Per non perdere quel posto vicino al fuoco Pietro rinnega Gesù
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Luigi Accattoli
Prima che il gallo canti. Mentre Gesù davanti al Sinedrio afferma la propria identità, consapevole che per quell’affermazione sarà mandato a morte, Pietro giù nel cortile nega di conoscerlo. Questo episodio segnala la divaricazione dei destini personali davanti alla prova del martirio: Gesù entra in quella prova, che nel Getsemani ha compreso come facente parte della volontà del Padre, abbandonando l’abituale cautela sulla propria identità, che ora dichiara apertamente; Pietro invece, ora che la prova inizia a dispiegarsi, si ritira nell’ombra e rinnegando Gesù nega anche la propria identità di discepolo.
Quella di Pietro non è solo debolezza della carne, paura d’essere arrestato e mandato a processo come il Maestro: la sua è innanzitutto incomprensione della missione del suo Signore. Egli è un uomo generoso e possiamo credere alla sincerità del suo ardimento quando afferma d’essere pronto a morire con il Maestro (Marco 14, 31). E’ in forza di quell’ardimento che nel Getsemani afferra la spada e che segue “da lontano” Gesù che viene condotto al palazzo del Sommo sacerdote e che si mette a rischio dell’arresto entrando nel cortile di quel palazzo. Non è fuggito del tutto, vuol sapere come andrà a finire. E’ pronto a riprendere il suo posto, è pronto a morire – possiamo credergli – ma per un Messia che combatta, non per un Messia che si consegna agli avversari.
Quando dice “non lo conosco” egli in fondo è sincero: non conosce, non riconosce quel Gesù. Conosce quello che resuscita i morti, che moltiplica i pani, che doma la tempesta, che si trasfigura sul Monte, che purifica il Tempio. E spera, ancora spera mentre si scalda al fuoco, che tra poco, all’alba, il suo Maestro rompa la corda con cui è stato legato e fulmini chi l’ha catturato e chi ora lo sta processando.
Ma prima dell’alba viene il canto del gallo e quell’acuto messaggio riscuote Pietro dallo smarrimento: gli riporta le parole del Maestro che gliel’aveva preannunciato e l’induce a un pianto salutare. Quel pianto segna la ripartenza di Pietro come discepolo, che riprende la sua sequela dall’umiltà appresa nel rinnegamento. Una ripartenza che lo porterà lontano: come nelle prime ore del Venerdì Santo egli per tre volte ha negato di conoscere il Maestro, così per tre volte confesserà d’amarlo quando – risorto – gli chiederà “mi ami tu più di costoro?” (Giovanni 21, 15-18).
30 Novembre, 2024 - 23:23
Luigi Accattoli
Marco 14, 66-72. Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una delle giovani serve del sommo sacerdote 67e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo guardò in faccia e gli disse: “Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù”. 68Ma egli negò, dicendo: “Non so e non capisco che cosa dici”. Poi uscì fuori verso l’ingresso e un gallo cantò. 69E la serva, vedendolo, ricominciò a dire ai presenti: “Costui è uno di loro”. 70Ma egli di nuovo negava. Poco dopo i presenti dicevano di nuovo a Pietro: “È vero, tu certo sei uno di loro; infatti sei Galileo”. 71Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: “Non conosco quest’uomo di cui parlate”. 72E subito, per la seconda volta, un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola che Gesù gli aveva detto: “Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai”. E scoppiò in pianto.
30 Novembre, 2024 - 23:23
Luigi Accattoli
Non conosco quest’uomo. v. 66: Mentre Pietro era giù nel cortile. Qui la narrazione si riallaccia a quanto era stato già detto al v. 54: “Pietro lo aveva seguito da lontano, fin dentro il cortile del palazzo del sommo sacerdote, e se ne stava seduto tra i servi, scaldandosi al fuoco”.
v. 67: lo guardò in faccia e gli disse. Un esempio della narrativa vivace di Marco, che qui usa lo stesso verbo (lo guardò in faccia: emblepsasa) che aveva usato nell’episodio detto del giovane ricco: “Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui” (10, 21).
v. 67b: Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù. Queste parole nell’intenzione di Marco stanno a dirci che la giovane serva in una qualche occasione doveva averli visti insieme, Pietro e Gesù: magari in occasione dell’ingresso festoso in Gerusalemme.
