Pazzerello seduto sulla scala di Trinità dei Monti tiene le due mani sugli occhi e sembra piangere quieto. Ma poi le toglie e si stupisce di ogni vista, indica con la mano una donna, un cavallo che tira la carrozzella, il cielo – e ride ride. Un minuto dopo ricopre gli occhi e piange mentre prepara una nuova risata. Che arriva puntuale, con nuovi gesti chiassosi. Non finirei di guardarlo. Mi pare abbia trovato il giusto ritmo per far fronte alla meraviglia e allo scandalo della vita.
Pazzerello sulla scala di Trinità dei Monti
11 Comments
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Purché lo guardiamo come Agostino guardava il mendicante ubriaco incontrato per le strade di Milano: possiamo imparare qualcosa da lui, ma non vorremmo essere come lui.
Sette righe perfette, la misura di una fotografia, di un ritratto. Davanti a noi uno di quegli innumerevoli ‘tipi’ di cui è piena la Capitale: lo ‘vediamo’, distintamente, nelle sue parole. Grazie, e complimenti.
Un saluto
Gonzalo (ricorda il giorno di S. Matteo?), umile discepolo – e da oggi, finalmente, praticante.
Ricordo San Matteo e “risponderete di ogni parola che uscirà dalla vostra bocca”. Una bella graticola per noi giornalisti. Complimenti per il contratto di praticante! Luigi
Grande Luigi. Un ritrattino verace e poetico, sembra di vederlo. Anche a me capita di soffermarmi a guardare i cosiddetti matti per le strade di Roma. Ce n’è uno all’inizio di via della conciliazione, che nel primo pomeriggio sbatte giù per terra la palina mobile del bus e inizia ad insultare i passanti nell’indifferenza generale. Eppure sembra che anche lui interpreti un ruolo simbolico, sembra che abbia un suo perchè in mezzo alla folla dei turisti distratti.
Davvero questi ‘matti’ sembrano gli unici a distaccarsi dal ritmo convulso della folla metropolitana. E sembrano volerci richiamare alla riflessione. Ci spingono a chiederci qual è la vera follia?
Psico come dice anche solo il nome è persona predisposta a interpretare i pazzerelli! Quando ne vedi, segnalali, anche se il post di riferimeto è totalmente altro… Luigi
Però, per piacere, non mettetevi a fare della poesia sui matti. Non c’è niente di meraviglioso nella follia, solo tanta sofferenza, loro e altrui. Il mito del folle che è libero e candido e dice una verità sconosciuta ai cosiddetti normali è un mito romantico e, come quasi tutto quello che ci viene dal romanticismo, fasullo e nocivo.
Perdona Leonardo, ho il massimo rispetto per le sofferenze di chi è affetto da disabilità mentale e per chi gli sta accanto.
Probabilmente le mie considerazioni erano retoriche e banali – lo ammetto – ma l’osservazione di chi è ‘diverso’ da noi ci insegna sempre molto. E l’idea che la follia sia spesso uno specchio che riflette aspetti profondi dell’animo umano non è affatto solo ‘romantica’.
Anni or sono lessi il librino/racconto dello svizzero Georg Buechner (1813-1837, noto per Woycek, poi musicato da Berg) ) “Lenz” (del 1835, con protagoonista lo scrittore sturmer und draenger Jakob Lenz 1751-1792, disturbato psichico.)
In esso vi ho trovata una sorta di -rara?- sintesi fra -per usare le parole di Leonardo- “il mito romantico del candido folle” e una puntuale descrizione (sia da osservazione esteriore che descrizione degli stati d’animo interiori) ai limiti del clinico, di quella “sofferenza , sua e altrui”. Assolutamente indimenticabile.
Il cattolicesimo è una cosa sana, equilibrata e con i piedi per terra (anche se con la testa in cielo). Per le nevrosi c’è il protestantesimo, mentre i “folli per Cristo” sono a casa loro nell’ortodossia russa. Noi qua siamo gente semplice, a cui piace che Gesù si preoccupasse che i suoi avessero da mangiare (anche il pesce arrosto, dopo la resurrezione) e dormissero quando erano stanchi. Anche Paolo non voleva tante stranesse e agitazioni, preferendo che ciascuno si guadagnasse il pane lavorando onestamente. Come spiega benissimo Chesterton, la meraviglia non è nella stranezza, ma nella normalità, nell’ordine, nel fatto che le cose vanno come devono andare. Per questo trovava poeticissimo l’orario ferroviario (non era Trenitalia, si capisce!)
A Leonardo. Subisco il fascino della tua prosa asciutta ma provo a obiettare con Qoelet: “Ho considerato poi la sapienza, la follia e la stoltezza (…) un po’ di follia può contare più della sapienza e dell’onore” (2,12;10,1). Luigi
È vero anche questo. Nelle cose cristiane (più in generale: nelle cose dello spirito) vedo che non c’è quasi affermazione che non possa essere affiancata dal suo opposto.