A Rio Bo sono restate otto persone e il prete – amante dei riti – invita alla lavanda dei piedi anche le due badanti ucraine e il sacrestano musulmano: così i discepoli sono undici. Per fare dodici il prete si toglie le scarpe e invita i discepoli a lavare i piedi al maestro.
Parabola della lavanda dei piedi a Rio Bo
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Anche questo è un modo (anzi questi sono due modi) di lavarsi i piedi vicendevolmente, in piena carità cristiana:
http://www.stefanoborselli.elios.net/news/archivio/00000444.html
Buona Pasqua a tutti.
Variazioni (musicali?) sulla parabola dei riti a Rio Bo
– A Rio Bo sono restate otto persone e il prete – amante dei riti – si mette d’accordo coi frati del vicino convento di Pescarenico per celebrare con loro la messa vespertina del giovedì santo.
– A Rio Bo sono restate otto persone e il prete – pur amante dei riti – legge fra le rubriche del messale che la lavanda dei piedi è prevista solo “dove motivi pastorali lo consigliano”. Si guarda attorno, torna a contare i fedeli e decide che per quest’anno i motivi sconsigliano. Canta – in latino perché è più bella e gli viene meglio – “Ubi caritas et amor Deus ibi est”; le otto persone gli vanno dietro volenterose e capiscono, benissimo, tutto l’essenziale. Intanto, con la scusa di andare a “legare” le campane, il sacrestano musulmano è uscito e si guarda bene dal tornare.
– A Rio Bo sono restate otto persone e il prete – amante dei riti – le ricorda tutte, una per una, con tenerezza e rimpianto: il suo vescovo gli ha fatto capire, qualche mese fa, che un prete in pianta stabile a Rio Bo è un lusso che la diocesi non si può più permettere. Guarda malinconicamente i suoi piedi nudi e il vescovo, che gli si sta avvicinando armato di asciugamano.
– A Rio Bo sono restate otto persone e il prete – amante dei riti – alza gli occhi verso il Crocifisso e sussurra: “Perdonatemi, Signore, se vi parlo così, proprio oggi, vigilia del Calvario: ma voi dodici discepoli, almeno, li avevate: io, qui, ne ho otto. Va be’, diciamo che per un rito di commemorazione bastano e avanzano. Io comincio, e voi tenetemi una mano sul capo, che non debba contare anch’io, fra loro, un traditore, un rinnegato, qualche estremista anti-Malco con la spada in mano e tanti fuggiaschi, più o meno nudi”.
– A Rio Bo sono restate otto persone e il prete – amante dei riti – invita alla lavanda dei piedi anche le due badanti ucraine e il sacrestano musulmano: così i “discepoli” sono undici. “Dieci! – esclama il sacrestano, con la faccia schifata – scusi se glielo dico, ma preferisco restare fuori da questa cosa qua. Dio è Dio e Mohamed è il suo Profeta”. Il prete riflette: le due ucraine sono di rito ortodosso, e coinvolgere loro è già molto. Tanto oggi il Credo non si recita, e la faccenda del “filioque” potrà accantonarla senza problemi.
– A Rio Bo sono restate otto persone e il prete – amante dei riti – invita alla lavanda dei piedi anche le due badanti ucraine e il sacrestano musulmano: così i “discepoli” sono undici. Il prete si toglie allora le scarpe: dodici! Solo che manca il Maestro. “Il Maestro – dice il buon prete, che ama le persone e la Verità più di quanto non ami i riti – non c’è: avrei potuto prenderne io il posto, ma accettando come discepoli quelli che discepoli non sono ho rinunciato al mio ruolo. Cristiani no, non tutti almeno: ma da Gesù abbiamo tutti da imparare. Gesù ci ha detto di volerci bene tutti, e lavarci i piedi l’un l’altro è un segno di questo volerci bene. Siamo dodici come le tribù d’Israele, come i mesi dell’anno, come i segni zodiacali. Sotto, con acqua, sapone e asciugamano!”.
– A Rio Bo sono restate otto persone e il prete – amante dei riti – invita alla lavanda dei piedi anche le due badanti ucraine e il sacrestano musulmano: così i “discepoli” sono undici. Il prete si toglie allora le scarpe: dodici! Solo che manca il Maestro. Tutti volgono lo sguardo verso l’ingresso della chiesetta. Avverrà qualcosa? Arriverà qualcuno?
Necessaria integrazione bibliografica.
http://centroculturalelugano.blogspot.com/2008/03/la-democrazie-fatta-di-pazienza-che-una.html
Vittadini dice anche cose giuste (come Carlo Casini), ma non capisco perché sia approdato (se ho capito bene) a Berlusconi (al quale credo che della dignità del nascituro e del morente non importi molto…).
Buona Pasqua a tutti!
Mi associo agli auguri.
Credo che Berlusconi vada smitizzato, non è il Bene e nemmeno il Male ed è cmq fenomeno transeunte (così si spiega la posizione di Vittadini).
Anche perché – con l’unica eccezione di Ferrara – a me me pare propio che er più pulito cià la rogna.
“è cmq fenomeno transeunte”. Benedetto Croce e il fascismo parentesi. Rileggo il vecchio volume di Luigi Salvatorelli sul fascismo, certi articoli della Civiltà cattolica dei primi anni ’20… cerco rogne. Mi illudo che la mia anima non sia già interamente acquistata dal banco del nuovo principe mediceo (e dalla sua corte e dalla sua dinastia).
