“Questo è il mio sangue versato per voi e per tutti”: dice così l’attuale formula della consacrazione del vino in traduzione italiana. I nostri vescovi vorrebbero mantenerla ma il Papa chiede che si adotti una traduzione letterale del testo latino, che ha “pro vobis et pro multis”. Ne è nata una disputa che vede anche altre proposte, in sostituzione dell’attuale “tutti”, che è una traduzione interpretativa: “per la moltitudine”, “per moltitudini”, “per moltitudini immense”. – E’ il promettente avvio di un mio articolo pubblicato oggi da LIBERAL a p. 8 con il titolo drammatizzante Per molti o per tutti? Una traduzione scuote la Chiesa. Segnala con favore le proposte venute dagli specialisti Francesco Pieri e Silvio Barbaglia e dal teologo Severino Dianich, convergenti nell’adozione del termine “moltitudine”.
Pieri e Barbaglia sul sangue versato per la moltitudine
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Come si fa, Luigi, da semplici fedeli ad esprimere opinioni su questo problema? L’idea della “moltitudine” non mi dispiace. Inoltre trovo citato nel tuo stesso blog e da te stesso: Giovanni 17: “Aiutami a custodirli perchè nessuno vada perduto di quelli che mi hai affidato”. Il desiderio del Signore, nel momento in cui accetta il suo sacrificio, è che “nessuno vada perduto”. Come molte traduzioni, solo la lettura completa dei testi può renderle comprensibili.
Antonella puoi parlarne al tuo vescovo. Ma anche dire qui nel mio blog che si condivide la soluzione “moltitudine” può essere utile. Invito i visitatori a votare. Sarà facile segnalare la consultazione alla Cei.
Qui una scheda sul volumetto di Francesco Pieri
https://mail-attachment.googleusercontent.com/attachment/u/0/?ui=2&ik=5055723e65&view=att&th=138568f245a160c1&attid=0.0&disp=inline&safe=1&zw&saduie=AG9B_P_Pj1tLLpX7hrnTl-2S12hR&sadet=1343902632392&sads=71DEyv4x6RpGoPTWo4Nkd5bI9CI&sadssc=1
Qui l’articolo di Silvio Barbaglia
http://www.lanuovaregaldi.it/doc/evento/Permoltiopertutti.pdf
Moltitudini immense non è tutti in senso universale ma chi gli operai della vigna. La teologia della Vigna lo dice chiaramente: non più la Sinagoga ma la Chiesa. È questa la vigna che si allarga attraverso i secoli per mezzo dei virgulti innestati sul ceppo, fino a riempire il mondo intero.Tutti i grandi popoli del mondo devono portare il loro grappolo di santi. La Parusianon potrà venire se non quando tutte le grandi civiltà saranno state evangelizzate e si saranno compiute nel cristianesimo. Siamo solo ancora all’ora sesta. Sulla piazza vi sono ancora operai che attendono : per essi l’assunzione, la chiamata all’alleanza non verrà che all’ora nona e all’undecima. Ad ognuno è promesso lo stesso salario, la stessa grazia.Ma essa è data in tempi successivi secondo il misterioso piano di Dio “Aut non licet mihi quod volo facere?” Quali saranno gli operai dell’ora nona?Qual nuovo grappolo sta maturando sulla vigna della Chiesa?
Noi possiamo solo contemplare con ammirazione il miracolo del piano di Dio; Sarà la Cina ad offrire al mondo la rivelazione d’una nuova era del cristianesimo ed a recare i frutti di santità? O forse sarà la civiltà nera, il cui genio così profondamente religioso rinnoverà nella Chiesa il senso del mistero, l’intelligenza della liturgia, lo spirito d’infanzia?
Una cosa è certa: le crisi economiche passeranno, i grandi imperi si stancheranno di rivaleggiare per il dominio del mondo. Ma la Chiesa, da parte sua, continuerà il suo cammino ineluttabile verso la pienezza del corpo incorruttibile di Cristo. Allora, anche il mistero di ognuna delle nostre vite sarà risolto.
volevo dire “ma chi si fa operaio della vigna”…
scusate sempre per i refusi, anche se ce la metto tutta non c’è niente da fare..
: ))
Cara Clodine, e noi che siamo stati 2arruolati” al mattino penso che finiremo dopo quelli dell’ora nona, proprio al penultimo minuto …
In quanto alla moltitudine mi viene in mente l’Apolcalisse: (Ap 7,2-4.9-14)
“Io, Giovanni, vidi una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua”.
In quanto a dare suggerimenti al Vescovo … vedremo, magari gli manderò il link a questo blog.
Bisognerebbe anche stare attenti a non equiparare ecumenismo con missionarietà. L’ecumenismo è un attributo imprescindibile della Chiesa, è la sua universalità la quale si realizza attraverso la missione. La missionarietà permette che Cristo viva nel cuore del mondo pagano che dalla Trinità è separato. La missione ad gentes parla appunto di questa vocazione la quale porta in sé il dolore della separazione…
Luigi caro, c’è già stata discussione in questo blog sull’argomento in questione.
È di grande rilevanza, ma solo per il fatto che la distinzione fra “per tutti” e “per molti” genera divisioni all’interno del mondo cattolico.
Ed è ciò di cui non si sente il bisogno dal momento che già tanti altri elementi contribuiscono a dividerlo.
Che sia Satana a metterci le sue intenzioni?
Io mi esprimo per una formula che non sia restrittiva, perché sono convinta che la presenza del Signore fra noi debba essere rapportata alla salvezza di tutta l’umanità e non di una cerchia–più o meno larga– privilegiata, che sarebbe contraddittoria di un Amore universale, quale è quello del Padre verso tutte–TUTTE–le sue creature.
Trovo che “per la moltitudine” equivalga più o meno al “per tutti”.
“Per moltitudini immense” potrebbe essere accettato, ma preferisco la semplicità del “per la moltitudine”.
Ad ogni modo, proprio recentemente ho letto, restandone perfino disorientata, che le parole del Signore nell’ultima Cena non ci sono pervenute direttamente ma attraverso formulazioni VARIATE nel tempo, per cui nessuno può dire quali siano state effettivamente quelle pronunciate davvero da Gesù. Non si tratta certo di un trascurabile dettaglio.
E allora? Cosa significa tutta questa battaglia intorno alla formula ( una traduzione di eventuali–non certe–parole di Gesù) del memoriale del sacrificio del Cristo?
A mio parere, sono disquisizioni che non hanno sostanza, ma che valgono a distinguere quelli che amano l’universalità della salvezza da quelli che, invece, ne vogliono una limitazione; cosa che io–come già detto– disapprovo totalmente.
Hai ragione Antonella, sapessi quante volte ci penso..
Altro che ora non !! Mi sa tanto che il Signore ci troverà in un dirupo sperduto, in bilico, maledettamente e tenacemente attaccate ad un raspo…povere noi !! ; ))
La mia soluzione è più precisamente “per UNA moltitudine”, per almeno 2 ragioni ragioni
1) allude ad Ap 7, 9.14 “Ecco una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Sono quelli che… hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’agnello”
2) evita l’articolo determinativo, tipo “LA moltitudine” o “LE moltitudini”, per accentuare il parallelismo con il greco, come richiesto da Benedetto XVI
Segnalo anche che sull’archivio del Regno-Attualità è scaricabile in .pdf la prima versione del saggio (quella uscita nel libretto è circa di un terzo più lunga)
http://www.ilregno.it/it/rivista_articolo.php?RID=0&CODICE=51916
A Clodine. Attenzione alla “teologia della sostituzione”: “non più la Sinagoga, ma la Chiesa” è un’espressione scorretta. La Chiesa non è il “nuovo” Israele (che fa buttar via l’usato), ma il “vero” Israele che finalmente accoglie anche i popoli gentili nell’alleanza, mediante la fede in Gesù. L’Israele, oggetto della prima elezione di Dio, permane in eterno come “radice santa” della Chiesa, perché i doni e la chiamata di Dio sono senza pentimento.
La domanda è: la traduzione in vigore era sbagliata?
Se sì, sarebbe molto grave, dato che intere generazioni dalla riforma del Messale in poi ci sono cresciute.
Se no, non si comprende bene il senso dell’operazione “per molti”, che ad ogni evidenza riduce la portata percebile della frase.
In tal senso, io voto decisamente per mantenere il “per tutti”.
A Luigi chiedo poi di dire ai Vescovi di starci attenti con le traduzioni in genere: c’è qualcuno qui disposto a spiegarmi per quale motivo – ad esempio – nelle nuove traduzioni CEI dei Vangeli il “mi ami tu più di costoro” diventa “mi vuoi bene tu più di costoro”?
Nella forma del “ti amo”, era un dialogo drammatico e bellissimo, totalizzante e radicale.
Nella forma del “ti voglio bene”, pare una chiacchierata tra nonno e nipote.
“Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati”
Giovanni 1 -13
A quanti lo hanno accolto—più chiaro di così. Poi, se vogliamo farci la teologia ad personam il problema allora si che si pone!
—Lui conosce tutti, è in tutti, universalmente in tutti gli esseri viventi, animati et inanimati poiché è il Logos, con la Sua Parola fu luce fin dalla fondazione del mondo, tutto in Lui fu creato e si materializzò!
Purtroppo è il mondo che ancora non conosce Lui!
“Per molti “dunque è valido fintanto che che non si trasformi in “tutti”. Quando tutti lo avranno riconosciuto come Dio, allora..lo sarà..per TUTTI!.
Credo che i nostri vescovi, quando nel novembre 2010 hanno votato in larghissima maggioranza a favore del «per tutti», avessero chiara la preoccupazione pastorale che così bene esprime Dianich nella presentazione al volumetto di Pieri, riferendo il racconto del cappellano delle carceri della sua cittadina: «Allora – chiede con sconcerto un detenuto – secondo il papa Gesù non ha dato la vita per noi?». Uno sconcerto che sarebbe molto diffuso in Italia, dice Dianich, proprio tra gli ultimi a cui non avremo molte opportunità per spiegare il perché di una scelta di cambiamento.
Legittima e opportuna è ovviamente anche la preoccupazione del papa. Ma l’arte del tradurre è quella di trovare nella lingua di uscita espressioni che consentano di rendere nella maniera più autentica anche le sfumature di senso della lingua originale. Ben vengano quindi queste nuove proposte che individuano una via più fedele alle parole eucaristiche.
Francesco73 è il Papa che chiede il cambiamento. Pur riconoscendo che non si tratta di una traduzione errata la valuta come meno appropriata perché “interpretativa”. Qui puoi leggere le sue ragioni: http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/letters/2012/documents/hf_ben-xvi_let_20120414_zollitsch_it.html
Quel “per tutti”,non fu -come erroneamente si vuol far credere- introdotto con la riforma liturgica dal Concilio Vaticano II, ma dal sacrario del post-concilio, assieme a tantissime altre ingerenze dovute a traduzioni dal latino aberranti. Traduzioni che il Concilio non aveva affatto autorizzato anzi, i padri conciliari raccomandarono caldamente la non soppressione della lingua latina. C’è da ricordare, se ce ne fosse bisogno, che invano PaoloVI tentò, fiutate le derive, correre ai ripari,ma non fu mai ascoltato! Invero si aprì un’era NON soltanto di quotidiane innovazioni, ma di libertà scatenate dietro il mito del “nuovo”, del “moderno”dove tutti -ed ognuno- si fecero assertori della libertà creatrice per svolgere l’azione sacra! Che orrore!
Paolo VI vi ravvisò l’odore di zolfanello in tutto questo! E anche l’allora card. Ratzinger lo fiutò. Oggi, divenuto papa quel “per tutti” ridiventa “per molti” , come appariva nell’antico Messale di San PioV, cioè come nella messa tradizionale secondo i canoni del Concilio di Trento.
Con Luigi si postava quasi all’unisono…e le cose, come vedete,collimano….
Francesco73 non ho alcuna competenza in materia di traduzioni bibliche ma vedo che sta intervenendo Francesco Pieri, rivolgiti al tuo omonimo ché questo è pane per i suoi denti.
Ma abbiamo anche la nostra Antonella Lignani…straordinaria professoressa di Latino.
Dott Pieri, sono d’accordo nel definire la Chiesa il vero israele; giammai intesi affermare “una teologia della sostituzione” -malgrado il fraintendimento- gli amici del blog che conoscono il mio pensiero sanno quanto io sia radicale in merito- non ho mai inteso sostituire la Nuova Alleanza all’Antica, al contrario: sono certa che l’incarnazione di Gesù Cristo sia la nuova definitiva alleanza e che in Lui, il Primogenito, cerniera della storia, virgulto rigettato,radice Santa,alfa e omega si ponga la parola fine all’Antica Alleanza, termini un mondo e ne inizi un altro. Per quanto riguarda israele dal punto di vista di Dio nulla è dovuto a nessuno e nessuno dinnanzi al Suo cospetto Altissimo ha diritti da far valere….
Cara Clodine, la rinvio alla lettura di quanto ho già scritto sul breve saggio. In sintesi
1) “molti” non è una traduzione letterale del latino “multis”, ma un calco linguistico grossolano… di quelli che agli studenti di liceo (dove anch’io ho insegnato lettere) o di teologia vanno segnati come errore
2) Non è la smania di novità, né lo zolfo diabolico ad aver prodotto la traduzione “per tutti” (che anche Benedetto XVI ribadisce essere dogmaticamente corretta!!), ma il desierio di fedeltà alla Parola
3) l’eucarestia, come la morte in croce da cui non va mai separata, non è “per molti “ fintanto che questi non si trasformino in “tutti”. E’ per tutti, anche se aperta al rischio che la sua non-accoglienza ne limiti di fatto l’efficacia a “molti” La distinzione teologica (tra “grazia sufficiente” e “grazia efficace”) è legittima, solo che non è riconoscibile nell’intenzione di Gesù o del NT nel riferire quelle parole
PS Come si vede bene, anche nel punto 3 del mio precedente intervento, “molti” si oppone spesso in italiano a “tutti”
In ebraico questa opposizione non c’è!
Aggiungerla, magari col pretesto del letteralismo, è un tradimento! Rischio molto facile per i traduttori, ma da non elevare a metodo.
Nei vangeli il confronto è tra l’uno che dà la vita e la moltitudine che ne può venire salvata. Se questi siano di fatto “tutti” non interessa in quel contesto. Anche se la speranza che lo diventino è molto chiaramente affermata, per esempio, da 1Tim 2, 4 e dal Concilio di Trento, contro il predestinazionismo calvinista.
Pur comprendendo le giuste motivazioni addotte da F.Pieri per la sua traduzione “per una moltitudine”, mi permetto di esprimere delle riserve, per un semplice, e forse banale, fatto: desterebbe perplessità –credo–nella maggior parte dei fedeli non a conoscenza delle particolarità riferite qui dallo stesso Pieri.
Ribadisco quanto ho detto in un post precedente : “per UNA moltitudine” è, comunque, più limitativo rispetto a ” LA moltitudine”. E non si tratta di un particolare da poco.
Inoltre, non si può prescindere dal fatto, ormai risaputo da molti, che ogni evangelista rielaborava i dati ricevuti dalla tradizione orale, o da fonti letterarie preesistenti, secondo il proprio angolo visuale rispetto alla comunità cui si rivolgeva e a cui voleva dare degli insegnamenti. Non avremo, pertanto, mai l’assoluta certezza di quali parole Gesù abbia effettivamente pronunciato nell’ultima Cena e sulla Croce.
Stando così le cose, mi sembra fondamentale che i cristiani , a incominciare dalla Chiesa istituzionale, che abbiano come punto di riferimento l’infinita misericordia di Dio, come il Cristo ha ampiamente mostrato, tengano presente che Dio attrae tutti a sé (Gv 12,32; 19,37) coinvolgendo l’intero mondo nel suo amore.
D’altra parte ci è stato detto che nel Cristo Risorto Dio effonde perdono per tutti (1Gv 2,2) e Spirito che soffia dove, come e quando vuole (Gv 3,8).
Davvero «così Dio ha amato e ama il mondo» (Gv 3,16-17). IL MONDO, cioè tutti.
L’universalità dell’Amore di Dio riguarda cristiani e pagani, credenti e non credenti. E di questo i cristiani devono rallegrarsi, non rattristarsi ponendo dei paletti discutibili e un po’ egoisti.
Certo, Dio–si dice non a torto–non salva chi non vuole essere salvato, ma la decisione ultima su chi si salva non sta a noi ma a Lui, del quale la Scrittura ci attesta la volontà salvifica universale, secondo le parole di Gesù: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato» (Gv 18,9).
Del resto, chi siamo noi per poter giudicare?
Ma che di abusi ce ne siano stati,Dott.Pieri e molti, è un dato di fatto. Poniamo ad esempio il termine “tradere”, che, già nell’originale greco, specie nella forma passiva o riflessiva, sulla scorta di una ben vasta documentazione classica [e lei ne saprà sicuramente più di me che sono una dilettante circa le lingue classiche], significa “darsi in sacrificio”, essere sacrificato…per cui ” in qua nocte tradebatur” di 1Cor 11,23 -prece eucaristica n.III- non doveva affatto tradursi -suppongo ma lei mi corregga se sbaglio- “la notte in cui fu tradito”, ma “la notte in cui si sacrificò, si consegnò alla morte, o “fu sacrificato”! Ora, se per il bene delle anime, si lascia passare un errore così madornale, che dire “nigro vel rubro signandus lapillo”. Ora, che il “Novus Ordo Missae” presentato in tre edizioni distinte [1970-75-08] contiene traduzioni ogni volta differenti e ogni volta sempre più contorte e problematiche è un dato di fatto, come è un dato di fatto che la perdita del latino ha dato origine ad un possibilismo esacerbante e fuorviante, e qui parliamo del post concilio- con il placet di cardinali e anche di papi compreso quel Paolo VI che pervenne ad un “si “per l’abolizione del latino [anzi un “ni”] assai ambiguo, salvo poi, in quell’omelia del 29 giugno del 1972 – Festa dei santi Pietro e Paolo (“Resistite fortes in fide”) citare la famosa frase “attraverso qualche fessura il fumo di Satana è entrato nella Chiesa”. Il Papa in persona lo disse, non la sottoscritta…
Cordialmente
Clo
E più oltre Paolo VI nella stessa omelia aggiunge
“Anche nella Chiesa regna questo stato di incertezza. Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. E’ venuta invece una giornata di nuvole, di tempesta, di buio, di ricerca, di incertezza…” (loc.cit., 708). “Come è avvenuto questo? Il Papa confida ai presenti un suo pensiero:
che ci sia stato l’intervento di un potere avverso. Il suo nome è il diavolo, questo misterioso essere cui si fa allusione anche nella Lettera si San Pietro: Tante volte, d’altra parte, nel vangelo, sulle labbra stesse di Cristo, ritorna la menzogna di questo nemico degli uomini. ” Crediamo – osserva Paolo VI – in qualcosa di preternaturale venuto nel mondo proprio per turbare, per soffocare i frutti del Concilio Ecumenico, e per impedire che nella Chiesa prorompesse nell’inno della gioia di aver riavuto in pienezza la coscienza di sè. Appunto per questo vorremmo essere capaci, più che mai in questo momento, di esercitare la funzione assegnata da Dio a Pietro, di confermare nella Fede i fratelli” (loc.cit., 708-709).
Questo scollamento nefasto tra la Parola di Dio e la sua non retta, oserei dire, falsata interpretazione arbitraria ha prodotto derive tragiche…a mio avviso, delle vere e proprie crepe che Benedetto decimosesto sta tentando ricomporre con grandissima fatica…
Io preferisco il più chiaro “tutti”. Alla fine non è eretico (lo dice il papa) e necessita di poche spiegazioni e didascalie. Chi vuole approfondire si andrà a prendere l’originale greco. Ma prometto: non farò guerre di religione contro le “moltitudini”!
Per la sola diocesi di Roma propongo: ‘na caterva de ggente.
Il mio umile pensiero è che mi piace particolarmente quel PER VOI anteposto al PER MOLTI, o PER TUTTI e credo sia rivolto a chi partecipa fisicamente al rito eucaristico.
Quel Corpo è offerto in sacrificio anzitutto per NOI, qui presenti.
Quindi, offerto alla Chiesa in modo particolare.
Se non ci fosse quel PER VOI sarebbe meno grande e importante la Santa Messa.
Mi sembra un motivo valido per considerare l’importanza della Messa, non solo come deliberazione della Parola, ma anche e soprattutto dell’Eucaristia.
Fraternamente,
Fides.
Secondo me quel “per voi” era rivolto semplicemente ai discepoli allora presenti.
In seguito la Chiesa lo ha esteso a tutti i partecipanti alla mensa eucaristica.
È interessante sapere che in Matteo e in Marco si afferma che Gesù prese il pane e disse:” prendete e mangiate PERCHÉ questo è il mio corpo”, a cui Luca e San Paolo aggiunsero : ” che sarà dato per voi”; formula introdotta nel Canone romano dove, a complemento, fu scritto: ” tutte le volte che farete questo, fatelo in memoria di me”.
Quest’ultima frase fu sostituita da Paolo VI, durante il Concilio, con la seguente, più semplice e tuttora in uso : ” fate questo in memoria di me”.
Tutto bene. Ma la domanda ( senza risposta) è : quali furono in realtà le parole precise di Gesù?
E a tale domanda è lecito porsene almeno un’ altra: le varianti di cui siamo a conoscenza vanno accettate acriticamente?
Il contenuto sostanziale non cambia, è vero, ma mi sembra lecito pensare che nel complesso dei Vangeli ci siano altre varianti che possono dare adito a interpretazioni diverse da parte di esegeti diversi.
Con buona pace di chi vorrebbe una “lettura” uniforme dei Vangeli.
È interessante sapere che in Matteo e in Marco si afferma che Gesù prese il pane e disse:” prendete e mangiate PERCHÉ questo è il mio corpo”, a cui Luca e San Paolo aggiunsero : ” che sarà dato per voi”; formula introdotta nel Canone romano dove, a complemento, fu scritto: ” tutte le volte che farete questo, fatelo in memoria di me”.
Quest’ultima frase fu sostituita da Paolo VI, durante il Concilio, con la seguente, più semplice e tuttora in uso : ” fate questo in memoria di me”.
Tutto bene. Ma la domanda ( senza risposta) è : quali furono in realtà le parole precise di Gesù?
E a tale domanda è lecito porsene almeno un’ altra: le varianti di cui siamo a conoscenza vanno accettate acriticamente?
Il contenuto sostanziale non cambia, è vero, ma mi sembra lecito pensare che nel complesso dei Vangeli ci siano altre varianti che possono dare adito a interpretazioni diverse da parte di esegeti diversi.
È interessante sapere che in Matteo e in Marco si afferma che Gesù prese il pane e disse:” prendete e mangiate PERCHÉ questo è il mio corpo”, a cui Luca e San Paolo aggiunsero : ” che sarà dato per voi”; formula introdotta nel Canone romano dove, a complemento, fu scritto: ” tutte le volte che farete questo, fatelo in memoria di me”.
Quest’ultima frase fu sostituita da Paolo VI, durante il Concilio, con la seguente, più semplice e tuttora in uso : ” fate questo in memoria di me”.
Tutto bene. Ma la domanda ( senza risposta) è : quali furono in realtà le parole precise di Gesù?
E a tale domanda è lecito porsene almeno un’ altra: le varianti di cui siamo a conoscenza vanno accettate acriticamente?
Il contenuto sostanziale non cambia, è vero, ma mi sembra lecito pensare che nel complesso dei Vangeli ci siano altre varianti che possono dare adito a interpretazioni diverse da parte di esegeti diversi.
Pardon !!
Il triplice testo del post è dovuto alla “fregatura”che mi ha dato il computer. Sarà il caldo?
Mai capitata una cosa simile. Chiedo scusa di nuovo.
Secondo me quel “per voi” era rivolto semplicemente ai discepoli allora presenti.
Ben appunto!
E’ così infatti, bravissimo Fides, la Scrittura è adamantina, chiara come acqua sorgiva. Chi non vuole capire purtroppo con capisce e non capirà mai forse perché non PUO’ capire, non gli è stato dato di capire…
Riflettiamo sull’ultima preghiera del Signore, prima dell’ora x in cui venne crocifisso,famosa preghiera sacerdotale di GV cap 17,1-26 . Lo dice espressamente. Testali :
” Io prego per loro. Non prego per il mondo, ma per coloro che mi hai dato, perché ti appartengono. Tutto quello che è mio è tuo, e tutto quello che è tuo è mio, e io sono stato glorificato in loro. Io non sono più nel mondo, essi invece restano nel mondo, mentre io vengo a te.
Padre santo, custodiscili nel tuo nome affinché siano uno come noi. *Mentre ero con loro, li ho custoditi nel tuo nome e li ho protetti, e nessuno di loro si è perduto, tranne il figlio della perdizione., affinché si adempisse la Scrittura .
Non prego per il mondo, ma per coloro che mi hai dato, perché ti appartengono. Tutto quello che è mio è tuo, e tutto quello che è tuo è mio, e io sono stato glorificato in loro. Io non sono più nel mondo, essi invece restano nel mondo, mentre io vengo a te. Padre santo, custodiscili nel tuo nome che mi hai dato, affinché siano uno come noi. *Mentre ero con loro, li ho custoditi nel tuo nome che mi hai dato, e li ho protetti, e nessuno di loro si è perduto, tranne il figlio della perdizione., affinché si adempisse la Scrittura”… Il riferimento è agli apostoli, per estensione ai discepoli e a quanti, credendo in Lui nel Suo essere uno col Padre avranno la vita eterna..
corrige : testuali
Ho ripetuto per tre volte lo stesso concetto. Ma in questo caso “Repetita iuvant”
Un sentito ringraziamento al Prof. Pieri il cui intervento straordinario, di grande utilità, ha contribuito non poco -almeno per quanto mi riguarda- a far chiarezza circa il busillis “molti”-“tutti” ,di non poca problematicità, come lo sono del resto le varianti interpretative all’interno dei sacri testi. Varianti , tuttavia, mai arbitrarie -come recita la Dei Verbum prima e la Verbum Domine poi- ma univoche, vagliate attentamente dal Magistero assisto, sempre, dallo Spirito Santo.