v. 68: Ma egli negò, dicendo: non so e non capisco che cosa dici. I tre rinnegamenti di Pietro sono di portata progressiva: qui nega di essere un discepolo di Gesù, al versetto 70 negherà di far parte dei Dodici, al versetto 71 giurerà di non conoscere Gesù.
v. 70: tu certo sei uno di loro, infatti sei Galileo. Il passo parallelo di Matteo ci informa che la provenienza di Pietro dalla Galilea questi accusatori l’avevano arguita dal suo “accento” (26, 73).
v. 72: per la seconda volta un gallo cantò e Pietro si ricordò. Il primo canto del gallo doveva essergli sfuggito. Gli altri evangelisti narrano un solo canto del gallo, così come un solo canto avevano fatto prevedere a Gesù: “Questa notte, prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte” (Matteo 26, 34). Solo Marco prevede e narra due canti.
v. 72b: E scoppiò in pianto. E’ l’ultimo atto di Pietro nel Vangelo di Marco, dove non sarà più nominato fino a quando il “giovane vestito d’una veste bianca” annuncerà alle donne che Gesù è risorto e darà a loro questa consegna: “Dite ai suoi discepoli e a Pietro: egli vi precede in Galilea”.
30 Novembre, 2024 - 23:25
Luigi Accattoli
Il rinnegamento di Pietro secondo Ratzinger. Nell’ora della lavanda dei piedi, nell’atmosfera dell’addio che caratterizza la situazione, Pietro domanda apertamente al Maestro: “Signore, dove vai?” E ancora una volta riceve una risposta cifrata: “Dove io vado, tu per ora non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi” (Giovanni 13,36). Pietro capisce che Gesù parla della sua morte imminente e vuole quindi sottolineare la sua fedeltà radicale fino alla morte: “Perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!” (13,37). Di fatto, sul Monte degli ulivi, determinato a porre in atto il suo proposito, si intrometterà poi usando la spada. Ma egli deve apprendere che anche il martirio non è una prestazione eroica, bensì dono di grazia della capacità di soffrire per Gesù. Egli deve distaccarsi dall’eroismo delle proprie azioni ed imparare l’umiltà del discepolo. La sua volontà di menar le mani, il suo eroismo finisce nel rinnegamento. Per assicurarsi il posto vicino al fuoco nel cortile del palazzo del sommo sacerdote ed essere possibilmente informato circa gli ultimi sviluppi della vicenda di Gesù, egli asserisce di non conoscerlo. Il suo eroismo è crollato in una forma meschina di tattica. Deve imparare ad aspettare la sua ora; deve imparare l’attesa, la perseveranza. Deve imparare il cammino della sequela, per poi nella sua ora essere portato dove non vuole (cfr Gv 21,18) e ricevere la grazia del martirio.
Joseph Ratzinger – Benedetto XVI, Gesù di Nazaret. Dall’ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione, LEV 2011, pp. 84s
30 Novembre, 2024 - 23:26
Luigi Accattoli
Massimo Recalcati su Pietro e sulle lacrime della ripartenza. Dobbiamo provare a immaginare davvero le lacrime di Pietro. Sono proprio le lacrime a risignificare diversamente il suo tradimento, a farci leggere quel tradimento in una luce nuova. Dopo il terzo falso giuramento, resosi conto della verità della profezia di Gesú e del proprio tradimento ripetuto per ben tre volte, scoppiò in pianto. Sono, dunque, le lacrime e non la parola falsa, la menzogna, lo spergiuro, il rinnegamento di Gesú, l’ultimo gesto di Pietro. Queste lacrime sono assai differenti dal gesto suicidario di Giuda. Le lacrime di Pietro mantengono aperta una possibilità che invece l’atto del suicidio rende impossibile perché in quel caso la morte subentra alla vita richiudendo ogni discorso. Il pianto mostra l’umanità vulnerabile di Pietro, la sua mancanza e la sua divisione consentendo di riaprire il contatto con l’Altro. Le lacrime di Pietro insegnano qualcosa di essenziale sull’amore umano. È sempre possibile cadere nel baratro del tradimento, non essere coerenti con la propria parola, contraddirsi, sbagliare, fallire, tradire il proprio desiderio. Ma saper cogliere la propria incoerenza, la propria contraddizione, il proprio errore, il proprio fallimento, il proprio tradimento non impedisce l’amore, ma, al contrario, lo fonda, lo rende possibile, lo istituisce come umano. Il pianto di Pietro non mostra la fine di un amore, quanto la sua ripartenza dopo la caduta. L’amore ideale non esiste, l’amore senza mancanza e senza contraddizione non appartiene alla vita umana. L’insegnamento più alto delle lacrime di Pietro consiste nell’accogliere e non rigettare la propria mancanza, nel non rinnegarla come invece ha rinnegato il suo Maestro.