Chiedo scusa per l’intermezzo fuori dal tema iniziale e soprattutto per non potere argomentare.
Un bacio a Sump per la vitale fantasia con cui ha sviluppato la mia paraboletta. Mi pare che egli abbia colto bene il punto che mi prudeva e che mi aveva spinto a parlare in parabole: chissà che la riduzione del consenso sociale non aiuti la comunità dei discepoli di Gesù a riascoprire la pari dignità e il buon vicinato, insuperabilmente insegnati con il gesto della lavanda.
Sulla scia di quanto scritto da Luigi fin dall’inzio di questo potificato, vorrei segnale ciò che agenzia di stampa, tv e giornali ormai danno, giustamente, per realtò oggettiva. Diverso dal suo grande predecessore per temperamento, esperienze e formazione culturale, e dunque con un proprio stile originale, Joseph Ratzinger ha scelto una linea di continuità con il pontificato di Karol Wojtyla, il Papa che lo aveva chiamato a Roma.
«Giovanni Paolo II – sono parole del card. Angelo Comastri,
vicario per la Città del Vaticano – ha sentito in modo
straordinario il comando di Gesù ’andate e predicate a tutte
le gentì e per questo ha intrapreso i suoi grandi viaggi
internazionali, che lo hanno portato in tanti luoghi e
situazioni, sempre spinto dall’urgenza delle parole di San
Paolo ’guai a me se non annunciassi il Vangelò. Lo stesso
ammonimento che Benedetto XVI ripete a tutti noi». Ad unire i
due Pontefici è dunque la ricerca di «una nuova apologetica,
adatta alle esigenze di oggi, impegnata – come aveva detto il
Papa polacco – nel conquistare non argomenti, ma anime, e cioè
nel difendere e promuovere il Vangelo, non noi stessi».
«Il successo del cristianesimo non si misura nella sua
influenza sulla politica, l’economia, l’informazione: la sua
chiave di comprensione più autentica sta nel dono che Cristo
fa di se stesso alla Chiesa e che i cristiani sono chiamati a
perpetuare, diffondendo nel mondo l’amore di Dio», ha detto
questa mattina il cardinale arcivescovo di Vienna, Christoph
Schoenborn che ha concluso, presiedendo una messa nella
Basilica di San Pietro, il primo Congresso apostolico mondiale
della Divina Misericordia e con esso le celebrazioni per il
terzo anniversario della morte di Papa Wojtyla. Una ricorrenza
che è servita proprio a ribadire la grande continuità tra
Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. È significativo che questo aspetto sia stato colto più dai fedeli, che seguono Benedetto XVI con lo stesso affetto
riservato a Giovanni Paolo II ed accorrono numerosissimi ad
ogni appuntamento con lui, che non dai commentatori che in
questi giorni hanno parlato senza mezzi termini di
dewojtylizzazione della Chiesa: «in un’epoca che brucia eventi
e personaggi alla velocità della luce anche di Karol Wojtyla
sembra non esserci più traccia», ha scritto un grande
quotidiano nazionale. «Contrapporre le due figure è
strumentale. Giovanni Paolo II ha sempre nutrito una grande
stima nell’allora cardinale Ratzinger: aveva la certezza di
aver affidato alle mani più competenti e sicure un settore
decisivo ed essenziale per la vita della Chiesa qual è la
Congregazione per la dottrina della fede», ha replicato il
vescovo Rino Fisichella, rettore della Lateranense. Anche solo
passandole in rapida rassegna, emerge del resto che le svolte
impresse dal nuovo Papa affondano in realtà le loro radici nel
pontificato precedente, al quale da cardinale Ratzinger aveva
dato un decisivo apporto. Ad esempio, la richiesta forte di una
presenza dei cattolici nella società italiana a difesa dei
valori, che caratterizzò il pontificato di Giovanni Paolo II a
partire dall’intervento al Convegno Ecclesiale nazionale di
Loreto del 1985, è stata fatta propria da Benedetto XVI che ha
voluto ribadirla l’anno scorso a Verona e in più occasioni ha
parlato di valori non negoziabili. Ugualmente il Motu Proprio «Summorum Pontificum», che autorizza l’uso del messale latino per gruppi stabili di fedeli
che lo richiedano, rappresenta uno sviluppo del documento
«Ecclesia Dei» di Papa Wojtyla, che aveva già concesso queste
celebrazioni come indulto. E la lettera ai vescovi del mondo
che accompagna il Motu Proprio chiarisce che l’intento di Papa
Ratzinger è lo stesso che mosse molte scelte del predecessore:
«fare tutti gli sforzi, affinchè a tutti quelli che hanno
veramente il desiderio dell’unità, sia reso possibile restare
in questa unità o ritrovarla nuovamente». Ancora:
l’affermazione che il dialogo ecumenico e quello interreligioso
debbono proseguire per il bene dell’umanità, ma essi non
possono cancellare il mandato missionario della Chiesa
Cattolica, è in linea con l’Istruzione «Dominus Iesus» la cui
paternità Wojtyla si era pubblicamente attribuito. Il
battesimo di Magdi Allam e la visita alla Moschea Blu di
Istanbul, con l’immagine di quella silenziosa preghiera, sono
poi gesti entrambi coerenti con la fiera rivendicazione della
libertà religiosa come un diritto irrinunciabile, con la quale
Wojtyla ha contribuito in modo decisivo alla caduta dei regimi
comunisti dell’Europa dell’Est.