Clodine
…davvero una questione cruciale!
Cari amici, in genere…
Mi permetto di rimandarvi alla lettura integrale del mio libretto (sono solo 48 pp.) dove ho spiegato diversi dei punti toccati dai vostri interventi.
1) Il rapporto tra tradizioni pre-evangeliche e vangeli scritti. Nessuno pretende di conscere le testuali parole di Gesù, ma per fortuna la liturgia non è un abracadabra…
2) il perchè “tutti” sia ormai escluso dal gioco. ll card. Bagnasco andò personalmente da Ben XVI a chiedere di rispettare al volontà dell’episcopato italiano, ma senza speranza perché “for many” era già stato imposto ai ben più consistenti episcopati anglofoni. Per questo urge una proposta alternativa, giacché obiettivamente “per molti” in italiano (ma anche in inglese e tedesco…) “sapit haeresim”. Me lo disse anche in una nostra conversazione il card. Caffarra: “c’è il rischio di mettere in ombra l’universalità della redenzione, che è un dogma basilare”.
3) Come dice una lettrice: “per la vita del mondo” della tradizione giovannea corrisponde bene a “pro multis” e per questo molte preghiere eucaristiche scelgono questa formula. OK a “per ‘na caterva de ggente”!
4) il senso di “tradere”, “tradi” è “consegnare”, “cosegnarsi”, “essere consegnato”. Quella di “offrire in sacrificio” è davvero una traduzione interpretativa, dogmaticamente corretta, ma troppo libera, che fu aggiunta con intenzione antiprotestante e manca nelle traduzioni diverse dall’italiano. Spero che venga tolta!
PS Quanto al “fumo di Satana” evocato da Paolo VI (o alla “sporcizia nella Chiesa” evocata da Ben XVI), il riferimento non è certo al Messale. Ci bastano la pedofilia, la banda della Magliana, le manovre attorno a certa finanza vaticana, ecc. ecc.…
Ringrazio di cuore Francesco Pieri.
Ho seguito un po’ il conflitto dell’unificazione/”uniformatizazzione” della traduzione inglese e i moltissimi incazzamenti derivati… Chissa’ se il buon Gesu’ stava interpretando o parlando letteralmente… Che pena…che pena…che pena….
Voglio solo ricordarvi che – come TUTTI sanno – il Vaticano e’ il luogo dove si insegnano TUTTE le lingue a TUTTE le nazioni di TUTTI i continenti. I cinesi vanno in vaticano per imparare il cinese. Gli indonesiani vanno in Vaticano per imparare il bahasa. Quelli di MyanMar e i thailandesi vanno in vaticano per acquisire il birmano. Quelli di Kinshasa vanno in vaticano per imparare il lingala. E gli indigeni della huazteca messicana vanno in vaticano una volta alla settimana per apprendere il nahuatl.
E questo naturalmente grazie al Vaticano II, Clodine….e a Satana che ha messo la coda in TUTTE le lingue…
La traduzione “per molti” mi sembra proprio una rigidità di matrice tedesca, la volontà di mettere ordine partendo riaffermando una traduzione presunta fedele al latino, ma che fedele evidentemente non è, visto che necessita di essere spiegata con cavilli teologici!
“Et ídeo cum Angelis et Archángelis, cum Thronis et Dominatiónibus, cumque omni milítia cæléstis exércitus, hymnum glóriæ tuæ cánimus, sine fine dicéntes”
traduzione:
“E noi,
uniti agli Angeli
e alla moltitudine dei Cori celesti”
A parte qualche taglio, è chiaro che tradurre in italiano “…Con tutta la milizia dell’esercito celeste” porterebbe ovviamente ad intonare “Fratelli d’Italia!”
al posto del Santo!!
Facendo le persone serie, nella vita quotidiana quante “moltitudini” incontrate voi? A me non ne vengono in mente…
Non si riesce a riordinare la Chiesa partendo da questioni “paulo majora” rispetto al problema dei tradizionalisti eretici e al cesello nelle traduzioni?!?
maybe next Pope?!?
3 agosto Santa Lidia discepola di San Paolo: un bel saluto alla Lidia discepola di Paolo che abita a Monza.
grazie a Francesco Pieri per le sue ottime spiegazioni (soprattutto quella delle 18.40 e 18.47 di ieri: il problema molti/tutti nelle lingue moderne…
Sulla questione relativa a Paolo VI: e mmo bbasta co ‘sta storia del fumo di satana… Paolo VI ha detto un sacco di altre cose! per favore!
Ok maioba, evitiamo il fumo, senza mai dimenticare che dove c’è fumo c’è sempre l’arrosto!
Rinnovo la gratitudine, per il bell’intervento davvero illuminante, al Prof. Francesco Pieri che saluto caramente.
Auguri a l’amica Lidia…baci e abbracci a tutti e buone vacanze!
Grazie Luigi e Clo per gli auguri.
Anch’io ringrazio il prof. Pieri per i bellissimi ed istruttivi interventi.
Personalmente e molto semplicemente anch’io come Fides mi soffermo più sul “per VOI” dal quale guardo al successivo “per TUTTI/MOLTI”.
Credo che nelle parole di Gesù ci sia anche la Sua conoscenza dell’animo umano per il quale TUTTI possono ACCOGLIERE la salvezza dal sacrificio di Gesù Cristo, ma solo “MOLTI” lo faranno.
La speranza è che TUTTI entrino in quel VOI, ma l’Apocalisse parla molto chiaro al riguardo.
Inoltre se diamo per scontato che TUTTI veniamo/siamo salvati al di là di ogni impegno personale, allora a che serve l’Inferno? A che serve l’Apocalisse? A che servono tante raccomandazioni di Gesù?
Insomma, personalmente non mi pare una questione nodale anche perchè in queste parole di Gesù entra come Luce la Misericordia divina sul quale nessuno può sindacare.
Quando sentirò “per MOLTI” io pregherò con: “speriamo siano TUTTI” anche perchè non so se io sono tra i “MOLTI”.
Un caro saluto a tutti.
Le traduzioni dalla lingua nativa all’italiano (e suppongo anche in altre lingue) hanno spesso creato problemi e richiesto correzioni, tipica quella di un Padre Nostro che arrivava a dire “non indurci in tentazione”, poi lentamente corretta, la nuova versione non mi pare ancora del tutto operativa.
E molti sacerdoti cha andavano al sodo, al pratico, si preoccupavano di spiegare che il termine indurre non voleva proprio dire quello che normalmente è detto nei vocabolari, usato nel linguaggio di tutti ma qualcos’altro, sapete, i traduttori ….
Io ricordo solo un po’ di latino, tutte le altre lingue usate nelle scritture: mai viste.
Allora cerco di riferirmi ai principi base del Vangelo, della Fede, dell’Amore senza distinzioni, quello vero.
Nel caso specifico, se crediamo nel libero arbitrio e neghiamo la predestinazione, è chiaro che la parola da usare è “tutti”, in quanto “moltitudine” non dà assolutamente – almeno a me non molto dotto – il concetto di tutti, ma solo quello di molti, magari di proprio tanti, ma non proprio di tutti, pwerché, altrimenti, non si vede perché non dire tutti.
Moltitudine dà sempre il senso di una limitazione, non quello di TUTTI GLI UOMINI.
Ed allora potrebbero cominciare discussioni che non farebbero bene a nessuno.
Povero Gesù, e pensare che sono convinto proprio che sia morto per TUTTI, chissà cosa pensa …. (Ma tanto, già lo sapeva, e ci perdona anche questa)
Condivido il tuo pensiero, marcello.n.
“Per voi”, “per molti”, “per tutti”, “per la moltitudine”, per “una moltitudine” etc…
Bello e molto costruttivo “pignoleggiare” sulle espressioni della liturgia desunte da Matteo e Marco che hanno detto questo, da Luca e Paolo che hanno detto quello, dai riferimenti a Isaia…
Un papa dice una cosa, un altro corregge ( beninteso esprimendo apprezzamento per il predecessore)… Bello e molto costruttivo!
Intanto da qualche parte io ho letto: “per quanto ispirati da Dio i testi biblici non sono da considerarsi come piovuti dal cielo e non soggetti a interpretazione…”
Vuol dire che le interpretazioni, almeno entro certi limiti, sono lecite se le parole esatte non si sono sentite direttamente, ma sono state tramandate oralmente, come dimostrano le varianti ( non poche) nei Vangeli.
Papa Paolo VI, che non era uno qualunque, aveva interpretato bene, anzi benissimo, sulla base del messaggio– considerato nella sua interezza– del Nuovo Testamento.
Da un visitatore che si firma Luigi – che è un gran bel nome – ricevo questo messaggio:
Pro vobis et pro multis. Mi permetto di avanzare una semplice, innocente, proposta: sostituire il “pro multis” delle preghiere eucaristiche con “pro omnibus”. Esprimo alcune ragioni a sostegno.
1. Premessa. E’ legittimo che la Chiesa, nella fedeltà alla tradizione, abbia cambiato
a) Accipite et manducate ex hoc omnes: hoc est enim corpus meum in Accipite et manducate ex hoc omnes: hoc est enim corpus meum, quod pro vobis tradetur
b) Accipite et bibite ex eo omnes: hic est enim calix sanguinis mei, novi et aeterni testamenti: mysterium fidei: qui pro vobis et pro multis effundetur in remissionem peccatorum. Haec quotiescumque feceritis, in mei memoriam facietis in Accipite et bibite ex eo omnes: hic est enim calix sanguinis mei novi et aeterni testamenti, qui pro vobis et pro multis effundetur in remissionem peccatorum. Hoc facite in meam commemorationem.
2. Ognuno di questi “racconti dell’istituzione” (nell’attuale ordo e in quello precedente) non è “alla lettera” neo testamentario. E’ facile vedere che Matteo, Marco, Luca e Paolo in 1 Cor. usano espressioni che non coincidono. Credo abbia un significato – per esempio – che Matteo e Marco usino “pro multis” e Luca e Paolo “pro vobis”. E che Paolo e Luca, che hanno dato la loro struttura al testo eucaristico che usa la Chiesa, non abbiano “pro multis”. In Luca: “facite in meam commemorationem” è dopo le parole sul pane e non dopo quelle sul vino. E magari non è banale notare che il catechetico “enim” (hoc est…; hic est…) non è neotestamentario.
3. Si può sostenere che la invocata “corrispondenza letterale tra originale e traduzione” riguarda un testo liturgico (ecclesiastico) di grandissima importanza, ma non è interessato da essa il testo scritturistico come tale. L’affermazione del Papa nella lettera ai vescovi tedeschi (“il timore reverenziale della Chiesa davanti alla parola di Dio, la fedeltà di Gesù alle parole della Scrittura: è questa doppia fedeltà il motivo concreto della formulazione per molti”) andrebbe – più sottilmente – intesa come timore reverenziale di fronte a singole parole scritturistiche, a singole espressioni, non a uno dei racconti (neotestamentari) completi e coerenti dell’istituzione eucaristica.
4. Ratzinger in Il Dio vicino, San Paolo 2005 (prima ediz. 2003), libro che raccoglie conferenze sull’Eucaristia da lui tenute a Monaco nel 1978-79, afferma (pag. 31) che in 1Tim. 2,6 (…qui dedit redemptionem semetipsum pro omnibus) viene citato un testo eucaristico. “Sappiamo così che allora in un determinato ambiente della Chiesa, nell’Eucaristia si usava la formula di offerta per tutti”. Nella tradizione della Chiesa – aggiunge Ratzinger – questo modo di vedere non è mai andato del tutto perso (vedere racconto dell’ultima cena, al giovedì santo, nell’antico messale: Qui pridie quam pro nostra omniumque salute pateretur, hoc est hodie…).
5. Allora si può immaginare che la Chiesa adotti la formula eucaristica “pro vobis et pro omnibus”: in fedeltà a Luca e Paolo (pro vobis) e a 1 Tim. 2,6 (pro omnibus”).
Credo che tutte le discussioni sul “come tradurre” non portino molto di buono. Quello che oggi ci sembra una buona traduzione domani può non esserlo più, perché la lingua si evolve. Credo invece nella importanza della Tradizione della Chiesa, cioè in quel deposito della fede che è stato tramandato nei secoli. Ogni traduzione va inserita e interpretata alla luce della Tradizione, secondo me (ma anche secondo il CCC). In quanto al Concilio, aveva detto che il Canone della Messa doveva restare in latino. A giudicare da tutte le diatribe odierne, non era una scelta sbagliata.
Mi piace ricordare ancora una volta le parole di Gesù: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato» (Gv 18,9).
Chissà se la formula include anche i membri della conferenza episcolape argentina che ha suggerito al Gen. Videla la dolce morte per i desaparecidos. Una bella puntura di penthotal prima di una bella nuotata in mare gettati da un aereo in modo da affogare silenziosamente senza le rimostranze papali che non ne sapeva niete.
Ma che fedeltà il Gen, Videla da bravo osservante ad eseguire fedelmente.
Anche lui parte della moltitudine ? Chissà ! Io vomito lo stesso.
Ho seguito la discussione: molto interessante.
Però. tutti o una moltitudine, quello che è venuto a fare Gesù mi pare sempre molto chiaro.
Quello che mi lascia perplesso é: noi, adesso che è il nostro giro , adesso che sta a noi essere il corpo di Cristo per il mondo, che facciamo?
Per tutti, molti, qualcuno, Uno, almeno uno….siamo disposti a darla la nostra vita?
Perché se no rendiamo vana la discussione.
Quel che è peggio, vanifichiamo per quanto ci riguarda la stessa azione di Cristo…
Ahiahiahiahiahiahiahi……
“Quello che oggi ci sembra una buona traduzione domani può non esserlo più, perché la lingua si evolve.”
Che strano sig.ra antonella, ma secondo lei si evolvono anche le idee e i principi espressi dalle parole che si modificano ? E se “la buona tradizione di oggi domani potrà non esserlo più” ? Che dire di quella di ieri ? Forse era sbagliata anche quella ma ha formato la tradizione e quindi ? Tutto da rivedere ?
Io credo di si.
@ Marilisa
“Mi piace ricordare ancora una volta le parole di Gesù: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato»” (Gv 18,9).
Se non erro “quelli che mi hai dato” non include “tutti” ma alcuni dato che non ha dato tutti. No ?
@ Lorenzo
“Per tutti, molti, qualcuno, Uno, almeno uno….siamo disposti a darla la nostra vita? Perché se no rendiamo vana la discussione.”
Ma dove l’ha letto che deve dare la vita ? chi doveva farlo l’ha già fatto.
“Quando vi perseguiteranno in una città, fuggite in un’altra; poiché veramente vi dico: Non completerete affatto il giro delle città d’Israele finché arrivi il Figlio dell’uomo.” ( Mt 10.23)
Fuggite non equivale a farsi uccidere. Sarebbe un suicidio farsi uccidere consapevolmente no ?
Caro Giaob, pure Gesù si è sottratto ed è sfuggito varie volte, ma solo per finire in croce definitivamente. E i suoi amici, pure.
Noi invece siamo qui a spaccare il capello in quarantaquattro e a fare giochini di parole.
Non avverte una qualche allarmante differenza?
PS Chi doveva farlo l’ha già fatto. Ma ha lasciato delle consegne molto chiare.Lei ritiene che a noi non resti che spapanzarci in platea a scaldare il nostro posto? Io non direi proprio.
@ marcello.n
“Povero Gesù, e pensare che sono convinto proprio che sia morto per TUTTI, chissà cosa pensa …. (Ma tanto, già lo sapeva, e ci perdona anche questa)”
Allora perdoni anche lei la mia sottolineatura, ma non è proprio così. Perché è morto per tutti, si, ma tutti quelli che ne afferrano l’opportunità. Gratis non si va in paradiso. Sarebbe come rendere vana la sua morte.
Quindi la sua morte ha significato solo per quelli che se ne sono resi conti e agiscono in conformità.
“Poiché è impossibile che quelli che sono stati una volta per sempre illuminati, e che hanno gustato il gratuito dono celeste, e che son divenuti partecipi dello spirito santo, e che hanno gustato l’eccellente parola di Dio e le potenze del sistema di cose avvenire, ma che si sono allontanati, siano di nuovo ravvivati a pentimento, perché mettono di nuovo [al palo] in croce (?) il Figlio di Dio per loro conto e lo espongono a pubblica vergogna. “ ( Ebr. 6.4-7)
Gioab, lei ancora una volta mi ha fatto ridere di cuore.
Secondo lei, chi sono quegli “alcuni” che ha dato?
Me lo faccia sapere; sono tutt’ orecchi. Non aspetto altro.
@ marcello.n
“Povero Gesù, e pensare che sono convinto proprio che sia morto per TUTTI, chissà cosa pensa …. (Ma tanto, già lo sapeva, e ci perdona anche questa)”
Sono perfettamente d’accordo con questa piccola riflessione forse poco teologica, ma che trovo molto pertinente. Chissà che cosa pensa?
Invece di farti massacrare su un patibolo per noi, Signore, Dio dell’ Universo, avresti potuto parlare un po’ piu’ chiaro, e toglierci così questa angosciosa castagna dal fuoco!:)
Lorenzo, ti metto sull’avviso: non prendere troppo sul serio Gioab.
È una persona “sui generis” che ama provocare il prossimo con citazioni a nastro di passi della “sua” Bibbia ( che è quella dei TdG); ed è convinto–pia illusione!– di mettere in difficoltà gli interlocutori.
Dopo una vacanza lunghetta è ricomparso, per la gioia di qualcuno, ed ha ricominciato la sua “missione”.
Bentornato Gioab!
@ antonella longnani
“Come si fa, Luigi, da semplici fedeli ad esprimere opinioni su questo problema? L’idea della “moltitudine” non mi dispiace. Inoltre trovo citato nel tuo stesso blog e da te stesso: Giovanni 17: “Aiutami a custodirli perchè nessuno vada perduto di quelli che mi hai affidato”.
Come si fa ? Basta leggere. Non pretenderà che ci sia l’interprete dell’interprete…. Si sarenne bagliata la Parola. Impossibile. “Di quelli che mi hai affidato” sono molti ma non sono tutti. Non c’è molto altro da capire.
@ Marilisa
Grazie per il bentornato ma non sono ancora tornato. Approfitto dove trovo una connessione per non abbandonare “quelli che mi sono stati affidati” a far capire che molti non sono tutti e tutti sono i molti che hanno scelto di esserci. Senza paura, senza intermediari, con la sola forza della comprensione e della Ragionevolezza, lasciando che il “grano” cresca meditando affidandosi a Colui che :
“fa grandi cose imperscrutabili,
Cose meravigliose senza numero;
[A] Colui che dà la pioggia sulla superficie della terra
E manda le acque sulle campagne;
[A] Colui che pone in luogo alto quelli che sono bassi,
Così che quelli che sono tristi si elevano nella salvezza;
[A] Colui che frustra i disegni degli scaltri,
Così che le loro mani non operano efficacemente;
[A] Colui che prende i saggi nella loro astuzia,
Così che il consiglio degli astuti va a precipizio;
Incontrano tenebre perfino di giorno,
E a mezzogiorno vanno tastoni come di notte;
E [a] Colui che salva dalla spada [che esce] dalla loro bocca,
E dalla mano del forte, un povero,
Così che per il misero c’è speranza,
Comunque, io stesso mi rivolgerei a Dio,” ( Gbbe 5.8-16)
@ Marilisa
“Gioab, lei ancora una volta mi ha fatto ridere di cuore.
Secondo lei, chi sono quegli “alcuni” che ha dato?
Me lo faccia sapere; sono tutt’ orecchi. Non aspetto altro.”
Perché vuol sapere da me ciò che è nella mente di Dio ? Dovrebbe chiederlo a Lui ! Magari le rispondo chissà. O non crede che lo farà con lei ?
“E Zofar il naamatita rispondeva e diceva:
“Resterà una moltitudine di parole senza risposta,
O sarà nel giusto un semplice millantatore?
Farà il tuo stesso discorso vuoto tacere gli uomini,
E continuerai tu a deridere senza che nessuno [ti] rimproveri?
Inoltre, tu dici: ‘La mia istruzione è pura,
E mi sono mostrato realmente mondo ai tuoi occhi’.
Eppure, oh se solo Dio stesso parlasse
E aprisse le sue labbra con te!
Allora ti dichiarerebbe i segreti della sapienza,
Poiché le cose della saggezza sono molteplici
( Gbbe 11.1-11)
.
“ Poiché egli stesso conosce bene gli uomini che sono falsi.
Quando avrà visto ciò che è nocivo, non si mostrerà anche attento?” ( Gbbe 1.11)
Saluti e il riso fa buon sangue…. e mi piace sapere che diverto almeno non sono noioso.
@ Lorenzo
“Caro Giaob, pure Gesù si è sottratto ed è sfuggito varie volte, ma solo per finire in croce definitivamente.”
E lei trova “normale” che Dio fugga dinnanzi agli uomini ? o che si faccia mettere in croce da quelli che ha creato ? e chi lo avrebbe risuscitato allora !
“Ha lasciato delle consegne molto chiare”
Ma se sono cosi chiare perché mai c’è tanto putiferio in platea sull’interpretazione ?
@ Marcello.n
Matt. 6.13 “Non ci condurre n tentazione”
Ma secondo lei c’è una possibilità che Dio possa essere tentato e messo alla prova ? Se è Perfetto non può sbagliare, quindi che senso avrebbe la tentazione di Dio ? E’ perfino invincibile !
“E il Tentatore venne e gli disse: “Se tu sei figlio di Dio, di’ che queste pietre divengano pani”.. ( Mt. 4.3)
Al contrario : “Ed essa diceva alle donne: “Non chiamatemi Naomi. Chiamatemi Mara, poiché l’Onnipotente mi ha reso [la situazione] molto amara. Quando andai ero piena, e Jehovah mi ha fatto tornare a mani vuote. Perché dovreste chiamarmi Naomi, quando Jehovah bmi ha umiliata e l’Onnipotente mi ha causato calamità?” (Rut 1.20)
Dice Paolo : ““Dio è fedele, e non lascerà che siate tentati oltre ciò che potete sopportare, ma con la tentazione farà anche la via d’uscita perché la possiate sopportare”. — (1 Corinti 10:13.) Così accadde anche con Rut ma “la cui fine fu migliore del suo principio” – come con Giobbe “ In quanto a Jehovah benedisse poi la fine di Giobbe più del suo principio,” ( Gbbe 42.12)
“Là Egli stabilì per loro un regolamento e una causa giudiziaria e là li mise alla prova.” (Eso 15.25)
(Deuteronomio 8:2) ”E ti devi ricordare di tutta la via per la quale Geova tuo Dio ti ha fatto camminare in questi quarant’anni nel deserto, per umiliarti, per metterti alla prova in modo da conoscere ciò che era nel tuo cuore, se avresti osservato i suoi comandamenti o no.”
@Marilisa
“È interessante sapere che in Matteo e in Marco si afferma che Gesù prese il pane e disse:” prendete e mangiate PERCHÉ questo è il mio corpo”, a cui Luca e San Paolo aggiunsero : ” che sarà dato per voi”;”
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“ Mentre continuavano a mangiare, Gesù prese un pane e, dopo aver detto una benedizione, lo spezzò e, dandolo ai suoi discepoli, disse: “Prendete, mangiate. Questo significa il mio corpo” ( Cei = questo è il mio corpo) . E prese un calice e, avendo reso grazie, lo diede loro, dicendo: “Bevetene, voi tutti; poiché questo significa il mio ‘sangue del patto’, ( Cei = questo è il mio sangue ) che dev’essere versato a favore di molti per il perdono dei peccati. Ma io vi dico che da ora in poi non berrò più di questo prodotto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio”.
1. Nel calice c’era il “prodotto della vite” e non sangue.
2. La legge proibiva l’uso del sangue ( Lev 17.10) “‘In quanto a qualunque uomo della casa d’Israele o a qualche residente forestiero che risiede come forestiero in mezzo a voi il quale mangi qualsiasi sorta di sangue, certamente porrò la mia faccia contro l’anima che mangia il sangue, e in realtà la stroncherò di fra il suo popolo….
3. Anche volendo non avrebbe potuto darlo da mangiare a così tante persone succedutesi nei millenni.
4. I primi cristiani continuarono a seguire la legge di Levitico che era già stata data a Noè e non è mai stata annullata ( v. Atti 15.28-29 e Gen.9.4-6)
5. Nell’originale greco, il verbo che traduce è è “ “estin eimini “ che il diz. Greco di laparola.net Dizionario che si trova qui dice che ha anche una serie di altri significati, non solo quello riferito al verbo essere, ma anche : “ essere, esistere, accadere, essere presente, avere, venire, commettere, condannare da sé, accontentare, significare, rappresentare, bastare, stare, voler dire, assomigliare, apparire, ecc.
L’aspetto più intrigante è il seguente, e qualcuno dovrebbe spiegare perché:
1.Mat. 12.7 – Qui “estin eimi ” è tradotto “significhi”: “Se aveste compreso che cosa significhi [gr. estìn]: Misericordia io voglio e non sacrifici, non avreste condannato persone senza colpa “ ( Mt. 12.7 CEI 2008) – Gr. “12:7 Se {e„ ei} sapeste {™gnèkeite ginôskô} che cosa {t… tis} significa {™stin eimi}: “Voglio {qšlw thelô} misericordia {œleoj eleos} e {kaˆ kai} non {oÙ ou} sacrificio {qus…an thusia}”, non {oÙk ou ¨n an} avreste condannato {katedik£sate katadikazô} gli {toÝj ho} innocenti {¢nait…ouj anaitios}; | {d? de}”
2. Mat. 27.46 – Qui è nuovamente tradotto “significa” invece che “è”. “Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: “Elì, Elì, lemà sabactàni?”, che significa [gr. estìn eimi]: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” ( Mt. 27.46 CEI 2008)
“27:46 E {d? de}, verso {perˆ peri} l’ {t¾n ho}ora {éran hôra} nona {™n£thn enatos}, Gesù {Ð ho „hsoàj Iêsous} gridò {¢nebÒhsen anaboaô lšgwn legô} a gran {meg£lV megas} voce {fwnÍ fônê}: «Elì {hli êli}, Elì {hli êli}, lamà {lema lema} sabactàni {sabacqani sabachthani}?» cioè {toàt’ houtos œstin eimi}: «Dio {qeš theos} mio {mou egô}, Dio {qeš theos} mio {mou egô}, perché {ƒnat… hinati} mi {me egô} hai abbandonato {™gkatšlipej egkataleipô}?»