Massimo Recalcati, La legge del desiderio. Radici bibliche della psicoanalisi, Einaudi 2024, p. 288
30 Novembre, 2024 - 23:27
Luigi Accattoli
Una pizza che dura da 21 anni – Chi voglia sapere che sia “Pizza e Vangelo” vada – qui nel blog – nella pagina che ha questo nome: è elencata per quarta sotto la mia foto, ad apertura del blog. Propongo nel blog i testi che affrontiamo nel gruppo biblico [c’è da 21 anni] perché chi può tra i visitatori mi dia una mano – un suggerimento, uno spunto, una critica – nella preparazione della lectio. Gli incontri si chiamano “pizza e Vangelo” perchè prima si mangia una pizza e poi si fa la lectio. Ora da remoto la pizza non c’è ma teniamo duro con il Vangelo in attesa che torni anche lei.
30 Novembre, 2024 - 23:31
Luigi Accattoli
Lettori della Bibbia. Siamo un gruppo di una trentina di lettori della Bibbia che da più di vent’anni si riunisce a casa mia per una lettura continuata del Nuovo Testamento: abbiamo fatto ad oggi il Vangelo di Luca e gli Atti degli Apostoli e ora stiamo leggendo il Vangelo di Marco. Dall’arrivo della pandemia gli incontri avvengono via Zoom e il giro si è allargato da trenta a cinquanta e oltre. Chi non è stato mai agli incontri in presenza e non si è mai collegato, e magari non abita a Roma, e lunedì voglia provarci, metta qui sotto nei commenti la sua richiesta o mi scriva in privato [andando alla finestra “manda un’email” che è sotto la mia foto] e io privatamente gli indicherò il modo di unirsi al meeting, che andrà dalle ore 21.00 alle 22.30 di lunedì 2 dicembre. L’appuntamento precedente fu lunedì 11 novembre e la registrazione audio di quell’incontro la trovi nel post del 20 novembre:
Prima che il gallo canti. Mentre Gesù davanti al Sinedrio afferma la propria identità, consapevole che per quell’affermazione sarà mandato a morte, Pietro giù nel cortile nega di conoscerlo. Questo episodio segnala la divaricazione dei destini personali davanti alla prova del martirio: Gesù entra in quella prova, che nel Getsemani ha compreso come facente parte della volontà del Padre, abbandonando l’abituale cautela sulla propria identità, che ora dichiara apertamente; Pietro invece, ora che la prova inizia a dispiegarsi, si ritira nell’ombra e rinnegando Gesù nega anche la propria identità di discepolo.
Quella di Pietro non è solo debolezza della carne, paura d’essere arrestato e mandato a processo come il Maestro: la sua è innanzitutto incomprensione della missione del suo Signore. Egli è un uomo generoso e possiamo credere alla sincerità del suo ardimento quando afferma d’essere pronto a morire con il Maestro (Marco 14, 31). E’ in forza di quell’ardimento che nel Getsemani afferra la spada e che segue “da lontano” Gesù che viene condotto al palazzo del Sommo sacerdote e che si mette a rischio dell’arresto entrando nel cortile di quel palazzo. Non è fuggito del tutto, vuol sapere come andrà a finire. E’ pronto a riprendere il suo posto, è pronto a morire – possiamo credergli – ma per un Messia che combatta, non per un Messia che si consegna agli avversari.
Quando dice “non lo conosco” egli in fondo è sincero: non conosce, non riconosce quel Gesù. Conosce quello che resuscita i morti, che moltiplica i pani, che doma la tempesta, che si trasfigura sul Monte, che purifica il Tempio. E spera, ancora spera mentre si scalda al fuoco, che tra poco, all’alba, il suo Maestro rompa la corda con cui è stato legato e fulmini chi l’ha catturato e chi ora lo sta processando.
