“Morta la trans della vicenda Marrazzo. Il corpo del transessuale Brenda è stato trovato carbonizzato in un appartamento in via Due Ponti a Roma stamani”. Non sappiamo come chiamarla e come sia morta, bruciata viva o suicida. “Fatto inquietante” dice l’avvocato di Marrazzo. Tutto è doppio nel suo destino. Undici giorni addietro sulla Cassia l’avevano “pestata” degli slavi. Ubriaca, ferita e derubata, insultava infermieri e poliziotti. Transessuali che la conoscevano hanno detto ai giornalisti d’aver sentito che voleva uccidersi. Cerco gli occhi nelle foto. La prendo come figlia e piango su di lei e su di me.
Piango su Brenda e su di me
11 Comments
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Anche io, ora tutte le altre considerazioni passano in second’ordine.
“ferita e DERUBATA” sì, pochi giorni fa, derubata del cellulare che conteneva i video degli incontri coi clienti….!!!
“forse suicida” forse.. ma pare che abbiano trovato le valigie pronte.. forse stava per andare all’estero, dove non dimentichiamolo è già fuggita l’altra trans implicata, oltre a Natalie, tale Michelle.. che ha pensato bene di fare le valigie subito.. e ha fatto bene visto che è ancora viva…
suicida o no, mi fa venire in mente il povero Lazzaro che riposava nel seno di Abramo: possa da lì godere della luce del Misericordioso, del Buon Samaritano che fascia e risana ogni ferita. E aprirci le porte del Paradiso quando busseremo.
Un amico osserva che avrei dovuto dire che prendo Brenda “come figlio” e non “come figlia”. Chiedo scusa a chi avesse avuto questo riflesso nel leggere le mie parole. So bene che non sappiamo come chiamarti, Brenda. Io volevo dirti che ti prendo come mia creatura e piango su di te e su di me come un padre piange la creatura che ha generato.
Brutta, bruttissima, terribile storia.
Ancora buona giornata a tutti !
Roberto 55
Mi permetto, con gesto scorretto, me ne rendo conto, di dissentire e criticare profondamente il linguaggio di Luigi in questo post. Nello stesso tempo lo ringrazio per avermi dato l’occasione di esprimere alcune considerazioni che viceversa sarebbero rimaste inespresse, pur lavorando nella mia coscienza e forse condizionando i miei giudizi senza piena consapevolezza. Ed essere consapevoli dei propri pregiudizi è cosa buona.
Ci sono nella vita migliaia e migliaia di occasioni per chinarsi sul proprio prossimo con tenerezza e pietà. Forse dovremmo fare solo quello e però è solo dei santi questa capacità. Se siamo in grado di inchinarci ai piedi del prossimo per alleviarne le ferite (e con quale presunzione spesso ci consideriamo in grado di farlo!), se ne siamo capaci e se davvero è il nostro compito, dovremmo farlo con pudore. Non solo, ma dovremmo farlo all’interno di un raggio d’azione che coinvolga direttamente il nostro prossimo, quello reale, concreto che ci sta di fronte, di dietro, davanti e a lato e che magari trascuriamo per seguire una carriera, per darci spazi di prestigio, risonanza pubblica e visibilità sociale. Di tutti costoro è più facile usare una fin troppo anonima trascuratezza. Più facile chinarci sul totalmente Altro, grande trucco filosofico retorico dell’attuale cultura occidentale. Qui l’altro evangelico, dotato di una prossimità forse storicamente non più possibile, ma onestamente percepibile nel raggio d’azione che gli uomini avevano all’epoca, è diventato gusto del “diverso”, estetica merceologica del freaks (i trans sono dei freaks per la cultura pop statunitense ad esempio, in innumerevoli fumetti e b-movie, o b-movie elevati dal nostro provincialismo ad analisi sociologiche esemplari); il grande Altro è l’anormale fascinoso e fascinante di una cultura desacralizzata che divinizza il mostruoso per regolare il proprio metabolismo antropologico disturbato dall’annullamento del divino e dalla sua riduzione tecno-scientifica. Se ne legge un estratto fondamentale nei Tristi tropici di Lévi-Strauss. Chinarsi come se fosse nostra figlia/o sull’essere umano che è stata/o Brenda mi obbligherebbe a rimanere chinato per il resto dei miei giorni su tutto ciò che muore e scompare dal mondo e dalla realtà, in un’eternità di lutti e di perdite ai quali solo la salvezza cristiana può dare sollievo e conforto. Se non possiamo, e io non posso, inginocchiarmi di fronte all’enormità del danno in cui consiste la vita che si acquista in un atto di amore e si perde, altrettanto facilmente, in un gesto di odio definitivo, ebbene se non lo posso fare che a vantaggio e dono di una cerchia ristrettissima di persone, riservando agli altri qualcosa che varia dall’indifferenza più assoluta alla preghiera che il celebrante invita a dedicare in ogni Santa Messa, ai propri e agli altrui defunti, ebbene se le cose stanno così, io non prendo tra le mie braccia in alcun modo, tantomeno usando le parole e il linguaggio di una comunicazione efficace e moderna come un blog, Brenda. Mi scuso per la rudezza, ma quel “come figlia” mi pare introdurre una ridondanza emotiva nel discorso che può ben funzionare nella costruzione drammatica del post senza per questo aggiungere nulla alla dimensione etica che vuole segnalare e introdurre nella mente dei lettori. Pur rispettoso delle parole e dei sentimenti di Luigi nei confronti di una vicenda la cui risonanza ha origine nella dimensione pubblica del soggetto coinvolto (che è Marrazzo non Brenda), trovo eccessivo il ricorso alla letteratura per un evento la cui negatività ben poco si scosta dalla serie innumerevole e infinita che il dolore degli uomini presenta ogni santa ora del giorno.
Una piccola porzione di inferno su questa terra. Anche il fatto che non sappiamo come chiamare questa povera “creatura” è una cosa che fa davvero tremare i polsi.
Queste esistenze immerse nel buio sono tantissime e di fronte ad esse ci si sente impotenti.
Abbiamo scritto in contemporanea, debenedetti.
A me fa sempre piacere il dissenso perché crea dibattito.
Ad esempio tu scrivi “è solo dei santi questa capacità” e io dico: siamo tutti chiamati ad essere santi.
chiamati… appunto… e non a parole. Altrimenti saremmo santi tutti o quasi. Chi scrive meglio è santo. Io scrivo male. A me la morte di questo signore non mi dice nulla se non la segnalazione di una reattività sospetta della nostra società a tutto ciò che è abnorme, smisurato, deforme, sproporzionato, brutto e ammalorato. Mi dice qualcosa come a un medico dice qualcosa un sintomo. La pietà misericordiosa, se riesco e quando riesco ad esercitarla, è infinitamente più discreta e invisibile. Vivo come Luigi nella carta stampata e purtroppo (non è certamente il suo caso), la pietà che molti colleghi riservano a Brenda fa il paio e si accompagna alle pratiche più ciniche e cattive nei confronti dei colleghi e del vicino di lavoro (per non parlare dell’attenzione riservata agli eventi che riguardano la minutaglia del popolo che non assurge ai livelli di Brenda perché neppure vengono percepiti sommersi come sono dal grande discorso sull’Altro, sul diverso, su colui che viene da lontano come se il vicino non fosse oggetto di abituali nefandezze… questo vende e bene e poi è un ottimo brodino la sera d’inverno).
Beh, così suona meglio. Anche a me non piace la “melassa”.
Debenedetti il mio riferimento letterario era a “piangete su di voi e sui vostri figli”. Brenda per età può essermi figlio.