrazio Massimo di Giovenale e che è stata per me una felice escursione in giorno di primavera lungo il fiume Giordano che percorre per intero la parte bassa del catino. Nei commenti la veduta d’insieme del mosaico e la parola di un maestro: Timothy Verdon

4 Comments

  1. Luigi Accattoli


    Veduta dell’insieme del catino absidale. Il particolare che ho ingrandito nella foto del post è sulla destra, per chi guarda, del piede sinistro dell’apostolo Pietro, che è la terza figura del mosaico a contare da sinistra.

    18 Maggio, 2023 - 17:50
  2. Luigi Accattoli

    Timothy Verdon dixit. Il mosaico absidale della Basilica dei santi Cosma e Damiano – commissionata dal papa Felice IV (526-530) – rappresenta una vera e propria boa per il percorso storico artistico che attraversa i secoli della tarda antichità, nel senso che esso costituisce la meta conclusiva della cultura figurativa paleocristiana, ma anche la soglia di avvio per l’esperienza bizantina e tutto questo in termini e moduli ancora sensibili alla grande tradizione romana, seppure immagini e cose appaiono calate in un’atmosfera sospesa, in un sogno concreto per usare un paradosso.
    L’imponente figura del Cristo – vestito di tunica e pallio dorati, con il rotolo nella sinistra, mentre con la destra fa il gesto della parola – appare librata su una scala di nubi azzurrate e rosee e sovrintende a tutta la scena, ambientata in paradiso, come dimostrano due palme che chiudono, alle estremità, la scenografia ed il fiume Giordano che corre in basso.
    In questa lucida redazione della Maiestas Domini che affonda le radici nelle antiche maestà dell’arte aulica religiosa e profana, si possono apprezzare tutte le innovazioni introdotte dalla materia apocalittica che declina in forme teofaniche le immagini dell’adventus imperiale. Qui si respira, oramai, un linguaggio nuovo e, pur rispettando i parametri della cultura figurativa della più genuina tradizione romana, almeno per quanto attiene alla costruzione delle figure, all’equilibrio dei gesti, ai rapporti tra le parti, già si possono indovinare i primi segni di un ritmo più cadenzato, di una rappresentazione di apparato più gelida, meno coerente nelle interrelazioni figurative, più vicina a quell’immaginario bizantino che è già sopraggiunto anche a Roma e che formulerà il linguaggio artistico dei secoli a venire
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    Timothy Verdon, L’arte cristiana in Italia. Origini e Medioevo, San Paolo 2005, p. 88s

    18 Maggio, 2023 - 17:55

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