Ma prima dell’alba viene il canto del gallo e quell’acuto messaggio riscuote Pietro dallo smarrimento: gli riporta le parole del Maestro che gliel’aveva preannunciato e l’induce a un pianto salutare. Quel pianto segna la ripartenza di Pietro come discepolo, che riprende la sua sequela dall’umiltà appresa nel rinnegamento. Una ripartenza che lo porterà lontano: come nelle prime ore del Venerdì Santo egli per tre volte ha negato di conoscere il Maestro, così per tre volte confesserà d’amarlo quando – risorto – gli chiederà “mi ami tu più di costoro?” (Giovanni 21, 15-18).
Marco 14, 66-72. Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una delle giovani serve del sommo sacerdote 67e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo guardò in faccia e gli disse: “Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù”. 68Ma egli negò, dicendo: “Non so e non capisco che cosa dici”. Poi uscì fuori verso l’ingresso e un gallo cantò. 69E la serva, vedendolo, ricominciò a dire ai presenti: “Costui è uno di loro”. 70Ma egli di nuovo negava. Poco dopo i presenti dicevano di nuovo a Pietro: “È vero, tu certo sei uno di loro; infatti sei Galileo”. 71Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: “Non conosco quest’uomo di cui parlate”. 72E subito, per la seconda volta, un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola che Gesù gli aveva detto: “Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai”. E scoppiò in pianto.
Non conosco quest’uomo. v. 66: Mentre Pietro era giù nel cortile. Qui la narrazione si riallaccia a quanto era stato già detto al v. 54: “Pietro lo aveva seguito da lontano, fin dentro il cortile del palazzo del sommo sacerdote, e se ne stava seduto tra i servi, scaldandosi al fuoco”.
v. 67: lo guardò in faccia e gli disse. Un esempio della narrativa vivace di Marco, che qui usa lo stesso verbo (lo guardò in faccia: emblepsasa) che aveva usato nell’episodio detto del giovane ricco: “Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui” (10, 21).
v. 67b: Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù. Queste parole nell’intenzione di Marco stanno a dirci che la giovane serva in una qualche occasione doveva averli visti insieme, Pietro e Gesù: magari in occasione dell’ingresso festoso in Gerusalemme.
v. 68: Ma egli negò, dicendo: non so e non capisco che cosa dici. I tre rinnegamenti di Pietro sono di portata progressiva: qui nega di essere un discepolo di Gesù, al versetto 70 negherà di far parte dei Dodici, al versetto 71 giurerà di non conoscere Gesù.
v. 70: tu certo sei uno di loro, infatti sei Galileo. Il passo parallelo di Matteo ci informa che la provenienza di Pietro dalla Galilea questi accusatori l’avevano arguita dal suo “accento” (26, 73).
v. 72: per la seconda volta un gallo cantò e Pietro si ricordò. Il primo canto del gallo doveva essergli sfuggito. Gli altri evangelisti narrano un solo canto del gallo, così come un solo canto avevano fatto prevedere a Gesù: “Questa notte, prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte” (Matteo 26, 34). Solo Marco prevede e narra due canti.
v. 72b: E scoppiò in pianto. E’ l’ultimo atto di Pietro nel Vangelo di Marco, dove non sarà più nominato fino a quando il “giovane vestito d’una veste bianca” annuncerà alle donne che Gesù è risorto e darà a loro questa consegna: “Dite ai suoi discepoli e a Pietro: egli vi precede in Galilea”.
Il rinnegamento di Pietro secondo Ratzinger. Nell’ora della lavanda dei piedi, nell’atmosfera dell’addio che caratterizza la situazione, Pietro domanda apertamente al Maestro: “Signore, dove vai?” E ancora una volta riceve una risposta cifrata: “Dove io vado, tu per ora non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi” (Giovanni 13,36). Pietro capisce che Gesù parla della sua morte imminente e vuole quindi sottolineare la sua fedeltà radicale fino alla morte: “Perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!” (13,37). Di fatto, sul Monte degli ulivi, determinato a porre in atto il suo proposito, si intrometterà poi usando la spada. Ma egli deve apprendere che anche il martirio non è una prestazione eroica, bensì dono di grazia della capacità di soffrire per Gesù. Egli deve distaccarsi dall’eroismo delle proprie azioni ed imparare l’umiltà del discepolo. La sua volontà di menar le mani, il suo eroismo finisce nel rinnegamento. Per assicurarsi il posto vicino al fuoco nel cortile del palazzo del sommo sacerdote ed essere possibilmente informato circa gli ultimi sviluppi della vicenda di Gesù, egli asserisce di non conoscerlo. Il suo eroismo è crollato in una forma meschina di tattica. Deve imparare ad aspettare la sua ora; deve imparare l’attesa, la perseveranza. Deve imparare il cammino della sequela, per poi nella sua ora essere portato dove non vuole (cfr Gv 21,18) e ricevere la grazia del martirio.