3. Luca 8.11 – Anche qui, c’è un altro cambiamento. “ll significato della parabola è questo: il seme è [gr. estìn eimi ]la parola di Dio.” ( Lc 8.11 CEI 2008) – “8:11 Or {d? de} questo {aÛth houtos} è {œstin eimi} il {-} significato {-} della {¹ ho} parabola {parabol» parabolê}: il {Ð ho} seme {spÒroj sporos} è {™stˆn eimi} la {Ð ho} parola {lÒgoj logos} di {toà ho} Dio {qeoà theos}.
Però il seme in questo caso non si mangia fisicamente ma “rappresenta o significa” un insegnamento.
Mentre:
5. Gal 4.24 – nuovamente variata la traduzione con “rappresentano. “Ora, queste cose sono dette per allegoria: le due donne infatti rappresentano [ gr. estìn eimi ] le due alleanze.” (Gal 4.24 CEI 2008)
“4:24 Queste cose {¤tin£ hostis} hanno {™stin eimi} un senso allegorico {¢llhgoroÚmena allêgoreô}; poiché {g£r gar} queste {aátai houtos} donne {-} sono {e„sin eimi} due {dÚo duo} patti {diaqÁkai diathêkê}; uno {m…a heis}, del {¢pÕ apo} monte {Ôrouj oros} Sinai {sin© Sina}, genera {gennîsa gennaô} per {e„j eis} la schiavitù {doule…an douleia}, ed {-} è {™stˆn eimi} Agar {¡g£r Hagar}. | {m?n men ¼tij hostis} Qui nello stesso verso [estin eimi] è tradotto in 3 modi diversi. “ Hanno, sono, è.
Come si può notare anche la CEI 2008 traduce il Gr. “estìn imi” alcune volte con “rappresenta” e alcune volte con “è”. Alcune volte con “significa”. Come mai solo nel versetto riferito all’ultima cena ( Mt 26.26;28; Mc 14.22;24; Lc. 22.19; Gv 17.3 1Cor 11.24;) deve essere usato esclusivamente “è” piuttosto che “significa” o “rappresenta” ? Dato che era proibito mangiare sangue ? Ed avrebbe dovuto essere era una commemorazione “in ricordo ? o in memoria ?” Magari si sono sbagliati anche i traduttori della Cei. E ha pure l’imprimatur. Forse è sbagliato il testo greco ? Eppure S. Paolo il greco lo conosceva benissimo, ( ha predicato pure ai saggi di Atene sull’Aeropago).
Chi ha orecchio ascolti.
Riporto nuovamente il collegamento al Diz. Greco per essere più preciso.
http://www.laparola.net/vocab/parole.php?parola=e%84m%85
@Gioab
Caro Gioab: diciamo la stessa cosa, come è successo altre volte.
Gesù è morto per tutti, e mi sembra ovvio, altrimenti non sarebbe nemmeno un po’ nella giustizia.
Per farmi capire meglio: la sua morte ha dato a tutti, peccatori o no, la possibilità di redimersi, purché “ ne afferrino l’opportunità”, come tu dici.
E mi pare altrettanto ovvio che chi continua sulla strada sbagliata non possa pretendere la redenzione, ma Gesù è morto anche per loro, per offrire anche a loro una grande opportunità, proprio da Amore infinito, da coniugare con una Giustizia infinita.
@quasi tutti gli altri.
Confesso che mi sembra di impazzire, di vivere in un mondo strano, o meglio: estraneo al nostro credo, fuori dalla nostra realtà terrena.
Ma vedete quante discussioni, quale accanimento teologico, esegetico, linguistico, quante ore spese da persona di notevole intelletto, per un argomento che è, che DEVE essere semplice, se crediamo in Dio e se non giochiamo troppo con la lingua italiana e le altre lingue.
O Dio è infinitamente giusto, ed amore infinito, ed allora è ovvio che il suo sangue è stato versato per tutti, e se ci vengono dei dubbi vuol dire che mettiamo in dubbio la premessa della giustizia di Dio.
La traduzione, l’interpretazione, l’esegesi più dotta e sofisticata non possono fare venire dubbi sui nostri principi base, debbono essere coerenti con questi ultimi.
Altrimenti i casi sarebbero due: o la traduzione non è corretta, o i principi della giustizia e dell’amore non valgono.
Preferisco pensare che di non a posto ci sia la traduzione, se non altro è fatta da uomini, i principi da Dio.
Penso invece che sarebbe molto più costruttivo e, certamente molto più evangelico, pensare a come cavarcela nel bailamme di oggi, nel quale la nostra etica sta sparendo, con le conseguenze che vediamo tutti i giorni, e, soprattutto, con l’OMISSIONE di quel dovere di amare il prossimo, e quello sì ci è stato detto in modo chiaro.
Raccomanderei anche una rilettura della parabola dei talenti e della Fides et Ratio.
Ma quando cominciamo ad uscire dell’ovile???
Per favore, scendiamo con i piedi per terra.
Scusate lo sfogo.
Faccio mio lo sfogo di Marcello. Ma a chi giova questo ardore letteralistico nelle traduzioni? Alla verità? Ma se la verità è nel senso (“per tutti”), perché accanirsi sulla lettera (“per molti”)? Perché non cambiare anche il Gloria, là dove si proclama erroneamente la “pace agli uomini di buona volontà”, mentre deve essere “pace agli uomini che Egli ama”, senza specificare se li ama tutti o ne ama molti? Ma se, invece, Dio ci ha pensati e amati fin dall’eternità, ha seguito con trepidazione il nostro formarci nell’utero materno, sceglie di nascere in una donna per condividere la nostra umanità (lui che può tutto avrebbe potuto benissimo presentarsi, zac!, già bello e adulto, o no?), questo Dio siffatto alla fine decide di dimenticare il suo amore per tutti e si sacrifica per molti. Ma non è vero anche nel caso che stiamo discutendo che “littera occidit, spiritus autem vivificat”?
Io, che credevo che Cristo fosse morto per “tutti”, e quindi anche per me, adesso che so che non è così, in chiesa non ci vado più. Non foss’altro che per solidarietà con gli esclusi.
Sfogo molto bello e perfettamente condiviso, quello di marcello n.
Non minimizzo e non banalizzo questioni lessicali e interpretative della Parola: anche a una capra come me è evidente che nascondano problemi teologici spessi, se riescono, come dice, Luigi, a “scuotere la Chiesa”.
Tuttavia che la Chiesa ( che siamo noi, nella fretta) veda di scuotersi una buona volta per quell’altro milione e mezzo di ragioni piu’ pressanti e piu’ urgenti che ci stanno sotto il naso un giorno sì e l’altro pure e sulle quali invece spendiamo ragionate consumate espressioni diplomatiche, inutili parole di rassegnazione, o di buon senso, o sospirose citazioni di salmi e di versetti, mentre dovrebbero toglierci respiro e sonno e darci una pedatona solenne nel sedere a sbatterci FUORI, nel mondo vero e concreto che siamo chiamati a cambiare, a salvare, a bonificare con il messaggio di Cristo.
Piantiamoci davanti a un crocifisso, e consideriamo che Gesù in croce ha detto 7 ( sette) parole in tutto. In compenso s’è lasciato fare a pezzi e ha spalancato a tutti la libertà e la salvezza.
Vediamo di non fare l’esatto contrario.
Almeno noi laici che “nel mondo” ci siamo già per stato, e lì dovremmo trovare la nostra chiarissima missione. Invece di giocare a fare i padri conciliari in pantofole, tirarsi su le maniche e andare.
Per quel che vale, bravissimo!, Lorenzo. Si guarda la pagliuzza delle parole (nel caso specifico e senza generalizzare) e si trascura la trave dei fatti.
Off topic, ma non tanto:
http://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/Stampa201208/120803cristiano.pdf
Condivido in pieno gli “sfoghi” di marcello.n, di lazzaro e di Lorenzo.
Quando si guarda al complesso dei contenuti evangelici, salta agli occhi che Gesù è venuto per parlarci soprattutto della infinita misericordia di Dio, che il vecchio Testamento spesso mette in ombra.
Sembrerebbe evidente che chi non vuole la salvezza, non può averla.
Ma è altrettanto evidente, a mio parere, che chi non la vuole non ha chiaro nella mente che cosa sia, la salvezza. E questo rientra nei limiti dell’essere umano.
Quando da bambini eravamo renitenti o reticenti a dare retta ai consigli dei genitori, ciò era dovuto non alla nostra cattiveria, ma alla difficoltà da parte nostra di capire che cosa fosse bene e che cosa, invece, fosse male.
Nella storia dell’umanità c’è lo stesso percorso. E Dio lo sa bene.
Perché non pensare che Dio, che tutto conosce e che scruta nelle intime pieghe dell’animo di ciascuno, vorrà tener conto del bene che è in noi, spesso inespresso per i molteplici limiti di cui siamo prigionieri nostro malgrado? E che, pertanto, vorrà salvarci?
Sempre la Chiesa mette in campo la libertà dell’uomo ai fini della salvezza, ma di quale libertà si parla se l’uomo è condizionato da mille vincoli, molti dei quali sfuggono alla sua comprensione?
Ciò che importa, al di là delle disquisizioni sui termini presenti nel Canone romano e sulle traduzioni, è che Gesù è venuto fra noi per la SALVEZZA di TUTTI come si evince da numerosi passi dei sacri testi.
E non poteva essere altrimenti data la sua natura divina che già di per sé è inclusiva dell’Amore universale.
Quando si bizantineggia su termini che se non sono uguali, sono però simili, vuol dire che o si pecca di inutile orgoglio volendo dimostrare che la lettera è altro dalla interpretazione ( e qui si sollazzano i dotti “eruditi” che amano dimostrare le loro conoscenze bibliche e linguistiche), o qualcuno vuole fare discriminazioni in senso restrittivo.
E quest’ ultimo caso, che io vedo prevalente,lo riconduco all’eterna diatriba fra tradizionalisti rigoristi ( che io detesto cordialmente, come altre volte ho detto) e cristiani postconciliari, aperti all’Amore senza esclusioni.
Questa diatriba è destinata a lacerare ( “scuotere” ha detto Luigi ) la Chiesa e ciò è un male grave.
Qua io sì ci vedo una presenza diabolica, non nel C.V.II come avrebbe detto papa Paolo VI nei suoi discutibili tentennamenti.
Possibile che un uomo accorto(?) come il papa attuale non se ne sia reso conto?
Nella Chiesa ci sono tante storture, e ne veniamo a conoscenza tutti i giorni.
Chi la guida, ad esse dovrebbe pensare, a risolvere i problemi che la tormentano, non alle “inezie” di traduzioni di parole non dissimili.
E se proprio vogliamo metterla sul piano filologico, si pensi che esistono anche le traduzioni “ad sensum”, tanto più legittime quanto più vengono rapportate al contenuto complessivo di un testo o di un insieme di testi.
Ad ogni modo il popolo di Dio ama la concretezza di fatti che dimostrino la carità della Chiesa, non l’erudizione dei sapientoni che vogliono mettere paletti per la “conquista” della salvezza.
“In ricordo ? o in memoria ?” : è la domanda di Gioab.
Le faccio presente, Gioab, che i due termini hanno lo stesso significato.
Caso mai la distinzione è fra “memoria” e “memoriale”.
Memoriale è molto più che memoria ( semplice ricordo).
Per i cristiani “memoriale” è la riattualizzazione , nella celebrazione eucaristica, del sacrificio di Cristo, della Sua morte e della Sua Resurrezione.
“Identici sono la vittima e l’offerente, diverso il modo di offrirsi: cruento sulla Croce, incruento nell’Eucaristia.” Lo leggiamo nel catechismo.
Come è possibile tutto questo?
Per il fatto che Gesù Cristo, dopo il mistero pasquale, vive al di là delle leggi del tempo e dello spazio proprie di questo mondo.
La salvezza è per tutti, ma non di tutti, proprio per il discorso del libero arbitrio.
Ma la misericordia di Dio va oltre le nostre deduzioni/convinzioni.
Personalmente non me ne importa molto che si usi l’uno o l’altro termime.
Ecco qua un’altra che riesce a coniugare alfa e omega…
Peccato non ne “abbia due e bene pendenti” …
“La salvezza è per tutti, ma non di tutti, proprio per il discorso del libero arbitrio.”
Lei è proprio sicura che “l’arbitrio” sia così “libero”?
Da dove questa certezza? Dal fatto che se lo è sempre sentito dire?
Io non ce l’ho affatto questa certezza.
Quello che vedo intorno a me mi parla di libertà limitata, per non dire fasulla, e di volontà condizionata da molti fattori.
L’essere umano è stato creato e in ciò stesso stanno i suoi limiti.
@ Marilisa
“In ricordo ? o in memoria ?” faccio presente, Gioab, che i due termini hanno lo stesso significato. Caso mai la distinzione è fra “memoria” e “memoriale”.”
Distinta Marilisa, il tentativo è buono ma destinato a fallire. Non è un memoriale. E’ un ricordo e non può essere un memoriale perché l’offerta cruenta non è ripetibile.
“Poiché [la morte] che egli subì, la subì riguardo al peccato una volta per sempre;” ( Rm 6.10)
“Egli non ha bisogno di offrire sacrifici ogni giorno, come quei sommi sacerdoti, prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo (poiché fece questo una volta per sempre quando offrì se stesso);” ( Ebr. 7.27)
Quindi non è memoriale ma è in memoria o in ricordo.
Aggiungo:
1Corinzi 11,26 : “Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga.” ( 1 Cor .11.26 CEI)
Annunciare è uguale a ripetere il fatto delittuoso o significa ricordare ?
(Efesini 1:7) “Per mezzo di lui abbiamo la liberazione per riscatto mediante il suo sangue, sì, il perdono dei [nostri] falli, secondo la ricchezza della sua immeritata benignità.”
Secondo lei, quante volte deve essere pagato il riscatto ? a ripetizione o bastava una sola volta ?
Giocare con le parole non sempre riesce.
Questioni di lanuggine caprina.
Come nel caso del Padre Nostro
a: non c’indurre in tentazione
b. e non abbandonarci alla tentazione
Da decine di anni ferve il dibattito teologico e pretesco.
Nel più autentico spirito del sinedrio.
Ma si sa.
Tutto gioca sull’equivoco sacerdote-presbitero, dove per una moltitudine di cattolici, fortunatamente non per TUTTI i cattolici, i due termini coincidono.
Accreditando l’ordinazione presbiteriale come se fosse ordinazione sacerdotale che non è nè può essere, in quanto il Sacredote unico della chiesa cattolica è Cristo.
E in tempi di restaurazione nella politica come nella chiesa di Roma questi argomenti “forti e decisivi” per il futuro dell’umanità tengono banco.
Ottimi diversivi per distrarre il popolo bue da ben più tosti e gravi problemi sociali e spirituali che no trovano risposte, peggio, nemmeno il tentativo del rischio di dare una qualche risposta umana.
Così in attesa dell’agognato dogma, salvatore salva tutti anche l’anima dei prosciutti il popolo continua appecoronato a brucare distrattamente.
Così, ad esempio tra i rpoblemi della sacra pedofilia e della trasparenza finanziaria e mezzo IDI in galera , rimasti tal quale è di qualche giorno fa una brillante delibera del comune destrorso e ruffiano che modificando il piano regolatore della città eterna , a fronte della costruzione di nuove chiese concede e assegna gratuitamente alla diocesi licenza di costruire accanto alla nuovo edificio di culto strutture commerciali di qualsisi genere di pari cubatura.
Chiesa di 30 mila metri cubi= 30 mila mc di centro commerciale+albergo+ quel che vorranno i presbiteri romani .
Naturalmente la delibera è stata “studiata” e promossa dall’assessore all’urbanistica dell’UDC.
Ovvero uno scherano del NH Pierferdi genero del palazzinaro Immobildream-Caltagirone.
Evviva la moltitudine.
Mi aggiungo anch’io solo ora, ero via in questi giorni e mi mancava la connessione.
Ma un piccolo contributo all’interessante discussione vorrei darlo. Ritorno però al tema in senso stretto, quello del “pro multis”.
1. La discussione nasce perché si gioca su due piani diversi, spesso confondendoli, quello delle testimonianze bibliche (Mt, Mc, Lc, 1Cor) e quello della redazione liturgica della Chiesa latina, romana e ambrosiana in lingua italiana. Occorre cogliere la coerenza delle distinte affermazioni, relative al “pro vobis” (tipico di Lc e 1Cor) e “pro multis” (solo di Mt e Mc). Esse vanno rilette nella redazione loro, originaria anzitutto. E contestualmente va riconosciuto che l’accostamento “pro vobis et pro multis” non esiste in nessuna testimonianza biblica, ma è solo la collazione di due testimonianze distinte. La qual cosa provoca necessariamente una variazione semantica del testo, non foss’altro per avere “ritoccato” la destinazione del senso dell’azione stessa di Gesù.
2. Per questo il problema deve essere risolto al livello della nuova redazione, quella della liturgia che attinge al senso delle scritture ma in nessuna di esse vi ritroviamo la duplice destinazione. Dunque è necessario chiedersi che cosa provoca sul piano del senso l’accostamento della duplice destinazione. Provoca, se tradotta letteralmente in italiano, la tensione “per molti ma non per tutti” e da qui l’infinita discussione… ecc. ecc. Ma se il pronome “tutti” fosse stato scelto da Mt e Mc nelle loro testimonianze, “uper/peri panton” invece di “uper/peri pollon” avremmo avuto non una destinazione maggiore bensì minore. Cioè, andava intesto così: “versato per tutti voi” in quanto il pronome “tutti” è già collocato nelle testimonianze di Mt e Mc al principio delle parole sul pane e sul frutto della vite.
3. Per questo, va precisato, che che il termine “tutti” è per sua natura “sistemico”, cioè si definisce solo e unicamente rispetto ad un sistema e può rappresentare valori sempre diversi ma ben delimitati. Se dico che “per voi e per tutti” va inteso nel senso di tutti gli uomini, di tutta l’umanità devo quanto meno rispondere a queste domande che giustamente vanno poste: quale umanità? Quella dopo Cristo oppure anche quella prima di Cristo? Il valore salvifico del sangue versato si estende fino ad Abramo, fino a Noè, fino ad Adamo? Oppure no, solo per l’umanità storicamente crescita dopo la venuta di Cristo. E ancora, la salvezza dalla croce includerebbe dunque solo gli uomini oppure anche gli spiriti creati e ogni forma di creatura, dal momento che si ritiene che l’evento pasquale appartenga alla logica della nuova creazione che include – alla maniera degli ultimi capitoli dell’Apocalisse – tutta la creazione rinnovata? E dunque, “per tutti” invece di facilitare complica, perché mostra quanto noi non potremmo stabilire alcun sistema rigido di riferimento per la salvezza operata da Cristo. Anche 1Tm 2,4 “Dio vuole che tutti gli uomini (pantas anthopous) siano salvati” va letto e interpretato nel suo contesto argomentativo dove Paolo (o chi per esso) sta incoraggiando Timoteo a pregare per tutti puntando l’attenzione in particolare sui re e su coloro che stanno al potere affinché venga garantita la pace nelle relazioni tra gli uomini, e questa è cosa gradita a Dio il quale “vuole che tutti gli uomini” per i quali Paolo incoraggia Timoteo a pregare “siano salvati”. L’inserimento teologico (1Tm 2,4) e cristologico (1Tm 2,5-6) sono funzionali a sostenere l’esortazione fatta a Timoteo di pregare per tutti perché non accada quel che è accaduto a Imeneo e Alessandro, consegnati a satana perché hanno ripudiato la fede (1Tm 1,18-20). Qui il valore contestuale di “tutti gli uomini” è riferito quasi sicuramente in primis alla sua generazione e alle generazioni future perché dice: “Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità” e la seconda affermazione impedisce una forma di salvezza retro-attiva perché richiede di giungere alla conoscenza della verità in un’ottica di cammino da intraprendere ancora. Ma va da sé che questi “tutti” sono coloro che in progress andavano raggiunti dal messaggio cristiano, come in Rm 11,25-26 appare a conclusione di una lunga argomentazione: “Non voglio infatti che ignoriate, fratelli, questo mistero, perché non siate presuntuosi: l’indurimento di una parte di Israele è in atto fino a che sarà entrata la pienezza delle genti (to pleroma ton ethnon) e allora tutto Israele (pas Israel) sarà salvato”. L’idea di portare l’annuncio a tutte le genti (cioè ai non israeliti, i pagani) entro l’arco della vita di Paolo e l’accoglienza di Cristo da parte dell’Israele indurito appariva a Paolo come l’idea della totalità di un’umanità che aderisce a Cristo, così come era intesa l’umanità nella bibbia, le nazioni da una parte e Israele.
4. Ritengo pertanto che invece il pronome “polloi” al plurale senza articolo determinativo sia capace di salvaguardare un aspetto tipico presente sia nelle lingue antiche come nelle nostre moderne. Quello dell’in-determinatezza, all’opposto di “tutti” che invece è per natura sua sistemicamente “determinato”. Cioè “molti” significa lasciare indeterminato il valore numerico pur intendendolo in senso maggiorato. Il richiamo ad Ap 7,9 più volte emerso nel dibattitto è decisivo. Ma occorre anche qui pronunciarsi sull’esegesi del testo. A mio avviso la “ochlos polus” di Ap 7,9 non è una folla diversa dalla descrizione del numero di coloro che erano segnati dal sigillo ed erano 144.000, ma si tratta della stessa folla. E si gioca non a caso sul numero 1000 incrociato con il 12. Il numero 1000 nella Bibbia è il numero che ha valore di “in-definito”, analogo all’idea del “molti”, ecco allora la “ochlos polus” che l’autore dell’Apocalisse si premura di precisare “ che nessuno poteva contare”, lasciando intendere che solo Dio poteva contare. Il rapporto tra “tutti” e “molti” mi pare funzioni così: “tutti” ha valore sistemico ed è necessariamente “determinato” e disponibile agli uomini nella comprensione, “molti” è in-determinato e indisponibile agli uomini ma solo a Dio.
5. Riportando la riflessione semantica alla redazione liturgica: il “per voi” è determinato, nel senso di “tutti voi” mentre il “per molti” è in-definito da parte umana ma determinato da parte divina. Questa reciprocità tra storia (per voi) e tensione escatologica (per molti) permette alla formula liturgica di innovare il senso delle parole di Gesù salvando da una parte l’adesione della comunità dei credenti (per voi) e la destinazione salvifica del sangue versato del Figlio la cui decisione è in capo a Dio stesso senza volere essere noi a determinarne la portata. Volere far corrispondere “molti” a “tutti” significherebbe impoverire e ridurre la portata salvifica dell’espressione invece di ampliarla. Il valore in-definito è più ampio potenzialmente di ogni valore determinato anche se volesse includere ogni realtà, in quanto necessiterebbe ogni volta di nuova determinazione. Ripeto: “per voi” e “per molti” fonda il duplice livello dell’evento nell’oggi e del valore della celebrazione eucaristica oltre l’hic et nunc.
6. Da ultimo però ho offerto come proposta di nuova traduzione: “versato per voi e per moltitudini immense” perché cosciente del fatto che nella lingua moderna emerge, come dicevo all’inizio, l’antitesi “per molti ma non per tutti”. La scelta di accostare alla destinazione “per voi” l’espressione “per moltitudini immense” è la conseguenza sul piano del linguaggio dei valori semantici sopra riportati. Se si vuole salvaguardare la dimensione dell’indeterminatezza della destinazione del gesto di Gesù quale possibilità di renderlo veramente universale allora occorre mettere in atto un’espressione che valorizzi il plurale “polloi” senza l’articolo determinativo a motivo del fatto che è appunto indeterminato (peri/uper pollon). “Moltitudini” al plurale preserva ancor più l’idea dell’indeterminatezza, diverso da “una moltitudine” che invece identifica maggiormente. L’aggiunta dell’aggettivo “immense” nella sua posizione predicativa (“moltitudini immense” invece di “immense moltitudini”) va nella linea del sottolineare in modo radicale l’idea del “senza misura”, “im-menso” significa proprio questo, senza misura, che non si può – ex parte hominis – contare. La stessa versione CEI ha mantenuto per questo passo di Ap 7,9 la scelta di tale aggettivo per rendere l’aggettivo “polus” (immensa): “ecco una moltitudine immensa (ochlos polus) che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua”.
Chiedo scusa della lunghezza… e altre cose circa quel che penso possono essere reperite nell’articolo a cui rimanda in principio l’amico Luigi Accattoli che saluto di cuore come saluto di cuore l’amico Francesco Pieri che interagisce già da qualche giorno su questo blog essendo l’autore dell’articolo e del saggio dedicato proprio a questo argomento con il quale mi trovo in profonda sintonia nelle riflessioni espresse…
Introdurre “pro omnibus” al posto di “pro multis” nel testo tipico nella 3a edizione del messale post-Vat2 sarebbe stato un cambiamento legittimo, cui si sarebbero uniformate senza difficoltà tutte le traduzioni moderne. Infatti il testo latino non è irriformabile, se – come qualcuno già ricordava in questo dibattito – la prima edizione del Messale di Paolo VI semplificava la formula “quotiescumque hoc facite…”
Scrivere “pro omnibus” sarebbe stato sensato e forse desiderabile. Ci saremmo certo risparmiati tante grane e tanto malcontento, a cominciare da quelle sorte tra anglofoni e germanofoni.
