Allertato da una visitatrice del blog sono tornato al banco di Mostafà (vedi post del 2 dicembre: DA MOSTAFA’: “AVEM PASTA DE MICI” – e i commenti 16 e 17) per chiedere che caspita fosse quella PASTA. “Carne macinata. Maiale, vitellone, erbe aromatiche. E’ romeno” risponde professionale. Un aiutante italiano aggiunge: “Come la finocchiona ma non è un salame, ci fai il polpettone”. Io l’avevo interpretato come “cibo per gatti”: la solita figura del giornalista che improvvisa. Ma il blog ha gli anticorpi: si chiamano “visitatori svegli”.
“Pasta de mici” non è trippa per gatti
13 Comments
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Grazie, Maria Antonietta! Ti sono davvero grato a nome del mio piccolo Fuffi. Date le sue origini presumibilmente islamiche (raccolto a piazza Vittorio), sono certo che non avrebbe mai tollerato la somministrazione dissimulata di carne di maiale. Non oso, poi, pensare a cosa sarebbe successo se avesse capito che questo bel polpettone veniva da un cattolico come Accattoli: Maria Antonietta, hai evitato una nuova Jihad !!
Due brevi chiarimenti (tanto ormai ho già aperto la giornata della battuta da parrocchietta…)
a) quando parlo di jihad, mi riferisco ovviamente a una jihad felina;
b) il mio gatto islamico “Fuffi” mi prega di precisare che il suo soprannome è – ovviamente – “Sufi”;
a proposito di giornalista che improvvisa, e anche di “non c’è trippa per gatti”… che dire del dietrofront di Feltri su Boffo?
http://www.corriere.it/politica/09_dicembre_04/feltri-riabilitazione-boffo-accuse-omosessualita_3701ca94-e0e3-11de-b6f9-00144f02aabc.shtml
Ahahahahah, Luigi! … quindi mici sta per amici?
Stamattina, sul Lungo Lago di Castel Gandolfo (subito dopo la Trattoria Paradiso) ho letto questa scitta lungo il muretto – bella grande, in nero, diceva: “Mandrake non mi piace perchè trasforma la realtà in rime poetiche”
Mi dice Aurelia, amica rumena, che nella “pasta de mici” non c’è affatto carne di maiale ma di vitellone e agnello. Puoi farla mangiare anche a Fuffi, Mattlar. E di sicuro la mangia anche Mostafà.
Tranquilli su questo, a me rimane un sospetto: Luigi, è stata tutta una tua burla a noi visitatori poco “svegli” ? Non è che hai qualche antenato toscano?
Qualcuno mi potrebbe indicare il modo per provare simpatia per la rumena (intesa come lingua)? Tutte le volte che mi cade sotto gli occhi o mi capita di sentirla, me ne ritraggo con fastidio. Mi sembra una neolatina venuta male, una specie di cugina brutta: bellissima l’italiana (e poi è madre moglie e figlia: come non amarla alla follia), seducente la francese, calda e intensa la spagnola, malinconiosa la portoghese, la catalana poi ci ricorda da dove viene tutta la musica della nostra poesia, ma anche la sarda e la furlana sono piene di fascino. Tra tutte queste belle donne mi incantano, ma lei mi sembra malriuscita. Certo, non la conosco, ma anche le altre, in fondo, le guardo a distanza. Non è una bella cosa provare antipatia per una lingua, soprattutto se neolatina.
Ci vuole pazienza Leonardo: ci sono persone che hanno l’antipatia facile.
Ma no, perché? Sarà bella anche la rumena, ma lo sapranno i suoi amatori. Ce ne fosse qui uno che me la facesse piacere, per me sarebbe un guadagno.
Emil Cioran trovava antipatica la limgua francese, invece, e ha scritto in francese a malincuore: una lingua, diceva, che “non ha più traccia di terra, di sangue, d’anima”.
Ah, mi ero dimenticata: “mici” non sta per “amici”, Gabriella. “Pasta de mici” è “impasto per le polpettine”. “Mici” è “cose piccine”, dice Aurelia.
A Firenze si dice “fare a miccino”: da “mica”, immagino. Come i “mici” rumeni. Fare porzioni piccole, quando il cibo è poco.
La michetta lombarda non è un piccolo pane?
Un po’ di Cioran l’ho letto, ma non ho simpatia per lui, come non ce l’ho per tutti i nichilisti che non si suicidano. (Attenzione: non obiettatemi Leopardi, che nichilista non lo è. Mai). Tutta questa sofferenza, tutto questo tedium vitae, poi però dopotutto uno alla mattina si alza e si fa il caffé e, per quei cinque minuti almeno, c’è una positività, un bene nella sua vita, ed è quel caffé fumante. E allora lo dica! Riconosca, accanto al male di vivere, quel tanto di bene che gli permette di esserci e di stare male. Sia così profondo e leale con la realtà, da riconoscere che il mistero del Bene è più grande e misterioso del mistero del male. Che la domanda “unde malum?” è solo una domanda penultima, perché la domanda ultima sarebbe “unde Bonum”.
Oppure si spari. (O almeno non scriva libri: stia a letto e non si alzi neppureper farsi il caffé). Il nichilista vivo mi sembra sempre uno che posa.
…….. ed io e Plpl8 che pensavano si trattasse del ragù di gatto …………… !
Buona notte a tutti !
Roberto 55