Joseph Ratzinger – Benedetto XVI, Gesù di Nazaret. Dall’ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione, LEV 2011, pp. 84s
Massimo Recalcati su Pietro e sulle lacrime della ripartenza. Dobbiamo provare a immaginare davvero le lacrime di Pietro. Sono proprio le lacrime a risignificare diversamente il suo tradimento, a farci leggere quel tradimento in una luce nuova. Dopo il terzo falso giuramento, resosi conto della verità della profezia di Gesú e del proprio tradimento ripetuto per ben tre volte, scoppiò in pianto. Sono, dunque, le lacrime e non la parola falsa, la menzogna, lo spergiuro, il rinnegamento di Gesú, l’ultimo gesto di Pietro. Queste lacrime sono assai differenti dal gesto suicidario di Giuda. Le lacrime di Pietro mantengono aperta una possibilità che invece l’atto del suicidio rende impossibile perché in quel caso la morte subentra alla vita richiudendo ogni discorso. Il pianto mostra l’umanità vulnerabile di Pietro, la sua mancanza e la sua divisione consentendo di riaprire il contatto con l’Altro. Le lacrime di Pietro insegnano qualcosa di essenziale sull’amore umano. È sempre possibile cadere nel baratro del tradimento, non essere coerenti con la propria parola, contraddirsi, sbagliare, fallire, tradire il proprio desiderio. Ma saper cogliere la propria incoerenza, la propria contraddizione, il proprio errore, il proprio fallimento, il proprio tradimento non impedisce l’amore, ma, al contrario, lo fonda, lo rende possibile, lo istituisce come umano. Il pianto di Pietro non mostra la fine di un amore, quanto la sua ripartenza dopo la caduta. L’amore ideale non esiste, l’amore senza mancanza e senza contraddizione non appartiene alla vita umana. L’insegnamento più alto delle lacrime di Pietro consiste nell’accogliere e non rigettare la propria mancanza, nel non rinnegarla come invece ha rinnegato il suo Maestro.
Massimo Recalcati, La legge del desiderio. Radici bibliche della psicoanalisi, Einaudi 2024, p. 288
Una pizza che dura da 21 anni – Chi voglia sapere che sia “Pizza e Vangelo” vada – qui nel blog – nella pagina che ha questo nome: è elencata per quarta sotto la mia foto, ad apertura del blog. Propongo nel blog i testi che affrontiamo nel gruppo biblico [c’è da 21 anni] perché chi può tra i visitatori mi dia una mano – un suggerimento, uno spunto, una critica – nella preparazione della lectio. Gli incontri si chiamano “pizza e Vangelo” perchè prima si mangia una pizza e poi si fa la lectio. Ora da remoto la pizza non c’è ma teniamo duro con il Vangelo in attesa che torni anche lei.
Lettori della Bibbia. Siamo un gruppo di una trentina di lettori della Bibbia che da più di vent’anni si riunisce a casa mia per una lettura continuata del Nuovo Testamento: abbiamo fatto ad oggi il Vangelo di Luca e gli Atti degli Apostoli e ora stiamo leggendo il Vangelo di Marco. Dall’arrivo della pandemia gli incontri avvengono via Zoom e il giro si è allargato da trenta a cinquanta e oltre. Chi non è stato mai agli incontri in presenza e non si è mai collegato, e magari non abita a Roma, e lunedì voglia provarci, metta qui sotto nei commenti la sua richiesta o mi scriva in privato [andando alla finestra “manda un’email” che è sotto la mia foto] e io privatamente gli indicherò il modo di unirsi al meeting, che andrà dalle ore 21.00 alle 22.30 di lunedì 2 dicembre. L’appuntamento precedente fu lunedì 11 novembre e la registrazione audio di quell’incontro la trovi nel post del 20 novembre:
https://www.luigiaccattoli.it/blog/sei-tu-il-cristo-chiede-caifa-e-gesu-risponde-io-lo-sono/