Ma certamente non pochi (di spirito tradizionalista) avrebbero protestato per “rottura della tradizione”, “infedeltà al vangelo”, “malinteso spirito del Concilio”, o addirittura “eresia del Vaticano II” che osa parlare di salvezza all’infuori della Chiesa visibile…
Comunque ciò non è stato fatto, lasciando prevalere il criterio della forma del rito romano più vicina a quella tradizionale. Giunti a questo punto cambiare il latino è impossibile: si può solo, e si deve, proporre una soluzione pratica per la traduzione italiana e far sì che il nostro episcopato insista con fermezza fino a quando sarà accettata dalla Congregazione
PS Purtroppo tra gli avversari del “per tutti”, non pochi sono proprio particolarmente affezionati al tema del “non automatismo della salvezza”. E la linea che oggi prevale è quella di assecondare questo tipo di sensibilità: “non parliamo solo di salvezza, ma anche della porta stretta per cui bisogna passare!”
È tutto molto chiaro, egregio Silvio Barbaglia.
Sostanzialmente lei fa intendere–mi corregga se sbaglio– che il “per molti” o “per moltitudini immense” equivale PRESSAPPOCO al “tutti o quasi” ( scusi la forzatura) inteso come “moltissimi uomini” (di ogni nazione, tribù,popolo e lingua) di numero imprecisato, con la puntualizzazione di un riferimento a quella parte dell’umanità contemporanea a Gesù Cristo, ravvisabile nel “per voi”, e all’umanità futura, in qualche modo configurabile nel “polloi-molti” ; e tenendo ben presente che “è in capo a Dio” ( e– mi permetto di aggiungere– non potrebbe essere altrimenti) il giudizio, imperscrutabile per gli uomini, circa la salvezza delle Sue creature.
In altre parole, paradossalmente ” per molti” più esteso di ” per tutti”.
A me e a qualcun altro può anche stare bene, conoscendo però tutti i dettagli da lei illustrati.
Ma lei crede che la moltitudine, piccola o grande, dei fedeli sarebbe in grado di afferrare il significato che si evince dalla lettura dei testi sacri– nei minuziosi particolari da lei spiegati con chiarezza esemplare– del “per molti” rispetto al fin qui usato “per tutti”?
Io sinceramente credo di no. E in tutto questo io vedo una qualche capziosità che serve a confondere più che a chiarire.
Anche in questa sede ci sono stati grossi abbagli un po’ da parte di tutti.
E rispondono al vero le parole di Francesco Pieri :”Purtroppo tra gli avversari del “per tutti”, non pochi sono proprio particolarmente affezionati al tema del “non automatismo della salvezza”….“non parliamo solo di salvezza, ma anche della porta stretta per cui bisogna passare!”
Già in questa sede, al primo sentore–qualche mese fa– della volontà di innovazione (?!) del papa, qualcuno ha esultato per le ragioni sopra esposte.
Vorrei vederli i preti alle prese con tutte le spiegazioni del caso. Ammesso che abbiano voglia di farlo.
La ringrazio di cuore e saluto lei e il prof. Pieri con grande cordialità.
Scusate la mia consueta banalità, ma mi gira un po’ la testa.
Sono profondamente ammirato, lo dico senza esagerazione né polemica, dalla quantità di cose intelligenti che si riescono a dire su un argomento apparentemente così marginale.
Sono anche profondamente contento e pieno di gratitudine e di affetto per Gesù che non ha voluto essere né un dotto né un fine teologo ( tant’è che gli facciamo di continuo le pulci a 2000 anni di distanza) né un intellettuale raffinato.
Confesso anche che , terminata la lettura e rilettura ponderata e comparata di tutti gli interventi su questo post, sono andato a rileggermi con commozione il pezzo sul Memoriale dei Martiri all’isola Tiberina, e quei nomi sono stati un’ottima medicina per il capogiro:)
Sono davvero contenta, Lorenzo, che ti sia passato il capogiro.
Hai ragione: Gesù non era né un dotto né un fine teologo ( ma era Dio) né un intellettuale raffinato.
I suoi successori complicano tutto, appigliandosi alle virgole e ai punto e virgola.
Seguiti, con ovazioni, da non pochi fedeli.
@ Marilisa
“Ma lei crede che la moltitudine, piccola o grande, dei fedeli sarebbe in grado di afferrare il significato che si evince dalla lettura dei testi sacri– nei minuziosi particolari da lei spiegati con chiarezza esemplare– del “per molti” rispetto al fin qui usato “per tutti”? Io sinceramente credo di no. E in tutto questo io vedo una qualche capziosità che serve a confondere più che a chiarire.
Distinta Marilisa, Si tratta semplicemente di essere di mente aperta o chiusa. E’ di tutta evidenza che chi fino ad ora si era immaginato di essere “infallibile” o di avere in tasca l’infallibile verità, pervenuta per tradizione e continuità di magistero (che non è assolutamente una continuità) e oggi si accorge di aver capito cavoli per banane e polli per maiali, fa una fatica bestia ad accettare le correzioni; ammettere che gli errori sono errori anche quando discendono da un magistero tradizional-infallibile, e non rinuncia alla presunzione arrogante del so tutto mi, anche di fronte alle evidenze.
E’ questo il peccato imperdonabile. L’arroganza della tradizione, l’incapacità di conformarsi. Perché cambiare significherebbe ammettere a se stessi l’errore di una vita, preferendo rimanere nell’errore e giustificandolo, piuttosto che ammettere e dover dare ragione a chi, altri, avevano suggerito diversamente, ma poiché non era proveniente dalla tradizione, sebbene più corretto e facile e diverso dall’idea che ci si era formati.
Si rinuncia alla libertà della Verità per rimanere prigionieri della presunzione e dell’arroganza discendente da un magistero che proclama e insegna i misteri, le vergini madri e induce al cannibalismo.
Saluti,ma ci voleva tanto a capire che sono proposte impossibili e indecenti ?
POSTILLA
In alternativa al “pro omnibus” di cui sopra, la 3a edizione tipica (latina) del messale avrebbe potuto adottare anche la formula giovannea “pro mundi vita” = “per la vita del mondo”, che equivale perfettamente nel senso a “per una moltitudine” o “per moltitudini immense” : Quest’ultima soluzione però non passerà mai, caro Silvio, nell’attuale clima di letteralismo un po’ ottuso nel tradurre elevato a metodo.
Io sarei stato d’accordo anche con la soluzione “giovannea”. Ma è perfettamente inutile, ai fini pratici, parlarne qui e ora.
Ripeto la conclusione: si deve proporre una buona traduzione, la migliore concretamente possibile, che necessiti del minimo possibile di spiegazioni. Secondo me per far capire “una moltitudine” ai preti basterà completare citando Ap 7, 9: “…che nessuno poteva contare”
Non è una questione puramente accademica, ma profondamente pastorale, cioè concretamente umana, evitare di disorientare la gente con un testo ambiguo in un momento così centrale della liturgia
Forse Gesù non era un teologo, ma ha detto “Io sono la Via, la Verità, la Vita”. Come mi sembrano strani tutti questi ragionamenti. Anche la catechesi che Benedetto XVI ha proposto ai vescovi per spiegare la traduzione “per molti” mi sembra assai complessa, difficile da riproporre, e tutto sommato non abituale per Joseph Ratzinger, sempre molto chiaro e lineare. Che cosa disse Pietro a Gesù? “Signore, dove andremo? Tu solo hai parole di vita eterna”. E allora, perché stiamo ancora a parlare di libertà religiosa? Certo, nessuno è costretto a ripetere le parole di Pietro, però è suo interesse ripeterle. Insomma, il Credo semplice e cristallino della mia nonna supera di gran lunga tutte queste disquisizioni.
Mah, capisco che possa essere una questione non meramente teorica.
Ma che sia una questione profondamente pastorale e concretamente umana, mi pare assai difficile da credere. La ” gente” non si disorienta certo per una questione che ; almeno ai suoi occhi, appare di sapiente lana caprina, e sono certo che , se è a Messa, è tutta presa dal ” momento centrale della liturgia”, fortunatamente, invece di soffermarsi sul lessico.
Comunque spero che sia gente che abbia sul groppone tutta la bellezza e la fatica di vivere una vita cristiana , e ne sia talmente presa da non accorgersi nemmeno di quale vocabolo, o quale sottospecie di variante, si stia utilizzando in quel momento.
PROPOSTA
Senza interrompere la discussione, quasi tutta interessante e tuttaltro che inutile, propongo che Luigi Accattoli apra in questa pagina, o in un’altra pagina ad essa collegata, UNA VERA E PROPRIA SEZIONE DI VOTO, in cui dare la propria preferenza cliccando e scrivendo il proprio nome (per evitare di falsare il risultato con voti multipli).
Premesso che
A) “per tutti” è già stata respinta da BenXVI, anche a richiesta mirata del card. Bagnasco sosteuto dalla quasi totalità dei vescovi italiani;
B) “per la moltitudine” e tutte le traduzioni con l’articolo determinativo sono escluse a priori da quanto lo stesso BenXVI ha appena scritto (secondo me con un criterio grammaticalmente non accettabile) ai vescovi tedeschi e cioè: dove manca l’articolo in greco, questo deve mancare anche in traduzione…
Mi pare che le uniche proposte concretamente praticabili fin qui emerse siano:
1) Per molti
2) Per una moltitudine
3) Per moltitudini
4) Per moltitudini immense
Si potrebbe aggiungere nello spazio di voto: “altro (specificare)” e ben vengano le proposte, purché coerenti con i criteri A e B sopra esposti
Naturalmente non so come tutto ciò si possa fare tecnicamente
Caro prof. Pieri, a che scopo ha lanciato questo sondaggio? Secondo me il discorso è uno solo: cosa pensava di dire l’autore del testo greco col termine “perì pollon” (Matteo, 26, 28)? Cosa pensava di dire e cosa intendeva dire l’autore della traduzione latina “pro multis”? L’espressione “per moltitudini immense” è una interpretazione, non una traduzione.
Cosa dice la Tradizione della Chiesa? Per sapere cosa vuol dire esattamente ci affidiamo agli studiosi; per il resto non possiamo far dire al testo biblico quello che ci piace sentir dire.
@ Marilisa
“Io mi esprimo per una formula che non sia restrittiva, perché sono convinta che la presenza del Signore fra noi debba essere rapportata alla salvezza di tutta l’umanità e non di una cerchia–più o meno larga– privilegiata, che sarebbe contraddittoria di un Amore universale, quale è quello del Padre verso tutte–TUTTE–le sue creature.”
Va bene, diremo al Padre Eterno che la sig.ra Marilisa non è d’accordo, e che dovrà rivedere le sue dichiarazioni in modo da esprimersi secondo i gusti della suddetta. E che non si sbagliasse per favore, perché la sig.ra Marilisa non vuole tenere conto che un bel giorno Dio scelse un popolo eletto a dispetto di tutti gli altri che c’erano sulla terra e disse : “Non perché foste il più popoloso di tutti i popoli Jehovah vi ha mostrato affetto così che vi ha scelti, poiché eravate il più piccolo di tutti i popoli. Ma è stato perché Jehovah vi ama, e perché ha osservato la dichiarazione giurata che aveva giurato ai vostri antenati, che Jehovah vi ha fatto uscire con mano forte, per redimerti dalla casa degli schiavi, dalla mano di Faraone re d’Egitto. E tu sai bene che Jehovah tuo Dio è il [vero] Dio, il Dio fedele, che osserva il patto e l’amorevole benignità per mille generazioni nel caso di quelli che lo amano e di quelli che osservano i suoi comandamenti, ma che ripaga in faccia chi lo odia, distruggendolo. Non esiterà verso chi lo odia; lo ripagherà in faccia. E devi osservare il comandamento e i regolamenti e le decisioni giudiziarie che oggi ti comando, mettendoli in pratica.[…] Diverrai il più benedetto di tutti i popoli. Non ci sarà in te maschio o femmina senza progenie, né fra i tuoi animali domestici. E Jehovah certamente allontanerà da te ogni malattia; e in quanto a tutti i calamitosi morbi d’Egitto che hai conosciuto, egli non li porrà su di te, e in realtà li porrà su tutti quelli che ti odiano. E devi consumare tutti i popoli che Jehovah tuo Dio ti dà. Il tuo occhio non li deve commiserare; e non devi servire i loro dèi, perché questo ti sarà un laccio. ( Deut.7.7-16)
Gli diremo che dovrebbe modificare questa dichiarazione di parzialità, e far riscrivere il paragrafo dato che di “tutti” non era interessato ma solo di molti. i tutti li avrebbe sottomessi ai molti. (ai giudei). Gli diremo che la sig.ra Marilisa “è convinta” che deve salvare “tutti” anche se fanno come vogliono distogliendo l’orecchio dall’udire, perché anche i ribelli hanno i loro diritti. E non si permettesse di inventarsi un inferno di punizione.
Peccato che quando il figliol prodigo si accorse di aver fame si accorse anche che per poter mangiare, per non morire di fame, doveva tornare dal Padre, perché il Padre non gli era corso appresso preoccupato della sua salvezza, sebbene fosse suo figlio, pur sapendo che avrebbe dissipato l’eredità e correva il rischio di fare una brutta fine. (Luca 15.11-32)
Che poca considerazione ebbe quel Padre per il figlio in pericolo vero ? Eppure non ha alzato un dito per impedire che si mettesse nei pasticci……Glielo diremo, tutta da riscrivere questa Bibbia perché la sig. Marilisa vuole la salvezza di tutti anche se a quelli non gliene frega niente di ubbidire al Genitore e vogliono fare solo a modo proprio “secondo i propri desideri”
Letta su una T-shirt.: La mattina quando mi alzo penso a mia figlia e mi metto a ridere….pensando che sono suo padre, poi le dico : “Sono tuo padre e tu non puoi farci niente.”
@ antonella lignani
“Che cosa disse Pietro a Gesù? “Signore, dove andremo? Tu solo hai parole di vita eterna”. E allora, perché stiamo ancora a parlare di libertà religiosa? Certo, nessuno è costretto a ripetere le parole di Pietro, però è suo interesse ripeterle.”
Strano davvero questo ragionamento sig.ra lignani, proprio davvero. Strano perché proviene da chi, come lei dimostra, di aver ben capito e ribadisce con convinzione le parole del Vangelo, ma poi se ne va dietro ai “misteri” incomprensibili, alle miracolose apparizioni inspiegabili, ai pellegrinaggi ai santuari e ai riti eucaristico-cannibalistici. Gesù non ha mai insegnato né raccomandato queste cose. Com’è che proprio lei che rivendica il Suo insegnamento è così disponibile a rinnegarlo ? Strano davvero !
“Non chiunque mi dice: ‘Signore, Signore’, entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: ‘Signore, Signore, non abbiamo profetizzato in nome tuo, e in nome tuo espulso demoni, e in nome tuo compiuto molte opere potenti?’ E allora io confesserò loro: Non vi ho mai conosciuti! Andatevene via da me, operatori d’illegalità.” ( Mt. 7.21-23)
“Non chiunque” fa parte dei tutti o dei molti ? Fa parte dei tutti che non hanno eseguito o dei molti che sono stati fedeli ? Non essendo superstiziosi seguaci di uomini ?
@ Marilisa
“Gioab, lei ancora una volta mi ha fatto ridere di cuore.
Secondo lei, chi sono quegli “alcuni” che ha dato?” Me lo faccia sapere; sono tutt’ orecchi. Non aspetto altro.
Veramente le ho risposto, Gioab scrive, 4 agosto 2012 @ 4:31, ma non ho capito se sta continuando a ridere, così quando avrà un attimo di pausa mi faccia sapere se la risposta l’ha soddisfatta !
Aggiungo inoltre, per mettere altra carne al fuoco, che quegli “alcuni” sono menzionati in Apoc. 14.1
“ E vidi, ed ecco, l’Agnello stava sul monte Sion, e con lui centoquarantaquattromila che avevano il suo nome e il nome del Padre suo scritto sulle loro fronti.”- “e le hai fatte essere un regno e sacerdoti al nostro Dio, ed esse regneranno sulla terra”. (Apoc 5.10)
Strano che devono regnare “sulla terra” dato che sono in cielo…..ma se alla fine del mondo tutti sono andati in paradiso o all’inferno, su chi mai dovranno regnare ?
“Rispondendo, egli disse: “A voi è concesso di capire i sacri segreti del regno dei cieli, ma a loro non è concesso”( Mt 13.11) Perché mai questa parzialità ? Se “tutti” devono essere salvai perché mai a loro non è concesso ? Evidentemente non è concesso a “tutti” ma solo a “molti”. No ?
Es:
“E Jehovah diceva a Mosè: “Parla ad Aaronne tuo fratello, che non entri in qualsiasi tempo nel luogo santo dentro la cortina, di fronte al coperchio che è sopra l’Arca, affinché non muoia; poiché apparirò in una nuvola sopra il coperchio.” ( Lev 16.2)
Se tutti devono essere salvati, perché mai Aaronne sebbene sommo sacerdote, non poteva entrare nel Santissimo ma ne era escluso ? Era concesso solo a Mosè. Ma che strano non “tutti” potevano fate tutto ma solo alcuni…..e se “tutti” devono essere salvati, a che serve l’inferno ?
Sto per partire, giusto un assaggino di vacanza….ma ho letto alcune delle riflessioni. Che dire, mi trovo d’accordissimo -è inutile anche dirlo- col Prof . Pieri, con la Prof Antonella Lignani e anche -udite udite- stavolta con Gioab.
Inutile ciurlare nel manico! Il testo del “messale romano del 1962, in perfetta sintonia con il deposito fidei così recita:
“HIC EST ENIM CALIX SÁNGUINIS MEI, NOVI ET ÆTÉRNI TESTAMÉNTI: MYSTÉRIUM FÍDEI: QUI PRO VOBIS ET PRO MULTIS EFFUNDÉTUR IN REMISSIÓNEM PECCATÓRUM”
Ovvero:
“PERCHÉ QUESTO È IL CALICE DEL MIO SANGUE, IL SANGUE DELLA NUOVA ED ETERNA ALLEANZA, IL MISTERO DELLA FEDE, CHE SARÀ VERSATO PER VOI E PER MOLTI IN REMISSIONE DEI PECCATI”
Più chiaro di così? Poi, se vogliamo forgiare la Parola di Dio su una ideologia o peggio, sulle nostre personali convinzioni, allora…ciascuno può cantarsela come crede, ne risponderà davanti a Dio!
Clodine, eccepisco sul punto critico di tutta la questione.
“pro multis” NON VUOL DIRE “per molti”
nel libretto (cui rimando) ho più ampiamente spiegato perché.
Questo il nocciolo:
“molti si oppone in italiano sia a “pochi” sia a “tutti”
il senso della espresione originaria si oppone a “pochi”, ma lascia aperto a “tutti”
Non tutte le lingue funzionano nello stesso modo, questo vale non solo in grammatica e sintassi, ma anche in semantica (definizione del senso dei termini)
Quindi “per molti” è una CATTIVA traduzione, una FALSA fedele,
che dietro il calco nasconde un fraintendimento
o peggio un intenzionale tradimento, questo sì ideologico.
Non mancano infatti alcuni tradizionalisti i quali ritengono necessario annunciare nella messa esattamente il “non tutti”: “attenzione che la salvezza non è garantita, né a buon mercato!”
Cara Antonella,
propongo il sondaggio (come già all’inizio aveva fatto Luigi) non tra interpretazioni opposte, ma tra traduzioni TUTTE LEGITTIME, che secondo me corrispondono al pensiero di Matteo/Marco, escludendo a priori quelle che per ragioni sostanziali o formali non risultano accettabili alla luce delle attuali disposizioni della Santa Sede in materia liturgica. Non è in discussione la fede, ma l’efficacia comunicativa, che sgombri il campo da equivoci. Questo può essere materia di consultazione, dal momento che gli studi debbono garantire l’esattezza, ma il riscontro con l’orecchio può aiutare a cogliere la sensibilità dei destinatari dello stesso messaggio.
Nel libretto, cui mi permetto di rimandare, ho esposto perché non mi convince la distinzione di Ben XVI fra traduzione e interpretazione: tradurre è sempre interpretare (più o meno fedelmente). Non è un’operazione chirurgica o matematica, ma uno SFORZO di avvicinamento, a volte impossibile. Tanto è vero che in latino esiste un solo termine “interpres” per il traduttore e per il commentatore.
L’interpretazione delle parole di Gesù nasce già con la primissima tradizione: tanto è vero che Matteo/Marco dicono “pro multis” (in prospettiva universalistica” e Luca/Paolo dicono “pro vobis” (in prospettiva più ecclesiologica).
Il papa non può investire la sua autorità su di una questione tecnica, e non di fede, come la traduzione. Tanto più che il Vat 2 e la legge vigente nella Chiesa (il codice di diritto canonico) attribuiscono agli episcopati la competenza sulle traduzioni della Bibbia e dei libri liturgici nelle lingue nazionali.
Ecco, egregio prof. Pieri, lei ha avuto un esempio lampante ( non considerando Gioab, che è un testimone di Geova), in questo blog, del significato che danno al “pro multis” quasi tutti quelli che lo approvano.
Ha fatto benissimo a chiarire.
Grazie ancora a Francesco Pieri e a Silvio Barbaglia) , per le ulteriori spiegazioni.
Nel suo ultimo post (10:33) che ho appena letto, mi trova perfettamente d’accordo (per quanto le possa importare). E non mi faccia dire cosa questi episcopati devono fare per tradurre nelle lingue nazionali…appunto, andare in Vaticano dove insegnano TUTTE le lingue, ma questo lei lo gia’ sa lo sa molto bene.
P.S. – Gioab, non avete voi il voto di continenza o -ancora meglio- di castrazione? Non circola tra voi fondawikipedistibibliomaniaci del crick un po’ di buon senso (e di rispetto?). Insomma un po’ di quel che ci vuole!
Gioab, lei deve essere molto confuso se ha fatto riferimento per la seconda volta ad un mio UNICO post. Quindi le faccio sapere che non continuo a ridere, tutt’altro…
La vacanza lunghetta mi pare che non le abbia fatto bene.
Lasci perdere l’ironia nei miei confronti; non ottiene alcun risultato.
Dio Padre sa Lui quel che deve fare, non ha bisogno delle sue interpretazioni basate su una lettura fondamentalista di una Bibbia manomessa dai TdG.
Lasci che le dica, inoltre, che la citazione della scritta su una T-shirt è del tutto fuori luogo, come tante sue letture di passi biblici ad uso e consumo dei TdG.
Il peggio, per quanto mi riguarda, è che anche molti cristiani sono vicini al vostro fondamentalismo e sono contenti di una eventuale esclusione di molte creature umane dalla Misericordia divina.
Leggono e capiscono quello che vogliono capire, adattando le parole di Gesù all’orientamento gretto del loro cervello e del loro cuore.
Ma Dio è infinitamente ALTRO da loro, per fortuna.
Sarebbe bastato lasciare in latino le parole della consacrazione, come – se non ricordo male – si fece per un po’ di tempo prima della entrata in vigore della riforma liturgica e tutti sarebbero stati felici e contenti.
L’aporia di cui qui si tratta è dunque un’altra delle belle conseguenze dell’empietà del Liturgista, che volle «del creator suo spirito più vasta orma stampar».
Oggi come oggi, fatta la frittata, sarebbe meglio lasciare il mondo come sta: è vero che il papa vuole che si cambi il “per tutti” con “per molti”, ma questo deve avvenire solo in occasione della approvazione della nuova traduzione del rito della messa. Basta non cambiare quello attuale (per quanto bruttarello sia) e ci si può tenere il “per tutti” indefinitamente. D’altra parte, l”esempio infelicissimo della nuova traduzione del lezionario dovrebbe servire da monito (ma quando i liturgisti sono in fregola …).
Riconosciamo i nostri limiti, prendiamo atto che di genialità religiosa ce n’è davvero poca in giro e accontentiamoci di non guastare ulteriormente quel che è rimasto del depositum. Quando Dio vorrà, verranno tempi migliori e ci penseranno generazioni più dotate di palle. Toccherà a loro, forse, mettersi in imprese più audaci. L’ordinaria manutenzione per noi sarebbe già molto.
Quanto a quello che Gesù ha detto nell’ultima cena, non abbiamo modo di saperlo, ma per un cattolico non è la fine del mondo: Gesù ha detto quello che la chiesa dice che ha detto.
“Gesù ha detto quello che la chiesa dice che ha detto.”
Certamente è così. Ma dato che la Chiesa sembra non avere le idee chiare in proposito e si tende ovviamente ad interpretare, a mio parere è bene usare termini che diano il senso della universalità dell’Amore del Signore.
Come ha detto il prof. Pieri, “l’interpretazione delle parole di Gesù nasce già con la primissima tradizione: tanto è vero che Matteo/Marco dicono “pro multis” (in prospettiva universalistica” e Luca/Paolo dicono “pro vobis” (in prospettiva più ecclesiologica).”
Il “pro omnibus”–approvato da papa Paolo VI, non bisogna dimenticarlo– che oggi l’attuale pontefice vuole abolire, senza dubbio offriva ai fedeli, oggettivamente, un riscontro più immediato, e a mio avviso ( e non solo mio) più giusto, “della prospettiva universalistica” della salvezza.
Inutile sottilizzare. Ci troviamo di fronte ad un ulteriore passo all’indietro della Chiesa, come lo era stato il ritorno ( facoltativo ) alla Messa in latino.
Il peggio, per quanto mi riguarda, è che anche molti cristiani sono vicini al vostro fondamentalismo e sono contenti di una eventuale esclusione di molte creature umane dalla Misericordia divina.
Leggono e capiscono quello che vogliono capire, adattando le parole di Gesù all’orientamento gretto del loro cervello e del loro cuore.
Ma Dio è infinitamente ALTRO da loro, per fortuna.
Hai ragione! Poveretti!
Ma per fortuna c’è qualcuno così illuminato e dalla mente così aperta che ha capito tutto, ma proprio tutto. Una vera manna dal cielo!
Hai mica la coda di paglia?
Parlavo con Gioab non con te.
Fatti da parte, per favore, e non cercare chi non ti pensa.
La tua stupida e ridicola ironia riservala ai tuoi pari.
L’intelligente padrona del blog ha parlato.
Lei decide chi deve parlare e chi deve farsi da parte.
