“Per i familiari di colui che ha ucciso i miei cari, perché possano trovare l’amore e la solidarietà del Signore e di tutti noi – preghiamo“: è un’intenzione di una “preghiera dei fedeli” del marzo del 1984 in cui Romolo Rampini, allora giovane universitario, offriva il perdono a colui che gli aveva sterminato la famiglia. Ho rintracciato Romolo e la preghiera di allora, ho parlato con il vescovo Chiarinelli che celebrò quell’Eucarestia e racconto tutto nel capitolo 3 IL PERDONO AGLI UCCISORI DEI PARENTI, paragrago “d” OMICIDI COMUNI della pagina CERCO FATTI DI VANGELO elencata sotto la mia foto.
Per i familiari di colui che ha ucciso i miei
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Le intenzioni scritte allora sono belle, ma non quanto le parole di spiegazione che Romolo ha detto oggi a te.
Come si vede, il potente urto del cuore che un fatto di vangelo può produrre travolge ogni considerazione politichese, sociologhese, socialese, solidarese sulla Chiesa, le sue grazie e le miserie dei suoi uomini.
E’ questo squasso, questa potenza di rovesciamento, che dopo venti secoli aiuta ogni volta a ricominciare daccapo, ad avere speranza oltre l’orizzonte angusto dell’umano.
Francesco ti ringrazio di aver letto e di aver amato questa storia. In effetti credo anch’io che la sua ricchezza stia nella durata e in ciò che la durata produce. Qui non c’è solo un cuore che abbraccia il “nemico” e lo ama come può, ma c’è una piccola cerchia che sostiene quel cuore, c’è Chiarinelli che gli si fa fratello, il padre Adolfo che ne fa memoria quando può e c’è soprattutto la nuova famiglia di Romolo. Quando ha risposto alla mia prima e-mail mi ha detto: domani il mio terzo figlio fa la prima comunione.
E’ importante riportare alla memoria di tutti questa capacità di perdonare. E’ un grande retaggio dell’Italia, dovuto alla bimillenaria presenza del Cristianesimo. Ultimamente si sono sentite voci contrarie, c’è chi sostiene che in certi casi non si può perdonare, anzi che perdonare è addirittura un crimine. Questa raccolta di “Fatti di Vangelo” ci richiama alla mente che il perdono esiste, che è possibile sentirsi sollevati, liberi da rancori; è possibile ricominciare. Questo ha detto il vesvovo Fontana alla “festa del perdono” il 2 agosto alla Verna.
Il perdono è uno dei grandi frutti della grazia di Dio. Esso non elimina però il dovere di giudicare le ideologie ed i movimenti che producono massacri, oppressione e violenza.Come nel caso dei talebani, che in questi giorni hanno massacrato medici colpevoli di portare con sé delle Bibbie. Sul “Corriere” potete leggere un bell’articolo di Andrea Riccardi.
Intervengo, buon ultimo, nella discussione su questo “post” per dirmi in perfetta sintonia con l’amico Raffaele Savigni (tra l’altro, il massacro dei missionari cristiani da parte dei “talebani” afghani è – vedo – rapidamente scomparso dalle prime pagine dei giornali): probabilmente, tutto sta – ed anche qui la parola di Francesco d’Assisi ci può illuminare – ad intendersi sul significato del concetto di “perdono”.
“Pure sbagliata è la troppa bontà di Rocco: Rocco è un Santo, ma non si può perdonare sempre”: è una delle ultime battute del memorabile capolavoro “Rocco ed i suoi fratelli” che la RAI, in omaggio alla grande figura di Suso Cecchi d’Amico, ha trasmesso nei giorni scorsi.
Buona giornata a tutti.
Roberto 55