Nona scena. Torna la luce nella tenda, il capo dei sequestratori si prostra e si sente come sempre la sua voce fuori campo che dice:
“O Dio, prego per ottenere la capacità di agire attraverso la tua potenza. Tu sai e io non so, tu puoi e io no. Se tu vedi che quanto stiamo facendo è buono allora fa che la nostra azione abbia successo. Se è male allontanala da noi”.
Poi tocca al missionario che seduto sui talloni, mani e piedi legati, così parla con voce fuori campo:
“Questo combattimento delle preghiere a cui mi hai chiamato – Signore – mi distrugge. Come si fa a pregare nella lotta? Un povero cristiano non ha diritto di pregare in pace i suoi salmi? Ma davvero tu – Signore – ascolti tutte le creature che si rivolgono a te? Non distingui tra chi ha il mitra e chi è disarmato?”
Ora tutti sono seduti sulle pietre. Il capo dei sequestratori si alza, va verso il missionario e gli dice: “Ti tengo prigioniero ma mi sei simpatico. Tu certo mi odi, eppure mi piacerebbe incontrarti quando sarai libero e parlare un poco”.
Il missionario si alza in piedi e gli risponde così, faccia contro faccia: “Non ti odio, ti ho già perdonato e sono allenato a non serbare rancore. Ma fuori di qui è meglio che non ci incontriamo, altrimenti ti denuncio perché rapire le persone è contro ogni legge umana e divina”.
Il capo dei sequestratori replica con lo stesso tono: “Lascia stare le leggi divine. Dio non vuole che tutta la ricchezza sia da una parte. E’ per quello che noi facciamo i sequestri”.