Lei è al di sopra di ogni ironia.
Lei vede!
Lei sa!
Lei capisce!
Lei non è alla pari, lei sta al piano superiore!
Marilisa e Gioab. Gioab e Marilisa!
Due saputi!
Che blog fortunato….
Tutti qui i tuoi argomenti ?
Ma va’……mi fai ridere più di Gioab.
Eh… Purtroppo sì… Non ho che questi argomenti,
Ma per fortuna ci siete tu ed il tuo socio… Che avete tutti gli argomenti e tutte le soluzioni. Untuosamente mi inchino alla vostra scienza!
Che brutti scherzi fa il caldo !!
Il mio “socio”!!! Che ridere…che ridere…
@ Francesco Pieri
Lei propone un voto con 4 diversi termini come candidati, chiede anche altre proposte, ma con paletti molto ben precisi.
Sto completando un’analisi sommaria della partecipazione complessiva al blog, ma sento il bisogno di anticipare qualcosa.
Fino a dove sono arrivato ci sono stati 20 partecipanti e 95 interventi.
Non molti ma nemmeno troppo pochi, si può cercare di trarre qualche conclusione.
I ragionamenti, le logiche dei partecipanti sembrano per lo più concentrate su due punti di vista:
1) La vista verso cielo, che sviluppa le sue teorie guardando solo in alto, preoccupandosi solo di una corretta traduzione delle scritture, quasi burocratica. Volta al cielo, quasi non nota la terra, ben poco ne parla, non ne considera le esigenze e, soprattutto, i problemi e quanto occorre fare per tentarne un miglioramento secondo i messaggi chiarissimi, quelli sì, dei Vangeli.
2) La vista verso la terra: è di chi sbatte tutti i giorni negli infelici, nei derelitti, o chi non si contenta di fare solo Maria, ma vuole fare anche un po’ di Marta, una Marta pragmatica che cerca di amare concretamente il prossimo.
E, sempre con un ragionamento semplicistico che forse si può affinare, si vede che i “terreni”, per lo più, voterebbero per “TUTTI”, preoccupati della comprensibilità delle parole in discussione per chi non fa parte di quella qualche parte per milione di persone “specializzate”.
Molto grosso modo, quasi a “panza”, visto che il romanesco sembra sdoganato, l’esito della votazione sarebbe, a notevole maggioranza, per un TUTTI messo nella casella di “Altri”, forse quattro o cinque andrebbero ai candidati, e nemmeno tutti allo stesso.
Ma ci sono i paletti che non lo permettono.
Ed allora?
E’ chiaro che la Chiesa non può essere un organismo democratico, ci mancherebbe.
E poi torna il latino … mi risuona in testa, sempre più rimbombante, la frase del Cardinale Martini che tutti conoscerete:
_________
Un tempo avevo sogni sulla Chiesa. Una Chiesa che procede per la sua strada in povertà e umiltà, una Chiesa che non dipende dai poteri di questo mondo… Una Chiesa che dà spazio alle persone capaci di pensare in modo più aperto. Una Chiesa che infonde coraggio, soprattutto a coloro che si sentono piccoli o peccatori. Sognavo una Chiesa giovane. Oggi non ho più di questi sogni. Dopo i settantacinque anni ho deciso di pregare per la Chiesa.
CARLO MARIA MARTINI ” Conversazioni notturne a Gerusalemme”
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Io di anni ne ho settantasette, ma non penso di mollare, almeno fin che duro.
Ci risentiamo tra non molto.
Cerco di andare più a fondo dell’interessante contributo di Don Silvio, ma mi ci vuole un po’ di tempo. Faccio parte dell’altro 99,99999 % degli uomini.
Ma sempre con amore.
Come no, Marilisa?
Uniti nel sapere, uniti nel dileggiare!
Più soci di così…
Mi complimento con marcello.n, e lo ringrazio, per il tono con cui interviene. Forse sarà la saggezza che gli deriva dalla sua età, sicuramente è il modo di porsi di un cristiano rispetto al proprio fratello nella fede: “sempre con amore”, anche quando le idee sono diverse.
E poi: anch’io ricordo con nostalgia le parole del mio ex arcivescovo, cardinale Martini.
marcello,
dimentica un terzo gruppo:
– quello di chi non gli importa una cippa di questa discussione inutile, tanto Dio salva chi Gli pare alla faccia di Ratzy, Francesco, Vito, Silvio e gli altri eminentissimi dottori e professori.
Sono aggressivo? No, stanco di inutili diatribe a sfondo puramente politico-ideologico mascherato da teologia.
Noto ogni giorno di più come le persone che mi insegnano le cose quelle più umili, quelle più semplici, che parlano di fede con frequenze che vanno in risonanza con la mia anima.
I saputi, i professori, e gli sparatori nel mucchio non riescono a dirmi niente se non parole, magare piene di buon senso, ma che non ho più né la pazienza né la voglia di leggere o di sforzarmi di capire.
Forse, anzi certamente, sto invecchiando…
…per la cronaca, mi iscriverei volentieri al gruppo di Marco:)
@ Marilisa
“Ma Dio è infinitamente ALTRO da loro, per fortuna.”
Se mi permette non è “per fortuna” ma è perché lo ha deciso Lui. Infatti è questo il motivo per cui ha vietato l’uso di immagini che lo rappresentano. Affinché ciascuno possa immaginarlo e capirlo come crede.
Così non è casuale che il secondo comandamento recita di non farsi immagini di nessuna forma né di inchinarsi loro, proprio perché è infinitamente ALTRO e ciascuno può vederlo con i suoi occhi interni….
p.s. “ Dio Padre sa Lui quel che deve fare, non ha bisogno delle sue interpretazioni basate su una lettura fondamentalista di una Bibbia manomessa dai TdG.”
Però Dio Padre ha mandato uomini “illetterati e comuni” a spiegare a quelli di alto intendimento come in realtà stavano le cose. Si sarà sbagliato ?
Se poi avesse la bontà di segnalarmi quali sono i passi della mia bibbia manomessi, potrei esaminare la questione a magari provvedere a correggere, ma se non me lo segnala, non posso immaginare a che si riferisce. Provi ad essere più precisa. E poi non capisco cos’è una lettura “fondamentalista” l’italiano è una lingua che ha anche i dizionari che spiegano il significato della parole. Dovrebbe essere più chiara e specifica . Generalizzare non serve a chiarire.
@Marco @ L orenzo
Il terzo gruppo non era elencato in quanto non interessato al problema, come lei dice.
Ma è un gruppo molto importante, e molto ma molto numeroso, è il gruppo di coloro che hanno perso la fiducia, perso ogni desiderio di dare un contributo, il che non è un gradevole modo di vivere.
Anche in politica questo gruppo sta crescendo a vista d’occhio, per motivi peraltro comprensibili.
Così il controllo lo prendono altri, è una rinuncia.
Proviamoci ancora.
Marcello, concordo!
Il sogno del cardinale Martini, di una Chiesa giovane è da lei perfettamente interpretato. E giovane significa pieno di energie e di voglia di portare avanti con forza le proprie idee.
Al dott. Pieri:
un sondaggio? da quando in qua al popolo viene data la possibilità di scegliere? ci avevano dato ad intendere che i vescovi erano i veri profeti! ma mi sembra che il parere dei vescovi importi poco e che di profeta delle traduzioni ne resta solo uno, l’Highlander Benedetto.
Il Foscolo al Monti: “Gran traduttor dei traduttor d’Omero!”.
Mi viene una proposta:
PERCHE’ NON RECUPERARE LA MESSA IN GRECO?
I vantaggi sono evidenti:
1) verrebbero pronunciate le esatte parole, quindi ci sarebbe una probabilità maggiore che si trasubstanzi nel modo corretto.
2) ci avvicineremmo alla chiesa ortodossa, unificando la messa! Il Papa a Mosca, l’incenso, le ikone, 3 ore di messa…etc…etc…
3) supereremmo brillantemente il problema con i Lefevriani. Infatti recuperando la messa in greco, i cugini tradizionalisti diventerebbero automaticamente progressisti, in quanto optano per la novità: la lingua latina!
Pollon? combinaguai!! ovvio!
Caro marcello,
non è che abbiamo perso il desiderio di dare il contributo… E’ che gruppi minoritari e privilegiati monopolizzano tutto lo spazio.
Solo toccando il fondo saranno sepolti nella poltiglia di cui sono loro stessi responsabili.
Chissà cosa fa credere a certe persone di far parte del mitico novero degli eletti, mah!
Costoro guardano dall’alto del monte le miserie umane, come accadde a Scipione nel ciceroniano sogno, come se a queste miserie essi non appartenessero.
Così, privati per divino decreto da ogni sorta di corresponsabilità rispetto a quanto accade, guardano con sguardo altero e senza compassione le rovine di Cartagine, nella convinzione forse che da quelle macerie, per una sorta di popolare presa di coscienza, rinascerà il nuovo mondo dei giusti cui loro degnamente appartengono.
Quelli insomma che hanno sempre indossato la toga dei giudici, sdegnandosi di essere accostati a comuni esseri mortali, cui è dato l’ingrato onere quotidiano di ripulire il cesso dai residui propri escrementi.
Mi piace sognare che codesti eroi sarà dato di espiere cotanta stupidità e superbia pulendo le orrende demoniache latrine ab aeternum!
Tutt’al più “in aeternum”!
Ma perché questo linguaggio tra fratelli? Com’è che ha detto? “Da questo vi riconosceranno, ecc……………..” O c’è qualcosa che non va anche in questa traduzione?
Sai, lazzaro, capita di incontrare qualche volta delle persone che intolleranti verso il prossimo che ha vedute diverse,e rendendosi conto che nulla possono fare per cambiare le cose,non trovano di meglio che lanciare accuse campate in aria, e perfino assurde, su chi non è allineato.
E il bello, anzi il ridicolo, è che essi stessi “giudicano” quelli che essi accusano di giudizio. E non si accorgono che si mettono nell’identico calderone, e lo fanno con un infantilismo degno di miglior causa.
Io, ad essere generosa, imputo questo modo di fare ad una esasperata FRUSTRAZIONE. Per vincere la quale sarebbe necessario un buon esame di coscienza ed un costante esercizio di educazione all’ obiettività. Per non parlare di psicologi.
Se cedessi ad un impulso immediato, mi piacerebbe “sognare” che, per una inquietante legge del contrappasso, fossero queste persone a pulire le latrine dal loro vomito bilioso, ma devo confessare che preferisco allontanare da me simili sogni deliranti e pregare che il Signore li perdoni.
Padre, perdona loro perché non sanno quello che dicono.
Cari saluti, lazzaro.
Il nostro contributo è questo: dirvi che siete dei marziani, anche un po’ paurosi dato che è sufficiente al Pastore tedesco accennare un timido: “Bau” nei vostri confronti per silenziarvi e rimettervi in linea con le gambe tremanti.
C’è chi si dice cattolico ma non trova nulla di anti-cristiano nell’eutanasia e c’è chi vorrebbe tornare a celebrare solo in latino e alle vacanze separate tra maschi e femmine… Due facce della stessa delirante medaglia.
I più ridicoli sono quelli però che si cimentano con la filologia e la semiotica, il loro grande sforzo intellettuale per passare dal “discorso della montagna” al “discorso del monte”… Sembra chissà che devono partorire: miseri sorcini e niente più.
Quando si toglieranno di mezzo???
Marco, concordo.
La cosa che non sta nè in cielo nè in terra è che venga rifiutata dal Papa la traduzione che i vescovi italiani approvano all’unanimità…o quasi…in nome di una pretesa filologica che, a quanto pare, non ha ragion d’essere.
A occuparsi eccessivamente di questioni simili foraggiamo soltanto la causa dei tradizionalisti, perchè, come loro, andiamo ad impuntarci sui particolari, continuando a vedere il dito che indica e perdendo di vista la Luna!
Caro Lazzaro,
Ti ringrazio per la correzione grammaticale e per quella fraterna.
La continua indigestione di schifezze anticattoliche mi ha provocato probabilmente un’intolleranza, se non addirittura un’allergia.
Non sono né un integralista, né un fondamentalista. Sono un sostenitore del libero arbitrio e del libero pensiero. Non mi ritengo tradizionalista, né progressista. Sono persona piena di peccati e di dubbi.
Semplicemente odio le s….nzate,i pregiudizi e i giudizi saccenti e saputi.
Andrò all’inferno per questo?
Può darsi!
Caro Fides, nella mia clemenza puoi senz’altro confidare! 🙂
concordo con Manuel76, ore 13:45
quanto al sondaggio, come dice la parola ha finalità conoscitive e nessuna pretesa deliberativa
a tutti un invito a moderare i toni
E io invito a fare qualcosa di utile.
Per esempio, Marco?
Da quando sei rientrato non hai fatto che sbraitare contro il mondo intero, ma quale sarebbe una tua proposta concreta?
Scendere in piazza contro il papa e contro i teologi?
Cacciare via i preti, progressisti e tradizionalisti, e chiudere le chiese?
Fare crociate contro chi?
Non si è capito granché di che cosa vorresti.
Scusa la franchezza.
A me sembra che il gran caldo di questi giorni abbia frastornato non poche persone.
Ora et labora.
…E nun scassà o cazz!
Finalmente ti sei pronunciato, cafonazzo!
E ci voleva tanto?…
Luigi caro, hai visto a che cosa porta, solo in un blog, la distinzione fra ” per tutti” e “per molti” ?
Marco e Manuel76: didimi.
Ce ne fosse solo uno, mancherebbe la simmetria.
Decisamente aveva ragione Leibniz.
W la monade!
Tu caro Leonardo,
sei il nostro epididimo atrofizzato.
Dal greco: epi-, stare sopra.
Leonardo:
Anche a me appassionano alcune discussioni anche speculative sui termini, traduzioni, teologia. Apprezzo molto che queste discussioni avvengano tra noi laici. Apprezzo meno che il Papa se ne occupi direttamente, perchè sono, pur pregevoli, accessori di una religione che rischia di diventare una geometria euclidea, un insieme di distinzioni, prese di posizione assiomatiche più o meno forzate.
E’ chiaro a tutti quanto sia inopportuno da un punto di vista pastorale sostituire quel tutti, e la spiegazione di Ratzinger è forzata.
Mi sembra, come ho detto tra il serio ed il faceto all’inizio, che “moltitudine” sia un termine forse un po’ troppo desueto, una di quelle espressioni che la lingua corrente non utilizza più.
La traduzione non deve essere una interpretazione del senso di quelle parole nella storia della salvezza, ma di certo deve essere la trasposizione in italiano del signficato di quelle parole in quella frase!
Perchè non snellire la frase ricuperando la frase evangelica di Luca:
“Versato per VOI” immaginando che durante la messa non ci siano porte nella chiesa e quel sacrificio venga consumato semplicemente per VOI.
E se uno dovesse chiedergli: “Signore, a chi stavi parlando?”
Sgranando gli occhi risponderebbe: “Tutti, ovviamente!”
@ Don Silvio
Debbo ammettere che, dopo la lettura del suo blog, mi sono reso conto che le cose non sono così semplici come credevo, ma sono sempre più convinto che occorra lavorare su tutti gli aspetti del tema.
Premesso che la traduzione da una o più lingue, la necessità di trovare parole che rispecchino fedelmente testi diversi, è un compito che mi metterebbe paura, provo comunque a capirci qualcosa di più.
Mi sembra che il problema in esame nasca dal fatto che una traduzione letterale in italiano provocherebbe
“la tensione [per molti ma non per tutti]”, con conseguente incertezza da parte dei fedeli.
Io soccomberei: il minimo barlume di predestinazione mi metterebbe fuori combattimento
Inoltre mi pare di aver capito che si aggiunge anche una non completa certezza su alcuni elementi fondamentali al tema stesso, leggo:
a) Quale umanità? Quella dopo Cristo oppure anche quella prima di Cristo?
b) La salvezza della Croce includerebbe dunque solo gli uomini oppure anche gli spiriti … ed ogni forma di creatura?
Ho anche un altro paio di punti sui quali non ho le idee chiare, probabilmente puerili, ma approfitterei dell’occasione per capire meglio:
-Il sangue si intende versato solo per chi si salva e non per gli altri, oppure è messo a disposizione di tutti, anche se poi alcuni non si comportano in modo da poter usufruire dell’offerta? Per me la risposta ovvia è per tutti, ma ho sentito dei commenti che mi hanno fatto venire dei dubbi.
-Cosa occorre fare, chi non crede, per potersi convertire, per entrare nel corpo della Chiesa, e non mi riferisco ai sacramenti, ma al dono della Fede, al trovare Dio, ossia la base di tutto il resto? Incidentalmente questa domanda mi è stata già fatta ed in buona fede, non ho ancora trovata una risposta.
Il Vangelo porta tante parabole sul tema, non riesco a farne una sintesi efficace, ammesso che si possa trovare.
Tornando al punto, forse si potrebbe ridurre l’ampiezza del problema trovando il modo di dire che ci si riferisce solamente agli uomini (e non agli spiriti e ad altri elementi del creato).
Sono idee buttate lì, scusatemi se sono sciocche o primitive, ma se non diamo un messaggio chiaro per gli uomini di oggi o, peggio, li coinvolgiamo in dubbi su temi che proprio non interessano l’”uomo della strada”, o se non rispondo a chi mi chiede “come faccio a convertirmi?”, i quattro gatti che siamo rimasti rischiano di diventare tre, ed invece debbono diventare, loro sì, una moltitudine immensa, magari senza essere proprio tutti, altrimenti arriveremmo al Paradiso Terrestre. Ma sarebbe ancora presto.
Da qualche giorno faccio più fatica a godermi la Consacrazione, spero passi presto.
Grazie, Don Silvio, da lei ho imparato molte cose.
Si, sentiamo don Silvio,
dicci un po’ come si fa a trovare Dio? A trovare il senso di questa avventura terrena, in molti casi un po’ assurda… Per esempio, don Silvio, tu che studi il metafisico, tu che con l’arma della logica vuoi esplorare l’imponderabile, dimmi un po’ perché ci sono tanti vecchi che hanno dedicato la vita alla famiglia e a raccogliere quattro spiccioli e finiscono senza ricordarsi più che chi li accudisce è la loro moglie, il loro figlio, il loro nipote o che la casa da cui vogliono scappare è l’unica che hanno mai avuto?
Dimmi un po’: dov’è l’anima, don Silvio? Dov’è Dio?
E quel bimbo africano nato con l’AIDS? Sarà salvato o siccome crede nella dea montagna non si salva? Fa parte della moltitudine?
E se hai tempo, caro prete, che ti chiami come il nano brianzolo massone e puttaniere (e un sacco di altre cose ancor più gravi). Come mai il vice del tuo capo, lo ha sempre assecondato e appoggiato? Sto parlando di don Tarcisio Bertone, definito “estroverso” dal nostro ospite. Dov’è Dio in questi e altri giochetti che hanno visto il Richelieu de noantri come protagonista a livello planetario?
Marco, datti una regolata. Stai andando fuori tema alla grande.
Allora focalizzo:
don Silvio, quel bimbo africano nato con l’AIDS, che di Gesù non fa in tempo a sentir parlare, fa parte o no della moltitudine?
“-Cosa occorre fare, chi non crede, per potersi convertire, per entrare nel corpo della Chiesa, e non mi riferisco ai sacramenti, ma al dono della Fede, al trovare Dio, ossia la base di tutto il resto? Incidentalmente questa domanda mi è stata già fatta ed in buona fede, non ho ancora trovata una risposta.”
Permettimi,Marcello.n: questa domanda non potrà mai avere una risposta.Credo da parte di nessuno.
Il dono della fede non tutti ce l’hanno.E ti dirò che non pochi di quelli che dicono di averlo, lo hanno per modo di dire. Qui si potrebbe fare un discorso piuttosto lungo.
A mio parere è importantissimo amare il prossimo, e da lì il passo per l’amore per Dio può essere breve.”Ama e fa’ ciò che vuoi”, lo ha detto–se non sbaglio–sant’Agostino, ed è un’indicazione concreta.
Dio attira a sé nei modi e nei tempi che Lui solo conosce.E nella misura giusta per ognuno, secondo la Sua imperscrutabile volontà.
E comunque io credo, senza pretendere di avere ragione, che Dio Padre che ci ha creati, non voglia escludere dal Suo abbraccio anche quei figli che non hanno visibilmente il dono della fede,e non per loro colpa, ma che aprono il cuore ai loro fratelli.
È il messaggio di Gesù, che dice parole ben precise in proposito.
Se il prof. Pieri ritiene di dover correggere le mie parole, lo faccia senza alcuna reticenza. Non potrei che essergliene grata.
Marco,
Sai già che non c’è prete al mondo che abbia una risposta decente a queste questioni…
E in effetti, l’importanza che la nostra Amica assegna all’amore per il prossimo appare evidente dai suoi interventi in questo dibattito.
Un fulgido esempio di carità….
@Marilisa
Il dono della Fede … lo ammetto, Marilisa, la domanda era un po’ provocatoria.
Ma in molte parabole Gesù ha mostrato di donarla, la Fede, a colui che aveva almeno un briciolo di fiducia in Lui, pur senza che il colui avesse una grande conoscenza di Gesù, è bastata una sua speranza.
D’altra parte Fede vuol dire fidarsi ciecamente, credere senza una dimostrazione, altrimenti sarebbe filosofia, matematica, o qualcos’atro del genere.
Io penso che se la Fede venisse donata da Dio senza una qualche “provocazione” da parte dell’interessato, saremmo in piena predestinazione, e crollerebbe tutta l’impalcatura.
E’ questa fiducia inconsapevole che dobbiamo suscitare nel prossimo per convertirlo, certamente disporre della Fede non è in nostro potere, deve esserci un “appiglio” da parte dell’interessato.
Ma sono anche d’accordo con te che alla mia domanda non si può rispondere compiutamente.
Grazie per il tuo commento.
Mi dispiace di aver dato qualche esca alla degenerazione di questo interessante blog, per la miseria, stavo imparando tante cose.
Mi collego solo ora dopo giorni di assenza… chiedo scusa.
Per Marcello:
Circa la questione della destinazione delle parole sul calice così dico nell’articolo che ho scritto: “La formula sul calice ha come finalità
prima quella di affermare che il sacrificio di Cristo in croce è per
tutti gli uomini? Crediamo di no! Nel senso che la finalità è ben
più complessa e va ben oltre tale affermazione assoluta. Occorre
salvaguardare anzitutto l’intenzionalità della formulazione delle
parole di consacrazione, ancor prima di una preoccupazione per
un’errata ricezione di un’idea teologica causata dal linguaggio utilizzato”.
Che cosa voglio dire? Voglio dire che l’assurdo di tale preoccupazione sulla quale ci stiamo arrovellando il cervello sul “per tutti” o “per molti” nel vederci dentro il pericolo per l’esclusione della salvezza di qualcuno, è avvalorato dal fatto che l’altra formula quella sul pane – che è detto essere corpo di Cristo con l’aggiunta “offerto in sacrificio” (aggiunta liturgica) è solo “per voi”!!!! E gli tutti gli altri???? Perché qui nessuno reclama? Ma come? Gesù ha dato se stesso in sacrificio con il suo corpo solo per loro, solo per quei discepoli e solo per tutti quelli che partecipano oggi all’eucaristia? Non è forse meno il “per voi” del pane/corpo rispetto al “per voi e per molti” del calice/sangue? O no? E perché nessuno discetta su quello? Io credo infatti che il vero punto delle parole sul pane e sul vino non sia quello di affermare o negare una salvezza per tutti o solo per qualcuno, bensì quello di promettere una presenza sua di Gesù in virtù del sacrificio e del dono della sua vita nella comunità dei discepoli. Cioè lo scopo di quelle parole messe in bocca a Gesù non era di codificare il fatto che la sua morte fosse “per tutti” o solo “per alcuni”. L’accento non cade su quell’interesse tematico! E quindi non trovo l’affermazione che vorrei trovare… Nel medesimo tempo, però, non si può neppure affermare il contrario: che siccome Gesù non afferma che il dono della sua vita nella morte è per tutti, lo nega! No, non lo nega affatto. Se io affermo che questo dono è per te, non sto negando che lo stesso dono io voglio che lo sia anche per il tuo fratello. Ma l’intenzione della destinazione è in capo al donatore, non al ricevente. E di nuovo ribadisco che occorre lasciare la libertà a Dio di salvare secondo i suoi piani di salvezza senza farlo dipendere troppo dalle deduzioni teologiche nostre e questo, lo ripeto, ben emerge dall’affermazione “peri/uper pollon” (per molti/moltitudini…) e molto di meno se fosse stata “per/uper panton” (per tutti).
In sintesi, quasi sempre quando ci sono questioni teologiche che paiono irrisolvibili, la risoluzione, se c’è, si trova nella questione stessa posta male. Pertanto, se la questione è: il sangue di Gesù è stato versato per tutti o solo per qualcuno, predestinati o buoni, vedete voi…? E’ chiaro che il testo risponde solo se quella era la domanda sottesa all’intenzione del racconto. Ma la prova che tale non fosse l’intenzione è il livello diverso della destinazione delle azioni di Gesù: il pane/corpo è dato solo “per voi” nelle varie testimonianze; mentre il sangue / calice versato è “per voi” secondo Lc e Paolo e “per molti” + “per voi” implicito, secondo Mt e Lc. Se la preoccupazione fosse stata quella di discettare chi Gesù salva con la sua morte in croce anche la destinazione del pane/corpo avrebbe dovuto portare i segni ambigui di un “per tutti/per molti” invece questo non emerge, chiaro segno che la preoccupazione testuale non è quella del nostro problema. Se no saremmo obbligati a dire che Gesù si consegna con il suo corpo e lo dona solo “a voi”, mentre consegna se stesso nel suo sangue versato “sia a voi sia a molti”. E uno non capisce più niente… Spostando il problema solo al calice, il dibattito è orbo, è oscurato al 50%. E così il problema si può risolvere dicendo che questi testi dell’ultima cena non hanno nella loro intenzionalità quello che a noi interessa, e vanno interrogati per quello che possono dirci.
Per Marco:
il tuo approccio è molto umano, chiede ragione al credente di sistemare ciò che è rovinato in questa vita, ciò che è ingiusto, ciò che è assurdo e lo chiede mettendo in campo Dio.
Di fronte a queste domande o provocazioni io non ho altra risposta che dire semplicemente questo. Ogni contestazione di tal genere mette sempre in evidenza un’idea di Dio che è nella mente di chi contesta. Non ho mai capito però come mai (perché per me Dio è il Dio in cui credeva Gesù Cristo stesso al punto da divenirne lui stesso parte della stessa realtà) non mi capita di sentire questi discorsi contestando il Dio di Gesù Cristo o Gesù Cristo stesso, ma sempre e direttamente Dio, meglio, quell’idea cucinata di Dio, facile da prendere di mira… Quando dico il Dio di Gesù Cristo intendo dire la testimonianza credente che Gesù dà nei confronti dell’Adonay, dell’Abbà. Marco (certo il tuo nome richiama ben altri personaggi rispetto al mio e, in primis, l’evangelista…), se hai delle domande da fare, falle dunque su Gesù stesso così come ci è raccontato. Lì, se ci riesco, provo ad interpretare in base alle testimonianze dei Vangeli il perché sia raccontato ed effigiato così, il perché di un suo silenzio eventuale…. e allora la contestazione contro Dio, se passa da Gesù, progressivamente ci fa un po’ abbassare le ali da “pubblici ministeri” che si ergono nel tribunale, sicuri di avere ragione sfidando Dio, meglio i suoi ministri o semplicemente chi si dice credente…. Già Giobbe aveva fatto così, ma alla fine, passando dentro il tunnel della ricerca dolorosa, ne è venuto fuori trasformato… ma era davvero preso seriamente dalla questione di Dio, Giobbe! Per trovare qualcosa di interessante su Dio occorre cercarlo e in umiltà…
Personalmente preferisco “per la moltitudine”. Mi sembrano comunque interessanti le proposte Pieri e Barbaglia.
” Per la vita del mondo” è più universale e non dà adito a interpretazioni su cui scervellarsi cercando l’ago nel pagliaio.
certo..l’ago nel pagliaio…Leui è venuto per tutti e tutti in Lui si slaveranno…anche per chi scaraventa il crocifisso dalla finestra e lo rigetta con pervicare convinzione, anche per chi gli sputa in faccia ossicine di pollo e delle Sue parole se ne pulisce il sedere!
Per tutti, tutti passeranno per la porta stretta : anche Hitler, e STalin…non li vedete? Come volteggiano leggiadri nelle alte sfere dell’empireo satolli della visione beatifica?… Per tutti…anche per Lumumba…non vedete Lumumba !?…Oh gurdate guardate vicino a Gesù c’è anche il medico nazista Karl Brandt , ma non lo vedete com’è circondato da teneri puttini?? ..chissà, forse saranno le centinaia di creature con le quali fece i più atroci esperimenti! Ma si…il Signore è venuto per tutti, ci mancherebbe altro che..la Giustizia divina!? ma che stronzata; parola vuota…mica esiste l’inferno…è solo un’invenzione…no!..La vita eterna, la visione beatifica il perdono ab aeternum è per tutti , indistintamente…
E bravo Gesù!
Venia : non Lumumba ma Bokassa, l’imperatore cannibale…
@ Clodine
io penso proprio che pensare che Gesu non sia venuto per tutti ed abbia voluto salvare tutti, sia porre un limite alla provvidenza ed allo Spirito.
Non mi stupirebbe affatto di vedere un criminale vicino al ladrone che si è salvato in articulo mortis.
“Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”
@ prof. Barbaglia
Mi sta bene quello che lei dice. Come spesso capita in filosofia, in matematica, in teologia una risposta non c’è perchè la domanda è mal posta, l’ipotesi non sta in piedi.
Il nocciolo del cambiamento di traduzione è però che non si va a cambiare una traduzione di un testo evangelico, ma una traduzione di un testo liturgico. Che questo citi il capoverso evangelico più o meno fedelmente al testo non è essenziale. Tante altre parti della messa son state ri-formulate. In fondo anche il testo latino era da un collage dei vangeli.
Il testo italiano nella liturgia ha ormai più di una quarantina d’anni di vita.
La metà della vita di un uomo.
Visto che a chiunque lo legga viene in mente come primo significato che la salvezza sia offerta a tutti, tramite il sacrificio di un Uomo, ci starei attento prima di modificare questo testo, perchè mi sembrano un po’ troppe le premesse e le distinzioni da fare per introdurre una nuova versione e la nuova versione, qualora ripristinassimo il “molti” avrebbe un significato differente, se non abbinata ogni volta ad un apparato critico e ad una bibliografia!!
Ma, hai letto i Vangeli Manuel? Li hai letti bene?…Qui le chiacchiere stanno a zero: quello che Gesù ha detto e fatto non lo si può strumentalizzare secondo il proprio chiribizzo. La Chiesa non è un gigante che poggia i piedi sull’argilla, ma una istituzione-oltre che umana con i suoi infiniti limiti- Divina. Con Dio non si gioca a dadi mio caro, non si può ingannare la Parola di Dio senza produrre una cancrena nel corpo mistico, e la crisi della fede e della stessa Chiesa ne è prova provata .
Traduzione si, traduzione no!
“Quod scripsi ,scripsi”, suggerì lo Spirito a Pilato e tutto quanto c’era da dire è stato detto.
«La Parola del Signore rimane in eterno. E questa è la Parola che vi ho comandato di annunciare [prima Pietro]-[ Verbum in Ecclesia] “QUESTA!-aggettivo dimostrativo- che San Pietro ci esorta a seguire fedelmente:
“Questa”!
Non quella che vuole applicare il metodo luterano o peggio quello degli agnostici razionalisti che sventolano il vessillo con su scritto ” filologia in libertà” eredi di Erasmo da Rotterdam, suoi degni emuli che di danni ne han fatti fin troppi.
La ricerca in sede cattolica, per quanto avanzata e comparata sulla scorta delle recenti scoperte archeologiche di Qumran è ancorata all’esegesi e alla ermeneutica – LETTERA ENCICLICA PROVIDENTISSIMUS DEUS- mai selvaggia,mai possibilista. La Chiesa potrà usufruire di nuovi metodi, di nuove tecniche ma non può modificare la Parola di Dio a proprio uso e consumo!
E con questo chiudo definitivamente l’argomento!
@ Clodine
concordo con quello che hai detto. Non stavo dicendo di piegare la traduzione o di dare sfogo alla fantasia interpretativa.
La traduzione deve essere giusta, e non sempre la traduzione parola per parola lo è.
L’accostamento delle due versioni “pro vobis” e “pro multis” lo ha fatto la liturgia.
Evidentemente o ha detto entrambe le parole e ciascun evangelista ha riportato una versione, oppure, come mi sembra il prof. Barbaglia stia cercando di fare, si tratta di capire a chi si stesse rivolgendo in quel momento, in modo da rendere in lingua italiana quelle parole, e che anche per i nostri orecchi recuperino il significato che chi le ha sentite ha inteso!
La Parola rimane in eterno, non il greco, il Latino, non l’Italiano.
Mi sembra che tu tema tremendamente il protestantesimo, tale da vedere protestanti ovunque! Ma temo che del protestantesimo tu ingigantisca solo alcuni aspetti che possono essere sbagliati, ma c’è molto altro!
Io, resto veramente basita: per 2000 anni la liturgia Eucaristica ha recitato “PRO VOBIS ET PRO MULTIS EFFUNDÉTUR IN REMISSIÓNEM PECCATÓRUM” . Un testo tramandato dalla Chiesa la cui formula in uso nel rito romano in latino fin dai primi secoli …lo si chiama “ripristino”
O Gesù mio! Non è forse un salvataggio in zona cesarini che finalmente questo papa è riuscito ad operare…no eh…!!…pazzesco…
Ma lascia stare manuel…lascia stare…non c’è nulla sotto il cielo che gli antichi padri non sapessero molto meglio che oggi! Fidati! Ancor più il greco e il latino lingua madre….eh certo…ci vogliono i filologi del terzo millennio per tradurre le sacre scritture! Roba da matti!
Qua si sta spaccando il capello in quattro.
Qualcuno farebbe bene a rileggersi–con moltissima attenzione per non adattarli al proprio pensiero– tutti gli interventi di due “specialisti” quali gli illustri Pieri e Barbaglia.
Non lascio stare proprio nulla.
Ci vogliono proprio scuole di filologia e di studio per modificare una traduzione in italiano che ha “solo” 40 anni.
La tradizione mi sta benissimo e se leggi un precedente intervento proponevo, un po’ tra il serio ed il faceto, di tornare al testo GRECO e risolvere il problema alla radice.
Se vuoi tradurre in italiano, so che tu non lo vorresti, ma io si, devi rendere quel che in latino significava quella frase e quello che emerge chiaro, distinto ed assodato dagli interventi dei professori presenti è che “per molti” NON E’ la traduzione di “pro multis”.
La colpa di tutte queste oberrazioni di queste contaminazione è imputabile al lassismo in cui è sprofondata la Chiesa. Da quando il Sacrificio Eucaristico anziché essere tale lo si è voluto trasformare in un “mangiare insieme a tavola” come in “famiglia” – testuali di un parroco le cui orecchie mie udirono inorridite “luogo dove impariamo a condividere cibo e parole, a sorridere e scambiarci gesti di fraternità e, quando questo avviene riscopriamo anche il significato di un “banchetto” più profondo che ricorre tante volte ogni volta che celebriamo l’Eucaristia,” ….
Allora, cosa ci si può aspettare da un rito che cessa di essere tale e di quel Sacrificio dono ineffabile di Cristo si trasforma in un banchetto, cosa vuoi produca se non il nulla totale!
E bravo manuel…..novello San Girolamo…continua così!
corrige : aberrazioni
Non parlo da me stessa- ma sulla scorsa di quanto il magistero insegna in conformità al deposito fidei. Ho citato delle encicliche fondamentali che anche gli illustri professori dovrebbero approfondire, se non l’hanno ancora fatto, unitamente al “Documento della Commissione Teologica Internazionale” per tutti i teologi e teologhe aperti/e al confronto e fedeli al Magistero”…
refuso: sulla scorta
Mi lusinga che al prof Pieri, definito a ragion veduta ” illustre specialista” mi unisca [così almeno leggo da curriculum] lo stesso iter universitario, né una virgola più, né una meno: “Istituto superiore di Scienze religiose” egli, “istituto superiore di scienze religose” la sottoscritta. Licenza in teologia [triennio] Lui et idem -solo che a me è toccato sorbirmi -pure-due anni di filosofia. Come direbbe Orazio “omnes eodem cogimur”.
Ma non mi faccio chiamare dottoressa, men che meno Prof. Mi basta essere me stessa.
Un caro saluto al Dott. Pieri
Clo
“Specialisti” li ha definiti, lui e Barbaglia, il nostro Luigi, il quale del primo ha detto essere “professore di liturgia e greco biblico”, e del secondo “professore di esegesi” . E ne ha ricordato i lavori sull’ argomento in questione.
Che altro aggiungere?
Sono felice, gli specialisti sono una grande risorsa…
ahahah non ho mai pensato di diventare San Girolamo! Pertanto non “continuo così”, Clodine, non essendomi mai cimentato in un inizio!
Con un buon vocabolario di greco o di latino forse una traduzione letterale penso di saperla ancora tirare fuori. Ma nulla di più…ahimè!
Per questo apprezzo chi riesce a spiegarmi in italiano cosa poteva significare una frase scritta in un certo modo, quali fossero gli interlocutori, quale il contenuto di comunicazione che operava.
Mi sembra che la polemica sulla chiesa con la cellulite, slassa e bonacciona centri proprio poco con la ricerca di una traduzione. Pero’ se vogliam parlare di questo ben venga.
(Poi parliamo però anche delle abitudini dei nostri preti e vescovi e di come una riforma protestante sarebbe necessaria ora più che mai! Non crederanno alla transustanziazione, ma sono un po’ più seri e coerenti!)
Ho l’impressione, Clodine, che tu interpreti proprio quel “pro multis” come una esclusione. Ma mi sembra una forzatura alla luce dell’intervento Barbaglia 10/8 h 0:29. No?
Lasciami dire una cosa: hai proprio un curriculum egregio!
Prima di un “curriculum” del quale vado fiera, certo, sono una persona al quale si deve rispetto, sia perchè non mi conosci, sia per gli anni che ci separano. Prima regola: la buona educazione, che non guasta mai!
Sicché la nuova vulgata deprivata dalle incrostazioni, ripulita dal cattivo latino, finalmente libera da storture imposte dal giogo di una teologia capestro, lucida e perfetta ha capito finalmente il senso della Parola di Dio!
Io invece, nella mia povertà culturale mi sento di dire che l’inclusione o l’enclusione nel regno di Dio, di quello che sarà la “fine dei tempi” FU’, E’ E RESTERA’ un grande enigma, forse il più grande mistero che né il prof Barbaglia né altri illustri specialisti potranno mai risolvere!
Ne è prova provata, l’assolutamente sconcertante storia del popolo giudeo. Il popolo che dialogò con Dio al quale Dio elargì la Sua Presenza con potenza inenarrabile, che aveva preparato per secoli alla venuta di Cristo, quando Questi apparve non lo riconobbe se non come il reietto!
Grande mistero, sul quale getta qualche luce S. Paolo nell’epistola ai Romani, mostrando che in quel fatto c’era una specie di necessità affinché i Gentili potessero entrare in massa nella Chiesa!
Vennero esclusi? Sono ancora inclusi nonostante il fallimento?…Chi può dirlo…
“I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie. Oracolo del Signore.Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri”
[Isaia 55,6-9]
e con questo ti saluto manuel pace e bene!
@ Clodine
La mia frecciatina sul curriculum rispondeva alla tua su San Girolamo! Perchè il curriculum tuo emerge dai tuoi interventi, quelli in cui metti il cuore e il tuo pensiero. Ergo nessuna mancanza di rispetto per il cursus studiorum e meno che mai intenzione di offendere la persona!
E’ bello quello che scrivi qui da ultimo, lo condivido ed è il mistero più grande. Ciascuno cerca di fare un po’ benino le sue cose e poi si affida…sperando di finire dalla parte giusta!
Mi sembra pero’ che questo comunque sussista e sia del tutto indipenddente da una traduzione filologicamente corretta del collettivo utilizzato da Gesù nell’ultima cena. no?
Caro don Silvio, meno male che sei ritornato nella discussione, così posso chiarire meglio il mio pensiero.
Questo è quanto viene proclamato oggi nella liturgia:
“Questo è il mio sangue versato per voi e per tutti”
Questo è un “paletto” da te assegnato alla frase liturgica:
[Occorre salvaguardare anzitutto l’intenzionalità della formulazione delle parole di consacrazione, ancor prima di una preoccupazione per un’errata ricezione di un’idea teologica causata dal linguaggio utilizzato”.]
e continui
[Voglio dire che l’assurdo di tale preoccupazione sulla quale ……]
Buon punto, e permettimi qualcosa che può essere una battuta: penso che, invece, sarebbe opportuno modificare la proclamazione dell’Offertorio, per quanto poi si ricomprenda tutto in quella successiva, almeno per ora.
Credo che il punto sia proprio qui, nella sua definizione di “assurda” per la preoccupazione relativa ad [un’errata ricezione di un’idea teologica ..] che, tue parole, [provoca, se tradotta letteralmente in italiano, la tensione “per molti ma non per tutti”].
Anche il paletto di prima mette paura: [un’errata ricezione di un’idea CAUSATA DAL LINGUAGGIO UTILIZZATO] non sembra un’affermazione accettabile.
Il linguaggio utilizzato non può causare errate ricezioni, ci mancherebbe.
In questo blog si sono trovate su questa posizione tante persone, anche se spesso hanno usato modi del tutto inappropriati, mai giustificabili.
Tante altre persone si sono concentrate sulla traduzione, sul passato eccetera, più o meno d’accordo su un cambiamento, ed anche queste non hanno sempre usato un linguaggio evangelico.
Io non sono un esperto, sono uno che non capisce perché si debba rischiare una confusione su di un punto veramente fondamentale della nostra dottrina, un punto su cui io personalmente ho costruita la mia fede: l’Amore Infinito e la Giustizia Infinita di Dio, che, in quanto ci ama, non sceglie Lui chi è buono o cattivo, ma decide chi è stato buono e chi è stato cattivo, lasciandoci con gioia la possibilità di tornare da Lui anche all’ultimo momento.
Non credo Dio apprezzi l’essere amato da un robot pre programmato, da un grammofono, lodato da una nenia recitata senza sapere cosa si dice.
E’ una battuta: non posso certo permettermi di interpretare Dio.
Ci sono altri esempi di traduzioni almeno “fuori tempo”, esempio classico quella di un S. Paolo che dice che la moglie deve essere sottomessa al marito, smentita da una chiara enciclica e da tentativi vari di spiegazioni anche da parte di illustri personaggi.
Ed è nella liturgia, ed ho sentita una catechista dei fidanzati profondamente convinta che sì, è proprio così, è necessario che ci sia un capo. Le ho suggerita la lettura della Mulieris dignitatem, che è del 1988, forse un po’ troppo recente.
Io faccio ilo volontario in parrocchia, una specie di prima linea, che non apprezza tutte queste difficoltà aggiuntive, che rendono ancora più difficile l’opera fondamentale di diffusione della Parola, oggi quasi ridotta – nelle parrocchie – all’opera di mantenere nella Fede chi è stato battezzato, e, spesso, con scarsi successi.
Non possiamo permetterci anche questi “disturbi” nell’attuale livello della percezione della nostra religione, nel riconosciuto processo di scristianizzazione che sta portando con sé un degrado di tutta la società civile, che appare anche causata da una non attenta opera di evangelizzazione, che comprende anche la comunicazione.
Non si tratta di discutere su una formula o un’altra, si tratta di discutere quale sia la missione principale della Chiesa, che penso sia l’attualizzazione delle Scritture per renderle sempre più comprensibili in linea con l’evoluzione delle culture, ma curando anche il linguaggio, il significato di tutta la liturgia, che non deve far sorgere nessun dubbio, nessuna contraddizione con i principi enunciati e quelli interpretabili da ogni parola, ogni gesto, ogni simbolo della liturgia.
E non posso certo credere che non sia possibile trovare una formula adatta, senza contraddizioni, certamente lo si può fare, ci sono tante persone apposta. Ma sarà sicuramente molto difficile trascurando certe preoccupazioni.
E non voglio minimamente ridurre l’importanza della teologia.
Ma alla fine, il linguaggio della Chiesa, del quale fa parte la liturgia, come deve essere ? ce lo dice S. Paolo:
S. Paolo, 1 Corinzi 14:23
Quando dunque tutta la chiesa si riunisce, se tutti parlano in altre lingue ed entrano degli estranei o dei non credenti, non diranno che siete pazzi?
Mi premetto di segnalare alcune considerazioni di Papa Benedetto XVI, sì, Proprio quello che vuole il cambiamento, tratte dal suo libro “Luce delle Genti”:
BENEDETTO XVI – LUCE DELLE GENTI
Cap. 13, CHIESA, FEDE E SOCIETA’
.. in questo grande contesto la religiosità deve rigenerarsi e così trovare nuove forme espressive e di comprensione.
… Sono formule grandi e vere, e che tuttavia non trovano più posto nella nostra forma mentis e nella nostra immagine del mondo, che devono essere per così dire tradotte e comprese in un modo nuovo.
… significa che veramente viviamo in un’epoca nella quale è necessaria una nuova evangelizzazione … l’unico Vangelo deve essere annunciato nella sua razionalità grande ed immutata ..
… diviene chiaro che un organo di unità è necessario, un organo che non agisca in modo dittatoriale, ma a partire dalla profonda comunità di fede.
… in effetti è necessario che i vescovi riflettano seriamente su come possa darsi alla catechesi un cuore nuovo, un nuovo volto.
pag. 74, cap. 4:
La questione è dunque la seguente: in che modo la grande volontà morale alla quale tutti aderiscono e che tutti reclamano, può diventare scelta personale? Perché, sintanto che questo non accadrà, la politica sarà impotente. Chi può far sì che questa coscienza generale penetri veramente in ogni singola persona? Può farlo solo un’istanza che tocca le coscienze, che è vicina al singolo e che non chiama a raccolta solo per manifestazione di facciata.
Ecco la sfida per la Chiesa; che non ha solo questa responsabilità, perché direi che spesso la Chiesa rimane l’unica speranza.
E, guarda caso, con questo si trova d’accordo anche una persona tutt’altro che dei nostri che, nel commentare la situazione di oggi, dice:
GIORGIO BOCCA,
“L’unica soluzione, forse, è di tipo religioso e morale, non di semplice razionalità.” (L’Espresso, 5 maggio 2011)
I principi base di tutto li si trova nel Vangelo, basta pensare all’amore.
In San Paolo anche alcune delle tecniche di comunicazione.
S. Paolo, 1 Corinzi 9
19 Infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero: 20 mi sono fatto Giudeo con i Giudei, per guadagnare i Giudei; con coloro che sono sotto la legge sono diventato come uno che è sotto la legge …………… 23 Tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe con loro.
Basta ed avanza il Vangelo. Poche frasi.
Ma serve anche chi studia la teologia, altrimenti, come faremmo a capire veramente cosa ci dice Gesù?
Da giovane ero a capo di una piccola azienda di buona tecnologia, azionista USA.
Avevamo il reparto studi, il reparto produzione, il reparto marketing, amministrazione e così via.
Tutti i reparti consideravano la loro funzione come la più importante, più delle altre, ed, in un certo senso era bello così.
Proprio come dice S. Paolo riguardo ai carismi, bisognava allora spiegare che servono tutte le specializzazioni, per un unico fine, e facevamo tante cose proprio per far parlare tra loro gli specialisti.
Don Silvio,
la sua non-risposta merita comunque alcuni sintetici chiarimenti.
1) Se e quanto io abbia cercato Dio con umiltà lei, anche se teologo, non lo può sapere per cui preferisco che se mi trova presuntuoso spieghi dove sta la presunzione, senza frecciatine in puro stile clericale.
2) La sua obiezione è riassumibile così: non si trova Dio perché si cerca la propria immagine di Dio. L’unica possibilità di non cadere in questo errore è riferirsi al Dio biblico, in particolare quello testimoniato dalla vita di Gesù.
2.a) Ebbene, è Gesù che parla di Dio come padre buono, è Gesù che sperimenta l’assenza del conforto divino sulla croce, è Gesù che parla anche di “pianto e stridore di denti” per chi non fa la volontà del Padre. In altre parole attributi diversi, talvolta in contraddizione manifesta, riguardo Dio li troviamo anche nei Vangeli. Dunque, stando ai Vangeli, cosa possiamo dire di Dio?
2.b) Dinanzi alla sofferenza, sempre stando ai Vangeli, non resta che “prendere la propria croce” che tradotto significa: resistere finché si può. Anche questo non allegerisce o non spiega l’assurdità del reale.
2.c) Ritenere di farsi simili a Cristo accettando la propria croce può essere semplicemente un magnifico esempio di sublimazione, non dà alcuna certezza riguardo la verità delle promesse di Cristo.
3) Che ne pensa?
4) Quel bimbo nato con l’AIDS in Africa, che muore prima di aver sentito parlare di Cristo, fa parte della moltitudine?
Marco, sai qual è il punto? Non si deve fare, a mio parere, una lettura letteralistica dei sacri testi. Non si deve guardare alla “singola frase” di un brano evangelico, ma la si deve inquadrare in un contesto più ampio.
Se ci fai caso, neanche gli evangelisti dei sinottici sono perfettamente concordi. Loro non riportano le frasi esatte di Gesù. Trascrivono quelle giunte loro “ad orecchio”, e lo fanno volendo insegnare qualcosa ad una certa comunità, con dei fini diversi a seconda del proprio orientamento.
Partono però tutti dal centro della questione: la passione, la morte e la resurrezione di Gesù Cristo, ovvero il cuore del cristianesimo.
Questo ormai lo sanno tutti o quasi.
I letteralisti badano minuziosamente ad ogni parola dell’A. e N. Testamento, quasi senza interpretare, gli altri guardano un intero contesto e danno un significato complessivo.
È come quando si parla fra noi un po’ di tutto. C’è chi sta attento alla singola parola e la strumentalizza ignorando il resto del discorso, e c’è chi afferra il senso dell’intero discorso senza circoscrivere la singola parola, isolandola e dandole un’ importanza sproporzionata.
Io ritengo che sia più giusto vedere l’insieme di un discorso.
È per questo che mi sembra giusto il “per tutti”, ovvio restando che è “in capo a Dio” la salvezza o meno degli esseri umani.
E sono convinta che nel momento fatale del giudizio, sarà ogni singola persona a “giudicare se stessa” di fronte alla bontà, per noi inconcepibile, di Dio, e quindi a sentirsi vicina a Dio o ad allontanarsene sentendosene indegna.
Tutto questo c’è già nell’ A.T. nel momento in cui Dio, ad esempio, chiede :« Adamo dove sei?»
Adamo si è nascosto perché si è allontanato da Dio. Si è giudicato da sé.
La tua domanda, Marco, “quel bimbo nato con l’AIDS in Africa che muore prima di aver sentito parlare di Cristo, fa parte della moltitudine?” è del tutto oziosa. Vuoi che non ne faccia parte?
La teologia cattolica insegna che “la parola di Dio, concernente la fede e la morale,non scritta, ma trasmessa a viva voce da Cristo agli Apostoli e da questi ai loro successori sino a noi” . Tutto CIO’ si chiama Tradizione.
UNA PARTE DI QUESTA è detta ‘NON -scritta’ .nel senso che NON è contenuta nei libri canonici ma ugualmente divinamente ispirati della Bibbia, la quale si trova PER ISCRITTO in altre opere degli antichi scrittori ecclesiastici (i Padri, gli atti dei Martiri, i monumenti archeologici, la Liturgia, le professioni di Fede, pratiche della Chiesa che NON SONO la santa Scrittura.
La Tradizione divina è insegnata direttamente da Cristo [Vangeli] ma divina è anche quella insegnata dallo Spirito Santo (per attribuzione) agli Apostoli e non dal Verbo incarnato.
Perciò la Rivelazione divina non è solo la Bibbia e Vangelo divinamente ispirata e scritta sotto dettatura divina, ma anche ciò che Cristo o lo Spirito Santo (per attribuzione) hanno insegnato agli Apostoli, e loro ai discepoli predicando ciò che Gesù aveva loro detto.
PERCIO’: solo una parte del suo insegnamento è stato scritto per divina ispirazione e si trova neilibri canonici MA ALTRE VERITA’ (ad esempio la validità del battesimo dei fanciulli e anche la formula PRO MULTIS la quale, oltre ai sinottici è altresì contenuta nelle opere di quasi tutti gli antichi Padri ecclesiastici. Detto questo: , poiché i Padri sono stati posti dallo Spirito Santo, nella Chiesa, affinché mantenessero la Tradizione divina ricevuta dagli Apostoli il loro consenso moralmente unanime è, nella Chiesa, regola infallibile di fede la adottò nei secoli imperituri il PRO MULTIS.
Credere o non Credere, questo è il problema…null’altro!
La Chiesa ha formalmente disapprovato e condannato la teoria secondo la quale basterebbe studiare i soli ‘caratteri interni’ di un libro ispirato prescindendo dalla Tradizione, per poterne capire il significato, o anche la semplice preferenza accordata ai‘criteri interni’ rispetto alla Tradizione patristica; anzi ciò è “incompatibile con la fede cattolica, poiché il consenso dei Padri richiede un’adesione di fede”.
Si può utilizzare anche lo strumento dei ‘criteri interni’,ossia l’apporto filologico nello studio del Libro sacro, ma subordinatamente e secondariamente all’interpretazione della Tradizione (ossia dei Padri), per converso non è mai lecito dare la precedenza alla filologia, o addirittura contraddire l’interpretazione unanime dei Padri basandosi sui ‘criteri interni’.
Quod repugnat, alla divina Tradizione [D.Fidei] sia perché si contraddirebbe una verità di fede, sia per il buon senso il quale ci dice che il divino è superiore all’umano. Tutti i Pontefici hanno insegnato che l’esegeta cattolico,soprattutto se è sacerdote, non è un mero filologo, ma è anche un teologo e che l’esegesi biblica… è una scienza che presuppone la fede.
Clodine, siamo d’accordo.
REPETITA IUVANT
Per i cattolici la Bibbia va letta, tradotta e commentata con la chiesa, la grande tradizione e il magistero.
Ma “pro multis” NON VUOLE DIRE “per molti” nell’italiano di oggi.
È una falsa fedele, una cattiva traduzione alla luce di
1) lingua
2) teologia
2) pastorale
da segnare con penna blu agli studenti di liceo o di teologia
Mi permetto di dire che l’esegesi biblica è aperta a tutti, non ai soli teologi e a chi ha la fede.
Chi ce l’ha , la fede, può leggere la Bibbia cercando conferme a quanto già conosce, ed anche interpretandola. E le interpretazioni potrebbero non essere univoche.
Chi non ce l’ha, la legge come si leggono altri capolavori quali l’Iliade , l’Odissea, la Divina Commedia etc…
È risaputo che molti la leggono ammirandola, ma non trovano la fede.
Segnalo questi due passaggi della preghiera dei fedeli della liturgia odierna.
2. Per coloro che cercano Dio e non sanno riconoscerlo: perché i cristiani uniti nella parola invochino il dono della fede per tutti gli uomini, preghiamo.
3. Per i cristiani: la riflessione sulla parola di Dio li persuada a riconoscere ogni cosa come dono di Dio, certi che l’esperienza religiosa non si fonda solo sulle opere, sui sacrifici, sulle offerte, ma anzitutto nel sentirsi accompagnati dal Padre, preghiamo.
Dunque, ci sono coloro che “cercano Dio e non sanno riconoscerlo”. Teniamolo ben presente.
E poi riflettiamo sul fatto che “l’esperienza religiosa si fonda anzitutto nel sentirsi accompagnati dal Padre”.
Quanti fanno questo tipo di “difficile” esperienza, riconoscendo ogni cosa come dono di Dio?
Credo pochi. È necessaria la preghiera costante per sentirsi accompagnati dal Padre, uniti a Lui.
@Clodine ed un po’ anche @Don Silvio
Clodine, ti ringrazio per avere riempita una falla della mia cultura facendomi conoscere cosa vuol dire tradizione nel senso religioso.
Io le davo istintivamente un significato più ampio, tipo quella che appare nel sito della Treccani alla voce tradizione:
[Trasmissione nel tempo, da una generazione a quelle successive, di memorie, notizie, testimonianze; anche le memorie così conservate.]
Ossia, nelle tradizione metto tutto, il buono ed il cattivo, tutto quanto viene tramandato.
Ma non è questo il punto centrale.
Penso al mio “lavoro”, si svolge a livello parrocchiale, da volontario, interessato prevalentemente ai parrocchiani, bimbi e vecchi, ad Ostia, per la precisione, con il classico scopo di amarli, con quel che segue, dettoci così chiaramente da Gesù.
Non ho mai studiato teologia, mi manca ma non riesco a fare tutto.
E credo che ben pochi dei nostri parrocchiani la abbiano studiata.
Quindi sono abbastanza convinto che i miei interlocutori la pensino come me, per quanto riguarda la tradizione, e non ritengo praticabile trattare con loro questo tema.
Ma sono invece molto sicuro che si preoccuperebbero nel, come dici tu: [vedere contraddetta una verità di fede].
E sono anche sicuro che nella condizione dei nostri parrocchiani si trovi la stragrande
maggioranza delle persone.
PRO MULTIS invece di PER TUTTI
Per moltitudini vale lo stesso, vale ogni volta che non si sa come essere compresi.
Questo cambiamento verrebbe notato, e sarebbe quindi opportuno spiegarlo, ad esempio tenendosi pronti a rispondere alla domanda: ma se non è stato versato per tutti, il sangue di Gesù, cosa debbo fare per trovarmi tra i MOLTI, visto che Dio è sicuramente Amore e Giustizia?
Poi, magari, a qualcuno verrebbe in mente di chiedersi se nella tradizione sia anche compreso il concetto espresso da S. Paolo, e presente nella liturgia, che la moglie deve essere sottomessa al marito, mentre c’è un’enciclica che dice il contrario e che il contrario è esplicitamente affermato nella dottrina sociale della Chiesa.
E’ un tema che farebbe la gioia ci chi ci attacca in merito alla supposta discriminazione della donna.
Ed il come gestire il matrimonio è certamente un argomento fondamentale.
Dici poi, a favore del pro multis: [Credere o non Credere, questo è il problema…null’altro!]
Io, come vedi, di problemi ne vedo anche altri, mi aiuti nel rispondere alle prevedibili domande?
Poi, ricordi?
S. Paolo, 1 Corinzi 14:23
Quando dunque tutta la chiesa si riunisce, se tutti parlano in altre lingue ed entrano degli estranei o dei non credenti, non diranno che siete pazzi?
(credo voglia dirci di parlate la lingua almeno dei più, non quella dei ben pochi fortunati che hanno studiato Teologia)
S. Paolo, 1 Corinzi 9
19 Infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero: 20 mi sono fatto Giudeo con i Giudei, per guadagnare i Giudei …….
(Credo voglia dirci di metterci nei panni dei nostri interlocutori, di cercare di capirli)
E Papa Bendetto XVI, che poco meno di due anni fa, ha scritto:
LUCE DELLE GENTI Cap. 13,
.. in questo grande contesto la religiosità deve rigenerarsi e così trovare nuove forme espressive e di comprensione.
… Sono formule grandi e vere, e che tuttavia non trovano più posto nella nostra forma mentis e nella nostra immagine del mondo, che devono essere per così dire tradotte e comprese in un modo nuovo.
… significa che veramente viviamo in un’epoca nella quale è necessaria una nuova evangelizzazione … l’unico Vangelo deve essere annunciato nella sua razionalità grande ed immutata ..
… diviene chiaro che un organo di unità è necessario, un organo che non agisca in modo dittatoriale, ma a partire dalla profonda comunità di fede.
… in effetti è necessario che i vescovi riflettano seriamente su come possa darsi alla catechesi un cuore nuovo, un nuovo volto.
Questo forse non è nella tradizione della Fede, ma mi pare cosi chiaro, così in linea con i nostri tempi, è stata una sorpresa che ho sposato subito, e proprio con tanta passione.
Ed ho quindi cominciato a pensare a come si può migliorare il lavoro dei pastori, cercando anche di farli uscire dall’ovile, ossia farli andare anche dove sono le pecorelle smarrite.
E sempre con affetto, e grazie per l’esperienza che mi fai fare.
Prof Pieri, non mi trova d’accordo!
Mi sento molto più vicina alla sensibilità di Benedetto XVI poiché, come giustamente fa notare il S. Padre, la portata del sacramento è più limitata: raggiunge molti, ma non tutti, e questo è un dato di fatto, asserire il contrario postula malafede! Secondariamente raggiunge la concreta comunità celebrante -“per voi”-[in riferimento agli Apostoli durante l’Istituzione dell’Eucaristia prima e, per estensione, a noi, ovvero i molti che “insieme” mangiando la Sua carne e bevendo del suo Sangue entreno dentro la sua stessa natura,formando il Suo stesso corpo: La Chiesa, la quale, poi, è e sarà a sua volta luce e strumento di salvezza “per tutti”.
E siccome, si da il caso, questa. sia una ” formula di consacrazione” nel rituale Eucaristico, se permette, la cosa è di massima importanza. Lei mi insegna dott Pieri che le formule consacratorie non ammettono possibilismi, ma, essendo “misterium Fidei” devono [imperativo] conservare l’imprinting originale, così come ci venne trasmesso, senza traduzioni di sorta. La lettera enciclica MYSTERIUM FIDEI SULLA DOTTRINA E IL CULTO DELLA SS. EUCARISTIA di Paolo VI lo dice espressamente
Così come a nesuno verrebbe in mente di usare polvere di riso anziché farina o spumante al posto del vino.
Cordialmente
Clodine
chiedo scusa per i “molti” refusi.
Approfitto per salutare Marcello n., Dio ti benedica per il ministero che svolgi,
ti ricompensi lo stesso Signore Marcello caro!
“L’uso della lingua latina, salvo diritti particolari, sia conservato nei riti latini.”
Articolo 1 comma 36 della SACROSANCTUM CONCILIUM.
Come vede,prof Pieri, il Concilio metteva al primo la conservazione della lingua Latina nello svolgimento dei riti. Ma la disobbedienza evidentemente regnò sovrana!
personalmente non ho difficoltà a celebrare in latino (anche se col rito di Paolo VI e disapprovo la concessione della facoltà di utilizzare il Messale di Pio V come “forma straordinaria” del rito romano) e nel mio libretto ho anche scritto che tale facoltà andrebbe utilizzata di più, proprio per evitare l’equivoco e il paradosso di voler cercare l’uniformità attraverso le traduzioni in una lingua ricalcata sul latino, che non è quella parlata
su perché l’esegesi di Ben XVI sulle parole della cena non mi convinca mi sono preso la briga di scrivere per spiegarmi
chi mi critica si è preso la briga di leggermi? perché non risponde a quanto ho scritto nell’articolo e nel libretto?
dev’essere chiaro che su questo punto non è affatto in gioco l’autorità magisteriale: il parere privato del papa in campo teologico (e ancor più linguistico) può e deve ben essere discusso
Mi sembra che l’utilizzo della lingua latina, negli ultimi interventi, prof. Pieri e Clodine, sia completamente fuorviante. L’idea di mantenere una uniformità, in modo che la messa sia uguale ovunque nel mondo, può avere un valore, ma non lo ha assolutamente l’idea che cosi’ facendo chi capisce il latino possa dire che pro multis esclude una parte, altri spiegare che invece è per tutti, il Papa dire che si riferisce a chi partecipa all’eucaristia…etc…perchè cosi facendo non c’e’ nessuna uniformità!
Il valore che la persona che ascolta capisca quello che viene comunicato sta sopra ogni altra considerazione. Perchè Gesu’ ai suoi non parlava in cinese, ma parlava la lingua che loro capivano! Se avesse voluto fare un rito magico in una lingua incomprensibile lo avrebbe fatto. Perche lui era Dio.
Clodine, a proposito di tradizioni e di ispirazione non solo delle scritture, mi sembra che tu attinga al Concilio Vaticano II solo per quello che avvalora la tua tesi. Il concilio ha abolito la messa di PioV e solo la messa conciliare poteva essere proposta in latino. La incoraggia si, ma nella nuova forma. Se di tradizione ispirata si tratta, va presa tutta, perchè altrimenti ricadi esattamente in quello che critichi.
Prof. Pieri, Il terzo punto che lei ha citato: Pastorale. Quello piu’ trascurato dai vescovi e dalla curia romana, lasciato alla eccezionale buona volontà dei parroci che, come don Mazzolari, si trovano a vivere nelle zone più strampalate e devono riuscire a comunicare alle popolazioni che Dio li ama.
E devono fare in modo di essere capiti e capiti bene. E allora li’ non puo esistere latino!
Concordo con MARCO, perchè la sua, Marilisa, posta secondo te come domanda oziosa, non è tale perchè in continuazione non viene colta.
Il bambino che nasce malato di AIDS nasce quasi sempre orfano, perchè i genitori non hanno la possibilità di curarsi.
E non è stato messo al mondo per amore, ma per un rapporto sessuale casuale, non protetto.
Se il bambino andrà in paradiso, forse il pro multis escluderà dal paradiso i pastori, laici e preti, e i loro superiori, che non han spiegato ai genitori occasionali come si fa a proteggersi, come si tutela la vita, anche evitando che vengano al mondo condannati a morte, orfani.
E questi diranno a loro difesa: “Ma noi glielo avevamo spiegato, in Latino!”
Nell’eventualità che qualche burocrate (absit iniuria) della Cei frequenti questa discussione, mi permetto di rinnovare il mio non richiesto consiglio: lasciate il mondo come sta, che tante volte a volerlo cambiare si fa peggio.
Mettete in stand by la richiesta di revisione della traduzione del rito (o ritiratela del tutto, se possibile) e tenetevi il “per tutti”.
In fondo, anche gli altri passi che vorreste cambiare hanno almeno il vantaggio di essere stati pregati per più di quarant’anni. Anche una chiesa brutta, se la gente ci va a pregare per generazioni e generazioni, col tempo diventa passabile e – se resta in piedi un numero sufficiente di secoli – addirittura bella. Perfino il cubo di Fuksas a Foligno, benchè progettato senza alcun senso religioso, a forza di celebrarci la messa diventerà una chiesa e – fra due millenni – troveranno belle e pie le sue rovine.
E poi, siete proprio sicuri che le modifiche che vorreste fare sarebbero migliorative? Come si fa a non vedere che con la traduzione del lezionario è successo quasi sempre il contrario?
Manuel76, ho detto che la domanda di Marco è oziosa per il semplice fatto che il problema neppure si pone.
E non si tratta di distinguere bambini con l’AIDS o senza.
I bambini–TUTTI–che muoiono senza il battesimo, che abbiano o no conosciuto Gesù Cristo, hanno una tale innocenza che non è neppure sfiorabile col pensiero che non vadano in Paradiso. Quelli malati, poi, che portano una croce più grande di loro, dove dovrebbero andare?
Qualunque cosa ne pensino papi, teologi, magistero e via dicendo.
Tu abbracceresti un bambino? A maggior ragione viene accolto (abbracciato) da Dio.
Gesù ha detto: lasciate che i bambini vengano a me. E non faceva distinzione fra bambini sani o malati, cristiani o musulmani o ebrei e via enumerando.
Esistono delle verità che si impongono da sé senza bisogno di discuterci sopra.
Mi fanno indignare tutte le elucubrazioni di chi vuole spaccare il capello in quattro, volendo dimostrare con ragionamenti pretestuosi
un’evidenza che è di una tale semplicità che non vale la pena che si perda tempo a parlarne.
“L’uso della lingua latina, salvo diritti particolari, sia conservato nei riti latini.”
(Articolo 1 comma 36 della SACROSANCTUM CONCILIUM.)
Ha ragione Manuel76 quando dice che qualcuno attinge al Concilio Vaticano II solo quello che gli interessa particolarmente.
Infatti viene costantemente e testardamente ignorato che «se poi in qualche luogo sembrasse opportuno un uso più ampio della lingua NAZIONALE nella Messa, si osservi quanto prescrive l’articolo 40 di questa Costituzione» (18).
L’articolo 40 dà direttive sul ruolo delle Conferenze Episcopali e della Sede Apostolica su una materia così delicata.
E richieste ed estensioni dell’uso della lingua italiana non si fecero attendere.
Dapprima ci fu una introduzione graduale, solo in alcune parti della liturgia, dell’italiano (il “volgare”).
Poi, il 14 giugno 1971, la Congregazione per il Culto Divino mandò una
comunicazione in cui si affermava che le Conferenze Episcopali potevano autorizzare l’uso
del volgare in tutti i testi della Messa .
Motivo?
Per una miglior comprensione di quel che la Chiesa prega, poiché «la Madre Chiesa desidera ardentemente che tutti i fedeli vengano guidati a quella piena, consapevole e attiva partecipazione delle celebrazioni liturgiche, che è richiesta dalla natura della stessa liturgia e
alla quale il popolo cristiano [ … ] ha diritto e dovere in forza del battesimo» (21).
Tanto per puntualizzare.
Ma che brava! “Dapprima ci fu una introduzione graduale”
Si, è vero IL CAVALLO DI TROIA vi entrò lentamente, in modo graduale, è vero, in modo molto graduale, quasi in sordina! Come l’antico serpente.. Ma trovò presto pieno assenzo: bastò strumentalizzare le accezioni concesse,le quali sull’onda del modernismo, eccitati dal vento di cambiamento spalancarono la porta ad ogni tipo genere di abuso: nasceva qualcosa che sistematicamente rompeva i ponti con la linfa della Tradizione fino ad esautorare il Sacro deposito Fidei con il placet di una parte della gerarchia che già prima del CVII premeva per il cambiamento. Ed ecco la frattura produrre dentro il Corpo di Cristo: Cardinale contro cardinale, Vescovo contro vescovo! Applauso! La questione della verità assoluta, immobile, data una volta per sempre è così liquidata. La sua rivelazione, al pari della sua acquisizione soggettiva, è parcellizzata, il dogma un ferro vecchio, una bestemmia, il rito Eucaristco -sacrificio ineffabile che smuove quel dinamismo incomparabile tra l’umano e il Divino- un mero banchetto ! Che arcicampioni, non c’è che dire! Per non parlare del dibattito teologico che seguì allo scempio: Tradizione bimillenaria dietro le spalle, anzi, peggio, sottoposta ad interpretazioni -stavolta si- di comodo!
Leonardo, hai ragione, che si tengano il “per tutti…a certuni non è dato capire!
corrige : assenso…
Ecco, per chi non ne fosse a conoscenza, come si svolgeva il rito liturgico ante Concilium.
Solo alcuni momenti, ma molto significativi.
…..Giunti all’altare, dopo la genuflessione si saliva a esso per portarvi calice e patena coperti dal velo e per collocare il messale sul leggio. Poi si scendeva e la messa aveva inizio. «Introibo ad altare Dei», diceva a voce sommessa il prete, e io rispondevo: «Ad Deum qui laetificat iuventutem meam». Così io e il prete pregavamo il salmo 41 (42). Era un salmo in cui mi immedesimavo in particolar modo, perché la mia vita era dura e segnata anche dalla sofferenza. «Quare tristis incedo?» (Sal 41 [42],2), dicevo a Dio, e speravo in lui solo affinché allietasse la mia giovinezza…..
«Misereatur tui omnipotens Deus et,dimissis peccatis tuis, perducat te ad vitam aeternam. Amen».
Poi mi confessavo io ed egli mi assolveva, o meglio, assolveva tutti i presenti: essi però non potevano sentire, perché questo dialogo avveniva a voce bassa e sembrava riguardare solo noi due, il prete e me. Noi due eravamo i protagonisti perché da chierichetto ero di fatto un concelebrante….
Il prete mi spiegava: «La gente non sa il latino, quindi non può capire. Alla gente basta “assistere alla messa” e pregare come sa fare, con il rosario o le altre preghiere».
In verità non si sarebbe nemmeno osato pensare il concetto di «assemblea», tanto meno ritenere che la gente («popolo di Dio» era un’espressione sconveniente) intesa come assemblea fosse SOGGETTO della celebrazione. I fedeli erano di fatto pensati e trattati come «presenti assenti». Neanche le fedelissime suore avevano un messalino su cui seguire la celebrazione…..
Tuttavia a un certo punto, quando, dopo il prefazio a volte cantato, proclamavo il Sanctus e suonavo tre colpi di campanello, ecco che il brusio della preghiera della gente cessava e tutti, inginocchiatisi, guardavano il prete che all’altare, inchinato sull’ostia e sul calice, pronunciava a voce bassissima le parole della consacrazione.
Tutti sapevano, in una totale obbedienza alla «disciplina dell’arcano», che quello era il momento culminante della messa, un momento che infondeva timore: era il «santissimo» della messa, in cui occorreva assolutamente tacere e fare attenzione; era il fascinosum et tremendum, che si imponeva anche a rozza gente di campagna!
Tutti gli sguardi erano fissi alla schiena inclinata del prete, in attesa che apparissero sopra il suo capo, levati in alto dalle sue mani, l’ostia e poi il calice….
Aver visto l’ostia e il calice per molti era l’elemento decisivo nella messa, la massima comunione possibile con il Signore, perché quasi nessuno poi accedeva alla comunione del corpo del Signore. La comunione sacramentale era infatti praticata da pochissimi.
Resta vero che la gente «assisteva» e che questa era la sua partecipazione: ciò che contava era la devozione, l’esercizio degli affetti, l’attenzione alla presenza di Dio, il timore per quello che avveniva sull’altare.
Non era donata la parola del Signore: l’Antico Testamento era ferialmente letto pochissime volte, le letture dell’epistola e del vangelo erano – come si è detto – sempre le stesse, e comunque in latino (più in generale, nelle messe non «da morto» le letture bibliche erano scarsissime: testi quasi unicamente del vangelo secondo Matteo e ammonizioni tratte dall’Apostolo Paolo).
Dunque, è cambiata la messa? Sì, è cambiata nella sua forma, come SEMPRE È CAMBIATA nelle diverse epoche della storia della chiesa; nel contempo, però, la messa è LA STESSA in una continuità ben più profonda della lingua o dei gesti con i quali è eseguita….
Oggi riconosco soprattutto la continuità, la tradizione che si accresce e si rinnova per non morire o decadere, ma che sa sempre conservare la stessa messa, la stessa celebrazione dell’alleanza tra Dio e il suo popolo. Quarant’anni fa la messa era per me il sacrificio della croce: oggi è ancora il sacrificio della croce, che ha come esito la resurrezione, la vittoria di Cristo sul male e sulla morte.
Oggi nella messa vivo CON PIÙ CONSAPEVOLEZZA il mistero pasquale, rinnovo l’alleanza con il Signore, offro a Dio la mia vita, il mio corpo in sacrificio (cf. Rm 12,1), offro tutta la creazione con un’epiclesi, invocazione allo Spirito santo affinché trasfiguri questa creazione in regno dei cieli.
E resto convinto che ci saranno altri sviluppi, altri accrescimenti e mutamenti nella liturgia, perché la liturgia, come la chiesa, è semper REFORMANDA. Tutto questo però in una continuità che ha come riferimento la grande tradizione dell’oriente e dell’occidente e che completerà ciò che mancherà, correggerà ciò che sarà necessario, arricchirà ciò che apparirà misero.
La Rivista del Clero Italiano, n°3 (2012)
di ENZO BIANCHI
Chiari questi concetti? Chiaro perché la riforma liturgica è stato un evento straordinario per il rinnovamento della Chiesa?
Chiaro perché i denigratori farebbero meglio a rivedere le loro posizioni o, almeno, a starsene zitti, cullandosi per proprio conto le nostalgie di un passato stantìo ormai alle spalle e senza possibilità di ritorno?
Chiaro che “nessuno, anche se sacerdote OSI di sua iniziativa aggiungere, o mutare alcunché in materia liturgica”
[S.C n 22]
Chiaro che ” Le assersioni dei S.Padri attestano la vivificante presenza della Tradizione, le cui ricchezza son trasfuse nella pratica e nella vita della Chiesa orante e credente”?
[ LG 8]
Chiaro che “l’ufficio d’interpretare autenticamente la Parola di Dio, scritta e trasmessa, è affidata solo al Magistero vivo la cui autorità,esercitata in nome di Cristo ad Esso serve per insegnare SOLTANTO ciò che stato trasmesso”?
[CD14]
Chiaro che il CVII si basa in toto sui pilastri del passato e che ripropone IMPLICITAMENTE gli antichi dogmi !? Ma la miopia, purtroppo ha raggiunto alla cecità completa.
La cecità completa
In questo caso , “repetita iuvant” capita a fagiolo ! Siamo alla cecità completa.
Clodine, quando fai cosi’ non ti capisco proprio. Hai appena sostenuto la validità del Concilio dicendo che ha scritto che si puo mantenere la lingua latina, ma neghi quello che c’è stato, che anche esso è tradizione della chiesa!
Se i passi avanti in 1900 anni sono stati molto lenti, l’esigenza di un concilio la sentivano già dal vaticano primo! Il secondo arriva in super ritardo, a cercare di raccogliere quei frutti che la tradizione aveva già maturato da decenni, decenni che, dal 1870 in avanti, hanno visto un secolo di trasformazioni tali che in 1900 anni precedenti non si erano vedute!
Non è questione di ammodernare il credo, ma quegli strumenti che servono a fare comprendere quanto ancora sia attuale la fede cristiana.
Chi si ostina ad andare avanti col carro trainato dai buoi, quando sono stati inventati strumenti che aiutano l’uomo, cerca di mantere intatte delle abitudini che non possono piu sopravvivere. Ma il campo è arato allo stesso modo, se non meglio addirittura, e la coltivazione cresce e porta frutto abbondante, molto più di prima!
Non è la quantità di anni che una tradizione dura che fa la differenza, ma la qualità delle cose che si fanno.
Prof. Pieri, lei non avrà alcuna difficoltà a celebrare una messa in latino, la difficoltà la riscontra il popolo di Dio, perchè lei comunica loro una gioia e loro manco capiscono quello che lei sta dicendo.
Ammetto che una comunità di gente uscita da licei possa chiederle una messa in latino, ma non ha senso celebrarla per chi la lingua non la conosce. Non ha più senso, per fortuna, perchè siamo abituati a capire quello che ci viene detto!
Che bello quel passo, Marilisa! Suonare il campanello alla consacrazione: una cosa da abolire!
Cambiamo i modi e le lingue, ma la messa è sempre quella.
Forse sarebbe opportuno parlare d’ignoranza circa la trama che unisce i documenti conciliari, il cui ordito tesse il filo d’oro direttamente dal passato…un passato mai estinto ..interrotto bruscamente, forse spezzato-ma non del tutto- da eventi, circostanze avverse, talvolta dall’intervento di personaggi incauti: Poltergeist, folletti dispettosi che si son divertiti ad intrecciare i fili scolvolgendo l’intero disegno così laboriosamente architettato dai Padri conciliari riuniti in assise.
Grazie a Dio, Benedettodecimosesto da ottimo teologo qual sempre fu, ha subito indirizzato l’attenzione verso un’adeguata ermeneutica, non della ROTTURA, ma della continuità.
W il Papa!
Manuel se tu leggessi, senza saltare a piè pari….forse capiresti cosa sto dicendo!
La lentezza di cui vado parlando non è relativa all’incedere della Chiesa, ma ad altro…se leggessi gli interventi, capiresti a cosa mi riferisco…
“Suonare il campanello alla consacrazione”: lo si fa ancora, Manuel76,quando ci sono i chierichetti.Ma non sempre ci sono.
Bisogna saper vedere nella liturgia di oggi “la continuità, la TRADIZIONE che si accresce e si rinnova per non morire o decadere, ma che sa sempre conservare la stessa messa, la stessa celebrazione dell’alleanza tra Dio e il suo popolo.”
Chi non riesce a vedere tutto questo è colui che si impunta a vedere nella Tradizione una cristallizzazione che non può esserci, se è vero che non può essere relegata nel mondo del passato, ma che deve parlare al cuore e alla mente di uomini e donne di ogni tempo e di ogni cultura,dando spunto a riflessioni nuove. Proprio come i sacri testi, per esempio.
Ma tu lo sai, Manuel76, che neanche tanto tempo fa era pressoché proibita la lettura del Vecchio Testamento?
Oggi, invece, ne viene raccomandata caldamente la lettura.
E hai pensato, Manuel, che nella messa in latino, che continua ad essere celebrata un po’ qua e un po’ là, permane la formula che definisce gli Ebrei colpevoli di deicidio? Ed è il motivo per cui ci fu una levata di scudi da parte delle comunità ebraiche quando l’attuale papa sottolineò l’opportunità della messa in latino quando si fosse voluto?
Quanti errori del sacro Magistero!
Se dovessimo badare a tutto questo, ci sarebbe da voltare le spalle alla Chiesa.
Il punto fermo su cui non si discute e che fa rimanere me, come credente, nell’ambito istituzionale è la convinzione che nella messa si rinnova il sacrificio di Gesù Cristo a cui si unisce quello dei fedeli presenti e dell’umanità tutta, nella realizzazione del regno di Dio. Si rinnova la nuova ed eterna alleanza fra Dio e il suo popolo,appunto.
E questo a prescindere dalle formule,dai papi e dalla Tradizione.
E nel convincimento che,comunque,anche fra errori(tanti) ed altro,una organizzazione ecclesiastica è necessaria.
“ermeneutica della riforma nella continuità” è l’espressione preferita da BXVI per caratterizzare il modo in cui va interpretato l’apporto del Vat2
io ho detto che “personalmente” non ho difficoltà col rito latino (purché sia quello di Paolo VI) per spiegare che non c’è da parte mia un ostacismo personale all’uso di questa lingua, che leggo e prego quotidianamente, amo molto e talvolta ho insegnato. Non ho detto che questa sia la mia preferenza pastorale in assoluto, tutt’altro.
Concordo con chi dice che il vero tesoro nelle mani della Chiesa di oggi è la riforma liturgica; l’articolo di Bianchi spiega benissimo che è merito del Vat2 aver rimesso gran parte della Chiesa a contatto con la tradizione autentica, biblica e liturgica, la più antica e universale. Un patrimonio che a Trento era presente in misura molto più limitata e di cui i fedeli ricevevano a malapena poche gocce
Per questo mi premeva sottolineare la complessità insita nei documenti conciliari. Documenti che solo apparentemente assumono carattere pastorale; nessun dogma dunque, ma continuo è il riferimento, esplicito et implicito e in modo calzante- e al concilio di Trento come pure al CVI. Del resto non potrebbe essere altrimenti, sarebbe assurdo che il Magistero “sbollasse” quanto affermato dai papi precedenti.
Coloro i quali credono, o pensano, che il CVII abbia messo in secondo ordine il depositum fidei [grande per quanto unico patrimonio di tutte le verità in ordine alla conoscenza e al comportamento insegnato da Gesù agli Apostoli e da questi trasmesse] verità fondanti cui attinge il Magistero della Chiesa, non potendo questa aggiungere nulla a quanto, almeno implicitamente, è già contenuto nella Rivelazione] forse ha capito molto, ma molto poco! La comprensione, di tali verità progredisce nella Chiesa lungo i secoli con l’assistenza dello Spirito Santo, e così sarà fino alla fine dei tempi!
Grazie dott Pieri, mi è piaciuto quello che ha scritto in questo ultimo intervento.
Se verrà a Roma per un convegno, magari al S.Anselmo o all’Ateneo Salesiano me lo faccia sapere attraverso il dott. Accattoli, verrò senz’altro!
Un cordiale saluto
Clo
Tra le accezioni di “moltitudine” il Dizionario Battaglia elenca come sesta – e con una quantità di esempi, dal Pallavicino al Leopardi – quella che indica “l’universalità, la generalità, la maggioranza degli uomini, l’umanità intera”. E’ in questo significato che già l’adottarono i vescovi francesi e che la propongono ora gli studiosi italiani, sostenendo che “moltitudine” corrisponde meglio di “molti” al senso del greco “polloi” che è nei Vangeli (e dell’ebraico “rabbim” che forse fu sulla bocca di Gesù), dal quale viene il latino “multis”, perché indica una “quantità senza misura”, aperta alla totalità, mentre “molti” nella nostra lingua si oppone a “tutti” e suona quindi come escludente la totalità.
E’ il paragrafo conclusivo di un mio nuovo articolo sul “per tutti – per molti” pubblicato ieri da LA LETTURA supplemento domenicale del “Corriere della Sera” a pagina 7 con il titolo Ultima cena per molti ma non per tutti.
“moltitudine” corrisponde meglio di “molti” al senso del greco “polloi” che è nei Vangeli (e dell’ebraico “rabbim” che forse fu sulla bocca di Gesù), dal quale viene il latino “multis”, perché indica una “quantità senza misura”, aperta alla totalità, mentre “molti” nella nostra lingua si oppone a “tutti” e suona quindi come escludente la totalità.
Hai voglia di precisare, Luigi…
Quelli che hanno la testa arrugginita dalla ostinazione vedranno nelle tue parole solo quello che vogliono vedere e non ciò che realmente dicono.
Lingua o non lingua, se per “tutti” si vuol intendere un mondialismo cristiano senza conversione del cuore o volontà di convergere nell’unica Chiesa di Cristo, la UNa , Santa, Cattolica, Apostolica. Se per “tutti” s’intende un luogo trascendentale dove ciascuno resta come è rifiutando di credere nella s.Trinità, nella presenza reale del Cristo il cibarsi di Lui fisicamente animicamente spiritualmente, o escludere nella cooperazione all’opera di redenzione la Vergine Maria dicendo di Lei che il suo ruolo è terminato al momento del parto a mo’ di incubatrice, et altre Verità di fede. Se quel “per Tutti” si vuol intendere che ognuno concorre per sua parte alla “vis unita fortiori” , beh, allora quel “per tutti” non è che una pia illussione, anzi, un tacito imbloglio in quanto , come il MENO possa arricchire il TUTTO e come possa l’errore arricchire la verità, resta un rebus da spiegare.
corrige : imbroglio!
Ho letto il brano di Enzo Bianchi, con i suoi ricordi di chierichetto, riportato nel messaggio di Marilisa delle 14.20 del 13 agosto.
Francamente mi sembra una caricatura, uguale e contraria a quelle spesso e volentieri si fanno della messa di oggi sui siti tradizionalisti. Io non ho mai fatto il chierichetto, ma a messa ci andavo e, per esempio, ricordo che la confessione dei peccati non si svolgeva affatto come dice lui; né è vero che “quasi nessuno” facesse la comunione: certo, si stava molto più attenti alle condizioni per poterla fare (essere in grazia di Dio, rispettare il digiuno previsto dalla chiesa …), ma non è detto che fosse un male :-).
Detto questo, ben lungi da me la voglia di idealizzare quel periodo: il difetto di “quel” cristianesimo è del resto inoppugnabilmente dimostrato dalla facilità con cui è crollato.
Però quando Enzo Bianchi scrive, a proposito della consacrazione: «Tutti sapevano, in una totale obbedienza alla «disciplina dell’arcano», che quello era il momento culminante della messa, un momento che infondeva timore: era il «santissimo» della messa, in cui occorreva assolutamente tacere e fare attenzione; era il fascinosum et tremendum, che si imponeva anche a rozza gente di campagna! Tutti gli sguardi erano fissi alla schiena inclinata del prete, in attesa che apparissero sopra il suo capo, levati in alto dalle sue mani, l’ostia e poi il calice…. Aver visto l’ostia e il calice per molti era l’elemento decisivo nella messa, la massima comunione possibile con il Signore», non so bene quale sia la sua intenzione ma, oggettivamente, descrive una situazione di cattolicesimo molto più reale di quello, largamente immaginario, che oggi prevale. Oggi, in molte messe, si ha l’impressione che, una volta scavallata in qualche modo l’omelia, le intenzioni e l’offertorio con annesse didascalie del celebrante, il più sia fatto. In dieci minuti si sbriga il resto, un nanosecondo di ringraziamento dopo la comunione e vai con gli avvisi e il canto finale. Quanto all’ars celebrandi nel momento della consacrazione, sarò miscredente io ma troppo spesso sembra che anche il prete ci creda, come dire … in modo molto “virtuale”.
(Naturalmente anche questa è una caricatura, ma direi che così con Enzo Bianchi siamo pari 🙂
Enzo Bianchi non fa caricature. Non è da lui.
Riporta fedelmente quanto avveniva durante la messa feriale mattutina in un paesino piemonese i cui abitanti, dediti all’agricoltura, erano persone semplici e di fede, che non si ponevano tanti perché, e che durante la liturgia recitavano il rosario per proprio conto, non capendo niente delle preghiere del sacerdote.
D’altro canto, io non mi ritrovo per niente nell’ “Oggi, in molte messe, si ha l’impressione che, una volta scavallata in qualche modo l’omelia, le intenzioni e l’offertorio con annesse didascalie del celebrante, il più sia fatto.” Mai ho constatato questo.
Anche io ho conosciuto le due forme di liturgia, per cui posso dire che E. Bianchi ha detto il vero.
Per una lettura dell’intero articolo, interessantissimo, di E. Bianchi rimando al link.
http://www.monasterodibose.it/content/view/4435/140/1/1/lang,it/
Per disattenzione ho saltato la prima pagina.
Posto di nuovo il link:
http://www.monasterodibose.it/content/view/4435/140/1/0/lang,it/
«Enzo Bianchi non fa caricature. Non è da lui».
E ho detto tutto.
No, davvero, io tutte le volte resto ammirato di fronte all’ottusità della bella Marilisa! È come le Dolomiti, dovrebbe essere anche lei “patrimonio dell’umanità”. Avvertire l’Unesco.
ah ah ah ah ah !!!
Cafone!!!
Lei non è degno di leccare i piedi di un uomo come Enzo Bianchi.
Sono gli uomini come lui a salvare la Chiesa.
E comunque la sua stupida ironia–l’unico debolissimo argomento a sua disposizione– la indirizzi ad altre persone, non a me.
Ottusissimo è lei che ancora, a distanza di anni, non ha capito come ci si deve comportare nei confronti del prossimo.
Imbecille vigliacco e pure stronzo. Quando ci vuole è peccato non dirlo.
Se la avessi davanti, le appiopperei uno schiaffone con molto piacere.
Impari l’educazione una buona volta.
Dire che Enzo Bianchi salva la Chiesa è una bestemmia ma comunque…
Frasi spontanee come queste mi fanno capire le tante ragioni di Ratzy.
Fammi capire perché sarebbe una bestemmia.
E cosa c’entrano le tante ragioni di Ratzy? Spiegati invece che accennare.
E poi dimmi: secondo te i valori della Chiesa da chi vengono rappresentati degnamente?
A me sembra che tu faccia di tutta l’erba un fascio, con tanta confusione in testa.
Chiariscitele le idee.
Ho cercato di analizzare questo blog, dopo circa 12 giorni dall’apertura.
Hanno partecipato 23 persone, tre “iniziatori”: Luigi, Don Silvio ed il prof. Pieri, poi 21 altri, dei quali 7 “appassionati” con 10 o più interventi.
I profili dei partecipanti sono molto diversificati, ma certamente molti erano sinceramente interessati, purtroppo è capitato a tanti di essere eccessivi, anche a degli abitué.
Circa 200 post, 79 pagine Times New Roman, 12.
Al dunque: l’obiettivo era di discutere sul come meglio rivedere la traduzione di una parte della liturgia cruciale della Messa, in seguito ad una sollecitazione del Papa.
Ed è scoppiato il finimondo. Tentando una sintesi:
Luigi ha introdotto il tutto con la sua solita gentilezza, Don Silvio ed il Prof. Pieri hanno tentato di mettere dei paletti alla discussione, e certamente dei paletti servivano.
Don Silvio si è sostanzialmente limitato a dei paletti molto specifici, certamente adatti ad una considerazione puramente linguistica, il Prof. Pieri invece ne ha messi tre, a spettro più ampio, che sembrano proprio quelli giusti: 1) lingua 2) teologia 2) pastorale, anche se, per parare le tante critiche a certe soluzioni, si è lasciato scappare un:
[Secondo me per far capire “una moltitudine” AI PRETI basterà completare citando Ap 7, 9: “…che nessuno poteva contare”]
Anche Don Silvio, pur [cosciente del fatto che nella lingua moderna emerge, come dicevo all’inizio, l’antitesi “per molti ma non per tutti”….]
si è lasciato scappare:
[Occorre salvaguardare anzitutto l’intenzionalità della formulazione delle parole di consacrazione, ancor PRIMA DI UNA PREOCCUPAZIONE per un’errata ricezione di un’idea teologica causata dal linguaggio utilizzato”.]
e poi:
[Voglio dire che l’ASSURDO di tale preoccupazione sulla quale ……]
E poi:
[La formula sul calice ha come finalità prima quella di affermare che il sacrificio di Cristo in croce è per tutti gli uomini? Crediamo di no!]
Ma finora era stata interpretata COSI’.
Tra gli altri partecipanti i più dotti si sono accaniti essenzialmente sui temi linguistici, mentre i più “grezzi”, tra i quali mi colloco, hanno avuto molti dubbi.
Cerco ora di fare una considerazione più ampia, rifacendosi al paletto della Pastorale, opportunamente citato dal Prof. Pieri.
Le frasi in questione: direi che l’effettivo “utilizzatore finale” sono i circa 3-5 milioni di persone, (qui in Italia), che seguono più o meno costantemente il precetto domenicale, che le ascoltano 52 o più volte all’anno.
Se vogliamo trasmettere loro il messaggio di Gesù, credo che questo debba essere comprensibile, di conforto e non di dubbio per questi milioni di presone.
Mi permetto di ricordare che tutte le omelie domenicali giustamente battono sul tema di guardare a Gesù come la salvezza, come a Colui che, se seguito, fa passare tutte le preoccupazioni.
Ed allora vogliamo crearne di nuove? E’ sempre il cambiamento che induce a pensare, a rimettere in discussione i concetti.
Bel risultato sarebbe far venire il dubbio che il nostro arbitrio non sia poi così libero.
Sempre fermo restando, ovviamente, che il Giudice Ultimo può essere solo Uno, la cui Giustizia è infinita ed imperscrutabile.
Ma, per la miseria, ha salvato anche il ladrone.
Non discuto sulla qualità delle traduzioni, non ne sono al livello.
Ma pretendiamo, e penso di poterlo scrivere con la maiuscola, PRETENDIAMO, NEL NOME DI DIO, che la vita dei poveri pastori di prima linea (i preti del Prof. Pieri) non sia resa ancora più difficile, che non si mettano mai in dubbio i principi fondamentali della nostra Fede per una disquisizione pur importante, ci mancherebbe, nella quale, tra l’altro, non tutti sembrano d’accordo.
O, peggio, che i nostri già pochi fedeli abbiano delle preoccupazioni che proprio non servono, oltre che ad essere inesistenti, se crediamo nella nostra Fede.
Si faccia come meglio opportuno per i 3-5 milioni di persone, sono le poche pecorelle rimaste nell’ovile, gli altri 50-55 milioni non hanno questo problema: non ci stanno proprio a sentire, ed è QUESTO il vero grande problema, al quale non dedichiamo molte attenzioni.
Prof. Pieri: lei ha centrato il paletto giusto.
E ricordo che il mondo cambia molto rapidamente, i problemi che i 3-5 milioni di italiani incontrano sono per lo più nuovi, che la loro cultura non è più nemmeno come quella di mia nonna, sono costretti, oggi, ad imparare a pensare, leggono, scrivono, sono tempestati da tante suggestioni, dimentichiamoci che il latinorum, l’incenso, il suggestivo canto gregoriano possano essere sufficienti, pur se così importanti.
A proposito di musica gregoriana, è bellissima, la ascolto spesso, ha un’enorme suggestione.
Ma in Chiesa cerco di essere “me”, senza suggestioni, mi deve bastare quella dell’infinito Amore di Gesù, del Suo insegnamento, senza altri fronzoli.
Marcello.n, trovo curioso–non volermene– che ti sia preso la briga di contare minuziosamente il numero dei partecipanti al post del nostro Luigi, e di distinguere tra gli “appassionati”, i “dotti” e i “grezzi”.
Al di là di tutto resta che in questo blog, in seguito alla puntualizzazione del papa, si è voluto circoscrivere Dio in una discussione per pochi eletti. Ci sono poche persone che vorrebbero “per molti” in senso restrittivo (la salvezza non è per tutti) e molti che aderiscono convintamente al “per tutti” in senso ampio.
Questi ultimi, fra cui io mi pongo, senza prendere in considerazione l’aspetto linguistico, preferiscono appellarsi all’intero contesto del messaggio evangelico che sembra abbracciare l’intera umanità in una volontà di salvezza.
Gesù è venuto fra noi per rimuovere il Dio della paura.
Il suo Dio non guarda a quanto si è bravi e giusti, ma guarda a quanto si ama, non guarda alle pratiche religiose ma al cuore; in altre parole il Dio di Gesù non è tanto il Dio giudice quanto il Dio dell’Amore.
Tanto meno guarda a chi disquisisce, più o meno scientemente, sulla Tradizione e sui sacri testi.Tutti elementi importantissimi ma non essenziali;e direi anche interpretabili.
Certo è che bisogna aderire all’Amore, cioè al Cristo. E se questo lo fanno inconsapevolmente anche quelli di altre religioni, la salvezza è anche per loro. Di questo sono convinta.
Nel frattempo io ho notato con grande soddisfazione che durante la celebtazione della liturgia eucaristica si continua a dire ” per tutti”.
Marilisa, figurati se te ne voglio per la tua curiosità, ecco la spiegazione.
Per mia forma mentis o, se vuoi, per abitudine professionale, sono abituato a valutare anche quantitativamente i fenomeni ai quali vado incontro, e questo mi è successo anche quando, da qualche anno, mi sono dedicato a promuovere una più viva missionarietà in terra nostrana.
Fa parte, se vuoi, anche del discorso di S. Paolo, che suggeriva di conoscere coloro che vuoi aiutare, anche i nemici.
E mi aiuta a quantificare l’importanza dei vari aspetti di una situazione.
Per questo mi sono presa la briga di quantificare alcuni aspetti del blog, mi aiutano a capire una parte del prossimo, come la pensano.
La quantificazione, peraltro molto grossolana, di quanti ascoltano le parole della consacrazione dovrebbero servire anche a caratterizzare l’importanza delle scelta delle parole, sia in funzione di quanti le ascoltano, che in funzione della loro capacità di comprensione.
E non ho messa la stima (qualche migliaio) dei sacerdoti che le pronunciano per i fedeli.
Poi non perdo occasione di far pensare a quanti siamo rimasti in pochi, e spero che chi parla di partito dei cattolici, chi si occupa un pochino dell’andazzo della nostra nazione, si renda conto che è proprio ora di darsi da fare “al di fuori dell’ovile” se vogliamo ottenere un qualche miglioramento.
Per il resto del tuo post, mi sembra naturale essere d’accordo con te, la pensi come me.
La tua soddisfazione è pienamente condivisa.
Grazie per il commento.
chiedo scusa in anticipo per un commento “non omologato” in nessuno di quei gruppi sintetizzati da Marcello.n.
Quello che a me stupisce di più in tutta questa discussione tra i fautori del pro multis e quelli del pro omnibus, è che nessuno si interroga sul senso del Sacro. se ne fa una questione di traduzione, una questione di lana caprina, una questione insulsa e pedante, in cui sedicenti “esperti” danno il loro parere..ma ci si chiede su cosa danno il loro parere ?
Sulla formula di “consacrazione” dell’Eucarestia, cioè su ciò che dovrebbe essere il centro del SACRO per la religione cattolica.
ora se il SACRO può ( e deve) essere sottoposto alla traduzione, all’interpretazione, se addirittrura si chiede una votazione fra chi preferisce una formula e chi un altra, che SACRO è???
cioè, si è persa del tutto la dimensione sacrale!
IL SACRO , per difinizione , è ciò che l’uomo adora come altro da se, come intoccabile e supremo.
Nessuno in questo blog si rende conto dell’assurdità e del RIDICOLO di porre in discussione, di fare una votazione democratica, su una formula di
CONSAcrazione?
Non vi rendete conto che atei hanno tutte le ragione di dire , se le cose stanno così, che il SACRO non esiste? che tutto è opinabile, discutibile, argomentabile, tutto si può mettere in discussione e tutto si può cambiare?
ma allora se è così , se il SACRo non esiste più, se le formule di cvonsacrazione possono cambiare come cambiano le mode, perchè ci illudiamo ancora stupidamente che la religione cattolica esista????????????
Discepolo. Se il SACRO può (e deve) essere sottoposto alla traduzione – se le formule della consacrazione possono cambiare. Un giorno quelle parole – forse in origine aramaiche e poi greche – furono tradotte e adattate in siriaco, arabo, latino, paleoslavo e si ebbero diverse formule e diversamente tradotte nei secoli e nei luoghi – dunque già allora la religione cattolica non esisteva?
Rileggo dopo molto tempo il blog, spinta quasi da una discussione alla quale ho assistito. Mi sembra che marcello.n abbia ragione: non ha senso discutere tanto su una parola. Interpretiamola alla luce del costante insegnamento della Chiesa, e non ci facciamo più problemi di quelli che ci sono.
IL PAPA HA RAGIONE
Giustissimo, sotto ogni aspetto, ritornare all’originale “per molti” nella preghiera eucaristica, secondo le intenzioni del Santo Padre e l’autentico insegnamento evangelico.
Le molte fondate ragioni -di ordine teologico, storico e filologico- che giustificano il “per molti” sono chiaramente riassunte in un documento del 2006 della Congregazione per il Culto Divino inviato dal Papa a tutte le conferenze episcopali.
E’ reperibile su internet e perciò invito chi è interessato all’argomento a prenderne visione per trovare risposta a qualunque dubbio in proposito, come i molti espressi in questo blog.
Vorrei aggiungere soltanto qualche personale considerazione, come credente qualunque.
1. La salvezza per i meriti di Cristo è certamente offerta e proposta a tutti. Ma -di fatto, a consuntivo, alla fine dei tempi, nel giorno del giudizio…per Dio che è fuori dal tempo- non avverrà “per tutti”.
E’ Cristo stesso che lo afferma con assoluta chiarezza nel Vangelo, dalla “porta stretta”, ai “molti chiamati, ma pochi gli eletti”, alle “vergini stolte”, agli “invitati al pranzo nuziale”, ai “tralci che non portano frutto”, ai “semi gettati tra i rovi”….
E fra i due ladroni, è salvato soltanto quello che ha creduto.
Nella salvezza di ognuno di noi è dunque essenziale il libero arbitrio, ossia la scelta personale di credere, affinché si attui la grazia di Dio.
Proprio come il “fiat” di Maria all’annunciazione.
E questo è quanto afferma il Santo Padre, il documento citato sopra, nonché la più autentica tradizione della chiesa e di innumerevoli teologi nel corso dei secoli fino ad oggi, come ad esempio mons. Bruno Forte in un chiarissimo articolo del Corriere della Sera di pochi giorni fa.
In questa Italia da ri-evangelizzare, nell’anno della Fede che sta per iniziare, il “per molti” -nel suo chiaro significato di “non per tutti”- forse servirà a stimolare le coscienze dei moltissimi che si dicono cristiani per il solo fatto di essere stati battezzati a loro insaputa, o di quanti dicono “Signore, signore…” soltanto a parole.
Ma è questa “la fede” vera che Dio Padre pretende da un figlio?